Appello non notificato e proposizione di un secondo atto di gravame: termine breve e termine lungo
16 Novembre 2023
Massima Nell'ipotesi di notifica di un secondo atto di appello che faccia seguito al primo non ancora dichiarato inammissibile o improcedibile, l'osservanza del termine breve decorrente da quest'ultimo non ha un effetto di proroga del termine lungo, restando, pertanto, il secondo atto di impugnazione assoggettato al termine (breve o lungo) che per primo viene a scadenza, in quanto la locuzione "indipendentemente dalla notificazione" posta ad apertura dell'art. 327 c.p.c. sta ad attestare che il termine lungo va comunque rispettato, sia stata o meno notificata la sentenza, e che, dunque, la notifica può avere l'effetto di far scattare anche il termine breve e determinare - ove l'impugnazione non lo rispetti - la formazione del giudicato se venuto a scadere prima del termine lungo, ma non anche quello di precludere la formazione del predetto giudicato per effetto della scadenza del termine lungo se - nelle ipotesi predette - maturata anteriormente a quella del termine breve (massima ufficiale). Il caso Il ricorso alla Suprema Corte riguarda una sentenza d'appello dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione. L'atto di gravame era stato tentato una prima volta ed era stato poi riproposto dagli appellanti per l'incertezza circa il perfezionamento della precedente notifica tentata con modalità telematiche. Né l'uno né l'altro dei due atti di impugnazione fu ritenuto tempestivo. Il giudice d'appello dichiarò fuori termine il primo di essi per la ritardata iscrizione a ruolo; e dichiarò non tempestivamente eseguita la notificazione di quello successivo, in astratto ancora consentita per non essere stata pronunciata nel frattempo alcuna declaratoria di improcedibilità o di inammissibilità ex art. 348 c.p.c., ma nella specie compiutasi dopo la scadenza del termine semestrale di cui all'art. 327 c.p.c. decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza appellata. Era risultato che la seconda notifica era stata eseguita entro i trenta giorni dal primo atto di impugnazione non potuto notificare; ma nel frattempo era venuto a scadenza il termine lungo che aveva iniziato a decorrere dal deposito della sentenza di primo grado. La questione I ricorrenti chiedono la cassazione con rinvio della sentenza appellata. Essi citano a fondamento dell'unico motivo di gravame il principio enunciato dalle Sezioni Unite con sent. 9/6/2016, n. 12084, per il quale la notifica di un primo atto di appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante, con l'effetto di far decorrere nei suoi confronti il termine breve di cui all'art. 325 c.p.c.; sì che, qualora questi, prima che sia stata dichiarata l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'atto di impugnazione non giunto a buon fine, notifichi una secondo impugnazione, quest'ultima è tempestiva se proposta entro il termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione. Nella vicenda di specie la notifica del secondo appello era intervenuta entro il termine di trenta giorni dal primo tentativo di notificazione; e pertanto, si conclude, il detto termine breve era stato rispettato, con conseguente erroneità della pronuncia che aveva dichiarato tardiva la proposizione dell'appello. Le soluzioni giuridiche La Corte di legittimità ha osservato che il principio enunciato dalle Sezioni Unite deve essere inteso secondo la sua ratio ispiratrice conforme alle finalità della normativa, sottese a favorire la formazione del giudicato in lassi di tempo contenuti. Se è fondata la regola per cui, nel caso di un primo atto di impugnazione soltanto tentato, ai fini dell'ammissibilità del gravame successivamente proposto deve aversi riguardo al decorso del termine breve, a partire da codesto primo atto di impugnazione; non è poi fondata la conseguenza che da questa regola i ricorrenti intendono desumere, vale a dire, la conseguenza per cui resta irrilevante il decorso del termine lungo di proposizione del gravame, a far tempo dalla pubblicazione della sentenza, che venga a scadere nel frattempo. Nessuna proposizione della decisione invocata dai ricorrenti come autorevole precedente giustifica la tesi per cui la notifica, ancorchè nulla, di un qualsiasi atto di impugnazione varrebbe di per sé sempre e comunque ad escludere l'applicabilità del termine lungo di impugnazione, circostanza che per questa via giungerebbe a consentire, in fatto, ove l'evento in grado di far decorrere il termine breve si verifichi in prossimità della scadenza del termine lungo, una corrispondente proroga di quest'ultimo. Al contrario, il principio enunciato dalle Sezioni Unite va letto nel senso che, in tutti i casi in cui si verifichi un evento in grado di far decorrere il termine breve per impugnare, l'impugnazione rimane soggetta al termine che per primo viene a scadenza, sia esso breve o lungo. Del resto, la norma dettata dall'art. 327 c.p.c. è chiara nell'avvertire che dalla pubblicazione della sentenza decorre il termine semestrale indipendentemente dalla notificazione della sentenza. Osservazioni La decisione è conforme a precedenti non direttamente riferiti, tutti, al caso dell'impugnazione ripetuta per sanare quella irrituale precedente ma che per questa particolare fattispecie costituiscono i principi enucleati dalla giurisprudenza cui fare necessario riferimento. In proposito i punti fermi richiamabili ai fini del giudizio erano i seguenti. Il termine breve di impugnazione decorre ordinariamente dalla notifica a controparte della sentenza; ma la notifica, in sua vece, di un atto di impugnazione è considerata quale fatto equivalente alla notifica della sentenza in quanto dimostra che l'appellante ha avuto una conoscenza della pronuncia legalmente rilevante (Cass. civ., sez. III, n. 26427/2020; Cass. civ., sez. II, n. 2990/2019). Ne segue che dalla detta notificazione ha inizio il decorso nei confronti del notificante del termine breve di proposizione del gravame, conformemente al disposto degli artt. 325 e 326 c.p.c. La regola vale altresì nella particolare fattispecie in cui la notifica del gravame viene effettuata dopo un primo tentativo di proposizione dell'impugnazione, non andato a buon fine. Pur restando inutile questo tentativo nei confronti del destinatario, esso dimostra tuttavia che l'impugnante aveva conoscenza della decisione avversata e che intendeva contrastarla: pertanto, da tale prima sua iniziativa prende a decorrere il termine breve, unica condizione ostativa essendo l'eventuale intervenuta dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità del primo esperimento (Cass. civ., sez. un., n. 12084/2016). Decorre, però e nel frattempo, dalla pubblicazione della sentenza, il termine lungo, attualmente per la durata di sei mesi. Il termine, notoriamente, è perentorio. La decadenza dall'impugnazione che si verifica dopo il suo decorso è espressione di un principio generale diretto a garantire certezza e stabilità ai rapporti giuridici (esso trova applicazione persino quando si deduca la nullità della sentenza: Cass. civ., sez. I, n. 15262/2011). Il possibile concorso e il sovrapporsi di effetti dei due termini è risolto nel senso della loro non prorogabilità e della prevenzione del loro compimento: Cass. civ., sez. III, n. 6187/2016 ha affermato che, una volta effettuata la notificazione della sentenza, la decadenza dall'impugnazione per decorso del termine lungo si verifica anche quando il termine breve viene a scadere in un momento successivo alla scadenza del termine lungo. Successivamente Cass. civ., sez. II, n. 8191/2000 ha ribadito il principio per cui, ai sensi dell'art. 327 c.p.c., la decadenza dall'impugnazione, per il decorso del termine annuale dalla pubblicazione della sentenza, si verifica indipendentemente dalla notificazione di questa e pertanto anche nel caso in cui, effettuata nell'anno la notificazione della sentenza e tenuto conto della sospensione feriale, non sia ancora decorso il termine breve di impugnazione decorrente dalla data di tale notifica. Ancor prima si erano espresse nel medesimo senso Cass. civ. n. 4508/1981 e Cass. civ. n. 1321/1980. Le pronunce citate ed altre con esse convergenti evidenziano come la giurisprudenza abbia da tempo ritenuto consentita l'attivazione di rimedio all'insuccesso della notifica dell'atto di impugnazione mediante la presentazione di un atto di impugnazione successivo, compatibilmente con i rigidi limiti derivanti dai termini perentori preclusivi dell'esercizio della relativa facoltà. Una alternativa utilizzabile dall'interessato è quella della richiesta di essere rimesso in termini: ma anche per questo caso è stata evidenziata la sussistenza di condizioni preclusive. Cass. civ., sez. III, ord. n. 8983/2023, ad esempio, ha ricordato che la tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine per caso fortuito o forza maggiore (come nel caso della morte del procuratore domiciliatario dell'appellato) ne presuppone la riattivazione mediante istanza al giudice "ad quem" - da depositarsi contestualmente all'attestazione dell'omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio - volta a domandare la fissazione di un termine perentorio per il relativo completamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello per mancato rispetto del termine ex art. 327 c.p.c., sul presupposto che l'appellante si era costituito in giudizio, iscrivendo la causa a ruolo, ed aveva atteso la prima udienza di trattazione per chiedere l'autorizzazione a rinnovare la notifica, non andata a buon fine per l'intervenuto decesso del professionista presso il quale l'appellato aveva eletto domicilio in primo grado). |