Estensibilità del controllo da parte del giudice dell’esecuzione sulla vessatorietà delle clausole
20 Novembre 2023
Massima Dispone il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte di Cassazione per la risoluzione della questione di diritto meglio illustrata in motivazione, ovvero se permanga in capo al G.E. il potere di rilevare l'abusività delle clausole in danno del consumatore quando il decreto ingiuntivo che integra il titolo sia divenuto esecutivo a seguito di opposizione ex art 645 c.p.c. ancorché dichiarata inammissibile. Il caso Tizia proponeva opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. anteriormente all'udienza per l'autorizzazione alla vendita, chiedendo sospendersi l'esecuzione ed accertarsi e dichiararsi l'insussistenza del diritto del creditore a procedere ad esecuzione sulla base del Decreto Ingiuntivo esecutivo emesso dal Tribunale di Lodi, poiché ottenuto in forza di una fideiussione contenente una clausola nulla (di deroga al disposto dell'art. 1957 c.c.). Il creditore procedente si opponeva alla richiesta, eccependo che avverso il titolo esecutivo, consistente nel Decreto Ingiuntivo, era stata proposta opposizione, decisa con sentenza dello stesso Tribunale lodigiano che ne aveva dichiarato l'inammissibilità, passata in cosa giudicata. Si poneva quindi all'attenzione del Tribunale di Lodi la “quaestio iuris” del se permanga in capo al G.E. il potere di rilevare l'abusività delle clausole in danno del consumatore quando il Decreto Ingiuntivo che integra il titolo sia divenuto esecutivo a seguito di opposizione ex art 645 c.p.c. ancorché dichiarata inammissibile A fronte della possibilità di interpretare tale questione di diritto in due modi alternativi, in assenza di precedenti giurisprudenziali della Suprema Corte sulla stessa, nonché tenuto conto della possibilità che tale questione, esclusivamente interpretativa, potesse porsi in una pluralità di giudizi, il Tribunale di Lodi ha quindi utilizzato lo strumento del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c. introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 per sottoporla al vaglio nomofilattico della Corte di cassazione, sospendendo quindi il processo. La questione L'ordinanza che si commenta riguarda una questione di rilevante impatto pratico, ovvero quella della possibilità per il giudice dell'esecuzione, allorquando il titolo esecutivo posto a fondamento della procedura esecutiva sia costituito dal decreto ingiuntivo opposto, nel caso in cui l'opposizione sia stata dichiarata inammissibile con sentenza passata in giudicato, di poter rilevare d'ufficio l'eventuale abusività/vessatorietà delle pattuizioni contenute nel contratto in forza del quale è stato chiesto ed ottenuto il provvedimento monitorio. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Lodi con l'ordinanza in oggetto ha in primo luogo evidenziato come il punto di partenza della problematica posta alla sua attenzione sia da rinvenire nella circostanza che la Corte di cassazione civile a Sezioni Unite con la sentenza n. 9479/2023, chiamata a pronunciarsi sui possibili poteri del Giudice e rimedi per le parti sia in fase monitoria sia “in executivis” per il caso di emissione di decreto ingiuntivo in forza di contratto con i consumatori rispetto al quale non sia stato “ab origine” effettuato lo scrutinio di vessatorietà delle clausole rilevanti o non vi sia motivazione in ordine a tale controllo alla luce delle pronunce della CGUE del Maggio del 2022. Infatti, atteso che i principi enucleati dalla Suprema Corte nella sua composizione allargata riguardano espressamente il caso del Decreto Ingiuntivo non oggetto di opposizione che sia stato poi portato ad esecuzione forzata in danno del consumatore-ingiunto, il Tribunale di Lodi è chiamato a pronunciarsi sul se essi siano applicabili anche alla diversa fattispecie di cui è investita, in cui l'opposizione vi è sì stata, ma è stata dichiarata inammissibile. Ciò premesso, il Tribunale lodigiano ha poi accertato che l'opponente rivestirebbe in concreto la qualifica di “consumatore” ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 206/2005, con conseguente applicazione nei suoi confronti della tutela consumeristica, consistente nella vessatorietà della clausola che deroga al disposto dell'art. 1957 c.c., che sarebbe dunque affetta da nullità; il che potrebbe comportare, in assenza di prove da parte del creditore di avere agito giudizialmente entro il termine decadenziale di sei mesi in danno dell'opponente, il radicale venir meno del titolo esecutivo stesso, sia pure a seguito di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., come sancito dalle SS.UU. nella sentenza n. 9479/2023. In particolare, secondo il Tribunale di Lodi, atteso che la possibilità di un'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 c.p.c. è stata ammessa proprio dalla Corte di cassazione laddove l'Autorità Giudiziaria “non sia stata adita prima dalle parti”, potrebbe portare ad equiparare a tal ipotesi la vicenda di cui al caso concreto in cui, pur essendo stata proposta opposizione all'esecuzione, questa abbia avuto luogo per altre ragioni, tenuto conto dell'efficacia per così dire “endoprocedimentale” delle relative decisioni. A questo punto il Tribunale passa in rassegna le possibili soluzioni interpretative della problematica in esame, evidenziando che un primo orientamento giurisprudenziale, prevalente, più rigoroso, è contrario alla possibilità per il G.E. di rilevare l'abusività delle clausole quando il titolo esecutivo sia già stato oggetto di opposizione. Questa ricostruzione si basa su due argomenti: il primo è che le Sezioni Unite n. 9479/2023 e, ancora prima, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Grande sezione) con la sentenza del 17 Maggio 2022 emessa a seguito del rinvio pregiudiziale del Tribunale di Milano, hanno fatto riferimento solo esclusivamente al caso del Decreto Ingiuntivo non opposto, in cui proprio il mancato esame della clausola abusiva legittimerebbe l'intervento, eccezionale, del Giudice dell'esecuzione. In secondo luogo, poi, vi è il richiamo ai principi generali dell'esecuzione forzata, per cui non si possono proporre in sede di esecuzione, né degli incidenti di cognizione scaturenti dall'opposizione ex art. 615 c.p.c., i motivi di doglianza sulla fondatezza del titolo esecutivo e sulla sussistenza dei presupposti della sua formazione, potendo il G.E. conoscere i soli fatti estintivi o modificativi successivi alla formazione del titolo stesso, fatto salvo il caso in cui tali vizi ne determinino l'inesistenza giuridica. Per un altro orientamento, minoritario, il giudice dell'esecuzione potrebbe (e dovrebbe) controllare la vessatorietà delle pattuizioni contenute nel contratto posto a fondamento del decreto ingiuntivo che costituisce il titolo esecutivo alla base all'esecuzione forzata anche nel caso in cui l'opposizione sia stata sì proposta, ma il profilo dell'abusività delle clausole non sia stato affrontato nella fase di merito; ciò sulla base dei principi elaborati dalla CGUE (“ex pluribus” CGUE, C-831/19, Banco di Desio e della Brianza).In questo senso si è espresso poi il Tribunale di Milano con sentenza n. 298/2023 che, pur avendo dichiarato inammissibile l'opposizione a Decreto Ingiuntivo perché tardiva, da una parte evidenziando il valore di “ius superveniens” delle sentenze interpretative dell'Unione rese dalla CGUE, dall'altra parte la necessità, con riferimento ai rapporti “non esauriti”, che il Giudice valuti comunque la clausola quando la questione gli sia stata posta ed il consumatore non sia rimasto del tutto inerte, è entrato nel merito ed ha dichiarato la nullità. Ad avviso del Tribunale di Lodi, quindi, l'orientamento meno rigoroso pare preferibile perché poggia sul principio, in generale affermato dalla Corte, per cui è la tutela forte riservata al consumatore in caso di clausole abusive ad impedire – nei casi critici – la stabilizzazione del giudicato sulle clausole stesse. Il G.E. ha poi valorizzato il dato per cui in un procedimento, quale quello monitorio, “a contraddittorio invertito”, l'iniziativa di adire l'Autorità Giudiziaria è riservata al debitore, ciò rilevando sotto il profilo della valutazione della sua “non totale inerzia” pure richiesta dalla CGUE quale limite alla revisione del giudicato: da qui, dunque, la questione che si pone, nella controversia al suo scrutinio, come in ogni altra in cui vi sia stata sì opposizione a Decreto Ingiuntivo, ma proposta oltre il termine perentorio di cui all'art. 641 c.p.c. (o più in generale quando l'opposizione sia stata introdotta anteriormente ai recenti revirement giurisprudenziali della CGUE e la questione non sia stata posta prima della definizione), è quella di individuare il perimetro di inerzia “incolpevole” del consumatore (spesso ignaro dei principi giuridici e delle regole tecniche del processo) in relazione ed a confronto con il principio di effettività - facendo pur sempre i conti con la regola di obbligatorietà della difesa tecnica nel nostro ordinamento. Considerata anche l'attitudine di tale questione a riproporsi in numerosi giudizi, nonché l'assenza di precedenti giurisprudenziali sul punto, il Tribunale di Lodi ha quindi fatto ricorso al rimedio di nuovo conio del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c., applicabile anche ai giudizi pendenti alla data del 1 gennaio 2023, sospendendo quindi il processo e rimettendo la questione circa l'ambito di operatività dei principi sanciti dalle Sezioni Unite n. 9479/2023 anche al caso di opposizione a Decreto Ingiuntivo proposta, ma dichiarata inammissibile. Osservazioni La pronuncia che si annota appare di grande interesse per due ragioni. La prima consiste nel fatto di avere affrontato in modo assolutamente chiaro ed analitico una problematica, quella relativa alla cedevolezza del giudicato del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione dichiarata inammissibile (con conseguente mancato scrutinio della fondatezza o meno delle ragioni per cui è stata proposta), allorquando questo sia poi posto a fondamento di una procedura esecutiva ed il G.E. sia investito, a seguito di opposizione ex art. 615 c.p.c., o anche mediante esercizio dei poteri ufficiosi che investono le nullità negoziali (Cass. civ., sez. un., n. 22642 e 22643 del 2014), della questione della possibile abusività delle clausole contenute nel contratto in forza del quale è stato chiesto ed ottenuto il Decreto Ingiuntivo. La “quaestio iuris” sottoposta all'attenzione del Tribunale di Lodi in funzione di Giudice dell'esecuzione appare avere una portata potenzialmente dirompente, atteso che non è infrequente che l'opposizione a Decreto Ingiuntivo venga ad essere dichiarata inammissibile in quanto tardiva e che al contempo il provvedimento monitorio, che poi diverrà irrevocabile in considerazione proprio dell'inammissibilità della spiegata opposizione, sia stato chiesto ed ottenuto dal creditore deducendo quale “causa petendi” un contratto stipulato tra quest'ultimo ed un consumatore. Rispetto alle due soluzioni al problema prospettate dal Tribunale di Lodi, ad avviso di chi scrive deve però ritenersi preferibile quella restrittiva, che esclude la possibilità di un sindacato circa la abusività delle clausole in sede di esecuzione forzata laddove, come nel caso concreto, sia stata proposta opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo e questo sia divenuto irrevocabile a seguito di sentenza che abbia dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. Una siffatta interpretazione pare imporsi, infatti, sulla base di quanto sancito dalla Corte di Lussemburgo nella sentenza della del 06 Ottobre 2009 nella causa “Asturcom Telecomunicaciones C-40/08”, che muovendo dall'assunto che il giudicato costituisce un principio fondamentale per assicurare la certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia, ha stabilito che “Il rispetto del principio di effettività non può, in circostanze come quelle della causa principale, giungere al punto di esigere che un giudice nazionale debba non solo compensare un'omissione procedurale di un consumatore ignaro dei propri diritti …”; in questo modo, dunque, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha sancito che il presupposto indefettibile per un intervento d'ufficio del Giudice, volto a compensare il fisiologico squilibrio tra diritti ed obblighi intercorrente nel rapporto tra professionista e consumatore in favore di quest'ultimo, presuppone un'”omissione procedurale” di quest'ultimo, cioè la totale inerzia dello stesso rispetto alla proposizione di una rituale e tempestiva opposizione a norma del Codice di rito. Inoltre, a favore di questa tesi depone anche la circostanza che il sindacato del G.E. sulle pattuizioni contenute nel contratto posto alla base del Decreto Ingiuntivo non opposto costituisce, come ogni momento di pura cognizione in fase esecutiva, un momento eccezionale, come tale suscettibile di avere luogo fintanto che esso rinvenga un suo fondamento, come nel caso di Decreto Ingiuntivo non opposto, ma rispetto al quale non risulti essere stato effettuato, da parte del Giudice del monitorio, alcun vaglio circa la vessatorietà delle clausole in esso contenute. Infine, appare insuperabile il rispetto delle regole generali sul giudicato, richiamate dall'orientamento più rigoroso, secondo cui il caso di “decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, che abbia ad oggetto la condanna al pagamento di prestazioni fondate su un contratto a monte, preclude all'intimato la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità del contratto o di specifiche sue clausole, atteso che il giudicato, coprendo il dedotto e il deducibile, si estende anche all'insussistenza di cause di invalidità (c.d. giudicato per implicazione discendente), ancorché diverse da quelle fatte valere nel processo definito con sentenza irrevocabile” (in termini Cass. civ., sez. II, n. 31636/2021). La seconda ragione di interesse che suscita l'ordinanza in commento è ravvisabile nel ricorso, da parte del Giudice dell'esecuzione, all'istituto del rinvio pregiudiziale introdotto nell'ambito della riforma del processo civile del 2022 e che rappresenta uno strumento idoneo ad assicurare l'interpretazione uniforme del diritto rispetto a questioni, quale quella in oggetto, che presentino profili di grande complessità e che possano riproporsi in modo seriale nelle aule di giustizia. Occorre ad ogni modo rilevare che con decreto del 7 Novembre 2023 la Prima Presidente della Corte di cassazione ha dichiarato il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Lodi inammissibile. |