La riforma della fiscalità internazionale

08 Novembre 2023

Il 16 ottobre 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato in esame preliminare la bozza di decreto legislativo di attuazione della riforma fiscale nell’ambito della tassazione internazionale

L’intervento riformistico ha riguardato diversi punti che si procederà ad analizzare di seguito...

Il criterio di collegamento soggettivo per le persone fisiche

Le relazioni personali e familiari ai fini dell'individuazione del “centro di interessi” del contribuente e la natura residuale dell'anagrafe tributaria

In primis, l'art. 1 della predetta bozza ha rivisitato il comma 2, dell'art. 2, d.P.R. n. 917/86, prevedendo che “ai fini delle imposte dirette si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti”. Laddove per domicilio deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona”.

Per comprendere i profili innovativi dell'intervento, si rammenta che l'attuale formulazione dell'art. 2, comma 2, d.P.R. n. 917/86, così recita “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza”.

Confrontando le due disposizioni, è possibile affermare che la novità è rinvenibile, per quanto riguarda il domicilio, nell'attribuzione di rilevanza non più solo al “centro di interessi” del contribuente da intendersi come l'insieme delle relazioni professionali, ma ai legami familiari e personali da cui si evince una stabile collocazione territoriale del soggetto passivo.

Un'altra interessante innovazione riguarda le cd. frazioni di giorno che saranno rilevanti ai fini del calcolo del tempo di residenza o domicilio in un determinato territorio.

La norma, infine, fa salva la presunzione di residenza per i contribuenti “iscritti per la maggior parte del periodo di imposta nella anagrafe della popolazione residente”.

Continua, dunque, ad essere attribuita rilevanza all'iscrizione nell'anagrafe tributaria la quale fa sorgere una presunzione iuris tantum di residenza (in quanto è fatto salvo il diritto del contribuente a fornire la prova contraria), a differenza della previgente disposizione che prevedeva una presunzione iuris et de iure (quindi assoluta).

Come si evince dal testo di riforma, il criterio dell'iscrizione all'anagrafe (criterio meramente formale che prescinde da ogni collegamento con il territorio dello Stato) viene applicato soltanto in via strettamente residuale, prevalendo, invece, la residenza e il domicilio.

I criteri di collegamento soggettivo per le persone giuridiche

La modifica ha riguardato anche il criterio di collegamento soggettivo delle persone giuridiche.

 L’art. 2 della bozza di decreto ha, infatti, modificato l’art. 73, comma 3, TUIR che, nella attuale formulazione, prevede: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”.

A tenor di riforma, è stato eliminato il criterio dell’ ”oggetto principale” (anche per arginare il rischio di incorrere in doppie imposizioni) in favore della previsione di tre criteri alternativi di collegamento

Il primo si identifica con la sede legale da intendersi in senso puramente civilistico ovvero quella che risulta dall’atto costitutivo o dallo statuto al momento della registrazione.

Il secondo criterio è quello della sede di direzione effettiva e quello della gestione ordinaria in via principale. La prima si identifica con la sede in cui vengono adottate in modo continuativo e coordinato le decisioni strategiche. Queste ultime comprendono tutti gli atti di pianificazione e programmazione relativi agli obiettivi da perseguire in un periodo di tempo medio-lungo.

Per gestione ordinaria, invece, si intende l’adozione in modo continuativo e coordinato di provvedimenti attinenti alla gestione e all’amministrazione della società, nonché funzionali al raggiungimento degli obiettivi societari.

La premialità della finanza pubblica: le agevolazioni fiscali in favore dei lavoratori impatriati

Tra le novità vi è anche un regime premiale temporaneo in favore dei lavoratori autonomi o dipendenti i quali trasferiscono la propria residenza in Italia. Le agevolazioni de quibus saranno applicate a partire dal 2024 e per i cinque anni successivi.

La norma indica dettagliatamente i presupposti per ottenere l’agevolazione ovvero potranno beneficiare di un abbattimento del 50% della tassazione, entro un limite di reddito agevolabile pari a 600.000 euro (limite quantitativo), “i lavoratori in possesso dei requisiti di elevata specializzazione e qualificazione che non risultano essere stati già residenti in Italia nei tre periodi di imposta precedenti al conseguimento della residenza”.

Il suddetto regime è, pertanto, applicabile solo al ricorrere di due presupposti: il lavoratore non abbia risieduto in Italia nei tre periodi di imposta precedenti al trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno cinque anni.

Nel rispetto del principio di leale collaborazione e buona fede è, inoltre, previsto che, qualora i lavoratori non mantengano la residenza nei cinque anni successivi decadano dal beneficio e siano obbligati alla restituzione della agevolazione con l’aggiunta degli interessi maturati.

I benefici fiscali riguarderanno anche le categorie tenute al versamento dell’Irap. Invero, in caso di reddito derivante dalle attività di impresa, dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata e trasferite in Italia e precedentemente svolte in un Paese estero, diverso da uno Stato appartenente all’Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo soltanto il 50% del suo ammontare concorrerà alla formazione dell’imponibile. Anche in tal caso troveranno applicazione i presupposti di cui sopra e il vantaggio fiscale ha una scansione temporale pari al quinquennio successivo al trasferimento.

Si tratta del cd. reshoring che punta a far rientrare nel territorio dello Stato le attività espatriate inducendole a reinvestire nel territorio ove originariamente erano collocate.

Le agevolazioni fiscali predette si aggiungono a quelle già riconosciute in favore dei lavoratori sportivi che decidono di rientrare nel territorio dello Stato. Più nel dettaglio, gli sportivi impatriati in Italia hanno la possibilità di applicare un regime fiscale di favore con tassazione ridotta al 50% del reddito percepito ex art. 16 del d.lgs. n. 147/15, per un periodo di cinque anni.

Si tratta della cd. “agevolazione impatriati” e riguarda tutti gli sportivi che acquisiranno la residenza fiscale in Italia.

Tali modifiche sono in linea con l’ormai consolidata “finanza premiale” ovvero di un sistema fiscale che non si limita all’utilizzo di strumenti impositivi, ma si avvale di meccanismi agevolativi al fine di soddisfare l’interesse erariale.

Tuttavia, la natura derogatoria dell’agevolazione fiscale rispetto al dovere generale di contribuzione (art. 53 Cost.) ha indotto a prevedere dei presupposti rigorosi per l’operatività del beneficio.

Al pari di ogni sistema premiale, anche in tal caso, si presume che l’agevolazione non operi automaticamente, ma sia il contribuente a dover provare la sussistenza dei presupposti per poter fruire del vantaggio.

La tassazione minima globale come strumento di contrasto alle condotte fiscalmente rilevanti

È prevista, inoltre, l’introduzione di un’imposta minima (circa del 15%) su scala nazionale a carico di tutte le imprese localizzate in Italia, appartenenti a un gruppo multinazionale o nazionale e soggette ad una bassa tassazione. Tale previsione è contenuta nel Pillar 2 elaborato dall’Ocse, previo recepimento da parte del legislatore nazionale della Direttiva n. 2523 del 2022 del 14 dicembre 2022 (con cui l’Unione Europea ha posto l’obiettivo di garantire un livello minimo di tassazione a carico delle multinazionali).

In particolare, il Pillar 2 dell’Ocse prevede che le imprese multinazionali corrispondano un contributo minimo a titolo di imposta sul reddito generato in una giurisdizione (regole GloBe).

Ne deriva in concreto che i gruppi multinazionali con sede in Italia saranno chiamati a calcolare l’Etr giurisdizionale ovvero la tassazione effettiva di ciascuna giurisdizione in cui sono allocate le imprese controllate. Al fine di assicurare una entrata fiscale, qualora l’Etr giurisdizionale dovesse essere inferiore al 15% dovrà essere corrisposta una top-up tax ovvero una imposta a carattere aggiuntivo al fine di raggiungere la soglia del 15%.

Come espressamente previsto dalla bozza di decreto è stato creato anche un complesso di regole che disciplinano l’assoggettamento delle multinazionali alla global minimum tax. La previsione di una disciplina dettagliata rappresenta un deterrente all’adozione di condotte elusive, quali ad esempio, lo spostamento di ricavi verso territori a bassa fiscalità.

Alla introduzione di una imposizione fissa corrisponde anche la previsione di un sistema sanzionatorio in caso di inottemperanza agli adempimenti relativi alla imposizione minima dei gruppi multinazionali e nazionali di imprese. 

La tassazione minima dei profitti delle multinazionali è funzionale da un lato a combattere le condotte fiscalmente rilevanti e dall’altro a garantire una entrata minima in favore dello Stato da parte delle imprese multinazionali

I presupposti per la concessione delle agevolazioni fiscali: la compatibilità degli aiuti di Stato con la disciplina unionale

La bozza del decreto attuativo prevede anche una disposizione quadro che delinea i presupposti da rispettare per la concessione di benefici di natura fiscale in favore di lavoratori autonomi o di imprese che abbiano una sede o una stabile organizzazione in Italia.

Si tratta, dunque, di delineare il perimetro di ammissibilità delle agevolazioni fiscali al fine di evitare di incorrere nella violazione del “divieto di aiuti di Stato” previsto dall’Unione Europea e posto a presidio della libertà di concorrenza.

L’Unione Europea, infatti, si basa sul principio secondo il quale gli aiuti di Stato siano incompatibili con il mercato comune in quanto rischiano di falsare la concorrenza e, dunque, occorre che venga delineato il perimetro applicativo dei benefici fiscali.

Come previsto dalla bozza di decreto tra gli obiettivi vi è anche quello di semplificare il sistema di agevolazioni fiscali in favore del Mezzogiorno al fine di incentivarne lo sviluppo economico. In tale ottica il beneficio fiscale diviene uno strumento per favorire il progresso economico.

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