La società di investimento a capitale fisso

Luciano Vassallo
21 Dicembre 2023

Il contributo ha l'obiettivo di analizzare l'impiego del modello della società di investimento a capitale fisso (“Sicaf”) in seguito al recepimento delle disposizioni della direttiva 2011/61/UE (“Direttiva AIFMD”) mediante il d.lgs. 4 marzo n. 44/2014 da parte del legislatore italiano e dei prodotti finanziari offerti. In un successivo contributo verranno analizzate le caratteristiche fondamentali del modello societario.

Sicaf e Gestione Collettiva del Risparmio

Durante lo scorso decennio la regolamentazione della categoria dei fondi di investimento alternativi (“Fia”) e dei gestori di fondi di investimento alternativi (“Gefia”) ha subito un'importante innovazione in seguito all'emanazione della Direttiva AIFMD, recepita dal legislatore nazionale con il D.lgs. 4 marzo n. 44/2014, mediante il quale viene introdotto nell'ordinamento giuridico italiano il modello della Sicaf.

Tale nuovo modello di società per azioni risulta essere riconducibile alla categoria degli organismi di investimento collettivo del risparmio (“Oicr”), più specificamente negli Oicr di tipo chiuso, ossia quegli organismi all'interno dei quali il rimborso della quota investita dai soci avviene non già con una periodicità determinata, bensì, generalmente, alla scadenza del fondo stesso e l'entrata e l'uscita di nuovo investitori non risulta essere pertanto fenomeno “frequente” al pari di quanto accade negli Oicr di tipo aperto come i fondi di investimento di tipo aperto; stante quanto premesso, l'art. 1, lettera i-bis del TUF definisce pertanto la Sicaf come “l'Oicr chiuso costituito in forma di società per azioni a capitale fisso con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi”.

I vantaggi che un simile strumento giuridico comporta per gli investitori sono svariati, in primis per la flessibilità connaturata alla propria fisiologia strutturale, che si riscontra da un lato in una tipologia di attività societaria governata dal “principio di autonomia di gestione”, in forza del quale l'amministrazione della società è condotta dai gestori nell'interesse dei soci azionisti ma in autonomia da quest'ultimi e d'altro canto nell'ampia ed eterogenea offerta dei prodotti finanziari che la Sicaf è in grado di proporre agli investitori, essendo la stessa in grado di procedere sia all'emissione di azioni sia di ulteriori strumenti finanziari, purché previsti dallo statuto sociale (ad eccezione delle obbligazioni e di alcune tipologie di azioni individuate dal TUF).

Il TUF prevede inoltre che la conduzione dell'attività societaria possa articolarsi sulla base di un sistema multilivello (Sicaf Multicomparto) o monolivello (Sicaf Monocomparto) e che sia possibile optare per un modello di governance societaria che prevede il rilascio della gestione del patrimonio raccolto dalla stessa “nelle mani” di un soggetto esterno alla società (Sicaf Eterogestita) oppure che tale gestione avvenga mediante la predisposizione di un organo gestorio interno (Sicaf Autogestione).

Tale bipartizione” descritta risulta essere probabilmente una delle principali peculiarità del modello della Sicaf, in quanto la stessa, a seconda dei casi, può essere identificata come Fia oppure come Gefia al contempo nel caso in cui la stessa opti per la gestione del proprio patrimonio raccolto, con la conseguente implicazione che la figura dell'azionista-investitore andrà a “combaciare”, con le dovute limitazioni, con quella del gestore, potendo quindi partecipare attivamente all'amministrazione della società come evidenziato da Piergaetano Marchetti, il quale afferma che “I fondi di investimento in forma societaria in definitiva fanno esplodere la “equivocità” da sempre strutturalmente insita nella società per azioni, ove l'azionista, a seconda dei tempi e delle situazioni, si muove nell'equilibrio, talvolta nel conflitto del ruolo di investitore e, per così dire, di imprenditore.” (Marchetti, Presentazione, in Annunziata-Notari, Le SICAF, Milano, 2021).

Giova d'altro canto evidenziare la sussistenza di alcuni vantaggi “di settore” connaturati allo schema giuridico della Sicaf non riscontrabili in altri soggetti che svolgono l'attività di gestione collettiva del risparmio nel nostro ordinamento giuridico, esistenti ad esempio nell'ambito immobiliare, all'interno del quale la Sicaf gode dell'intestazione diretta del patrimonio immobiliare e dei contratti relativi alla gestione dello stesso,  situazione che non può sussistere nel caso di istituzione di fondo comune di investimento immobiliare in quanto, non essendo dotato di personalità giuridica, i contratti che lo riguardano vengono stipulati nell'interesse del fondo da parte della società di gestione del risparmio (“Sgr”) incaricata di gestirne il patrimonio.

Alla luce dei primi dati summenzionati si può con buon grado di certezza affermare che il Legislatore nazionale, mediante l'introduzione della SICAF nell'ordinamento giuridico vigente, ha proposto agli investitori un importante strumento caratterizzato da un forte potenziale di sviluppo e già utilizzato in modo discreto dal punto di vista quantitativo in Italia, sul cui territorio sono oggigiorno presenti oltre quaranta SICAF, operanti soprattutto sul terreno dell'ambito immobiliare, del private equity e del litigation funding.

Sussistono in ogni caso alcune criticità connaturate a tale tipologia di Oicr da non trascurare: la prima inerisce le questioni definitorie, in quanto la lettera della Direttiva AIFMD risulta in diversi punti caratterizzata da uno scarso grado di precisione e chiarezza; la seconda risulta invece di carattere meramente pratico, poiché riguardante il pubblico al quale la Sicaf si rivolge, essendo la stessa particolarmente “in voga” nell'ambito degli investitori professionali, ma molto meno “adatta” all'utilizzo da parte della clientela retail; l'allargamento del proprio pubblico di investitori, a detta degli analisti, potrebbe risultare un discrimen fondamentale al fine di permettere alla Sicaf di avere un futuro più o meno roseo nel mercato italiano.

Caratteristiche di Attività

Se d'un canto il ricorso al modello della Sicaf permette di godere di un mezzo alquanto flessibile per ciò che concerne la struttura della governance e dei prodotti finanziari offerti - riuscendo a trasporre i canoni caratteristici del modello della Sgr in ambito societario e non essendovi in Italia alcuna norma giuridica disciplinante le forme societarie presenti in altri paesi, quali ad esempio partnership e il trust - d'altro canto è giusto ravvisare alcune difficoltà connaturate alla morfologia ibrida della quale si è discusso, essendo la Sicaf sottoposta sia ai dettami propri della disciplina generale che il diritto comune ha enucleato in tema di società per azioni (in particolare alle disposizioni contenute nel Libro V del codice civile, pur sussistendo anche per esso le dovute deroghe del caso, come si avrà modo di analizzare in seguito), sia alla disciplina di settore prevista per gli intermediari finanziari dal TUF e dalle altre fonti settoriali di diritto secondario, come ricordato da Bechi, che afferma correttamente: “Inoltre, vi è difficoltà nell'adattare questo abito giuridico ad iniziative che abbiano previsione di replicabilità (diverse generazioni di fondi lanciati in successione), dal momento che l'autorizzazione […] riguarda solo la gestione del proprio patrimonio e richiedi, nel caso di lancio anche di un veicolo successivo […] un'ulteriore autorizzazione(Bechi, Introduzione, in Bernardi-Cicoria, La SICAF: veicolo di investimento). D'altro canto, il TUF, oltre al concetto di riserva di attività, delinea un ulteriore fattore fondamentale per la disciplina giuridica della Sicaf inerente all'oggetto sociale, consistente nell'investimento del patrimonio raccolto mediante “(…) offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi indicati nello statuto” ai sensi dell'art. 35-bis, comma 1, lett. f), TUF. In tale contesto risulta di conseguenza chiaro come l'oggetto sociale delle Sicaf risponda alla logica dell'attività finanziaria, la quale tende alla valorizzazione degli asset nel medio-lungo periodo in cui gli azionisti decidono di investire, al fine di massimizzare il ritorno economico degli stessi una volta che avrà luogo il disinvestimento della quota apportata. Di conseguenza buona parte della dottrina si è inizialmente domandata se, essendo l'oggetto sociale delle Sicaf “esclusivo”, secondo i dettami del TUF (e da eseguirsi nei modi da esso laconicamente sanciti), la stessa sia idonea al compimento di ulteriori attività che esulino dalla gestione del proprio patrimonio raccolto presso i propri investitori. La soluzione negativa sembra pacificamente confermarsi per quanto concerne la possibilità da parte della Sicaf di gestire altri Oicr o più in generale patrimoni di fondi di investimento diversi dal proprio, limite che invece non sussiste per le SGR; tali maggiori restrizioni, secondo la dottrina maggioritaria, “possono spiegarsi con lo scopo di evitare che l'azionista-cliente […] si esponga a rischi diversi da quelli associati alla gestione del patrimonio sociale […]”, (Sandrelli, “L'oggetto sociale delle Sicaf, in Annunziata-Notari, Le Sicaf, cit.).

Sembrerebbe, però, esservi la presenza di uno “spazio di tolleranza” per le attività collaterali alla gestione del patrimonio, concernenti in modo particolare l'ambito organizzativo della Sicaf stessa, come per esempio le attività riconnesse al marketing e alla comunicazione aziendale, alle modalità di offerta delle proprie azioni e strumenti finanziari partecipativi, alla tenuta delle scritture contabili. Nello specifico, la disamina delle attività che non hanno come fine ultimo la gestione del patrimonio della società, previste come lecite in favore della Sicaf, si ritrova nell'art. 33, comma 3, TUF, il quale sancisce che la Sicaf è in grado di svolgere le attività previste dal (proprio) comma 1 per le SGR – ossia la prestazione di servizio di gestione di portafogli, l'istituzione e gestione di fondi pensione, lo svolgimento di attività connesse o strumentali, la prestazione di particolari servizi gestori e di servizi di consulenza in materia di investimenti, la commercializzazione di quote o azioni di Oicr gestiti da terzi, la prestazione di servizio di ricezione e la trasmissione di ordini – dal quale può, quindi, evincersi un riscontro favorevole al quesito. Con particolare riferimento alle attività strumentali e connesse, giova ricordare che solo le prime sono quelle rispondenti alla gestione della “vita ordinaria” della società, mentre le seconde sono collegate alla promozione aziendale a fini di potenziamento del raggio di azione della società stessa, che hanno come fine il raggiungimento di nuovi investitori o settori di mercato in maniera efficace (si può a riguardo citare i lavori inerenti l'ambito della comunicazione di imprese, attività tanto collaterale alla gestione del patrimonio raccolto quanto fondamentale in maniera più o meno indiretta ai fini del buon andamento societario).

Rientrando nella categoria dei soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale in base ai dettami della Direttiva AIFMD, la Sicaf risulta sottoposta a una procedura di autorizzazione particolarmente gravosa, i cui dòmini principali sono Banca d'Italia e Consob, procedura speculare a quella cui soggiacciono le più “antiche” Sicav. Tale procedura trova la propria disciplina normativa nel Titolo III del Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio adottato con Provvedimento della Banca d'Italia del 19 gennaio 2015, il quale prevede un'indagine “a tutto tondo” sulla nascente società, al fine di salvaguardare la sana e prudente gestione dell'attività condotta, mediante l'utilizzo dei canoni di prudenza richiesti dal Legislatore comunitario per le attività “pericolose”, quali quelle che si svolgono all'interno dell'ambito finanziario. Alla Sezione I del Regolamento sono definiti i requisiti di cui i partecipanti alla Sicaf devono essere dotati ai fini della partecipazione alla stessa, ossia i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza sanciti dall'art. 13 TUF, enucleati all'interno del Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 169/2020 (“Decreto MEF”): Il requisito di onorabilità richiede in particolare l'assenza di una serie di situazioni inerenti alla persona del partecipante alla società, idonee alla compromissione della buona reputazione della stessa e di conseguenza l'affidamento sulla conduzione dell'attività mediante onestà e trasparenza. Per tale ragione, il decreto non solo prevede l'impossibilità di partecipare alla Sicaf in caso di sussistenza di sentenze definitive passate in giudicato in capo al partecipante, ma anche di situazioni di minor gravità, quali l'irrogazione di sanzioni amministrative in ambito finanziario, bancario, societario e affini; l'onorabilità risulta essere una caratteristica “presunta” per il partecipante alla società, la quale ben potrà esser soggetta a revoca tanto nel caso in cui intervengano le fattispecie in precedenza elencate, tanto nel momento in cui il partecipante sia soggetto a un procedimento inerente reati particolarmente gravi (ad esempio reati per cui in astratto è possibile la comminazione di una pena in base alla legislazione antimafia vigente). È altresì sancito a riguardo dall'art. 14, TUF che i partecipanti al capitale della Sicaf per un valore di partecipazione superiore al 10% - o di un valore di partecipazione che in ogni caso risulti idoneo a determinare un'influenza dominante sugli assetti societari da parte degli soci – debbano esser dotati dei requisiti di onorabilità, quale dimostrazione che la società è partecipata da persone eticamente impeccabili, come anche autorevole dottrina non manca di evidenziare: “In questa misura ha senso parlare di requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale e di autorizzazione preventiva all'acquisto di partecipazioni rilevanti con riguardo alla SICAF autogestita, che è OICR e al tempo stesso gestore.” (Basile, Sicaf a gestione interna ed esterna: riflessioni a cavallo tra l'ordinamento finanziario e la disciplina di diritto comune, in Annunziata, Notari, Le SICAF, cit.). Giova in tal caso ricordare gli ulteriori requisiti ai fini di acquisto di una partecipazione rilevante - da parte dei partecipanti alla SICAF – dall'art. 35 TUF, il quale prevede che l'autorizzazione ai fini di suddetta operazione possa avvenire solo in relazione alle azioni nominative e non alle altre tipologie.

Il requisito della professionalità è, invece, il requisito in base al quale è richiesto ai gestori di possedere un adeguato grado di conoscenze e competenze tecniche correlate all'attività svolta dalla Sicaf, in modo tale che gli investitori possano fare affidamento sulla sana e prudente gestione della società. In particolare, il Decreto MEF prevede la maturazione di comprovata esperienza nel settore all'interno dei quali gli esponenti aziendali vanno ad operare, siano essi soggetti con competenza di gestione della società, siano essi soggetti aventi ruolo diverso come il collegio sindacale (artt. 7, 9, 10, Decreto MEF).

In ultimo è evidenziato il requisito di indipendenza, il quale concerne il divieto di cumulo di incarichi per i soggetti componenti l'organo amministrativo della Sicaf, per i quali non è prevista la possibilità di ricoprire cariche di diverso grado e in diverse strutture che possano compromettere l'indipendenza dello stesso nell'esercizio delle proprie funzioni. Sarà, quindi, onere del c.d.a. della Sicaf provvedere alla salvaguardia del requisito di indipendenza dell'esponente aziendale, qualora ravvisi la concreta possibilità che la stessa sia compromessa, e rivolgere all'esponente in questione tutte le domande del caso, prendendo di conseguenza i dovuti provvedimenti di esclusione qualora la situazione di incompatibilità evidenziata non cessi di esistere. Nel caso di decadenza da parte dell'esponente aziendale da anche uno solo trai requisiti previsti dall'art. 13 TUF, e analizzati dal Decreto MEF, l'organo di appartenenza si pronuncerà a maggioranza circa l'esclusione dello stesso, dopo aver esperito la procedura di valutazione prevista dall'art. 23 Decreto MEF. Il paragrafo 4 della Sezione III inerisce il “programma di attività e struttura” della Sicaf, sancendo che quest'ultimo dovrà predisporre con chiarezza “(…) le sue linee di sviluppo, gli obiettivi perseguiti, le strategie che la società intende seguire per la loro realizzazione nonché ogni altro elemento che consente di valutare la qualità dell'iniziativa”; in altre parole, la Sicaf dovrà descrivere in modo molto dettagliato all'interno del documento contenente la politica di investimento societaria - inserita nello statuto - numerose ed eterogenee fattispecie quali i settori di mercato sui quali la società decide di operare, la gamma delle azioni e dei prodotti finanziari offerti, le attività che si impegna a concludere, i risultati attesi dall'investimento con allegati gli eventuali profili di rischio connaturati allo stesso, la situazione economica-finanziaria della società e ogni la situazione economica-finanziaria della società e ogni altra informazione idonea, per un verso, all'investitore di essere ben conscio a priori delle peculiarità dell'investimento stesso, in modo da poter operare un “bilanciamento” tra i possibili vantaggi e svantaggi cui andrà incontro, e per altro verso alle autorità di vigilanza di valutare in concreto se le attività e le metodologie di conduzione delle stesse siano idonee ai dettami del corpus normativo e più in generale alla preservazione di una sana e prudente gestione dell'apparato societario e degli interessi dei terzi coinvolti dall'andamento di quest'ultimo.

Per quanto invece concerne la vera e propria domanda di autorizzazione della Sicaf, è la società stessa che provvederà all'inoltro a Banca d'Italia tramite PEC sulla scorta delle modalità enucleate nel paragrafo 7 della Sezione III del Regolamento, contenente oltre alle informazioni già analizzate anche ulteriori requisiti burocratici quali ad esempio la denominazione, l'indicazione del luogo in cui è situata la sede legale (o la sede generale della società), il “centro” indicato dalla stessa per le comunicazioni ad essa inerenti. Per quanto invece concerne la vera e propria domanda di autorizzazione della Sicaf, quest'ultima verrà sottoposta dalla Sicaf a Banca d'Italia tramite PEC sulla scorta delle modalità enucleate nel paragrafo 7 della Sezione III del Regolamento, contenente oltre alle informazioni già analizzate anche ulteriori requisiti burocratici quali ad esempio la denominazione, l'indicazione del luogo in cui è situata la sede legale (o la sede generale della società), il “centro” indicato dalla stessa per le comunicazioni ad essa inerenti. In tale fase Banca d'Italia gode dei più ampi poteri di controllo potendo richiedere, ai soggetti della società abilitati a fornirle, ogni documento integrativo ritenuto opportuno sia attinente all'assetto societario, sia ai partecipanti alla Sicaf, oltre che servirsi ai propri fini dell'operato di altre autorità di vigilanza (sia nazionali, sia estere). Una volta terminata tale fase di controllo, Banca d'Italia procede (previo parere della Consob) all'invio dell'autorizzazione di inizio attività della SICAF, cui seguirà il versamento del capitale sociale da parte dei soci fondatori e l'iscrizione all'albo, la quale risulta essere condicio sine qua non ai fini dell'attività della Sicaf, come sottolineato dalla dottrina “[…] a differenza delle SIM e delle SGR, per le quali l'autorizzazione è un presupposto per l'esercizio dell'attività […] per le SICAF (e le SICAV) l'autorizzazione è un presupposto per la stipulazione dell'atto costitutivo” (Notari, La struttura finanziaria delle SICAF: capitale sociale, conferimenti, azioni e strumenti finanziari, in Annunziata, Notari, Le SICAF, cit.).

Nel caso in cui si verifichino situazioni patologiche quali il mancato inizio dell'attività entro un anno da suddetta autorizzazione o l'interruzione dell'attività per un periodo maggiore di sei mesi, a norma del Paragrafo 8, Banca d'Italia dichiara decaduta la Sicaf e la conseguente cancellazione dall'albo.

La Morfologia Finanziaria

La disciplina generale enucleata dal Tuf risulta fondamentale ai fini della comprensione della struttura finanziaria della Sicaf. A riguardo, la prima fattispecie da attenzionare risulta essere il capitale sociale e i valori numerici ad esso assegnati dalle disposizioni legislative vigenti, essendo previsti diversi valori minimi e massimi per le varie tipologie di Sicaf presenti nell'ordinamento.

La disciplina generale in tema di società per azioni prevede, ampia dottrina ha avuto modo di precisare che la disciplina del capitale sociale (art. 35-quinquies, TUF) è identica a quella delle società per azioni, con l'unica eccezione dell'artt. 2349, 2350 (co. 2 e 3), 2353 e delle disposizioni comprese tra l'art. 2447-bis ed il 2447-decies, c.c., connesse al tema dei patrimoni destinati, le quali già costituiscono una sezione topograficamente autonoma rispetto alla disciplina del capitale sociale.”  (M.L. Passador, Appunti sulle SICAF, in Diritto della banca e del mercato finanziario); il legislatore, però, ha da un lato equiparato la disciplina del capitale sociale delle Sicaf a quello generalmente previsto per le s.p.a. (all'interno della cui gamma la Sicaf risulta essere ricompresa), d'altro canto ha previsto valori numerici differenti a seconda della struttura che la Sicaf assume, con l'obiettivo di associare una determinata quantità di capitale sociale a una tipologia di Sicaf piuttosto che a un'altra adoperando una sorta di bilanciamento tra le esigenze di sicurezza di cui i terzi necessitano circa la solidità della struttura societaria e le caratteristiche delle attività in concreto compiute dalla Sicaf (i profili di rischio che sono a esse connaturati, l'impiego di risorse economiche e finanziarie effettuato, i tempi di ritorno dell'investimento).

Ciò premesso, il sistema odierno risulta essere composto come segue:

  1. Per le Sicaf etero-gestite sono previsti i valori numerici sanciti dalla normativa generale enucleata dal codice civile in tema di capitale sociale di società per azioni;
  2. Per le Sicaf non riservate ad investitori professionali, il capitale sociale risulta essere pari al valore di un milione di euro che dovrà essere interamente versato;
  3. Per le Sicaf riservate ad investitori professionali, il capitale sociale risulta essere pari al valore di cinquecentomila euro, con possibilità per gli investitori di effettuare il versamento in più soluzioni, stante in ogni caso l'impegno assunto dagli stessi ai fini dei versamenti restanti qualora la società lo richieda in base alle proprie esigenze di investimento -così eliminando l'effetto di inefficienza finanziaria che si determinerebbe altrimenti laddove sussisterebbero obblighi in capo ai soci/investitori di provvedere alla liberazione delle azioni sottoscritte con tempistiche non correlate alle effettive esigenze di investimento dell'OICR. (Bernardi, Cicoria, Aspetti Societari, in Le SICAF: veicolo di investimento) - determinati sulla base di accordi di diversa natura giuridica, quali patti parasociali, clausole statutarie, impegni extrasociali presi da soci. In tal caso sarà compito dell'organo amministrativo della Sicaf provvedere ad effettuare l'aumento di capitale - nei limiti quantitativi stabiliti a livello statutario - e a determinare la quantità di azioni da emettere e soprattutto l'ammontare che gli investitori dovranno versare alla sottoscrizione e la rimanente parte che invece verseranno in base alle esigenze di investimento della Sicaf su richiesta di quest'ultima;
  4. Per le Sicaf sottosoglia, il capitale nominale risulta essere pari al valore di cinquantamila euro.

La rilevanza del capitale sociale non si sostanzia solo nel grado di affidamento che i terzi possono riporre nella concretezza degli assetti sociali della Sicaf, ma anche in base al fatto che numerose attività potranno essere condotte solo entro i limiti del valore del capitale stesso: a riguardo, basti pensare ai dettami della normativa generale in tema di società per azioni, la quale non consente la distribuzione degli utili ai soci in concomitanza di una perdita di capitale sociale non reintegrata dalla società.

Per quanto invece concerne le tipologie di conferimento lecite, per le Sicaf (a differenza delle Sicav, le quali “sono caratterizzate proprio dalla variabilità del capitale sociale, sicché perde senso il concetto stesso di modifica del capitale sociale […]” - Notari, La struttura finanziaria delle SICAF: capitale sociale, conferimenti, azioni e strumenti finanziari, cit.) è prevista in forza dell'art 35-bis, TUF la possibilità per gli investitori di effettuare apporti in natura, oltre che in denaro. Giova infine ricordare che il capitale sociale della Sicaf al pari di quello di tutte le società per azioni, risulta soggetto a variazioni sia in aumento che in diminuzione; pertanto, anche in tale ambito risulta essere applicabile la disciplina prevista dal codice civile in tema di aumento e diminuzione di capitale sociale.

Il fenomeno dell'aumento risulta essere un effetto - per così dire - naturale di quelli che sono i nuovi apporti economici da parte degli investitori in seguito all'emissione di nuove azioni da parte della Sicaf, le quali dovranno essere offerte in opzione ai soci in proporzione alle proprie quote possedute, in modo tale che la rilevanza della loro partecipazione all'interno della società resti inalterata, essendo inoltre possibile allocare anche beni in natura ai fini dell'aumento, purché siano rispettate le prescrizioni dettate dal codice civile in tema di società per azioni.

Nel caso però in cui vengano allocati beni in natura, l'art. 2441 c.c. ricorda che è esclusa l'operatività del diritto di opzione (il quale non opera nemmeno nel caso di “(…) presenza di un interesse sociale (…)”): in tal caso, difatti, il prezzo di emissione delle azioni è determinato in base ai dettami del comma 6 di suddetto articolo e non tramite la deliberazione dell'assemblea straordinaria.

Per quanto invece concerne il fenomeno della riduzione di capitale nominale, anch'esso risulta essere conseguenza fisiologica di un evento che modifica la morfologia finanziaria della società, come ad esempio accade nel caso di rimborso delle azioni di una parte degli investitori, che può avvenire su iniziativa dei singoli investitori della Sicaf “per un ammontare non superiore alle somme di nuova emissione” (art. 11 Regolamento) oppure del rimborso di singole categorie di azioni degli investitori, la quale può verificarsi in seguito a eventi quali “disinvestimento del portafoglio degli asset oggetto di investimento, conformemente alla propria politica di investimento” (Notari, La struttura finanziaria delle SICAF: capitale sociale, conferimenti, azioni e strumenti finanziari, cit.). La riduzione avrà luogo in entrambi i casi secondo quanto sancito dagli artt. 2445 e ss. c.c., in base ai quali l'azione di riduzione di capitale risulta essere caratterizzata dalla “volontarietà” poiché non accompagnata da alcun obbligo legislativo (come precisato dalla Cassazione Civile con sentenza n. 543/2006) e potendo la stessa concretizzarsi mediante plurime “forme”, quali la liberazione dei soci dai versamenti correlati ai titoli azionari di cui sono titolari o il rimborso del capitale versato o il riscatto delle azioni in favore degli stessi.

Per quanto invece concerne la tipologia dei prodotti finanziari offerti, poiché la Sicaf rientra nella gamma degli Oicr chiusi e compie un'attività di gestione del patrimonio raccolto presso una pluralità di investitori, è idonea come si anticipava a procedere all'offerta sia di azioni sia di strumenti finanziari partecipativi.

La previsione di plurime categorie di azioni, oltre che essere utile al fin di proporre una gamma diversificata di prodotti finanziari agli investitori, permette altresì ai soggetti che ricoprono ruoli gestori apicali nella società di conseguire il c.d. carried interest, il quale consiste nel perseguimento da parte dei dirigenti della società di vantaggi economici e amministrativi quale forma di remunerazione “extra-provento” derivante dal possesso di particolari tipologie di azioni.

Anche tali tipologie di azioni risultano essere disciplinate dalla normativa dettata in materia di società per azioni dal Codice civile, la quale regola sia le modalità di emissione, sia le modalità di circolazione delle azioni.

A tal fine, risulta fondamentale l'individuazione del valore della singola quota azionaria allo scopo del calcolo del rimborso delle quote in favore degli investitori, oltre che dei versamenti dovuti da quest'ultimi in sede di sottoscrizione di azioni di nuovo emissione, calcolati sulla base del disposto normativo del Tit. V, Cap. IV, Sezione III, Par. 1 del Regolamento, sancente che Il valore unitario di ogni singola quota di partecipazione al fondo comune è pari al valore complessivo netto del fondo, riferito al giorno di valutazione del patrimonio, diviso per il numero delle quote in circolazione alla medesima data (…)”.

Per quanto nello specifico inerisce alle categorie di azioni – che la dottrina definisce come segue: “le categorie sono […] una distinzione che opera sul piano delle partecipazioni azionarie […] mentre la distinzione tra azioni nominative e azioni al portatore riguarda il profilo formale delle partecipazioni azionarie ed opera solo per le azioni rappresentate da certificati cartacei” – (Notari, La struttura finanziaria delle SICAF: capitale sociale, conferimenti, azioni e strumenti finanziari, cit.) – la Sicaf è in grado di emettere sia azioni nominative, sia azioni al portatore. Prima di procedere all'analisi del regime di circolazione delle azioni all'interno delle Sicaf e all'indagine sulle categorie che quest'ultima è in grado di emettere, giova ricordare che le azioni nominative e le azioni al portatore differiscono in primis per il diritto di voto di cui godono gli azionisti che ne sono titolari: le azioni al portatore difatti soggiacciono al principio del “voto capitario”, attribuendo un solo voto al socio che ne è titolare a prescindere dalla quantità di azioni detenute dallo stesso.

È chiaro quindi che, in ottica di stabilizzazione dell'organo gestorio, le azioni nominative sembrano essere la tipologia più idonea da riservare ai promotori e ai soggetti cui è attribuita la gestione della società, mentre le azioni al portatore vengono riservate alla categoria dei soci investitori, ai quali di regola non spetta il compimento di atti gestori per la Sicaf. È lo stesso art. 35-quinques, TUF a prevedere i limiti di emissione e circolazione a cui soggiacciono le azioni nominative, riproducendo – nell'enucleazione di tale disciplina - lo stesso regime adottato per le Sicav in via piuttosto acritica e spesso ingiustificata. Dal canto del regime di rappresentazione delle azioni delle Sicaf, spetta ancora una volta allo statuto determinare se essa avvenga mediante il ricorso alla dematerializzazione dei certificati azionari, con conseguente assenza di qualsiasi tipologia di certificato cartaceo e di riduzione della distinzione tra azioni nominative e al portatore solo a fini esplicativi della materia inerente all'esercizio del diritto di voto all'interno della società.

Giova a questo punto della disamina precisare che per le Sicaf il TUF prevede alcune deroghe in tema di categorie di azioni emissibili dalla società, secondo il quale non sono passibili di emissione:

  1. Azioni di godimento come disciplinate dall'art. 2353 c.c.;
  2. Azioni e strumenti finanziari emessi in favore di prestatori di lavoro come disciplinati dall'art. 2349 c.c.;
  3. Azioni correlate come disciplinate dall'art. 2350 c.c.

Non sembrerebbero invece sussistere limiti particolari ai fini dell'acquisto di azioni proprie nell'ambito delle Sicaf (se non quelli sanciti dall'art. 2357 c.c. in tema di società per azioni), meccanismo alquanto efficace nel momento in cui si ravvisi l'esigenza di stabilizzazione degli assetti societari, oltre che tecnica utilizzata ai fini di rimborso delle azioni senza passare per la procedura di riduzione di capitale nominale. Per quanto concerne quindi la possibilità per la Sicaf di poter emettere diverse categorie di azioni, può affermarsi con pressoché totale certezza che tale possibilità non integri alcuna violazione del principio di parità di trattamento degli investitori per la creazione di un “trattamento preferenziale” per talune categorie di azioni, nel momento in cui la Sicaf ottemperi agli obblighi contenuti nell'art. 35, TUF in tema di comunicazioni alle autorità di vigilanza e provveda alla comunicazione di tali trattamenti gli investitori con mezzi idonei (quale può essere l'inserimento di suddetti trattamenti all'interno di un documento societario di rilevante importanza come lo statuto). Per quanto invece inerisce alle limitazioni alla creazione delle categorie di azioni di cui ai precedenti punti 1. 2. e 3., sembrerebbe molto difficile ricavare una ratio legis coerente in grado di giustificare tali suddette esclusioni nell'ambito delle Sicaf, nemmeno adducendo la più volte citata possibilità di lesione del principio di parità di trattamento trai soci, specie se si tiene in considerazione la possibilità ammessa in favore della Sicaf di creare al proprio interno una struttura multicomparto, in base alla quale ciascun comparto di investimento emette una sola determinata categoria di azioni attributiva di un certo fascio di diritti in favore dei titolari (ex art. 35-quinquies TUF). A sostegno di tale tesi, basti pensare al fatto che la creazione di un nuovo comparto della Sicaf può avvenire anche in seguito ad una delibera di aumento di capitale, rappresentando le azioni del nuovo comparto dei titoli di nuova emissione da parte della società: la dottrina maggioritaria sembra essere propensa ad accettare la creazione di un nuovo comparto di azioni anche dal momento in cui quelle dei comparti di precedente esistenza non siano state totalmente liberate – “l'emissione in aumento di capitale delle azioni di un nuovo comparto non dovrebbe ritenersi preclusa anche laddove azioni di comparti preesistenti non risultino ancora integralmente liberate.” (Bernardi, Cicoria, Aspetti societari, cit.), stante la regola generale fissata dal principio di autonomia patrimoniale delle Sicaf multicomparto. Nella regolazione dell'andamento dei singoli comparti gioca un ruolo fondamentale il principio di autonomia patrimoniale, in base al quale ogni singolo comparto risulta “patrimonialmente autonomo” rispetto agli altri, ergo nel momento in cui il gestore contragga determinate obbligazioni di cui non è titolare lo specifico comparto, è il primo a rispondere mediante il proprio patrimonio, senza che la parte dello stesso facente capo al comparto sia in alcun modo soggetta a diminuzione. Per tale ragione, la dottrina ha osservato che la Sicaf autogestita “debba essere sempre costituita, de minimis, da due comparti: quello del gestore e quello degli investitori.” (Basile, Sicaf a gestione interna ed esterna: riflessioni a cavallo tra l'ordinamento finanziario e la disciplina di diritto comune, cit.).

In ultimo giova ricordare quali siano i dettami specifici del corpus legis vigente in tema di aumento e diminuzione di capitale in riferimento ai singoli comparti della Sicaf. Per ciò che riguarda l'aumento bisogna distinguere nel caso in cui esso riguardi azioni di nuova emissione, e allora in tal caso opererà il diritto di opzione previsto dall'art. 2441 c.c. al fin di non ledere la proporzione di quote delle azioni che per primi hanno sottoscritto i titoli azionari del comparto. Nel caso invece l'aumento riguardi azioni di nuova emissione non sembra trovar spazio la disciplina enucleata dal suddetto articolo, in quanto lederebbe il principio di autonomia patrimoniale dei singoli comparti la concessione in opzione delle azioni di nuova emissione in favore di investitori operativi in comparti diversi.

Per ciò che invece riguarda la riduzione di capitale per rimborso delle azioni inerenti a un determinato comparto, tale situazione si verifica nel momento in cui uno dei comparti termini il proprio ciclo di investimento, il quale può naturalmente non coincidere con la “chiusura” dell'intera attività societaria o di altri comparti, essendo ogni comparto – come già detto – autonomo dagli altri comparti e dalla società nella sua interezza.

In tale caso, sulla scorta di quanto affermato, l'assemblea potrà deliberare una diminuzione di capitale sociale in relazione al rimborso delle azioni del comparto cessato, oppure distribuito dagli amministratori in sede di liquidazione del comparto.

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