Non decade dalle agevolazioni prima casa il coniuge che effettua l’acquisto a titolo personale

10 Novembre 2023

Va riconosciuta l’agevolazione prima casa in relazione ad un immobile acquistato in regime di comunione legale anche se uno dei due coniugi acquirenti non cambia la propria residenza personale nel Comune dell’immobile. Specialmente se si tratta di un acquisto fatto a titolo personale. Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza 30594 del 3 novembre 2023, con cui ha accolto il ricorso della contribuente.

Acquisto da parte di coniugi ed agevolazione prima casa

In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso (cfr. Cass. 22557/202211225/2020).

Confermato, dunque, il più recente orientamento di legittimità (Cassazione nn. 25889 e 16355 del 2015 e 13334 del 2016) secondo cui, ai fini dell'agevolazione   prima casa, nell'ipotesi di acquisto compiuto da due  coniugi in regime di comunione legale, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi. Trattasi invero di un'interpretazione estensiva del dato letterale, che trova la sua  ratio  nella tutela costituzionale della famiglia di cui all'articolo 29 della Costituzione, in base al quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».

In detta prospettiva costituzionalmente orientata, pertanto, assume rilievo il  requisito della residenza della famiglia (rispetto a quella dei singoli coniugi) cui ancorare la fruibilità del beneficio prima casa. Considerato che l'articolo 144 c.c. consente ai coniugi di concordare tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un'altra entità, quale la famiglia.

Per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a soddisfare le esigenze della famiglia, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non a una comune sede anagrafica ma alla coabitazione.

Con la pronuncia 3123/2023, inoltre la Cassazione ha specificato che il riferimento alla residenza di famiglia, che consente di ottenere l'agevolazione ove uno solo dei coniugi abbia posto la residenza nell'immobile agevolato opera solo per i coniugi in comunione legale, mentre non può trovare applicazione all'acquisto del diritto di abitazione operato, in comproprietà, dai coniugi in separazione dei beni. In questo caso, infatti, l'acquisto del diritto assume una connotazione «egoistica» (o «individualistica») in capo a ciascuno dei coniugi, e i  bisogni  della  famiglia  non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale: a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il «protagonista» della fattispecie. Sarebbe dunque errato estendere il principio prima richiamato in tema di acquisto in comunione al caso di specie ove è stato acquistato, in regime di separazione dei beni, un diritto di abitazione, seppur da parte di entrambi i coniugi, con destinazione univoca e complessiva dell'abitazione a residenza familiare.

Caso concreto

L'Agenzia delle Entrate aveva erroneamente emesso l'avviso di liquidazione conseguente alla  revoca  delle  agevolazioni prima casa  a seguito del  mancato trasferimento  della  residenza  del  marito   della   contribuente  nel Comune dove si trova l'unità immobiliare oggetto dell'acquisto agevolato. L'immobile, infatti, era da considerarsi un bene personale della contribuente e non uno acquistato in regime di comunione legale con il coniuge il quale non aveva i requisiti per poter fruire dell'agevolazione.

In tema di imposta di registro   e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione delle agevolazioni, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia. Di conseguenza nel caso di acquisto in comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare. Invece a nulla rileva la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c. (cfr. Cass. 3123/2023 e 22557/2022).

Dunque,  il requisito della residenza non deve essere realizzato dal coniuge del contribuente che abbia operato un acquisto a titolo personale. Peraltro, se diversamente si trattava di acquisto in comunione, il trasferimento di residenza di uno dei coniugi che compone il nucleo familiare era sufficiente per escludere la decadenza in quanto il requisito della residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia.

La Suprema Corte ha così cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito con l'accoglimento del ricorso ordinario della contribuente.

Fonte: Diritto e Giustizia

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