Risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale: l’assenza del rapporto di parentela obbliga ad allegare la lesione del legame affettivo

30 Novembre 2023

La pronuncia in commento si occupa del risarcimento del danno da lesione o perdita del rapporto parentale, affermando che in caso di assenza del rapporto di parentela, non è sufficiente l’allegazione della mera convivenza, ma è necessaria l’allegazione della lesione di un legame affettivo.

Un detenuto decedeva in carcere per una peritonite grave.

Il convivente della madre del deceduto agiva in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ma la domanda era rigettata dal giudice di merito sul rilievo che non era stata allegata l'esistenza di una relazione affettiva, dal momento che i testi escussi – nel processo penale a carico dei medici penitenziari – avevano dichiarato che il defunto ragazzo non gradiva tornare a casa o comunque tornare a vivere con il patrigno che lo aveva fatto oggetto di vessazioni.

Proposto ricorso in cassazione, i giudici di legittimità hanno confermato la sentenza della Corte di Appello sul rilievo che in tema risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, la prova di un unico stato familiare o gruppo familiare, in assenza di rapporto di parentela non è sufficiente, così come non è sufficiente la mera convivenza.

Le pronunce in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da morte del congiunto hanno a che fare spesso con vicende drammatiche, assai delicate nella loro dimensione umana prima che giuridica, le quali finiscono inevitabilmente per segnare i nuclei familiari a vita.

Al riguardo si osserva che  in tema di pregiudizio derivante da perdita o lesione del rapporto parentale, il giudice è tenuto a verificare, in base alle evidenze probatorie acquisite, se sussista il profilo del danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto e, cioè, l'interiore sofferenza morale soggettiva e quella riflessa sul piano dinamico-relazionale, nonché ad apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo ad elementi presuntivi quali la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi (anche se al di fuori di una configurazione formale), la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l'età delle parti ed ogni altra circostanza del caso.

La giurisprudenza di legittimità dimostra la ferma convinzione che il danno derivante dalla sofferenza per la morte ex delicto del congiunto non è rigorosamente circoscritto ai familiari con lui conviventi al momento del decesso, che la cessazione della convivenza non è elemento indiziario a sorreggere da solo la congettura di un automatico allentamento della comunione spirituale tra congiunti (fratelli e sorelle), con conseguente riduzione della sofferenza dei superstiti a livelli immeritevoli di apprezzamento giuridico, che il rapporto di convivenza, pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto, escludendoli automaticamente, in caso di insussistenza dello stesso (Cass., 11 novembre 2019, n. 28989).

Invero, il vincolo di sangue, non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio (Cass., 21 agosto 2018, n. 20835).

Tuttavia, il rapporto di convivenza, pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà, escludendoli automaticamente in caso di sua mancanza, dovendoci essere comunque una incidenza sull'intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla pratica della solidarietà (Cass., 5 novembre 2020, n. 24689).

(Fonte: Diritto e Giustizia)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.