Assegnazione ai creditori di crediti fiscali del fallimento nell’ambito del riparto finale

19 Dicembre 2023

Prendendo spunto da una pronuncia del Tribunale di Napoli, l’Autore illustra le condizioni necessarie per procedere all’assegnazione in sede di riparto finale di un credito d’imposta ai sensi dell’art. 117, comma 3, l. fall., contenente la norma poi trasposta nell’art. 232, comma 3, CCII.

La vicenda all'esame del Tribunale di Napoli

Con provvedimento del 18 agosto 2023, il Giudice Delegato del Tribunale di Napoli ha reso esecutivo il piano di riparto finale di un fallimento con il quale è stata disposta l'assegnazione, a favore di un creditore del fallimento, di un credito fiscale – nella specie, di un credito per rimborso IMU – non ancora restituito alla data di presentazione del riparto finale, facendo applicazione dell'art. 117, comma 3, l. fall. (norma riprodotta, come si dirà in seguito, sostanzialmente immutata nel nuovo Codice della crisi), che prevede che, in sede di ripartizione finale delle somme disponibili a seguito della liquidazione dell'attivo, il giudice delegato possa disporre che a singoli creditori concorsuali che vi acconsentano – e nel rispetto delle legittime cause di prelazione – siano assegnati, in luogo delle somme loro spettanti, crediti d'imposta di titolarità del (debitore) fallito, non ancora rimborsati.

Nel caso di specie, a seguito della vendita in sede concorsuale di un terreno edificabile – su cui gravava un'ipoteca di primo grado a favore di società cessionaria del credito nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione exl. n. 130/1999 – sorgeva, in capo alla procedura, il debito per il pagamento dell'IMU relativo a tale terreno, maturata durante la procedura. Il Comune, nel cui territorio si trovava il suddetto terreno, calcolava la somma dovuta facendo riferimento ad un valore venale dell'immobile (che, come noto, costituisce la base imponibile per l'IMU) ritenuta eccessiva dalla Curatela, tenuto conto anche dell'effettivo prezzo di aggiudicazione nel corso della procedura. Effettuato in ogni caso il versamento di quanto richiesto (tempestivamente e al fine di non incorrere in sanzioni ed interessi per ritardato o mancato pagamento), la procedura faceva istanza di rimborso IMU, con la quale domandava la restituzione degli importi ritenuti pagati in eccesso.

Il giudice delegato, vista la proposta della curatela, che riteneva preminente l'interesse ad una rapida chiusura della procedura senza attendere i tempi di definizione del rimborso (di incerta durata non potendosi escludere una fase contenziosa), rendeva, in assenza di opposizioni, esecutivo il riparto finale che prevedeva l'assegnazione del credito d'imposta al creditore ipotecario rimasto solo parzialmente soddisfatto (anche a seguito dell'assegnazione).

Sull'assegnazione di crediti d'imposta ai creditori del fallito

Come ricordato, l'art. 117, comma 3, l. fall. prevede che “Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, può disporre che a singoli creditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti di imposta del fallito non ancora rimborsati”.

La norma è stata, dapprima, introdotta nella legge fallimentare con il d.lgs. n. 5/2006 e, poi, pedissequamente riprodotta nell'art. 232, comma 3, del Codice della Crisi d'Impresa e dell'insolvenza (CCII), con la sola necessaria modifica circa il riferimento oggi non più al “fallito” ma, più coerentemente, al “debitore”.

Benché già prima della sua introduzione parte della dottrina avesse prospettato la possibilità di procedere all'assegnazione di crediti d'imposta in occasione della ripartizione finale (S. Tonetti, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, Padova, 2006) tale istituto è rimasto, tuttavia, anche dopo la sua introduzione, sostanzialmente inutilizzato, pur assolvendo, a ben vedere (insieme ad altri istituti, si pensi, in particolare, all'art. 118 l.f. e all'omologo art. 234 del CCII od anche all'ipotesi di cessione dei crediti contemplata dall'art. 106 l. fall. e dall'omologo art. 215 del CCII) alla non secondaria funzione di velocizzare i tempi di chiusura della procedura permettendo anche la massima valorizzazione del credito (L. Gambi, Riparto finale ed assegnazione dei crediti fiscali, in questo Portale  2 gennaio 2018).

Dal testo piuttosto scarno della norma si evincono le limitazioni e le condizioni poste dal legislatore per procedere all'assegnazione.

Quanto, innanzitutto, all'ambito oggettivo di applicazione, viene disposto come possano essere assegnati genericamente “crediti di imposta”: da ciò discende che possano formare oggetto di assegnazione, indistintamente, crediti fiscali di qualunque natura, purché esistenti (“non ancora rimborsati”) alla data di presentazione del riparto finale, ancorché condizionali, non liquidi e non esigibili (come possono sovente essere i crediti verso l'erario).

Quanto al momento in cui i crediti fiscali possono sorgere, imponendo la norma solo che i crediti siano (di pertinenza) “del fallito” se ne deduce, estensivamente, come possa trattarsi sia di crediti fiscali maturati dall'imprenditore ante-fallimento, sia di crediti fiscali maturati dal fallimento nel corso della procedura (L. Gambi, op.cit.). Ciò, peraltro, è confermato anche nel caso di specie dalla circostanza che non solo il credito da rimborso IMU è maturato durante il fallimento, ma anche che (l'ontologicamente precedente) onere in capo al fallimento di versare l'IMU è sorto solo in sede concorsuale, a seguito per l'appunto della vendita del terreno edificabile al quale l'IMU si riferisce. 

Chi scrive ritiene, infine, che possano essere assegnati crediti fiscali anche se contestati (i.e., oggetto di contenzioso ancora pendente con l'erario). A tale conclusione si addiviene non solo in ragione della genericità della norma in esame e della mancanza di un espresso divieto in tal senso, ma anche per coerenza con la ratio dell'istituto e con quanto previsto proprio dal successivo art. 118 l. fall. (e dall'art. 234CCII), il quale consente la chiusura della procedura anche in pendenza di giudizi. L'assegnazione a titolo definitivo del credito fiscale in contenzioso produrrebbe, peraltro, l'ulteriore effetto (positivo) di attribuire la legittimazione attiva ad iniziare o proseguire il relativo giudizio non già alla curatela (come previsto dal suddetto articolo 118 l. fall.), ma al solo creditore assegnatario (unico titolare del credito fiscale), liberando così il curatore anche da tale incombenza e naturalmente con trasferimento del rischio dell'esito della vertenza unicamente in capo al creditore, secondo lo schema della cessione pro soluto.

Tutto ciò premesso, da un punto di vista operativo tre sono le condizioni (intimamente connesse tra loro) per procedere all'assegnazione di crediti d'imposta ai sensi dell'art. 117, comma 3, l. fall., tutte rispettate e affrontate nel piano di riparto finale in commento. In particolare, è previsto che:

  1. l'assegnazione debba avvenire, esclusivamente, in sede di riparto finale;
  2. il creditore assegnatario vi acconsenta; 
  3. l'ordine delle cause di prelazione tra i creditori concorsuali sia rispettato.

La circostanza che l'assegnazione di crediti d'imposta possa essere ordinata solo in sede di ripartizione finale dell'attivo (e non già in sede di riparti parziali) è motivata dal fatto che solo in tale sede risultino chiare, cristallizzate e compiutamente valutabili le posizioni dei creditori ammessi a partecipare alla distribuzione dell'attivo fallimentare; un'assegnazione in una fase interinale della procedura potrebbe, infatti, produrre una violazione della par condicio creditorum.

Essenziale è, infatti, che vengano rispettate le cause di prelazione. Quest'ultimo aspetto è stato, giustamente, oggetto di specifica analisi da parte della curatela, in sede di predisposizione del riparto finale di cui trattasi. È stato, infatti, espressamente segnalato che l'assegnazione del credito da rimborso IMU a favore del creditore ipotecario (e non ad altri creditori) era giustificata dalla circostanza che soltanto a questi sarebbero state integralmente destinate le somme ricavate in sede di rimborso/liquidazione di tale credito, avendo il creditore ipotecario ricavato dalla vendita dell'immobile meno di quanto gli sarebbe spettato qualora fosse stata correttamente quantificata l'IMU del terreno oggetto di vendita.

Non di secondaria importanza è, infine, la circostanza che il creditore assegnatario debba espressamente acconsentire a tale assegnazione in suo favore.

Ciò, a ben vedere, sembra motivato, innanzitutto, dalla natura del provvedimento del giudice delegato con il quale viene reso esecutivo il piano di riparto finale: da un lato, l'esecutività del piano rende immediatamente definitiva l'assegnazione del credito e produce il relativo effetto traslativo della sua titolarità e, dall'altro, apre alla fase della definitiva chiusura della procedura. Ove non si avesse una preventiva accettazione da parte del creditore concorsuale, sarebbe preclusa la declaratoria di esecutività del piano nel suo complesso, non potendo essa essere sottoposta a condizione (quella, per l'appunto, dell'accettazione della assegnazione).

Alla luce di ciò, si ritiene pertanto che la manifestazione di consenso all'assegnazione in proprio favore del credito fiscale debba essere espressa dal creditore necessariamente prima del deposito da parte del curatore del piano di riparto finale e che tale assenso sia riportato dal curatore nel riparto finale. Come accaduto, peraltro, nella vicenda che ha portato al provvedimento in commento, tra la curatela ed creditore assegnatario (possibilmente con il coinvolgimento anche degli altri creditori, per prevenire opposizioni) si apre, in sede di formazione del piano di ripartizione finale, una fase sostanzialmente interlocutoria e negoziale, nel corso della quale oltre ad essere espresso il consenso all'assegnazione viene puntualmente analizzato anche il rapporto giuridico da cui origina il credito d'imposta, anche nell'ottica di attribuirne il corretto “valore”.

È proprio quest'ultimo, forse, l'aspetto più controverso dell'istituto e che probabilmente ne ha limitato finora l'applicazione.

Infatti, come è accaduto nel caso esaminato dal Tribunale di Napoli, sovente il credito deve scontare l'incertezza derivante dal mancato riconoscimento della pretesa da parte dell'Amministrazione ed anche dai tempi di concreta esazione che potrebbero estendersi per effetto della necessità di ricorrere ad una fase contenziosa. In dottrina (L. Gambi, op.cit.) si è sostenuto che ad ovviare a tale grave inconveniente potrebbe risultare utile disporre una consulenza tecnica ricognitiva/estimativa disposta dal giudice delegato. Tuttavia, tale soluzione appare non facilmente percorribile e comunque più incerta di quella prevista dall'art. 234 CCII, che prevede la prosecuzione dei giudizi anche successivamente alla chiusura della procedura, soluzione che, invero, avrebbe il vantaggio di permettere l'attribuzione piena di quanto eventualmente ricavato dal giudizio.

Se ne può dedurre che l'assegnazione al creditore risulti concretamente possibile ed assai opportuna (anche se non esclusivamente) proprio quando il creditore ritenga di accettare l'assegnazione al valore nominale, così superando le difficoltà di una diversa valutazione e, nello stesso tempo, escludendo ogni rischio di sottovalutazione del credito anche in sede di cessione (per una singolare fattispecie, vedasi Cass. civ., sez., 24 agosto 2020, n. 17615, in relazione ad una complessa vicenda concernente la cessione, da parte di una curatela fallimentare, di un credito di 10 milioni di dollari statunitensi verso l'Iraq per un prezzo minimo, poi seguita invece da una riscossione fruttuosa).

Occorre, infine, segnalare, da un punto di vista operativo che – se il provvedimento del giudice delegato che rende esecutivo il riparto finale determina certamente il definitivo trasferimento della titolarità del credito d'imposta in capo al creditore assegnatario – rimane sempre necessario procedere, altresì, alla notifica all'Amministrazione finanziaria o all'Ente locale debitore del provvedimento del giudice delegato, in uno con il piano di riparto, al fine di rendere opponibile la cessione del credito. La natura pubblica del provvedimento del giudice garantisce, peraltro, il pieno rispetto della forma prescritta dall'art. 69, comma 3, del r.d. n. 2440/1923 per le cessioni di crediti vantati verso le Pubbliche Amministrazioni.

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