Distanze tra fondi e vedute, torna a pronunciarsi di nuovo la Cassazione

La Redazione
14 Dicembre 2023

La disciplina delle distanze per le vedute opera per tutte le medesime indipendentemente dal fatto che siano state aperte iure proprietatis iure servitutis.

In tema di distanze tra proprietà e confini la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire il principio di diritto secondo cui «la disciplina delle distanze per le vedute, contenuta nell'art. 907 c.c., opera per tutte le vedute, indipendentemente dal fatto che esse siano state aperte iure proprietatis, a un metro e mezzo dal confine, o iure servitutis. Il diritto di proprietà di un immobile fronteggiante il fondo altrui non può attribuire, tuttavia, in assenza di titoli specifici (negoziali o originari, come l'usucapione), anche l'acquisto della servitù di veduta, la quale suppone l'esistenza […] di aperture che consentano la “inspectio” e la “prospectio” nel fondo confinante» (cfr. Cass. civ., n. 11956 del 2009).

Sulla base di questo principio sono stati accolti il ricorso principale e incidentale contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva accertato, sulla base delle risultanze dell'ausiliario, che il terrapieno carrabile oggetto di contesa era da definire come costruzione in senso tecnico-giuridico per cui assoggettabile alla normativa sulle distanze. Sempre all'esito degli accertamenti effettuati dall'ausiliario, la Corte di Appello di Roma dichiarava non rispettate le distanze legali, costituiva una servitù di veduta, prospetto e luce dal balcone con ringhiera per usucapione a favore di parte attrice e, in virtù di tale servitù, dichiarava doversi procedere alla riduzione in pristino delle opere realizzate.

Nell'argomentare l'accoglimento dei ricorsi principale e incidentale, la Cassazione afferma che non è possibile procedere a un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, stante le motivazioni della Corte di Appello.

I Giudici di legittimità rilevano come la domanda dedotta dall'odierna parte resistente era diretta a denunciare la violazione delle distanze legali e ottenere la relativa demolizione delle costruzioni poste sul fondo vicinale, ovvero di actio negatoria servitutis.

Richiamando Cas. civ. n. 14446/2010 e Cass. civ.n. 2661/2020, i Giudici ribadiscono come le norme dei regolamenti edilizi comunali e dei piani regolatori siano integratrici delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, «sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni».

Alla luce di questi rilievi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata rinviando alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione affinché riesamini nuovamente al questione tenendo conto delle considerazioni qui riportate e in tema di usucapione di servitù di veduta, e in tema di distanze e confini e il rapporto tra la relativa normativa codicistica e il piano regolatore.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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