Fallimento “omisso medio” e decorso del termine per la risoluzione del concordato

La Redazione
28 Novembre 2023

Il Tribunale di S. M Capua Vetere dichiara, omisso medio, il fallimento di una società in concordato preventivo su richiesta del P.M. avanzata dopo il decorso del termine annuale per l’attivazione della risoluzione del concordato. 

Il Pubblico Ministero conserva la legittimazione a proporre istanza di fallimento, pur se sia scaduto il termine ultimo previsto dall'art. 186 l. fall. per proporre la risoluzione del concordato.

È quanto affermato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ribadisce un orientamento già fatto proprio dalle Sezioni Unite in tema di fallimento c.d. omisso medio, ovvero il fallimento dichiarato senza procedere alla preventiva risoluzione del concordato preventivo ex art. 186 l. fall. Il riferimento è a Cass., sez. un., 14 febbraio 2022, n. 4696 che ha affermato il principio di diritto: “il debitore ammesso al concordato preventivo omologato che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del PM o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 l.fall.

Nella specie, la Procura della Repubblica presso il Tribunale, richiamando proprio la Cass., sez. un., 14 febbraio 2022, n. 4696, chiedeva la dichiarazione di fallimento di una s.r.l. in concordato preventivo in considerazione della segnalazione di insolvenza del giudice delegato della procedura concordataria. La società eccepiva, nel merito, la ricorrenza di uno stato di crisi ma non di insolvenza, nonché l'inconferenza del richiamo, da parte della Procura, a Cass., sez. un., 14 febbraio 2022, n. 4696,  in quanto facente riferimento “all'ipotesi in cui sia ancora possibile il ricorso al rimedio della risoluzione e non a quella in cui sia decorso il termine annuale per l'attivazione dello strumento risolutorio, fattispecie in cui deve ritenersi che il ceto creditorio abbia accettato la convenienza del concordato, indipendentemente dalla sua esecuzione…”.

Il Tribunale – richiamando la giurisprudenza della Corte (Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2018, n. 26002; sez. VI, 22 giugno 2020, n. 12085) – evidenzia che anche laddove sia scaduto il termine per instare la risoluzione del concordato omologato e non adempiuto “ciò che è improcedibile è unicamente l'originaria istanza di fallimento, senza che tuttavia sia preclusa al Pubblico Ministero o ai creditori la proposizione di una nuova istanza di fallimento che tenga conto della insolvenza generatasi per effetto del mancato adempimento delle obbligazioni concordatarie assunte”.

La stessa Cass., sez. un., 14 febbraio 2022, n. 4696 ha affermato il principio per il quale “con l'omologazione del concordato preventivo lo stato di insolvenza viene definitivamente ed irrevocabilmente assegnato alla ristrutturazione debitoria concordata e alle modalità satisfattive in essa contemplate. Ciò non di meno, l'inadempimento del concordato preventivo rientra di per sé tra quei fatti sopravvenuti in presenza dei quali si deve ammettere la possibilità di presentazione di nuove istanze di fallimento, atteso che l'omologazione rende improcedibili soltanto le istanze già presentate”.

In conclusione, ritenuta tutt'altro che inconferente la pronuncia delle SS.UU. richiamata dalla Procura e dedotta la sussistenza dello stato di insolvenza dalla incapacità della società di adempiere le obbligazioni concordatarie – nonché la convenienza per i creditori dell'alternativa fallimentare rispetto a quella concordataria – il Tribunale rigetta le eccezioni della società e accoglie l'istanza del PM dichiarando il fallimento della debitrice.

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