Rimborso ritenute d’acconto operate sugli interessi attivi maturati sui conti della società fallita, spetta anche al curatore fallimentare?
08 Dicembre 2023
La controversia verte sulla sussistenza in favore del curatore di una società di persone, del diritto al rimborso del credito fiscale relativamente alle ritenute d'acconto operate dalla banca sugli interessi attivi maturati sui conti correnti intestati alla società incorsa in fallimento. Il Giudice di prime cure (CT Chieti) escludeva la spettanza del ricorso invocato, riconoscendolo ai soci secondo la percentuale di partecipazione agli utili. La decisione veniva appellata dal curatore fallimentare il quale sosteneva che, in assenza di residuo attivo e pertanto di reddito imponibile, il diritto al rimborso delle ritenute subite a titolo d'acconto spetta al fallimento, mancando il presupposto impositivo. L'Agenzia delle Entrate, resistendo all'appello, sosteneva che le ritenute d'acconto “non possono essere chieste a rimborso direttamente dalla società di persone (…)”. I precedenti giurisprudenziali In materia di rimborso di ritenute d'acconto sugli interessi attivi maturati sui conti della società fallita, diversi sono gli interventi della Cassazione che descrivono un quadro interpretativo consolidato.
La CGT Abruzzese sottolineando l'assenza di precedenti sul caso concreto rimetteva, ricorrendo al rinvio pregiudiziale, alla Corte di cassazione. Nell'ordinanza di remissione si dispone che i principi nomofilattici espressi con riferimento a società di capitali sono operanti anche alle società di persone, sulla scorta del principio generale in materia di ripetizione di indebito secondo cui il diritto di ripetere l'indebito spetta al solvensex art. 2033 c.c. che, nel caso di specie, si identifica con l'ente sostituito che ha riscosso gli interessi al netto della ritenuta operata dal sostituto senza che a tal fine possa aver rilevanza la natura di tale ente quale società di capitali o di persone. In un simile contesto, non appare prospettabile una grave difficoltà interpretativa, sicché, nella vicenda esposta, viste le suddette statuizioni, la Cassazione dichiara inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dalla CGT Abruzzese proprio per difetto del requisito della difficoltà interpretativa grave, di cui al n. 2) del comma 1 dell'art. 363-bis c.p.c. Fonte: Diritto e Giustizia Cass. civ., 28 novembre 2023, n. 33022 |