Volo cancellato e valore delle relazioni familiari: il vademecum del risarcimento del danno non patrimoniale

06 Dicembre 2023

La Cassazione è costretta a fissare i termini della riparabilità del danno non patrimoniale, riprendendo i principi già delineati dalle Sezioni Unite nel 2008, evidenziando l’alto valore costituzionale della famiglia e dei legami famigliari, quando l’impedimento alla partecipazione delle esequie di un genitore è determinata da inadempimento o illecito altrui. La mancata partecipazione al funerale del genitore per un volo cancellato può causare un danno non patrimoniale risarcibile? Oppure si tratta di un danno di lieve entità irrilevante?

Volo cancellato

I giudici di merito condannavano vettore aereo a risarcire al passeggero la somma di euro 600,00 per volo cancellato, ai sensi del Regolamento Ce n. 261/2004, e l'ulteriore somma di euro 46,00 per spese.

Tuttavia, venivano respinte le ulteriori domande attoree di risarcimento del danno patrimoniale (per lunga attesa in aeroporto, per pernottamento in albergo e per costi di bevande e mezzi di trasporto). Soprattutto, veniva altresì respinta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, per non aver potuto partecipare a causa della cancellazione del volo alle esequie del padre.

In primo grado, il giudice aveva ritenuto non assolto l'onere probatorio del danneggiato;

In secondo grado, il giudice aveva ritenuto che l'attore per la mancata partecipazione al funerale avesse subito danno di lieve entità, tale da ritenere patito nessun peggioramento della qualità della vita e di felicità di vivere. Conseguiva il diniego del diritto al risarcimento, anche perché la cancellazione di un volo non costituisce reato.

La Cassazione stimmatizza il mancato riconoscimento del danno “morale”

I passaggi logici sono stringenti:

  1. la compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento 261/2004 non copre interamente il danno materiale morale subito dai passeggeri, come da tempo affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea: costoro possono chiedere il risarcimento supplementare alla compagnia aerea entro i limiti fissati dal diritto internazionale e dal diritto nazionale. Secondo, infatti, Corte giustizia UE sez. III, 13/10/2011, n.83, le misure adottate ai sensi del regolamento (Ce) n. 261/2004 "non ostano di per sé a che i passeggeri interessati, nel caso in cui lo stesso inadempimento del vettore aereo dei suoi obblighi contrattuali causi loro anche danni che facciano sorgere un diritto a indennizzo, possano intentare comunque le azioni di risarcimento dei danni alle condizioni previste dalla convenzione di Montreal". Pertanto, la nozione di "risarcimento supplementare", di cui all'art. 12 regolamento n. 261/2004, deve essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale, alle condizioni previste dalla convenzione di Montreal o dal diritto nazionale, di concedere il risarcimento del danno, incluso quello di natura morale, occasionato dall'inadempimento del contratto di trasporto aereo".
  2. in tema di danno non patrimoniali, le note Sezioni Unite (Cassazione civile sez. un., 11/11/2008, n.26972) da tempo hanno fissato i seguenti cardini della materia:
    1. il danno non patrimoniale è risarcibile quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, oppure sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, da un fatto illecito o anche da un inadempimento contrattuale;
    2. il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. :
      • quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;
      • quando ricorra una fattispecie di legge che espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);
      • quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso gli interessi tutelati non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati e provati caso per caso;
    3. il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. - anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:
      •      che l'interesse leso - e non il pregiudizio sofferto - abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);
      • che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);
      • che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.

Strettamente collegato a questi aspetti, è la considerazione secondo cui il danno non patrimoniale, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, poichè il danno risarcibile si identifica non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione.

Consegue che la sussistenza di tale danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni.

Così viene cassata la sentenza, che ha omesso di effettivamente valutare se il pregiudizio non patrimoniale dedotto abbia superato quella soglia di sufficiente gravità individuata in via interpretativa dalla giurisprudenza. Non si può sbrigativamente qualificare in termini di lievità e di totale irrilevanza, senza considerare, nel caso specifico, che le relazioni familiari godono di tutela costituzionale (artt. 29 e 30 Cost.) e che secondo la sensibilità comune la partecipazione alle esequie del proprio padre defunto costituisce evento necessariamente unico ed irripetibile, tale da scandire il momento del saluto e della consapevolezza della perdita subita, per cui la sussistenza di forzati impedimenti, causati dall'altrui inadempimento, alla partecipazione ad un evento siffatto può ragionevolmente essere collocata nell'ambito della soglia della risarcibilità imposta dal diritto vivente, non potendo essere relegata sic et simpliciter, senza alcun apprezzamento da parte del giudice di merito, nell'ambito del pregiudizio bagattellare.

Aggiungiamo che il nostro ordinamento accoglie e tutela quella pietas per i defunti, che non si può ignorare.

Il Legislatore assicura e tutela la volontà del de cuius circa la destinazione delle proprie spoglie mortali. Si pensi ai principî fissati dall'art. 3 della L. 30 marzo 2001 n. 130 sulle Disposizioni in tema di cremazione e dispersione delle ceneri.

A livello penale, il Legislatore ha previsto i delitti contro la pietà dei defunti agli artt. 407-413 c.p. (violazione di sepolcro, violazione delle tombe, turbamento di un funerale o servizio funebre, vilipendio di cadavere, distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, occultamento di cadavere, uso illegittimo di cadavere), peraltro procedibili d'ufficio. In tali casi, non è riscontrabile un interesse privato sulle proprie spoglie (di un soggetto che ormai non c'è più), ma sembra rilevare la pietas che involge l'entità che rivestì la persona.

Non si può sottacere, poi, che nel nostro ordinamento il testamento, per quanto rappresenti il veicolo principe per disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo alla propria morte, non lo si può immiserire a tale visione, bene essendo consentito regolare una pluralità di interessi anche a carattere non patrimoniale. Quale strumento di attuazione e di valorizzazione di interessi variegati post mortem, il testamento costituisce un istituto socialmente rilevante, ove il legame volontà-sentimento dell'uomo è quanto mai presente, forte e rilevante. Senza considerare che le relazioni famigliari sono alla base del sistema successorio, proprio per la particolare rilevanza dell'istituto “famiglia”.

Pertanto, si conferma che, nel contesto dell'ordinamento giuridico, non si può sbrigativamente qualificare in termini di lievità e di totale irrilevanza la mancata partecipazione alle esequie dello stretto congiunto.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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