Azione per la costituzione coattiva di una servitù di passo non proposta contro tutti i proprietari

30 Novembre 2023

In materia di costituzione coattiva di una servitù di passaggio, occorre valutare se sussistono i presupposti per confermare l'arresto delle Sezioni Unite n. 9685/2013 (peraltro contrapposto a quello precedente delle stesse Sezioni Unite - nn. 670 e 671/1989), o se - diversamente – non si ricada, nella indicata evenienza, in una ipotesi di litisconsorzio necessario, oppure in un caso in cui si debba pervenire ad una mera pronuncia di rito e non di merito, salva la possibilità di optare per ulteriori soluzioni.

Sulla scorta di queste perplessità gli atti sono stati trasmessi alla Prima Presidente affinché valuti se sussistano le condizioni per la rimessione della questione, di massima di particolare importanza, alle Sezioni Unite. Così ha stabilito la Sez. II civile della Cassazione (ordinanza interlocutoria n. 32528 del 23 novembre), in materia di costituzione coattiva di una servitù di passo.

Il principio di diritto posto in discussione . La domanda di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti di tutti i proprietari dei fondi che sia necessario attraversare per il collegamento con la strada pubblica. In mancanza, non va disposta l'integrazione del contraddittorio, ma la domanda va rigettata in quanto diretta a far valere un diritto inesistente. È questo, in sostanza, il principio (seguito dalla Corte d'Appello nella fattispecie) affermato dalle Sezioni Unite nel 2013 (sentenza n. 9685/2013), che sinora rappresentava il punto di riferimento in materia. Peraltro, l'arresto del 2013 si poneva in discontinuità con un diverso e precedente orientamento interpretativo delle stesse Sezioni Unite (del 1989).

Il fatto: la decisione impugnata e il rigetto nel merito delle domande.  La Corte territoriale si pronunciava su una questione preliminare afferente la contestata mancata integrità del contraddittorio nei confronti di tutti i proprietari dei fondi interessati al passaggio prescelto dagli originari attori. Veniva quindi rilevato che – proprio sulla scorta di quanto deciso dalle Sezioni Unite nel 2013 – l'assenza in causa dei litisconsorti necessari incideva non già sulla legittimazione, bensì sulla fondatezza della domanda, con il conseguente rigetto nel merito delle domande.

I n questo quadro, i ricorrenti hanno fatto valere in Cassazione, tra l'altro, due motivi di censura proprio attinenti a tale aspetto . Anzitutto, i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 1051 c.c., contestando la sentenza impugnata proprio quanto alla questione preliminare sulla necessaria integrità del contraddittorio nella parte in cui i giudici di appello aveva aderito al (più recente) indirizzo della giurisprudenza culminato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 9686/2013 (peraltro, la causa era iniziata prima di tale pronuncia, quando era ancora attuale il precedente indirizzo interpretativo del 1989).

Al più, doveva essere disposta l'integrazione del contraddittorio . Inoltre, i ricorrenti (sostenendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 e 102 c.p.c.) hanno fatto valere la nullità della sentenza impugnata. Infatti, il rapporto di servitù deve intendersi unico ed inscindibile e la sua titolarità appartiene a tutti i diversi proprietari dei fondi che si frappongono fra quello dominante e la via pubblica. Quindi, la mancata evocazione in giudizio di tutti gli interessati comporta la necessità dell'integrazione del contraddittorio “jussu iudicis”, ai sensi del citato art. 102 c.p.c, e non già il rigetto puro e semplice della domanda, non rispondente in alcun modo alle esigenze di economia processuale, bensì imponendo, di fatto, all'attore l'onere di instaurare un nuovo giudizio.

L'opinione degli Ermellini: la questione merita un ripensamento . Con riguardo a tali censure, la Sezione ritiene che sia opportuna una rimeditazione della questione, con riferimento alla quale si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza n. 9685/2013, al fine di valutare se confermare il principio di diritto affermato. Ciò con particolare riferimento alla individuazione delle conseguenze derivanti, con riguardo all'esercizio dell'azione di costituzione di servitù coattiva (prevista dall'art. 1051 c.c.), dalla mancata chiamata in causa, con l'atto introduttivo di primo grado, di tutti i titolari dei fondi ritenuti intercludenti (quindi potenzialmente serventi).

La sentenza delle SS.UU. del 2013 oggetto di ripensamento

Gli Ermellini riprendono in esame la decisione del 2013, secondo cui la mancata integrità del contraddittorio, siccome non attiene ad un rapporto unico ed inscindibile (fra titolare del fondo dominante e pluralità dei titolari dei fondi serventi, tale da concretare propriamente la condizione essenziale imposta dall'art. 102 c.p.c.), porterebbe al rigetto nel merito della domanda, e non all'obbligo di integrare il contraddittorio in un processo che non può considerarsi caratterizzato da litisconsorzio necessario. Ciò perché si tratterebbe di azione diretta a far valere un diritto inesistente, in quanto implicante, per il suo riconoscimento e sotto il profilo della configurazione dell'effettivo interesse ad agire dell'attore proprietario del fondo dominante, onde rendere attuabile la pretesa al passaggio coattiva su tutti i fondi serventi, l'evocazione in giudizio ab initio (ovvero già con l'atto introduttivo di primo grado) della pluralità dei titolari di questi ultimi.

Le decisioni della Cassazione – fin dagli anni Sessanta del secolo scorso – si sono mostrate alquanto ondivaghe.   L'ordinanza interlocutoria in esame constata che sulla relativa questione, del se la domanda giudiziale per la costituzione del passaggio coattivo debba essere proposta contro tutti i titolari dei fondi frapposti (da ritenersi, o meno, litisconsorti necessari), e sulle conseguenze derivanti dalla mancata evocazione in giudizio di tutti tali proprietari, le decisioni della Corte, fin dagli anni sessanta del secolo scorso, si sono mostrate alquanto ondivaghe, offrendo, invero, soluzioni divergenti nel progressivo sviluppo dell'evoluzione giurisprudenziale nel tempo. La decisione della Sezione passa in rassegna in modo molto preciso i vari orientamenti interpretativi che si sono sviluppati e susseguiti nel corso degli anni, esaminando anche i precedenti (e tra loro divergenti) arresti delle stesse Sezioni Unite.

Le perplessità attuali.  Ebbene, in questo frastagliato quadro, i Giudici di legittimità ritengono che la decisione del 2013 desti delle perplessità, sia sul piano giuridico-sistematico, sia con riferimento al pieno rispetto della “ratio” effettiva sottesa alla previsione dell'art. 1051 c.c.; nonché, da ultimo (ma non meno importante), sotto il profilo dell'incongruità degli effetti pratici che da essa scaturiscono. Perplessità che gli Ermellini espongono in modo molto dettagliato, ampio e puntuale, giungendo infine alla considerazione che vi siano le condizioni per (una nuova) rimessione della questione alle Sezioni Unite (alla stregua, soprattutto, dell'ampia critica in dottrina, supportata da approfondite motivazioni, mossa avverso la sentenza n. 9685/2013).

Quindi, dovranno essere ripensati gli effetti della mancata evocazione in giudizio, nel caso di proposizione della domanda per l'ottenimento del riconoscimento del diritto alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio, di uno più dei plurimi proprietari (o, eventualmente, titolari di altri diritti reali) dei fondi intercludenti, che, in caso di accoglimento dell'azione, diventerebbero serventi.

Rigetto della domanda o necessità di integrare il contraddittorio? Il dubbio rimane

Si tratterà di valutare se vi sono i presupposti per confermare l'arresto delle Sezioni Unite del 2013 (peraltro in contrapposizione alle precedenti decisioni delle stesse Sezioni Unite del 1989), o se - diversamente – non si ricada in una ipotesi di litisconsorzio necessario, oppure in un caso in cui si debba pervenire ad una mera pronuncia di rito e non di merito, salva la possibilità di optare per ulteriori soluzioni. Per questo, gli atti sono stati trasmessi alla Prima Presidente per le valutazioni di cui all'art. 374, comma 2, c.p.c.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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