Il riconoscimento di interessi anatocistici e la necessità di specifica domanda da parte del creditore

02 Novembre 2023

I giudici di legittimità hanno richiamato il più volte affermato principio in forza del quale «l’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all’art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella volta al riconoscimento degli interessi principali».

Massima 

L'attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all'art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella volta al riconoscimento degli interessi principali, la cui proposizione non può desumersi dal generico contesto dell'attività processuale delle parti.

Il caso

In sede di opposizione all'esecuzione il giudice del merito, dopo aver determinato il residuo credito vantato dalla società creditrice per capitale e interessi scaduti, negava che su tale importo potessero essere riconosciuti ulteriori interessi, per difetto di espressa domanda. 

La questione

Avverso il relativo capo della sentenza la società creditrice interponeva ricorso per Cassazione, eccependo, per quanto qui rileva, la violazione degli art. 1283, 1263, 1264,1366,1367, c.c., 99, 112, 132 n. 4, 615 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4, c.p.c., non essendosi dato adeguato rilievo al contegno processuale della parte e al tenore complessivo delle istanze, da cui poteva desumersi la volontà di richiedere interessi anatocistici.

Le soluzioni giuridiche

Il relativo motivo era, tuttavia, disatteso dalla Suprema Corte. I giudici di legittimità, in particolare, richiamavano il più volte affermato principio in forza del quale «l'attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all'art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella rivolta al riconoscimento degli interessi principali, con la conseguenza che, proposta in primo grado solo tale ultima domanda, la richiesta degli interessi anatocistici non può essere avanzata per la prima volta in appello, stante il divieto di cui all'art. 345 c.p.c.» (ex plurimis: Cass. civ., sez. III, sent., 4 giugno 2001, n.  7507; Cass. civ., sez. I, sent., 18 settembre 2013, n. 21340)».

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 1283 c.c. «in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi». La norma regola il fenomeno del c.d. anatocismo, consistente nel computo sugli interessi scaduti di ulteriori interessi (detti «composti» o «capitalizzati»). Trattasi di fenomeno economico-contabile che rischia di determinare un generale innalzamento dei tassi nominali di interesse annuo, tanto più elevato quanto più ravvicinati tra loro siano i periodi di capitalizzazione presi in considerazione (in genere, trimestrale, semestrale o annuale). Il codice civile, pertanto, pone un tendenziale divieto di anatocismo, consentendo la produzione di interessi sugli interessi solo a determinate condizioni e con salvezza degli «usi contrari» (da intendersi, ormai pacificamente, quali «usi normativi», dotati, cioè, dei caratteri obiettivi della costanza, della generalità e della durata, nonché del carattere soggettivo della «opinio juris ac necessitatis» che sono propri della norma giuridica consuetudinaria). Anche in presenza, inoltre, delle condizioni indicate dall'art. 1283 c.c. gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza. La questione di diritto che esamina la sentenza in commento è se, ai fini del riconoscimento di interessi anatocistici, sia necessaria una specifica domanda della parte creditrice, ovvero se simile istanza possa considerarsi insita nella generica domanda di riconoscimento degli interessi principali rispetto al credito vantato. La conclusione a cui giungono i giudici di legittimità, richiamando un orientamento ermeneutico che, sul punto, può dirsi consolidato, è che l'attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all'art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella rivolta al riconoscimento degli interessi principali: ne consegue da un lato l'impossibilità di ricavare implicitamente la proposizione di simile domanda, considerandola assorbita nella domanda di condanna della controparte al «pagamento degli interessi», dall'altro che, proposta in primo grado solo tale ultima domanda, la richiesta degli interessi anatocistici non può essere avanzata per la prima volta in appello, stante il divieto di cui all'art. 345 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, sent., 18 settembre 2013, n. 21340). Anche, inoltre, ove l'istanza sia ambigua e suscettibile di essere interpretata sia come volta ad ottenere il riconoscimento di interessi anatocistici, sia come richiesta degli interessi moratori destinati a maturare dopo la domanda e fino all'effettivo pagamento (ad esempio, qualora si richieda la condanna della controparte al pagamento degli «interessi ulteriori» rispetto a quelli già quantificati nell'atto introduttivo), il giudice del merito non può ritenere invocati i primi se l'esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto della corrispondente pretesa non fornisca argomenti in tal senso, altrimenti incorrendo nel vizio di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (Cass. civ., sez. VI-I, ord., 22 aprile 2016, n. 8156; Cass. civ., sez. I, sent., 4 marzo 2011, n. 5218). Pacifico è, invece, che «domanda giudiziale» ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1283 c.c. sia anche la domanda formulata dal creditore nel ricorso per decreto ingiuntivo, a nulla rilevando che in tal caso, per la specialità del procedimento ingiunzionale, il contraddittorio del debitore sia posticipato alla pronuncia del decreto (Cass. civ., sez. I, sent., 24 maggio 1999, n. 5035; Cass. civ., sez. I, sent., 10 settembre 1990, n. 9311).

Riferimenti

Per un approfondimento bibliografico sul fenomeno dell’anatocismo si veda BIANCA, Diritto Civile Vol. 4, L’obbligazione, Milano 2019, 198 e ss.

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