Licenziamento per GMO: va provato il nesso causale della limitazione dei costi tra la dedotta esigenza aziendale e il provvedimento espulsivo comminato

06 Dicembre 2023

La ragione giustificatrice del recesso individuata nella strategia di riduzione dei costi aziendali, nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve essere effettiva. La mancanza di veridicità o la pretestuosità della motivazione inerente la soppressione della posizione lavorativa del dipendente licenziato, infatti, inficia la validità del recesso stesso.

Massima In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per soppressione della posizione lavorativa, è necessario che la ragione giustificatrice del recesso, individuata nella strategia di riduzione dei costi aziendali, sia effettiva; quindi, deve essere valutata nella sua concreta esistenza ed entità, onde accertare l'effettività della scelta effettuata a valle con la soppressione dell'unico posto di lavoro.

Il caso

il licenziamento per ragioni economico-organizzative.

La fattispecie in esame riguarda il licenziamento di un lavoratore orchestrale intimato per soppressione della mansione in connessione con la necessità dell'organizzazione datoriale di ripianare il proprio deficit di bilancio, anche attraverso la riduzione del costo del personale.

Il lavoratore ha, tuttavia, adito l'autorità giudiziaria, contestando la legittimità del licenziamento, in quanto, ad avviso del ricorrente, fondato su di una ragione non effettivamente esistente.

Il Tribunale e la Corte di Appello hanno rigettato la domanda del lavoratore il quale, pertanto, ha proposto ricorso in Cassazione.

Le questioni

Il requisito dell'effettività delle ragioni datoriali  

Il lavoratore ha contestato che la dedotta necessità di contenimento dei costi aziendali fosse collegata causalmente alla decisione di sopprimere proprio il suo ruolo, in quanto la scelta sarebbe potuta ricadere anche su di un altro collega, che ricopriva una posizione comparabile a quella del ricorrente e percepiva uno stipendio maggiore.

Le soluzioni giuridiche

Il nesso causale tra la scelta datoriale e la soppressione della posizione lavorativa.

I giudici di merito avevano fondato la propria decisone sul presupposto che il passivo di bilancio della convenuta fosse condizione sufficiente per giustificare e rendere legittimo il licenziamento del lavoratore, inevitabilmente connesso all'esigenza di contenimento dei costi aziendali da ciò derivante.         

La Corte di Cassazione ha rilevato, invece, che nella lettera di licenziamento era fatta espressa menzione, quale giustificazione per il recesso, della necessità di implementare una riorganizzazione societaria più ampia, attuata anche attraverso la riduzione dei costi aziendali. Alla luce di tale affermazione teleologica datoriale, la motivazione delle decisioni di merito, ad avviso degli Ermellini, risulta tautologica e ingiustificata, poiché inidonea a spiegare il nesso causale tra la contrazione dei costi aziendali e la soppressione proprio della posizione del ricorrente.  

Né, secondo la Suprema Corte, il principio – ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità – di insindacabilità delle scelte imprenditoriale può essere utilizzato dalle Corti di merito per giustificare il mancato esame in concreto delle ragioni poste dal datore di lavoro alla base del licenziamento.

Per la Corte, infatti, non è ragionevole pensare che qualsiasi risparmio di spesa, a prescindere dall'ammontare, sia in grado di giustificare un licenziamento, laddove è, invece, necessario allegare le ragioni per le quali la decisione di recedere dal rapporto di lavoro abbia riguardato un determinato lavoratore piuttosto che un altro.

Osservazioni

Il sindacato del Giudice rispetto alla ragione economica addotta dal datore di lavoro.

Nel caso analizzato, la Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente sul tema, più volte oggetto del proprio vaglio, dei limiti del sindacato del Giudice rispetto alla ragione economica addotta dal datore di lavoro a fondamento del licenziamento del lavoratore nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Al riguardo, la Corte, nel confermare i propri precedenti orientamenti, se, da una parte, ribadisce l'insindacabilità della scelta imprenditoriale che ha condotto il datore di lavoro alla decisione di ridurre l'organico aziendale, dall'altra, chiarisce che il rispetto di tale principio non precluda alle Corti di merito l'esame del nesso causale tra la dedotta esigenza aziendale e il provvedimento espulsivo comminato.

Gli Ermellini, invero, ritengono parte fondante della legittimità del recesso l'effettività della ragione economica addotta da parte datoriale, in quanto la mancanza di veridicità o la pretestuosità di tale motivazione inficerebbe la validità del licenziamento stesso.

Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, non risulta accertato, nell'ambito della ipotizzata generale necessità di procedere a una politica di contenimento dei costi, per quale motivo la stessa determinasse inevitabilmente la soppressione del posto del ricorrente, piuttosto che di altre posizioni di lavoro comparabili, peraltro più onerose per il bilancio aziendale. Pertanto, in mancanza di prova di tale nesso causale, il licenziamento non potrà che ritenersi illegittimo.

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