Le Sezioni Unite individuano il momento perfezionativo del deposito telematico
23 Novembre 2023
Massima In tema di deposito telematico del ricorso in cassazione, il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC). Il caso Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza del 13 giugno 2022, ha rigettato il ricorso presentato da un avvocato avverso la delibera n. 40 del 22 aprile 2021 con cui il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli Nord aveva revocato al medesimo l'autorizzazione al patrocinio sostitutivo ex art. 41, comma 12, I. n. 247/2012, disponendo la cancellazione dello stesso dall'elenco dei praticanti abilitati. La summenzionata sentenza è stata impugnata dinanzi alla Corte di cassazione dall'iscritto, tra l'altro, per asserita violazione e falsa applicazione degli artt. 18 della legge 247/2012, 3 del R.D.L. 1578/1933, 13 e 14 del R.D. n. 37/1934. La Corte, con sentenza n. 34207 resa a sezioni unite il 21 novembre 2022, ha dichiarato improcedibile il ricorso ai sensi dell'art. 369, primo comma, c.p.c. non avendo il ricorrente depositato congiuntamente al ricorso copia autentica della decisione impugnata così come prescritto dall'articolo 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. Il ricorrente ha, quindi, impugnato la sentenza per revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c. sostenendo che il giudicante è incorso in un errore materiale ritenendo tardivo e successivo il deposito della sola sentenza impugnata, a dispetto di un primo deposito regolare e contestuale al deposito del ricorso. La questione La questione riguarda l'individuazione del momento perfezionativo del deposito telematico degli atti giudiziari. Il ricorrente sostiene di avere depositato telematicamente unitamente al ricorso per cassazione anche la sentenza impugnata, adducendo a sostegno della sua tesi sia due screen shot del portale di accesso da cui risultavano indicati l'allegato richiamato anche dall'indice steso in calce al ricorso, sia la conferma di regolare ricezione da parte della cancelleria. Le soluzioni giuridiche Preliminarmente appare opportuno esaminare l'art. 196-sexies delle disposizioni di attuazione del c.p.c., che, disciplinando il perfezionamento del deposito con modalità telematiche, statuisce che lo stesso si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Tale disposizione va raccordata con l'art. 13 del dm 44/2011, per il quale i documenti informatici si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. L'ambiguità della norma ha dato vita a due orientamenti giurisprudenziali. Il primo, minoritario, ritiene che con il ricevimento della ricevuta di consegna della PEC si perfezioni il deposito telematico, conseguentemente l'eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non influisce sulla tempestività del deposito telematico, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l'atto stesso o i suoi allegati (Cass. civ., 12 luglio 2021, n. 19796; Cass. civ., 11 novembre2020 n. 25289; Cass. civ., 26 maggio 2020, n. 9664; Trib. Milano, sez. lav., 10 maggio 2016). Altra corrente maggioritaria ravvisa nel deposito telematico una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona solo con il ricevimento della c.d. quarta busta. La ricevuta di consegna attesta che il deposito telematico è regolarmente pervenuto alla casella di posta certificata dell'ufficio destinatario, ma solo con l'accettazione definitiva del deposito da parte della cancelleria si consolida l'effetto provvisorio anticipato della seconda PEC e il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti e al giudice. (Cass. civ., sez. un., sent., 21 novembre 2022, n. 34207; Cass. civ., sez. lav., sent. dell'11 maggio 2021 n. 12422, SS.UU. sent. del 3 ottobre 2016 n.19675). La sentenza in commento, rafforza quest'ultimo orientamento e ribadisce che il deposito dell'atto nell'archivio degli atti in PCT assume le caratteristiche di immutabilità e non rimuovibilità soltanto dopo la cd. quarta PEC, che consolida l'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC). Sulla scorta di tali principi, il Collegio evidenzia che nel momento perfezionativo non risulta alcun deposito della sentenza impugnata da parte del ricorrente in violazione di quanto prescritto dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. Difatti, nulla provano le due schermate del portale di accesso prodotte dalla parte, schermate da cui risultano indicati l'allegato in questione richiamato dall'indice e la conferma di ricezione regolare da parte della cancelleria, in quanto la menzione degli estremi della sentenza impugnata non implica l'appartenenza della stessa al fascicolo informatico al momento del deposito. Inoltre, la ricevuta di accettazione fatta pervenire dalla cancelleria non attribuisce alcuna attestazione di immediata esistenza nel fascicolo a quegli stessi atti che la parte può depositare a corredo del primo, essendo venuto meno il valore certificatorio dell'attività del cancelliere di sottoscrizione dell'indice del fascicolo di parte con la costituzione mediante atto informatico operata dalla parte. Infine, il Collegio evidenzia come non possa applicarsi nel caso esaminato il principio del raggiungimento dello scopo (sent. n. 22438/2018, 33433/2022), in quanto manca il presupposto indefettibile per la sua applicazione, ovvero il certo e previo deposito in cancelleria, «nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione», della sentenza impugnata. Né tanto più la Corte ravvisa uno di quegli elementi, quali a titolo esemplificativo il “disguido di cancelleria” ovvero un errore di accesso o stivaggio informatico o anomalo rifiuto, che avrebbero potuto costituire elementi indizianti di un deposito in regola con le prescrizioni di legge vigenti, irregolare ma effettivo, nel prescelto contesto digitale, e pertanto suscettibile di sanatoria. Alla luce delle argomentazioni svolte, le Sezioni Unite hanno confermato l'ordinanza impugnata, che ha correttamente escluso che nel fascicolo informatico la sentenza impugnata fosse inserita nel termine perentorio, non ravvisando, pertanto, l'errore di percezione - in cui sarebbe incorso il Collegio - lamentato da parte ricorrente. Osservazioni La sentenza in commento ribadisce il principio vigente in materia di perfezionamento del deposito telematico degli atti processuali applicandolo anche alla neo-informatizzazione del procedimento per cassazione. Sotto altro aspetto, il provvedimento offre lo spunto per un'ulteriore importante riflessione inerente all'incidenza sull'effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost) del diritto al processo giusto dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.). Già la Consulta ha evidenziato che non è contrario alla Costituzione, o irragionevole, «imporre all'esercizio di facoltà o poteri processuali limitazioni temporali, senza le quali i processi potrebbero durare per un tempo indefinibile, con grave nocumento delle esigenze di giustizia. L'immutabilità dei termini perentori, legali e giudiziali, assicura una effettiva parità dei diritti delle parti, contemperando l'esercizio dei rispettivi diritti di difesa (sentenza n. 106 del 1973) a condizione che gli stessi siano congrui e non tali da rendere eccessivamente difficile per gli interessati l'esercizio del proprio diritto di difesa.” In un'ottica di informatizzazione del procedimento anche per cassazione, la perentorietà del termine di venti giorni sancito dall'art. 369, comma 2, c.p.c. non appare lesiva del diritto di difesa del ricorrente, in quanto il deposito telematico rappresenta un adempimento più agevole rispetto a quello connesso all'accesso della persona fisica all'ufficio giudiziario. Riferimenti Si rinvia alle decisioni richiamate nel testo. |