Obbligo di motivazione del decreto di sequestro o dell’atto di convalida
29 Novembre 2023
Massima L'obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio, o il decreto di convalida di sequestro probatorio, in ordine alla ragione per cui i beni possono considerarsi il corpo del reato o cose ad esso pertinenti, nonché in relazione alla concreta finalità probatoria perseguita, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, e alla natura del bene, non essendo sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge violati, senza, tuttavia, descrivere i fatti, né la ragione per la quale i beni sequestrati devono considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita. La funzione "cautelare" del sequestro è ancorata ai principi di adeguatezza e proporzionalità nella valutazione del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene sequestrato e il reato integrato. Il caso Come emerge dal testo della sentenza in commento, il pubblico ministero aveva convalidato una perquisizione e un sequestro probatorio eseguiti di iniziativa dalla P.G. su beni ritenuti cose pertinenti ai reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. Nel decreto di convalida, il pubblico ministero, tuttavia, aveva omesso di procedere alla descrizione, anche concisa, della condotta criminosa ipotizzata con l'indicazione delle sue coordinate spazio-temporali, della natura dei beni da vincolare, della loro relazione con l'ipotesi criminosa contestata, limitandosi ad indicare le norme di legge violate. La questione Sono diversi i temi di interesse sottoposti all'attenzione della Corte di cassazione. In primis, quale sia l'onore motivazionale del pubblico ministero nella rappresentazione dell'esistenza del fumus delicti che giustifichi il vincolo reale e se sia necessaria o meno una puntuale indicazione anche dei fatti concretamente integranti i reati iscritti, o se invece, all'opposto, sia sufficiente l'indicazione degli articoli di legge violati (ovviamente integrati dal luogo e dalla data di commissione del reato o comunque di accertamento del medesimo). Va da sé che allorquando sia richiesta al pubblico ministero una concreta descrizione dei fatti integranti il reato iscritto, si richiede in sostanza la predisposizione di un “abbozzo” di imputazione. In secondo luogo, se il pubblico ministero debba anche motivare, ovviamente rifuggendo da clausole di stile senza concreto significato, sulle ragioni per cui i beni sequestrati siano da considerarsi corpo del reato o cosa pertinente al reato, nonché su quale sia la concreta finalità probatoria perseguita con l'apposizione del vincolo reale. Infine, essendo il diritto di proprietà tutelato non soltanto dall'art. 42 Cost. ma bensì anche dal diritto sovranazionale (in particolare art. 1 prot. agg. CEDU), se il pubblico ministero – nel motivare sulla strumentalità funzionale del bene sequestrato al reato – debba anche valutare l'effettiva proporzionalità del vincolo e nell'ipotesi come potrebbe effettuare detta valutazione senza “cadere” in un vizio di motivazione apparente. Le soluzioni giuridiche La pronuncia in esame affronta la tematica della motivazione del decreto di sequestro, o del decreto di convalida di sequestro effettuato di iniziativa dalla P.G., su cui le Sezioni Unite della Corte di cassazione in passato si sono pronunciate numerose volte. Fin dalla sentenza Raccah (Cass. pen., sez. un., 18 giugno 1991, n. 10 CED 187861-01) le Sezioni Unite avevano evidenziato la necessità per il pubblico ministero di motivare in ordine alle finalità perseguite con l'apposizione del vincolo. L'orientamento maggioritario, tuttavia, riteneva che la motivazione in ordine al fumus delicti potesse risolversi nell'indicazione degli articoli di legge violati, e del luogo e della data di commissione del reato. Con le sentenze Carella e Ceolin (Cass. pen., sez. un., 11 febbraio 1994, n. 2 CED 196261-01 e Cass. pen., sez. un., 11 novembre 1994, n. 20 CED 199172-01) le Sezioni Unite avevano precisato, con riferimento all'ipotesi di sequestro di un corpo del reato, che non era necessario per il pubblico ministero motivare sulle ragioni del vincolo in funzione dell'accertamento del reato, a causa dell'esigenza probatoria in re ipsa del corpus delicti. Le Sezioni Unite, con la sentenza Bevilacqua (Cass. pen., sez. un., 28 gennaio 2014, n. 5876 CED 226712-01), innovando rispetto all'interpretazione proposta dalle sentenze Carella e Ceolin, sancivano per il pubblico ministero l'obbligo, a pena di nullità, di motivare in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti, anche in relazione alle cose sequestrate costituenti corpo del reato. Con la sentenza Botticelli (Cass. pen., sez. un., 19 aprile 2018, n. 36072 CED 273548-01), le Sezioni Unite evidenziavano che «una corretta lettura dell'art. 253, comma 1, c.p.p. non possa consentire, nell'ambito dell'onere motivazionale chiaramente espresso dalla norma, differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall'altra. È infatti il dato normativo, del tutto sottovalutato nelle impostazioni giurisprudenziali che esentano il provvedimento di sequestro del corpo del reato da un onere motivazionale, ad indicare che il decreto di sequestro debba essere "motivato", essendo tale connotato, la cui necessità si collega alla previsione generale di cui all'art. 125, comma 1, c.p.p., espresso in termini assoluti nell'incipit della disposizione e, dunque, indipendentemente dalla natura delle cose da apprendere a fini di prova, solo successivamente indicate dalla disposizione». Aggiungevano poi che «esigere che il decreto dia conto del reato per cui si procede, sia pure attraverso estremi essenziali di tempo, luogo e fatto, è evidentemente elemento-presupposto richiesto proprio in funzione della valutazione del collegamento tra bene e accertamento del fatto stesso», rappresentando nel contempo la necessità che l'interpretazione delle disposizioni in materia di sequestro probatorio «tenga conto del requisito della proporzionalità della misura adottata rispetto all'esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti». Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione, in aderenza a quanto evidenziato dalla sentenza Botticelli, ribadisce che il sequestro probatorio deve essere motivato e che la motivazione debba «necessariamente dare conto del fumus commissi delicti in relazione al quale si procede». Il pubblico ministero deve quindi spiegare, a pena di nullità, «l'astratta configurabilità del reato ipotizzato in relazione alla congruità degli elementi rappresentati», indicando quantomeno sommariamente quali siano i reati integrati, in cosa consista la condotta contestata, quali sarebbero in concreto le coordinate spazio-temporali in cui il reato o i reati in questione sarebbero stati compiuti. Per la Suprema Corte, «ciò che deve essere verificata è la possibilità concreta di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato, non potendosi ritenere sufficiente la mera "postulazione" della sua esistenza da parte del pubblico ministero». Nel procedere a motivare sulla concreta integrazione del reato iscritto, il pubblico ministero non poteva limitarsi al mero richiamo dei reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p., dovendo piuttosto procedere alla descrizione fattuale, seppur sommaria, della fattispecie per cui si procede rappresentando «le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti», nonché «spiegando la congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti che si intendono accertare». Per la Corte di cassazione, infatti, «non vi è dubbio che un'ipotesi astratta di reato deve essere configurata, atteso che ciò solo consente di verificare la causa giustificatrice per la quale si sottopone a sequestro un determinato bene ed il nesso di pertinenza probatoria tra quel bene ed il reato». Il pubblico ministero, quindi, dopo avere proceduto ad una descrizione concreta del fatto costituente reato, deve rappresentare le ragioni che giustificano il sequestro con «riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato in modo da chiarire la ragione per cui è utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe e ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria». Per la Corte di cassazione, la carenza di motivazione in ordine al requisito del fumus non consentirebbe peraltro di comprendere perché siano stati sequestrati quei determinati beni, cioè per quali ragioni le cose sottoposte a vincolo costituirebbero, nella specie, corpo di reato ovvero cose pertinenti al reato per cui si procede. Il pubblico ministero, infatti, deve indicare le ragioni per cui i beni sequestrati sono da considerarsi corpo del reato o cose pertinenti al reato, e deve specificare la concreta finalità perseguita dal vincolo reale per l'accertamento dei fatti, perché in caso contrario il sequestro si risolverebbe in una immotivata “prospettazione esplorativa di indagine”. Per la Corte di cassazione, «la strumentalità del bene alla condotta criminosa è uno dei canoni di valutazione della pertinenza. La strumentalità, tuttavia, è astrattamente configurabile in un numero pressocché indefinito di casi e ciò impone di attribuire a detto requisito un significato conforme ai principi generali di adeguatezza e proporzionalità sottesi al sistema delle misure cautelari, anche reali. È diffuso nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui anche la funzione "cautelare" del sequestro, strumentale rispetto al successivo provvedimento di merito, non è sganciata dai principi di adeguatezza e proporzionalità. Ciò “al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata”». Per la sentenza in commento, il principio di proporzione, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel sistema una portata più ampia. Esso travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termine necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della loro limitazione. Per la Corte di cassazione, «è ragionevole ritenere, dunque, che anche il senso e la portata del nesso di strumentalità tra bene e condotta criminosa deve essere valutato e risolto attraverso il test di proporzionalità ed adeguatezza, al fine di saggiare, come detto, la correttezza della soluzione». E' infatti «necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto non sia meramente occasionale (…) la verifica del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene e la condotta deve essere, inoltre, maggiormente rigorosa nei casi in cui il bene appartenga ad un soggetto terzo, rispetto all'indagato, nei cui confronti nessun coinvolgimento nell'attività criminosa è stato ipotizzato». Quindi l'obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio in ordine alle ragioni per cui si beni sequestrati possono considerarsi il corpo del reato o cose pertinenti al reato nonché circa la concreta finalità probatoria perseguita con il vincolo reale, «deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene» spiegando altresì perché «sarebbe proporzionale ed adeguato un sequestro generalizzato di detti beni». Osservazioni Il decreto di sequestro (o il decreto di convalida) è nullo se si limita ad indicare gli articoli di legge violati. E' del pari invalido se ha motivazione apparente in ordine alle ragioni per cui i beni sequestrati siano da considerarsi corpo del reato o cosa pertinente al reato, nonché su quale sia la concreta finalità probatoria perseguita con l'apposizione del vincolo reale, atteso che la motivazione contenuta del decreto impugnato, secondo cui «le indagini svolte rendono plausibile che i beni sequestrati, cose pertinenti ai reati sequestrati siano legati da vincolo di pertinenzialità con l'attività illecita e rispondano alla esigenza probatoria di collegare l'indagato cori le attività illecite indicate di cui agli artt. 474 e 648 c.p.», appare inidonea a garantire l'esercizio del diritto di difesa né appare in grado di spiegare perché il vincolo dei beni sequestrati sarebbe proporzionale ed adeguato. La sentenza in commento ribadisce la necessità che il pubblico ministero nel decreto di sequestro o di convalida motivi specificatamente sia sulla condotta concretamente integrante il reato contestato, sia sulla natura del bene sequestrato come corpo del reato o cosa pertinente al reato, sia con riferimento alla finalità probatoria perseguita con il vincolo reale, sia sulla proporzionalità della misura reale applicata sul bene sequestrato. In concreto, detto onere probatorio potrà facilmente essere soddisfatto da una indicazione dei fatti costituenti reato effettuata tramite sommaria imputazione che riporti non soltanto una descrizione del fatto costituente reato, ma anche le coordinate spazio – temporali dell'illecito penale. Il pubblico ministero dovrà inoltre allegare – anche per relationem – le fonti di prova che possano ritenere integrata una fattispecie astratta di reato, perché in caso contrario la sussistenza del fumus commissi delicti sarebbe soltanto postulata dal pubblico ministero ma non anche dimostrata. La motivazione dovrà poi riguardare le ragioni per cui i beni sequestrati siano da considerarsi corpo del reato o cosa pertinente al reato. Il quantum di motivazione necessaria è ovviamente impossibile da determinare a priori. E' evidente che allorquando i beni sequestrati – per restare nel caso sottoposto alla Corte di Cassazione nella sentenza commentata – consistano in capi di abbigliamento o altri prodotti industriali con segni distintivo contraffatti, o in documenti falsi, gli stessi – una volte concretamente spiegate le ragioni della supposta contraffazione o falsità – necessitano di poche parole per ricondurli fondatamente alla categoria dei corpi del reato. In ogni caso, il pubblico ministero dovrà spiegare concretamente quale finalità probatoria intende perseguire con il sequestro. Per ritornare agli esempi sopra proposti, motivando con la necessità di svolgere accertamenti tecnici sui beni sequestrati, quali una consulenza per accertare l'identità della mano che ha commesso il falso, ovvero per datare il momento in cui è stato alterato un documento originariamente vero. L'onore motivazionale sarà giocoforza più complesso per le cose pertinenti al reato, perché in questa ipotesi le finalità probatorie del vincolo sono spesso di più ardua spiegazione. Analogamente a dirsi per quei corpi del reato che ex art. 253 comma 2 c.p.p. ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Basti pensare al denaro. Può certo fondatamente sostenersi che il denaro ricevuto dal venditore di una dose di stupefacente sia corpo del reato (costituendo come da giurisprudenza maggioritaria il profitto del reato, e non prezzo, con conseguente inapplicabilità della fattispecie di confisca obbligatoria ex art. 240 comma 2 n. 1 c.p.). Tuttavia, detto denaro potrà essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione non solo della sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto. Così, nella rara ipotesi in cui esistano segni particolari sulle banconote sequestrate che giustifichino il vincolo proprio di quella specifica somma di denaro, sempre che l'indagine per la prova del reato necessiti di un accertamento sul punto. In altre ipotesi di sequestro di somme di denaro, l'onore motivazionale richiesto dalla Cassazione difficilmente potrebbe essere soddisfatto dal pubblico ministero (ferma restando la possibilità per il pubblico ministero di procedere, sussistendone i presupposti, con le forme del sequestro preventivo). Il pubblico ministero, dopo avere inserito nel corpo del decreto di sequestro una bozza di imputazione, avere indicato le fonti di prova che dimostrano la sussistenza di un reato astratto (ovviamente tenuto conto della fase processuale e senza che sia richiesto un vaglio probatorio come nel giudizio di merito), avere rappresentato perché quanto sequestrato costituisce corpo del reato o cosa pertinente al reato, avere spiegato quale sia la finalità probatoria perseguita con il vincolo, dovrà ancora spiegare, a pena di nullità, quale sia il nesso di strumentalità funzionale tra il bene sequestrato e il reato, e perché il vincolo reale – nel bilanciamento tra i vari diritti anche costituzionali da considerarsi – sia proporzionato. È proprio sulla proporzionalità del sequestro che sussiste il fondato rischio di trovare, nel corpo motivazionale del decreto, formule di stile o argomenti astratti privi di reale significato concreto. Immaginiamo un sequestro compiuto di iniziativa dalla P.G. di dieci capi di abbigliamento con segni distintivi contraffatti. La valutazione sulla necessità di sequestrare tutti i dieci capi con conseguente compromissione del diritto di proprietà dell'indagato è, in questa ipotesi, criterio accessorio alla valutazione sulla sussistenza di un nesso di strumentalità tra i beni sequestrati e la condotta criminosa. Una volta che il pubblico ministero ha sufficientemente spiegato la ragione per cui tutti i beni sequestrati hanno un rapporto di funzionalità con il reato e perché il vincolo di tutti quanti è necessario per perseguire le specifiche finalità probatorie da soddisfarsi con il sequestro, non sembra necessario altro. Infatti, in questa ipotesi può ritenersi che la motivazione sulla proporzionalità del vincolo sia implicita in quella sulla sussistenza di un chiaro rapporto di strumentalità tra l'abbigliamento contraffatto e il reato. In altre ipotesi, soprattutto allorquando il bene sequestrato sia di terzi, sarà invece necessario, per il pubblico ministero, spiegare espressamente le ragioni per cui il vincolo sul bene, nel bilanciamento dei diritti interessati, debba prevalere. L'idoneità delle ragioni giustificatrici a soddisfare quel minimum motivazionale richiesto dalla Corte di cassazione varia ovviamente da caso a caso. Più il bene sequestrato appare lontano da un rapporto di strumentalità funzionale con il reato, più l'iter motivazionale sulla proporzionalità sarà necessario e determinante. |