Stress lavoro-correlato: responsabilità del datore anche per i danni alla salute del dipendente derivati dall’ambiente stressogeno
10 Novembre 2023
Può il datore limitarsi a eccepire la mancata prova dell'intento persecutorio per escludere la sua responsabilità in relazione ai danni psico-fisici lamentati dal dipendente e connessi a plurime condotte datoriali (dequalificazione e modalità di controllo) determinanti un ambiente di lavoro stressante? Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità di un'ipotesi di mobbing non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi (e provi), con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione. Tuttavia, in tema di responsabilità del datore per danni alla salute del dipendente, anche ove non sia configurabile in concreto una condotta mobbizzante per l'insussistenza del suddetto intento persecutorio, è comunque ravvisabile la violazione dell'art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute del dipendente, ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé legittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o, invece, si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprire gli effetti e la gravità del pregiudizio sofferto dal lavoratore. In sintesi, pertanto, la parte datoriale non potrebbe limitarsi a eccepire la mancata dimostrazione del profilo soggettivo della fattispecie di mobbing per ottenere l'esenzione da responsabilità per i danni psico-fisici lamentati dal dipendente nel caso specifico. |