Le novità in materia di whistleblowing

Chiara Tebano
Sergio Malaspina
05 Dicembre 2023

Il contributo fornisce una prima lettura delle novità in materia di whistleblowing, introdotte dal d.lgs. n. 24/2023, con particolare attenzione all'obbligo di istituire il canale di segnalazione interna, che inizia a decorrere per determinate società a partire dal prossimo 17 dicembre.

Premessa

Il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 (“decreto”), in attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del 23 ottobre 2019, integra e accorda in un unico testo normativo, superando i precedenti, la disciplina del c.d. Whistleblowing, che permette a diversi soggetti di segnalare comportamenti illeciti, commessi all'interno di un contesto lavorativo pubblico o privato e in violazione di disposizioni europee o nazionali, nonché di modelli di organizzazione, gestione e controllo adottati ai sensi del d.lgs.231/2001.

Tale istituto, al fine di incentivare la segnalazione di fenomeni illeciti, riconosce al segnalante le seguenti garanzie: a) la tutela della riservatezza della sua identità; b) il divieto di atti ritorsivi nei suoi confronti; c) la non punibilità in caso di diffusione di informazioni protette.

Le disposizioni del citato decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023, mentre, per i soggetti del settore privato che hanno impiegato nell'ultimo anno una media di lavoratori subordinati fino a 249 unità, l'obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna inizia a decorrere dal 17 dicembre 2023.

In caso di mancato adempimento delle previsioni previste dalla normativa, si applicano le sanzioni previste all'art. 21 del d.lgs. n. 24/2023.

Le seguenti considerazioni sono svolte con riferimento precipuo ai soggetti operanti nel settore privato.

Ambito di applicazione oggettivo

Le violazioni che possono essere oggetto di segnalazione sono elencate all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 24/2023. Per “violazioni” si intendono: comportamenti, atti od omissioni che ledono l'interesse pubblico o l'integrità dell'amministrazione pubblica o dell'ente privato e che possono consistere in:

  • Illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;
  • Illeciti rilevanti ai sensi del d.lgs. 231/2001 ovvero violazione dei modelli organizzativi ivi previsti;
  • Illeciti rientranti nell'ambito di applicazione degli atti della UE ovvero degli atti nazionali che ne costituiscono esecuzione, in materia di appalti pubblici; prodotti, servizi e mercati finanziari; prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell' ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e mangimi; salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata, dei dati personali, della sicurezza delle reti e sistemi informativi;
  • Atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari della UE (art. 325 TFUE);
  • Atti od omissioni relativi al mercato interno (art. 26 par. 2 TFUE), concernenti quindi la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, la concorrenza e gli aiuti di Stato, nonché le norme in materia di imposta sulle società;
  • Atti o comportamenti che vanificano l'oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell'Unione sopra citati.

 Il decreto non si applica invece: a) nei casi in cui l'oggetto della segnalazione sia legato ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o che attenga esclusivamente a propri rapporti individuali di lavoro, ovvero con i soggetti gerarchicamente sovraordinati; b) alle segnalazioni di violazioni già disciplinate in via obbligatoria dagli atti nazionali o dell'Unione europea indicati; c) alle segnalazioni che riguardano violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale.

Soggetti destinatari della normativa

Il decreto estende la portata applicativa della normativa precedentemente vigente anche sotto il profilo soggettivo, sia per ciò che concerne gli enti destinatari della stessa, sia per quanto riguarda i soggetti cui le tutele sono riconosciute.

Le nuove disposizioni, infatti, con particolare riguardo ai soggetti privati, si applicano ai soggetti che:

  1. hanno impiegato nell'ultimo anno una media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  2. rientrano nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione di cui alle parti I.B e II dell'allegato, anche se nell'ultimo anno non hanno raggiunto la media di cui al punto 1);
  3. rientrano nell'ambito di applicazione del d.lgs. 231/2001 e adottano modelli di organizzazione e di gestione, anche se nell'ultimo anno non hanno raggiunto la media di cui al punto 1).

Destinatari delle tutele approntate dal decreto sono le persone fisiche segnalanti che, sia nel settore pubblico che in quello privato, ricoprono i seguenti ruoli: dipendenti, lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, collaboratori, liberi professionisti, consulenti, volontari e tirocinanti, azionisti e persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.

Inoltre, la normativa si applica anche ai soggetti che siano venuti a conoscenza delle violazioni: a) in un momento antecedente all'assunzione (“durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali”); b) durante il periodo di prova; c) a seguito dello scioglimento del rapporto, qualora le informazioni siano state assunte durante l'esecuzione del rapporto stesso.

È pertanto necessario, per l' attivazione delle tutele, che sussista una relazione qualificata tra il soggetto segnalante e l'ente pubblico o privato, che si sostanzi in un rapporto di lavoro o professionale attuale o anche passato.

Infine, il decreto estende le tutele Whistleblowing anche ad altri soggetti, quali il c.d. “facilitatore”, ossia la persona fisica che assiste una persona segnalante nel processo di segnalazione, operante all'interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata”, i colleghi di lavoro o persone del medesimo contesto lavorativo del segnalante che siano altresì allo stesso legati da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il 4° grado, ovvero che abbiano con il segnalante un rapporto abituale e corrente, gli enti di proprietà del segnalante o che operano nello stesso contesto lavorativo del segnalante.

Canali di segnalazione

La disciplina in oggetto prevede tre diverse modalità di segnalazione, da utilizzarsi in presenza di diversi presupposti, pur garantendo sempre al soggetto segnalante la possibilità di beneficiare delle tutele previste dal decreto : a) canali di segnalazione interna; b) canali di segnalazione esterna; c) divulgazioni pubbliche.

Così come riepilogato dalla Guida operativa per gli enti privati delineata da Confindustria, per i soggetti privati che:

  • non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori e hanno adottato il Modello Organizzativo 231, le segnalazioni possono riguardare solo condotte illecite rilevanti per la disciplina 231 o violazioni del modello 231 ed essere effettuate unicamente attraverso il canale interno;
  • hanno impiegato la media di almeno 50 lavoratori e hanno adottato il Modello Organizzativo 231, le segnalazioni possono:
  • avere a oggetto condotte illecite o violazione del Modello Organizzativo 231 ed essere effettuate solo attraverso canale interno;
  • avere a oggetto violazioni del diritto UE ed essere effettuate attraverso canale interno, esterno, divulgazione pubblica o denuncia.
  • hanno impiegato la media almeno di 50 lavoratori e non hanno il Modello Organizzativo 231 oppure rientrano nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione di cui alle parti I.B e II dell'Allegato (servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, nonché sicurezza dei trasporti e tutela dell'ambiente) anche se non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati, le segnalazioni possono riguardare violazioni del diritto UE ed essere effettuate attraverso canale interno, esterno, divulgazione pubblica o denuncia”.

Canali di segnalazione interna: requisiti e caratteristiche

I soggetti del settore privato devono attivare propri canali di segnalazione interna, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali.

Tali canali sono istituiti con atto organizzativo adottato con delibera dell'organo amministrativo, che ne definisce l'affidamento della relativa responsabilità e le procedure per la ricezione e gestione delle segnalazioni, in conformità alle previsioni di cui all' art. 5 del d.lgs. n. 24/2023.

La gestione del canale di segnalazione può essere affidata a un ufficio o a un soggetto interno, ovvero ad un soggetto esterno, purché siano garantiti, ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 24/2023, i requisiti di autonomia e di specifica formazione in materia.

Fondamentale è che i canali di segnalazione interna che vengono attivati garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell'identità del segnalante, delle persone coinvolte o comunque menzionate nella segnalazione, del contenuto della segnalazione stessa e dei documenti ad essa allegati.

L'attuale disciplina, innovando rispetto alla precedente, prevede espressamente che le segnalazioni siano effettuate in forma scritta, anche con modalità informatica, ovvero anche in forma orale.

In particolare, in quest' ultimo caso, si prevede che le segnalazioni orali siano effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale, ovvero, su richiesta del segnalante, mediante un incontro personale fissato entro un termine ragionevole.

Mentre il segnalante è libero di scegliere la forma di segnalazione, il soggetto privato è, invece, obbligato a predisporre e a garantire le due diverse modalità (scritta e orale) sopra indicate.

Il gestore deve inoltre fornire un'informativa chiara avente ad oggetto i canali di segnalazione sia interni che esterni, le procedure e i presupposti per l'effettuazione delle segnalazioni e, allo stesso tempo, portarla a conoscenza dei lavoratori attraverso la visibilità della stessa nei luoghi di lavoro e la pubblicazione sul sito internet – se l' ente ne è dotato – in apposita sezione dedicata.

Gestione delle segnalazioni

Il gestore del canale di segnalazione deve rilasciare al segnalante l'avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione della stessa; inoltrarlo all'indirizzo di recapito del segnalante e darne diligente seguito; mantenere rapporti con il segnalante e richiedere integrazioni quando queste si rendano necessarie; fornire un riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell'avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione.

Inoltre, qualora la segnalazione venisse presentata ad un soggetto diverso rispetto a quello incaricato alla gestione del relativo canale, la stessa deve essere trasmessa entro sette giorni al soggetto competente.

Successivamente, il gestore della segnalazione procederà all'esame preliminare che consiste nella valutazione della procedibilità e successiva ammissibilità della segnalazione ricevuta.

La valutazione in merito alla procedibilità si sostanzia in un controllo formale in ordine al rispetto dei principi legittimanti la segnalazione stessa, ovvero dei due criteri, oggettivo e soggettivo, sopra indicati. Segue il giudizio circa l'ammissibilità: a tal fine è necessario siano indicati nella segnalazione le circostanze di tempo e di luogo idonee a descrivere il fatto e gli elementi che permettano l'identificazione dell'autore della violazione.

Quindi il gestore della segnalazione procederà alla fase istruttoria, finalizzata a valutare la fondatezza delle violazioni segnalate, attraverso l'audizione dei soggetti e l'acquisizione della documentazione utile.

All'esito della fase istruttoria, il gestore della segnalazione potrà archiviare la segnalazione in quanto infondata o, al contrario, ritenerla fondata; da ciò consegue la trasmissione della segnalazione agli organi competenti.

In ogni caso, l'esito del procedimento deve essere comunicato al segnalante.

Canale di segnalazione esterna

La nuova normativa prevede ora che sia attivato anche un canale di segnalazione esterna, istituito e gestito da ANAC.

Le previsioni circa la tutela della riservatezza e le modalità di segnalazione, scritta o orale, sono le medesime relative all' utilizzo del canale di segnalazione interna.

Il canale di segnalazione esterna può essere attivato solo in presenza di una delle seguenti circostanze:

  1. all' interno del contesto lavorativo del segnalante non è prevista l'attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna, ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o non è conforme alle previsioni del decreto;
  2. il segnalante ha già effettuato una segnalazione interna, ma la stessa non ha avuto seguito:
  3. il segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, la stessa non avrebbe seguito efficace ovvero potrebbe generare rischi di ritorsione;
  4. il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione oggetto di segnalazione possa costituire un pericolo imminente o palese per l' interesse pubblico.

Le prescrizioni relative alla gestione delle segnalazioni da parte di ANAC sono sostanzialmente corrispondenti a quelle dettate per le segnalazioni interne.

Divulgazioni pubbliche

La normativa di cui al d.lgs. 24/2023 prevede, anche qui innovando rispetto alla precedente disciplina, la possibilità di procedere a segnalazione per il tramite di divulgazioni pubbliche – tra le quali si ritiene rientrino quelle effettuate per mezzo della stampa o dei social network.

I presupposti per poter godere delle tutele previste dal decreto nell' effettuare una segnalazione a mezzo di divulgazioni pubbliche sono i seguenti ( in alternativa tra loro):

  1. il segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ed esterna, ovvero ne ha direttamente effettuato una esterna, ma le stesse non ha avuto seguito;
  2. il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione oggetto di segnalazione possa costituire un pericolo imminente o palese per l' interesse pubblico;
  3. il segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione esterna, la stessa potrebbe generare rischi di ritorsione ovvero non avere seguito efficace per le circostanze del caso concreto, tra cui in particolare quelle attinenti alla possibile distruzione delle prove ovvero a fondati timori di collusione tra il destinatario della segnalazione e l'autore della stessa.

Tutele previste dalla disciplina Whistleblowing

Il decreto riconosce specifiche tutele al soggetto segnalante e ai soggetti ad esso equiparati e sopra analiticamente indicati.

In primis, grava in capo al gestore della segnalazione l'obbligo di garantire la riservatezza dell'identità del segnalante; tuttavia, “qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità” (art. 12, comma 5 d.lgs. n. 24/2023).

In questi casi, è necessario comunicare al soggetto segnalante, con avviso scritto, i motivi che giustificano la rivelazione della sua identità.

L'art. 17 del decreto prevede, inoltre, il divieto di atti ritorsivi quando questi siano applicati in conseguenza della segnalazione; in questo caso, per gli stessi è prevista la sanzione di nullità.

Le ipotesi di atti ritorsivi sono disciplinate dal comma 4 dell'art. 17, pur trattandosi di un elenco non tassativo.

Nel caso in cui i soggetti destinatari della normativa siano stati vittime di atti ritorsivi, questi devono comunicarli all'ANAC che procederà ad accertare il nesso di causalità sussistente tra la segnalazione e l'atto ritorsivo, con le eventuali conseguenze del caso.

È necessario evidenziare che nei procedimenti pendenti dinnanzi all'ANAC si realizza un'inversione dell'onere della prova, in quanto l'intento ritorsivo è presunto. Sarà, dunque, il soggetto che ha posto in essere l'atto ritenuto ritorsivo a doverne dimostrare il mancato nesso di causalità rispetto alla segnalazione. Tale inversione vale esclusivamente per il segnalante, non anche per gli altri soggetti.

In ogni caso, la tutela non trova applicazione nei casi di calunnia o di diffamazione, ovvero nei casi di responsabilità civile per dolo o colpa grave.

Infine, l'art. 20 del decreto prevede un'ipotesi di non punibilità (ai fini della responsabilità penale, civile o amministrativa) a favore della persona fisica o dell'ente che riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall'obbligo di segreto, diverso da quello di cui all'articolo 1, comma 3, o relative alla tutela del diritto d'autore o alla protezione dei dati personali ovvero riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all'autorità giudiziaria o contabile è stata effettuata ai sensi dell'articolo 16”.

Tale tutela è esclusa nei casi in cui tali informazioni non siano legate alla segnalazione, ovvero quando non siano strettamente necessarie a rivelare la violazione.

Entrando più nello specifico sulla tutela dei lavoratori segnalanti e l'eventuale ritorsione del datore di lavoro nei loro confronti è bene evidenziare che la protezione prevista dalla normativa prevede particolari disposizioni di tutela:

  • nell'ambito di controversie giudiziali o stragiudiziali sull'accertamento delle condotte ritorsive, queste si presumono adottate in ragione della segnalazione, salvo la prova contraria a carico di chi le ha poste in essere.

Esempio di condotte che si presumono ritorsive:

(a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;

(b) la retrocessione di grado o la mancata promozione;

(c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell'orario di lavoro;

(d) la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell'accesso alla stessa;

(e) le note di merito negative o le referenze negative;

(f) l'adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;

(g) la coercizione, l'intimidazione, le molestie o l'ostracismo;

(h) la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;

(i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;

(l) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;

(m) i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;

 (n) l'inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l'impossibilità per la persona di trovare una occupazione nel settore o nell'industria in futuro;

(o) la conclusione anticipata o l'annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;

(p) l'annullamento di una licenza o di un permesso;

(q) la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

  • nel caso di domanda risarcitoria presentata dalla persona segnalante, se il lavoratore che ha presentato una denuncia e ha subito un danno, si presume, salvo prova contraria, che il danno sia conseguenza di tale segnalazione.

È bene precisare che tutti gli atti assunti in violazione del divieto di ritorsione sono nulli.

I licenziamenti delle persone che hanno effettuato la segnalazione sono nulli, e danno diritto alla reintegrazione in servizio indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati quindi sia per le piccole che grandi imprese.

La particolarità giuslavoristica che è stata introdotta in merito ai licenziamenti non è tanto l'onere della prova della legittimità degli stessi che è sempre a carico del datore di lavoro, ma la presunzione che senza prova fornita dal datore di lavoro, si avrà sempre la reintegra in servizio indipendentemente dalle norme della c.d. Legge Fornero o del Jobs Act, che prevedono la reintegrazione solo in casi residuali e specifici.

Il comma 3 dell'art. 19 D.lgs. 24/2023 dispone infatti che: “le persone segnalanti che siano state licenziate a causa della segnalazione hanno diritto a essere reintegrate nel posto di lavoro, ai sensi dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell'art. 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015 2015, n. 23, in ragione della specifica disciplina applicabile al lavoratore”.

È importate segnalare altresì che il datore di lavoro, quale soggetto passivo, si può a sua volta difendere e diventare soggetto attivo per tutelare i propri interessi e la propria immagine e onorabilità.

Infatti, in caso di segnalazione mendace, diffamatoria, calunniosa, le tutele a favore del lavoratore previste dalla normativa del Whistleblowing non si applicano.

Per non applicare le tutele è tuttavia necessario un accertamento giudiziale, con sentenza di primo grado, ove venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all'autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.

Solo previa sentenza di condanna di primo grado, il datore di lavoro può contestare il fatto e poi irrogare una sanzione disciplinare, anche espulsiva, nei confronti del lavoratore segnalante o denunciante.

Trattamento dei dati personali

Nell'ambito del canale di segnalazione interna, si applica la disciplina sulla protezione dei dati personali prevista dal Regolamento UE n. 679/2016 (“GDPR”) e il D.lgs. n. 196/2003 (“Codice privacy”).

Gli enti che attivano il canale interno assumono la qualifica di responsabili del trattamento e i dati, in caso di gestione congiunta, sono trattati anche dai contitolari del trattamento. In quest'ultimo caso il coordinamento e la distribuzione degli obblighi sono predisposti con accordo interno.

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