Facendo un breve cenno alle teorie aziendalistiche, l'Autore si sofferma sui modelli di governance adeguati alla sostenibilità illustrando le diverse tipologie che alcuni gruppi di società hanno adottato al loro interno ed evidenziando le difficoltà di strutturare una governance di sostenibilità nell'ambito delle PMI.
Sostenibilità è partecipazione?
“Stakeholder” è un termine di lingua inglese che significa letteralmente “portatore d'interesse”, gergalmente è “colui che ha una posta in gioco”, “che corre un rischio”: può trattarsi di un singolo individuo, un gruppo, un'organizzazione, un'istituzione, un'entità, da cui l'azienda dipende per la sua esistenza oppure che è influenzato dalle sue attività, traendone benefici o subendone gli eventuali effetti negativi. Intorno al concetto di “stakeholder” sono state formulate diverse teorie in campo manageriale. Non è questa la sede per discutere sull'avvicendarsi della cd “stakeholder theory” sulla cd teoria dell'agenzia (che si sviluppa negli anni '70, con i contributi di Williamson, Jensen e Meckling e in base alla quale si riconosce l'esistenza di un mandato fiduciario conferito dagli azionisti ai manager per la gestione dell'impresa, in base al quale si affermano il dovere del manager di agire nell'interesse della proprietà e la sua responsabilità esclusiva nei confronti degli investitori proprietari), ma è importante ai fini del presente scritto menzionare il paradigma base della “stakeholder theory” in base al quale né gli interessi dei proprietari, né quelli del gruppo di controllo debbono prevalere sugli interessi della comunità. Per citare Freeman: “Chi governa l'impresa deve prendere in considerazione i diritti, gli interessi e le aspettative di tutti coloro che possono essere influenzati dalle decisioni manageriali e che, per converso, possono esercitare la loro influenza sui risultati di tali decisioni”. Ciò implica che l'agent deve avere a cuore gli interessi di tutti gli stakeholders aziendali, ma proprio perché gli stakeholders sono di diversa natura e assumono una diversa posizione, che può variare nella vita di una impresa, l'approccio che occorre avere è per sua natura dinamico, ovvero non è oggettivamente possibile trattare in modo uguale tutti i diversi portatori di interesse nel tempo. In definitiva, la “stakeholder theory” è di aiuto nell' inquadrare i problemi di governo societario proprio perché quest'ultimo si deve relazionare con tutti gli interlocutori aziendali e nel contempo costituisce altresì un pilastro teorico della responsabilità sociale d'impresa.
Ciò premesso, a cosa porta il coinvolgimento degli stakeholders, il cd stakeholders engagement, all'azienda? L'ascolto delle esigenze e delle aspettative degli stakeholders, di fatto la loro partecipazione, è un passaggio strategico fondamentale per l'integrazione della sostenibilità nei processi aziendali?
Si può senz'altro affermare che le forme tradizionali di coinvolgimento (ad esempio il coinvolgimento dei soci, il dialogo con i dipendenti, la partecipazione al voto, i roadshow con gli investitori) hanno trovato col tempo una propria normativa e regolamentazione come pure terreno di sviluppo nei propositi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e sono via via diventati sempre più importanti. Risulta chiaro che lo stakeholder engagement deve assumere un ruolo centrale dei processi aziendali e lavorare come strumento strategico per rendere più efficace la rendicontazione della propria azienda, attraverso la trattazione e la condivisione di tematiche sensibili e importanti per gli stakeholders.
Normativa UE
Da anni, l'Unione Europea incoraggia un comportamento aziendale socialmente responsabile. Ha introdotto alcune direttive come, ad esempio la Direttiva sull'informazione non finanziaria (Dir. 2014/95/UE), che impone alle imprese obblighi informativi sulle politiche di gestione dei rischi ambientali e sociali, e la Direttiva sui diritti degli azionisti (Dir. 2017/828/UE), che richiede alle società di definire politiche di remunerazione che contribuiscano agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità delle imprese. Ha inoltre aperto una consultazione sul tema del governo societario sostenibile per comprendere quale sia il modo migliore per promuovere un comportamento aziendale responsabile e sostenibile.
Nella G.U. europea del 16 dicembre 2022 è stata pubblicata la nuova Direttiva (UE) 2022/2464, nota come Direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). La Direttiva ha l'obiettivo di favorire la divulgazione delle informazioni sul modo in cui le società operano e gestiscono le sfide sociali e ambientali e stabilisce, a tal fine, le norme sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e sulla diversità da parte di talune grandi società
Regolamentazione UE
La sostenibilità si è progressivamente affermata nelle recenti revisioni del Codice di Autodisciplina delle società quotate. L'ESMA ha sottolineato la necessità di rafforzare la qualità dell'informativa, in particolare in merito alla rilevanza, completezza, bilanciamento e accessibilità delle informazioni, sia qualitative (politiche adottate) che quantitative (KPI e obiettivi), in particolare su performance e obiettivi, politiche di due diligence, rischi e impatti sulla catena di fornitura e rischi derivanti dal climate change
Agenda 2030
Il 25 settembre 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l'Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals), articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030. L'Agenda esprime un chiaro giudizio sull'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale
Si può quindi correttamente affermare che la partecipazione degli stakeholder ha un ruolo centrale nel paradigma di sostenibilità dell'impresa.
Modelli di governance appropriati per la sostenibilità
Diverso può essere l'approccio che la singola società assume nei confronti degli aspetti sociali ed ambientali e, pertanto, diversa può essere la struttura di governance di sostenibilità adottata da ciascuna società.
Il ruolo che si intende dare, a tal riguardo, alla sostenibilità all'interno della società funge da bussola fra i diversi approcci che possono, nella rispettiva società, anche essere fra loro complementari ed anche più o meno graduati, ma che si attestano su i seguenti estremi: (i) il primo identifica gli aspetti sociali ed ambientali come rischio da gestire e da monitorare (ii) il secondo considera la sostenibilità come driver per il modello di business che l'azienda intende perseguire. A seconda dell'approccio adottato, prendono forma - in modo differente per ciascuna azienda - la governance della sostenibilità (i.e. forme, competenze e dialogo con gli stakeholders), le politiche di sostenibilità (i.e. obiettivi che l'azienda si pone per soddisfare gli stakeholder) e la gestione della sostenibilità (intesa come gestione delle politiche di sostenibilità anzidette). L'orientamento di ciascuna società, di base viene definito dal Consiglio di Amministrazione e per esso dall'Amministratore Delegato. Certamente ciò che si riscontra nel concreto è che laddove la società concepisce la sostenibilità come leva per essere competitiva sul mercato (in linea con l'approccio sub (ii) sopra) la governance è senz'altro più articolata prevedendo la costituzione formale di un comitato di sostenibilità che può a sua volta rilasciare apposite deleghe, la previsione di workshops all'interno della azienda, un dialogo con gli stakeholders, anziché il mero ascolto, dialogo che si può sviluppare coinvolgendo i diversi stakeholders in tavoli di lavoro. Di conseguenza, le politiche di sostenibilità sono più orientate alla creazione di valore, alle opportunità di crescita, anziché essere focalizzate sulle sole procedure interne di circoscrizione dei rischi e la gestione prevede il coinvolgimento del top management con il quale si organizzano incontri appositi e si organizza quindi una attenta pianificazione di medio-lungo periodo, in coerenza con il piano strategico della società, in modo tale da prevenire, oltre che monitorare, i rischi, con l'assunzione e il coinvolgimento eventualmente, in alcune società più organizzate, di un sustainability manager. È chiaro che in tal caso il management deve essere caratterizzato da competenze specifiche oltre che di elasticità, poiché dovrà prevedere per tempo tutti i possibili scenari e ritrovare soluzioni adeguate.
Modelli di governance della sostenibilità: i gruppi e le società di grandi dimensioni
Da una breve ricerca effettuata, risulta che le società di grandi dimensioni attuano una governance ampiamente improntata sui temi della sostenibilità, internamente strutturata con modalità diverse.
Di seguito, per alcune di tali società e gruppi, si dà atto delle soluzioni che sono state scelte e rese pubbliche.
La strategia del Gruppo IREN che, in linea con gli Obiettivi delle Nazioni Unite (UN Sustainable Development Goals – “SDGs”), integra l' impegno verso la sostenibilità nel proprio modello di business e nella predisposizione del proprio piano strategico. Nella governance di IREN sono presenti due comitati: (i) il comitato di integrazione strategica ESG e (ii) il Sustainable Finance Committee; il primo “ha il compito di analizzare scenari, contesto normativo, rischi e opportunità per integrare la sostenibilità nella strategia e nei processi, analizzare il posizionamento ESG del Gruppo e proporre iniziative di miglioramento, valutare i risultati periodici e il progresso nelle politiche di integrazione ESG e diffondere la cultura della sostenibilità”, mentre il secondo è deputato a selezionare gli investimenti e la politica di investimenti del Gruppo in linea con la strategia sulla sostenibilità. Sono stati istituiti inoltre dei Comitati Territoriali nei Comuni e nelle regioni dove IREN è maggiormente presente (i.e. Genova, Reggio Emilia, Torino, Parma e Piacenza) che rappresentano un innovativo canale di dialogo fra la Società e gli stakeholders. In particolare, cittadini, enti ed istituzioni attraverso una piattaforma apposita possono rivolgere domande, formulare proposte e presentare progetti ai comitati assumendo quindi un ruolo attivo e partecipativo. Con riferimento alla rendicontazione, IREN adotta il bilancio di sostenibilità sulla base delle informazioni richieste dalla Tassonomia UE, integrando le raccomandazioni del Task Force on Climate-related Financial Disclosures in merito ai rischi e alle opportunità che il cambiamento climatico può generare.
Il Gruppo Ferrovie dello Stato (“FS”) fa della sostenibilità un fattore strategico strutturale del proprio piano industriale orientato sui seguenti obiettivi: “favorire il trasporto collettivo multimodale in modo da renderlo la prima scelta per gli spostamenti a scapito dei mezzi privati; potenziare il trasporto merci su ferro; integrare le infrastrutture ferroviarie e stradali e renderle resilienti; aumentare il grado di autonomia energetica. “. Lato governance, FS si è dotato da anni di un modello nel quale ruolo centrale ha il Consiglio di Amministrazione; dal 2016 è stato istituito un comitato di sostenibilità di Gruppo a supporto dell'Amministratore Delegato e dal 2021 il Comitato endo-consiliare “Controllo, Rischi e Sostenibilità” a supporto del Consiglio di Amministrazione.
Il Gruppo A2A si definisce una “life company” ed orienta il proprio piano industriale di conseguenza: quindi non solo una multiutility fornitrice di servizi, ma una impresa che mette al centro le persone facendo evolvere i servizi essenziali per rispondere alle esigenze degli stili di vita contemporanei, nel rispetto di una sostenibilità di lungo periodo. Redige bilanci territoriali di sostenibilità per le province di Brescia, Bergamo, Milano e le regioni Calabria e Friuli Venezia Giulia. Quanto allo stakeholder engagement, dal 2021 il Gruppo ha sviluppato un piano di ascolto e dialogo con i territori per poter delineare il giusto percorso verso la sostenibilità nel proprio piano strategico.
Edison si è dotata dal 2022 di una procedura per la governance di sostenibilità molto articolata e organizzata prefissandosi l'obiettivo di delineare un modello di strategico di responsabilità sia in termini strutturali (ovvero, struttura e responsabilità, risorse, valori e cultura aziendale, sistema di incentivi correlati a criteri ESG) che di macro-processi (ovvero, strategia di sostenibilità e definizione degli obiettivi di sostenibilità, stakeholder engagement, materialità e rendicontazione non finanziaria) La governance è fondata sul ruolo di indirizzo del Consiglio di Amministrazione e su quello propositivo e istruttorio del Comitato Controllo e Rischi e Sostenibilità. È stato istituito il Comitato Manageriale di Sostenibilità che fornisce pareri e suggerimenti sul Piano di Sostenibilità presentato dal Consiglio di Amministrazione, monitorando il raggiungimento degli obiettivi ESG ed assicurando l'interazione fra impresa e i suoi stakeholders. L'Amministratore Delegato esercita specifici poteri in materia di sostenibilità, proponendo strategie e obiettivi al Consiglio di Amministrazione e supervisionando la rendicontazione delle performance ESG e la promozione del dialogo con gli stakeholders rilevanti. Internamente, la Divisione Sostenibilità si propone di orientare e sviluppare la sostenibilità a livello aziendale sia nelle ordinarie attività di business che nei progetti di sviluppo; si avvale, per questo, del Network della Sostenibilità composto dai Focal point nominati dalle diverse aree aziendali. È stato altresì istituito lo Stakeholder Advisory Board, comitato composto da membri esterni che rappresentano le diverse categorie di portatori di interesse, che ha l'obiettivo di supportare l'azienda affiancando l'Amministratore Delegato, nella identificazione dei temi di sostenibilità più rilevanti.
Il Gruppo HERA ha introdotto nel proprio Statuto il concetto di “creazione di valore” per i propri azionisti attraverso la creazione di valore condiviso con i propri stakeholders. La sostenibilità viene vissuta come faro delle attività di business. Lo strumento di dialogo con gli azionisti e il territorio è rappresentato dal Bilancio di Sostenibilità che è stato approvato nel marzo del 2023 e che rendiconta su tre ambiti di creazione di valore condiviso: (i) neutralità di carbonio, (ii) economia circolare, (iii) resilienza e innovazione.
Il Gruppo ERG adotta un modello di governance della sostenibilità che pone al centro il Consiglio di Amministrazione, promotore dei principi di comportamento di Gruppo riassunti nel Codice etico della società e nella Sustainability Policy. Il Consiglio di Amministrazione approva la Dichiarazione Non Finanziaria. Accanto al Consiglio di Amministrazione, il Comitato Controllo Rischi e Sostenibilità supporta le valutazioni e decisioni del Consiglio di Amministrazione, mentre l'Amministratore Delegato è responsabile delle attività ESG. Esiste poi un ESG Committee formato dal Presidente, dal Vicepresidente Esecutivo, dall'Amministratore Delegato e da tutti i primi riporti dell'Amministratore Delegato e uno Human Capital Committee che valuta e verifica le segnalazioni su possibili violazioni della Human Rights Policy.
In Brembo la figura chiave con riferimento alla sostenibilità è il “Chief CSR Officer”, ruolo affidato alla responsabilità dell'Amministratore con delega al Sistema di Controllo Interno e Gestione Rischi. Il Chief CSR Officer, oltre a relazionarsi con il Comitato Controllo, Rischi e Sostenibilità, ha la responsabilità di proporre, coordinare e avviare i progetti e le iniziative in ambito di responsabilità sociale, monitorare i piani di azione delle diverse unità organizzative, anche alla luce delle best practice esterne, esaminare le informative e le richieste degli stakeholder sui temi di sostenibilità e coordinare le attività di redazione della Dichiarazione Non Finanziaria annuale. A supporto del Chief CSR Officer, è stata istituita una Task Force, ovvero un gruppo di tecnici che hanno il compito di approfondire tematiche specifiche per le aree di competenza nell'ambito di progetti aziendali e della raccolta dati per la Dichiarazione Non Finanziaria.
È stato inoltre istituito il Comitato CSR composto dai vertici aziendali che ha il compito di definire le Linee Guida in ambito di Sostenibilità e adottare le relative politiche, di proporre un piano con gli obiettivi strategici ambientali e sociali, di approvare i progetti proposti dal Chief CSR Officer e di validare le attività propedeutiche all'avvio del processo di reporting di sostenibilità. Al Comitato CSR è inoltre richiesto di supervisionare efficacemente il processo di stakeholder engagement e i rischi legati alle tematiche di sostenibilità, nonché valutare il progetto di Dichiarazione Non Finanziaria. In linea con quanto previsto dal Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana, il Gruppo ha istituito all'interno del Consiglio di Amministrazione il Comitato Controllo, Rischi e Sostenibilità composto da tre Amministratori Indipendenti con il compito di supportare, con un'adeguata attività istruttoria, le valutazioni e le decisioni del Consiglio di Amministrazione relative, oltre che al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, anche alle tematiche di sostenibilità e all'interazione con gli stakeholders.
Prysmian Group ha nominato un Chief Sustainability Officer con l'incarico di consolidare la strategia e le azioni ESG, indirizzandole nel breve, medio e lungo termine. A livello endo-consiliare il Chief Sustainability Officer collabora con il Comitato Sostenibilità, che assiste il Consiglio di Amministrazione fornendo pareri sulle principali iniziative volte a far fronte al cambiamento climatico, come l'adozione della Climate Ambition per raggiungere i target Science Based di riduzione della CO2. Ai vertici dell'organizzazione è stato inoltre costituito un Sustainability Steering Committee, presieduto dal Chief Sustainability Officer. Il Sustainability Steering Committee, insieme al Comitato Controllo e Rischi, supervisiona il monitoraggio dei rischi legati alla tematica del cambiamento climatico e l'implementazione di progetti ed iniziative messe in atto per gestirli. Si riunisce periodicamente per discutere anche le priorità strategiche di sostenibilità, l'avanzamento del piano di azioni e la sua attuazione. Le linee strategiche di sostenibilità sono definite e promosse a livello aziendale e successivamente integrate nelle politiche locali e in tutte le attività quotidiane.
Governance di sostenibilità per le PMI
Se i modelli organizzativi più complessi sopra accennati possono con più facilità essere applicati ai gruppi di società e alle società di grandi dimensioni, diverso è il caso delle società di media o piccola dimensione che evidentemente avvertono parecchie difficoltà, e per i costi sottesi e per le difficoltà organizzative, a realizzare spontaneamente una buona governance della sostenibilità.
Va detto che, sul piano legislativo, si possono registrare alcuni passi in avanti anche con riferimento alla esigenza o opportunità per le PMI di conformarsi ai dettami di sostenibilità.
Nel 2014 con la Direttiva 2014/95/UE si sancisce l'obbligo per alcune imprese di predisporre il cd “bilancio di sostenibilità” o “DNF” (dichiarazione di carattere non finanziario) contenente “almeno le informazioni sociali e ambientali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva”
La Direttiva UE 2022/2464, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE il 16 dicembre 2022 (Corporate Sustainability Reporting Directive o “CSRD “che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro 18 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'UE, quindi entro marzo 2024) costituisce un aggiornamento della DNF, in tema di rendicontazione societaria sulla sostenibilità. In particolare, il legislatore europeo ha introdotto in materia di bilancio, l'art. 19-bis in tema di informazioni di sostenibilità. Ai sensi del primo paragrafo, le imprese di grandi dimensioni e le PMI (fatta eccezione per le microimprese) quotate in mercati regolamentati “includono, nella relazione sulla gestione, informazioni necessarie alla comprensione dell'impatto dell'impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull'andamento dell'impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione”. Tra le varie indicazioni che debbono essere fornite, anche in chiave prospettica, si colloca la descrizione dei principali rischi. L'art. 29-quater prevede la predisposizione di principi di rendicontazione sulla sostenibilità per le PMI quotate in mercati regolamentati, proporzionati alla loro capacità ed alle loro caratteristiche e si stabilisce che vengano specificate le strutture per le comunicazioni di informazioni. Insieme ai regolamenti esistenti e ad altre iniziative normative come la Direttiva CSRD e il Regolamento UE sulla Tassonomia (da applicarsi gradualmente nel 2024, esso specifica come si attuano in concreto gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale) la Corporate Sustainability Due Diligence Directive CSDDD – parte del Green Deal europeo – proposta a febbraio del 2022 e adottata dal Parlamento europeo il 1° giugno 2023, rappresenta un ulteriore passo avanti verso la definizione di un business sostenibile. Nella sua attuale formulazione, la Direttiva richiede agli investitori europei (e non) di svolgere le attività due diligence non solo sulle aziende in cui essi investono, ma, indirettamente, anche sui fornitori e sui clienti di queste ultime. Potrà, infatti, essere richiesto alle imprese di rendere conto delle loro politiche e azioni relative alla sostenibilità e alla responsabilità sociale, si potranno richiedere informazioni dettagliate sulle catene del valore globali e sulle misure di due diligence adottate per mitigare gli impatti negativi. Dovranno essere integrati criteri di valutazione ESG nelle proprie decisioni di investimento incoraggiando una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale delle imprese e indirizzando i flussi di capitale verso una corretta transizione. Sono soggette alla Direttiva le seguenti categorie di aziende:
le società dell'UE con più di 250 dipendenti in media e un fatturato netto mondiale superiore a 40 milioni di euro nell'esercizio finanziario precedente all'ultimo esercizio.
Le società dell'UE che sono capogruppo di un gruppo con 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 150 milioni nell'ultimo esercizio finanziario.
Le società non EU che hanno generato un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro, di cui almeno 40 milioni di euro nell'Unione Europea nell'esercizio finanziario precedente all'ultimo esercizio finanziario.
Le società non EU che sono capogruppo di un gruppo con 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni e almeno 40 milioni sono stati generati nell'Unione nell'ultimo esercizio per il quale sono stati redatti i bilanci annuali.
In realtà, indipendentemente da tutti i sopra indicati destinatari, tutte le piccole e medie imprese saranno indirettamente interessate, poiché nel medio termine le aziende chiederanno anche ai partner coinvolti lungo la supply chain di rispettare i requisiti di due diligence. Pertanto, è chiaro che adeguarsi quanto prima ai requisiti di sostenibilità apre molte opportunità - sia di business che sotto l'aspetto della raccolta di capitali, che di promozione di prodotti e servizi - alle iniziative di carattere pubblico basate sui fondi di ripresa e di resilienza.
Si noti che, una volta concluso il confronto tra le tre istituzioni e raggiunto un accordo definitivo, la Direttiva dovrà essere trasposta nella legislazione nazionale degli Stati Membri entro due anni dalla sua entrata in vigore, prevista per il 2024. In questo frangente, le autorità nazionali avranno la possibilità di adattare le disposizioni della Direttiva alle specificità del contesto locale, assicurando un'attuazione coerente e aderente alla realtà del paese. Ciò implicherà un coinvolgimento dei vari stakeholders, tra cui le imprese, le organizzazioni della società civile e gli esperti del settore, per garantire una trasposizione efficace ed equilibrata della Direttiva nella legislazione nazionale.
Con il Codice della Crisi di impresa, il legislatore ha esteso a tutti gli imprenditori l'obbligo di creare misure o assetti organizzativi idonei ad intercettare la crisi e quindi a verificare per tempo la situazione patrimoniale economica e finanziaria e la continuità aziendale. La valutazione non può prescindere dall'analisi di tutti gli elementi che possano impattare sulla sostenibilità finanziaria, non da ultimi l'impatto sull'ambiente e sui diritti sociali. Tali principi devono essere correlati alla natura e alla dimensione dell'impresa secondo un principio di proporzionalità (si veda il secondo comma dell'art. 2086 c.c.), ma devono essere applicati a tutte le società di qualsivoglia natura e dimensione.
Nonostante la spinta legislativa per sommi capi sopra illustrata, dal punto di vista operativo, tuttavia resta ancora aperto il tema su come le PMI potranno aderire alle richieste normative e di mercato senza che ciò incida in modo eccessivo in termini di costi e tempo dedicato, pregiudicando la redditività e la continuità aziendale delle medesime. D'altra parte, non si può negare che anche nelle PMI ogni scelta ha un potenziale impatto sull'ambiente e sulla società (dal consumo di energia, allo smaltimento dei rifiuti, alla tutela di lavoratori e consumatori). Per sostenere il percorso delle PMI verso la sostenibilità, senza che vi sia un aggravio di costi, è stata suggerita l'istituzione di comitati ai quali partecipino, oltre che delegati dell'impresa anche esponenti delle associazioni di categoria e delle imprese capofila di filiera, ma prodromico a ciò deve esserci un percorso interno di self-assessment che ciascun imprenditore deve in via preliminare svolgere al fine di comprendere i passaggi utili da compiere per sviluppare un piano strategico di sostenibilità che sia coerente e commisurato con il business specifico della PMI in questione. In tal senso, Confindustria ha delineato alcune linee guida per la rendicontazione di sostenibilità per le PMI, che nel tempo sono state via via aggiornate.
Considerazioni conclusive
Tenendo conto delle difficoltà che le società incontrano per delineare un modello di governance della sostenibilità che sia adeguato e fattivo, ciò che è certo è che il modello deve avere di per sé una natura progettuale, deve essere quindi dinamico. È senz'altro necessaria una partecipazione vasta e sostanziale degli azionisti, managers e stakeholders interni ed esterni che sia in linea con il “purpose” dell'impresa, ovvero con la ragion d'essere dei fini che l'azienda intende perseguire. La ricerca del modello che coniughi le prospettive di business sostenibile con gli aspetti sociali economici e ambientali è la sfida che ogni impresa dovrebbe porsi e realizzare, che sia impresa di grandi dimensioni che sia PMI, con l'ausilio del cd. “purpose mapping” (ovvero con il coinvolgimento dei principali stakeholders: clienti, dipendenti e partner) in modo da poter coordinare il purpose con la vision e con i valori aziendali. L'azienda, infatti, cresce e prospera in ragione della sua capacità di rispondere consapevolmente e intenzionalmente alle esigenze degli stakeholders e di diventare “attore sociale”, ovvero portatore di una propria responsabilità nello sviluppo della società e in particolare del territorio in cui opera. Non a caso Michael E. Porter e Mark R. Kramer, docenti della Harvard Business School, nel 2011 hanno introdotto il concetto di “creazione di valore condiviso” (Creating Shared Value - CSV), per promuovere e sostenere l'idea che "le aziende potrebbero riavvicinare il business e la società se ridefinissero il loro scopo come creazione di ‘valore condiviso', ossia generando valore economico in un modo che produca anche valore per la società, affrontando le sue sfide". Il concetto di “valore condiviso”, secondo tali autori, integra e accresce l'idea di responsabilità sociale. “I programmi di CSR (“Corporate Social Responsibility”) si focalizzano principalmente sulla reputazione e hanno solo un collegamento limitato con il business, il che rende difficile giustificarli e mantenerli nel lungo termine. Per contro, la Creazione di Valore Condiviso (CSV) è funzionale alla profittabilità e alla posizione competitiva dell'azienda. Sfrutta le risorse specifiche e l'expertise specifico dell'azienda per creare valore economico attraverso la creazione di valore sociale.” Si dovrebbero usare tre diversi approcci a questo fine: (i) riconcepire prodotti e mercati, (ii) ridefinire la produttività nella catena del valore, e (iii) costruire settori aggregati di supporto nelle comunità in cui opera l'azienda. Ognuno di questi approcci fa parte del circolo virtuoso del valore condiviso: l'incremento del valore in un'area crea opportunità anche nelle altre.
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Sommario
Sostenibilità è partecipazione?
Modelli di governance appropriati per la sostenibilità
Modelli di governance della sostenibilità: i gruppi e le società di grandi dimensioni