Il potere ultrattivo dell’Amministrazione finanziaria: l’autotutela obbligatoria

19 Dicembre 2023

L'autotutela è il potere di secondo grado di cui è titolare l’Amministrazione Finanziaria che determina l’instaurazione di un procedimento di secondo grado volto a rimuovere un atto che sia viziato sotto il profilo procedimentale o sostanziale (B. Patrizi – G. Marini – G. Patrizi, Accertamento con adesione, conciliazione ed autotutela, Milano, 1999).

Il procedimento di autotutela a presidio del buon andamento della pubblica amministrazione 

Il fondamento giuridico và ravvisato nella cd. presunzione di legittimità di cui godono gli atti emanati dalla Pubblica Amministrazione tenuta, pertanto, a rimuovere un atto che presenti dei vizi tali da inficiare la validità (art. 97 Cost.) (Cfr. G. Palumbo, Autotutela e spese processuali nell'ambito del giudizio tributario, in Diritto & Giustizia, 2019, 63, 0017; id. La differenza tra autotutela sostitutiva e accertamento integrativo, in Ius tributario, 22 novembre 2018, nota a Cass. Civ. 7 settembre 2018, n. 21822).

L'istituto risponde all'esigenza di garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione la quale è tenuta ad operare nell'ambito di criteri prefissati dalla legge. L'obiettivo che intende perseguire l'Amministrazione non si esaurisce nell'accertamento della legittimità del provvedimento emesso, ma si concretizza nel soddisfacimento del pubblico interesse all'adozione del provvedimento di secondo grado funzionale ad eliminare il vizio (M. Villani, Autotutela tributaria: potere d'ufficio dell'Amministrazione Finanziaria e non strumento di protezione del contribuente in Trib. Fin., 2018, 3). 

La disciplina del potere di secondo grado

 La fonte legislativa del suddetto istituto deve essere ravvisata nell'art. 21-nonies comma 1, della L. n. 241/1990 a tenore del quale “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'art. 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”. Come testualmente dispone la norma l'atto può essere annullato qualora sussistano ragioni di pubblico interesse.

 Sul punto si rinvia ad una recentissima giurisprudenza per la quale “l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio anche in sanatoria, intervenuto a una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'adozione dell'atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi predicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto. L'onere motivazionale gravante sull'amministrazione, tuttavia, risulta attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati, al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell'esercizio del ius penitendi (Cons. Stato, Sez. VI, 30/10/2023, n. 9324).

Ne deriva che il procedimento de quo non può essere attivato sic et simpliciter in quanto occorre valutare le conseguenze che possono derivare dalla rimozione di un atto e, pertanto, assumono rilevanza le ragioni di interesse pubblico, il termine ragionevole entro cui effettuare il ritiro ed, infine, gli interessi dei destinatari e dei controinteressati. L' autotutela si distingue in eliminatoria e sostitutiva: nella prima ipotesi l'atto originario viene rimosso senza che ne consegua l'emanazione di un altro atto; nell'ipotesi di autotutela sostitutiva, invece, si rimuove l'atto originario che viene sostituito da un altro atto privo del vizio. In caso di autotutela sostitutiva qualora l'ufficio ritenga di dover procedere all'annullamento di un provvedimento ed emetterne un altro deve rispettare i limiti della decadenza dall'esercizio della potestà impositiva e del giudicato sostanziale (E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2017).

L'autotutela si discosta dall'istituto della revoca atteso che quest'ultima opera per ragioni di opportunità e convenienza e gli effetti vengono rimossi con efficacia ex nunc. L'autotutela, invece, determina l'eliminazione degli effetti con efficacia ex tunc. L'Amministrazione deve procedere ad un bilanciamento degli interessi in gioco, valutando l'interesse pubblico all'annullamento e gli interessi di cui sono portatori i soggetti sui quali incide direttamente il provvedimento originario (M. D'Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2017).

L'avvio del procedimento di autotutela

L'autotutela può essere attivata ex officio quando è la stessa Amministrazione a rendersi conto che sussistono dei profili di illegittimità dell'atto. (S. Capolupo, Manuale dell'accertamento delle imposte, Padova-Milano, 2001). Il procedimento può essere attivato anche ad istanza di parte e in tal caso l'ufficio dovrà valutare la richiesta della parte ed annullare l'atto in presenza di vizi. L'attivazione del procedimento ad istanza di parte esprime la volontà di riconoscere al cittadino la possibilità di ottenere in sede extragiudiziale la correzione della illegittimità dell'atto (M. Allena, L'annullamento d'ufficio. Dell'autotutela alla tutela, Napoli, 2018).

La condotta dell'Amministrazione finanziaria deve avvenire secondo i principi di imparzialità, trasparenza e buona fede che sono regole di condotta dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) (G. Melis, La cooperative compliance: una visione di sistema, in Dir. e prat. trib., 2023, 2, 351). Qualora l'Amministrazione, inoltre, decida di rimuovere l'atto, il provvedimento di autotutela deve essere ampiamente motivato, avendo l'Amministrazione l'obbligo di argomentare adeguatamente sulle ragioni sottese alla decisione finale. Occorre, infine, sottolineare che tramite il riesame l'Amministrazione opera in attuazione del principio della “ultrattività del potere amministrativo” che risponde all'esigenza di una continua ricerca dell'interesse pubblico concreto (G. Clemente di San Luca, La persistente rilevanza del ruolo dell'interesse pubblico dopo la L. n. 15/2005 e La sua effettiva consistenza, in G. Clemente di San Luca (a cura di) La nuova disciplina dell' attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, Torino, 2005,120) che consente, qualora fosse necessario, anche di rimuovere un atto dal mondo giuridico. In altri termini, l'autotutela consente al titolare di realizzare i propri diritti o interessi giuridicamente rilevanti, laddove siano stati oggetto di lesione (V. Ficari, Autotutela e riesame nell'accertamento del tributo, Milano, 1992).

L'autotutela obbligatoria alla luce della riforma fiscale e i profili di criticità

L'attuale legge delega per la riforma fiscale (l. n. 111 del 9 agosto 2023), ha previsto tra le tante novità, anche un rafforzamento dell'istituto dell'autotutela (per un approfondimento sulle novità previste dalla legge delega per la riforma fiscale si rinvia a G. Tinelli, L'evoluzione del sistema della giustizia tributaria, in Dir. prat. trib., 2023, 3, 883). In particolare, il Consiglio dei Ministri il 23 ottobre 2023 ha approvato il decreto legislativo che prevede l'introduzione all'interno dello Statuto dei diritti del contribuente dell'art. 10-quater che disciplina la cd. autotutela obbligatoria e l'art. 10-quinquies in tema di autotutela facoltativa. La Pubblica Amministrazione, pertanto, può operare in via di autotutela senza che sia necessaria una richiesta di parte è ciò anche nell'ipotesi in cui l'atto sia definitivo e nel caso di pendenza di giudizio.

Le ipotesi di operatività sono previste ex lege e si identificano con:

  • errore di persona;
  • errore di calcolo;
  • errore sull'individuazione del tributo;
  • errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dell'amministrazione finanziaria.

Le suddette ipotesi rappresentano un numerus clausus che, però, non tiene conto di alcuni ambiti che pure dovrebbero essere oggetto di autotutela. Si pensi all'ipotesi di infondatezza della pretesa laddove il contribuente abbia già effettuato il versamento con conseguente estinzione della obbligazione tributaria.

La previsione di una autotutela obbligatoria non esclude che la Pubblica Amministrazione, qualora si renda conto della illegittimità o infondatezza dell'atto provveda alla rimozione.

Un'altra questione che emerge dal neo introdotto istituto dell'autotutela obbligatoria è quella relativa alla impugnabilità del diniego di autotutela che non è espressamente previsto all'interno dell'art. 19 d.lgs. 546/92 a meno che non lo si voglia inserire nell'ambito del diniego di agevolazioni. La ragione dell'esclusione dell'autonoma impugnabilità sarebbe ravvisabile nella circostanza che il diniego di autotutela non contiene un contenuto precettivo autonomo, sia pur di conferma del precedente avviso, né determina una “effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente, rispetto al quadro a lui già noto” (Cass. Civ. 15 aprile 2016, n. 7511, sez. trib. con nota di P. Piantavigna, Riflessioni sull'autotutela parziale alla luce dell'ondivaga nomofilassi della Cassazione, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, 2016, 3, 77).

Un'altra questione rimasta ancora irrisolta è quella relativa al riconoscimento delle garanzie partecipative nel corso del procedimento di autotutela, in quanto, permane il dubbio che il neointrodotto contraddittorio (l. n.111/2023) possa essere esteso anche all'autotutela. Il contraddittorio introdotto dalla riforma fa riferimento a “tutti i provvedimenti”, pertanto, non vi sarebbe ragione di escludere l'autotutela che si presenta, appunto, come un provvedimento di secondo grado. Si tratta, però di un atto non avente natura impositiva, ma eliminatoria o sostitutiva e, pertanto, potrebbe non rientrare nell'alveo dei provvedimenti cui fa riferimento la novella.

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