La mediazione e la domanda riconvenzionale in materia condominiale

21 Dicembre 2023

Con l’ordinanza 8 settembre 2023, n. 26185, la Cassazione prende in conside­razione, tra le altre, una questione specifica a proposito del rapporto tra la procedura di mediazione ex d.lgs. n. 28/2010 e le controversie in materia di condominio; con il provvedimento indicato, i giudici di legittimità esaminano - peraltro, in una prospettiva particolare - la que­stione specifica del rap­porto tra la pro­ce­dura di mediazione e la domanda riconvenzionale che sia pro­po­sta in un giudizio diretto ad affrontare una controversia in materia di condominio.

Il quadro normativo

Con l’ordinanza n. 26185 dell’8 settembre 2023 n. 26185, la Corte di Cassazione ha esaminato una questione spe­cifica - avente profili particolari - in tema di mediazione relativa ad una controversia in materia con­dominiale.

Alla base della questione presa in esame dalla Corte, era accaduto che:

  • un condomino aveva dato corso, prima della promozione del giudizio diretto all’impugna­zione di una delibera dell’assemblea condominiale, alla procedura di mediazione;
  • il condominio chiamato aveva disertato tale procedura di media­zione;
  • nel giudizio che era seguito, il condominio convenuto aveva proposto una do­manda riconven­zio­nale nei confronti del condomino attore, domanda che era stata poi accolta dal Tribunale.

In sede di impugnazione della sentenza di merito davanti alla Corte di Cassazione, il condomino che aveva pro­mosso il giudizio (e che era risultato soccombente rispetto alla domanda ri­convenzio­nale del condominio) chiedeva che la domanda riconvenzionale del condominio fosse dichiarata im­pro­cedibile per il fatto che il con­dominio non aveva partecipato alla procedura di mediazione pro­mossa dall’at­tore.  

La Corte di Cassazione è stata chiamata così a dare soluzione alla questione.

La questione sottoposta all’esame della Suprema Corte

Si noti che, ai giudici di legittimità, è stato chiesto di definire la questione quale si presentava nei termini che si sono sopra delineati.

Alla Corte, dunque, non si chiedeva di pronunciarsi sulla questione circa l’obbligato­rietà della pro­mozione della proce­dura di mediazione nel caso di proposizione di una domanda ricon­venzio­nale con­cer­nente una contro­versia in ma­teria condominiale, né si chiedeva di dare risposta al quesito su quale sia la parte gra­vata dall’onere di pro­mo­zione della proce­dura di me­dia­zione nel caso di propo­sizione di una domanda riconvenzionale.

Ciò che si poneva era, invece, solamente e specificamente il quesito se la mancata partecipazione del con­venuto al proce­dimento di me­diazione che fosse stato promosso dall’attore con riguardo alla domanda principale avesse l’effetto di determinare l’im­procedibilità della domanda riconvenzio­nale

La soluzione offerta dai giudici di legittimità

Al quesito così proposto, la Corte risponde affermando che la procedura di mediazione relativa alla lite deve essere promossa dall’attore e che la mancata partecipazione alla stessa del con­venuto non determina l’improcedibilità della domanda.

Al proposito - dopo avere precisato che le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 28/2010, in parti­colare l'art. 4, comma 2, nel regolare l'accesso alla mediazione, stabilisce come debba essere propo­sta la relativa domanda e speci­fica­mente dispone, al comma 2, che “l'istanza deve indicare l'organi­smo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pre­tesa” - la Corte sottolinea che “è una caratteristica tipica del nostro sistema pro­ces­suale il fatto che sia l'attore, cioè colui il quale assume l'iniziativa processuale, a dover chiarire, tra le altre cose, l'oggetto e le ragioni della pretesa”. La Corte ag­giunge la considerazione che l'art. 5, comma 1-bis, inoltre, dispone che chi “intende esercitare in giudizio un'azione” relativa a una controversia nelle materie ivi indicate “è tenuto, as­sistito dall'av­vocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”.

Alla luce di queste disposizioni - precisa la Corte - “si deve con­fermare che l'obbligo di esperire il procedi­mento di media­zione è posto dalla legge a carico di chi intende esercitare in giudizio un'a­zione, e non c'è alcun dubbio che tale posizione sia quella dell'at­tore”.

“È possibile, dunque, trarre la conclusione di carattere testuale” - conclude la Corte - “che le due norme ora richiamate sono univoche nel senso che l'onere di attivarsi per pro­muovere la media­zione debba essere posto a carico dell'at­tore, ossia di colui che vuole fare valere un diritto in via di azione”.

Alla luce di queste considerazioni, i giudici di Piazza Cavour pervengono alla conclusione - in relazione al parti­colare quesito cui essa era chiamata a dare risposta - che ciò che conta ai fini della procedibilità della domanda è che l’attore si attivi per la promozione della procedura di mediazione e che la mancata partecipazione del convenuto alla me­dia­zione collegata alla domanda proposta dall’attore non può avere effetti sulla domanda riconvenzionale non potendo determinare l’improcedibilità di tale domanda.

Vi è da dire, però, che le considerazioni conclu­sive ora ricordate concentrano l’attenzione sulla proce­dura di mediazione collegata alla domanda di parte attrice e sugli effetti di questa rispetto alla do­manda riconvenzionale, mentre non considerano - o comunque pongono in secondo piano - il profilo relativo agli effetti della distinta procedura di mediazione collegata alla domanda riconvenzionale del convenuto. 

Ciò osservato, va notato, peraltro, che l’ordinanza consente di formulare alcune osser­vazioni di por­tata più generale sulle que­stioni rela­tive alla promozione ed alla partecipazione alla procedura di mediazione in relazione alle controver­sie in materia di condominio.

Il rapporto tra la procedura di mediazione e la domanda riconvenzionale

Una prima questione che emerge è quella relativa al rapporto tra la procedura di media­zione e la proposizione della domanda riconvenzionale.

Vi è da chiedersi se, nel caso di proposizione di domanda riconvenzionale in una materia per la quale (come per la materia condominiale) la mediazione sia obbligatoria, la domanda debba es­sere preceduta dalla pro­mozione della procedura di mediazione e quale sia la parte a carico della quale sia posto il relativo onere.

Proprio sulla base delle ragioni che vengono esposte nella motivazione dell'ordinanza che abbiamo esa­minato, emerge evidente che, anche rispetto alla domanda riconvenzionale, deve ricono­scersi l'esistenza dell'obbligo del pre­ventivo espe­rimento della procedura di mediazione.

Un tanto si collega al principio - di portata generale rispetto al rapporto tra mediazione e giudizio - per cui tra la domanda di mediazione e la domanda giudiziale deve esservi “simmetria” (e cioè piena coincidenza di contenuti) poiché diversamente la mediazione non potrebbe ritenersi valida­mente svolta (da segnalare che, in questo senso, da ultimo Trib. Roma 13 giugno 2023, ha affer­mato - riguardo all'ipo­tesi della domanda di impugnazione della delibera dell'assemblea condo­miniale - che “una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o della causa petendi non può considerarsi validamente espletata e comporta l'improcedibilità della domanda”).

E deve ritenersi - sempre sulla base delle ragioni richiamate dall'ordinanza anzidetta - che ad essere gravato dell'onere di promo­zione di tale procedura sarà certamente, nel caso della domanda ri­con­venzionale, il convenuto che pro­ponga tale domanda. Ciò corrisponde al prin­cipio di carattere generale secondo cui il convenuto, nel proporre una do­manda riconvenzio­nale, assume nella so­stanza (con riguardo a tale domanda) il ruolo di attore.

Ciò che viene ad aversi - nel caso in cui in un giudizio venga proposta una domanda riconvenzionale - è che gli aspetti relativi alla mediazione quanto alle due domande (quella principale dell'attore e quella riconvenzio­nale del convenuto) dovranno essere considerati in modo distinto: e quanto a cia­scuna delle due do­mande l'effetto dell'improcedibilità derivante dall'omissione della promozione e dello svolgimento della procedura di mediazione dovrà essere considerato dunque in via distinta ed autonoma.

Conclusione, questa, che emerge con ancor maggiore chiarezza nel caso in cui una do­manda ricon­venzionale in materia di condominio (domanda per la quale dun­que vi sia l'obbli­go della me­diazione) venga proposta in una causa relativa ad una materia per la quale non vi sia l'obbligatorietà della mediazione. In que­sto caso, emerge appunto con ancora maggiore evidenza che ad essere onerato della promozione della mediazione sarà - e non potrà che essere - il solo conve­nuto (e cioè l'unica parte che proponga una domanda per la quale sia previsto l'obbligo della media­zione) e che la sola domanda che nel caso di omis­sione dello svolgi­mento della procedura di media­zione dovrà essere dichiarata improcedibile sarà la domanda riconvenzionale.

Da segnalare che, alla conclusione che si è qui indicata, la giurisprudenza è giunta oramai da tempo (an­che se - per la verità - non è mancata qualche voce contraria: v., per esempio, Trib. Palermo - Sez. dist. di Bagheria - 11 luglio 2011): si è affermato, infatti, che tutte le domande ri­guardanti materie soggette a mediazione obbligato­ria sono sottoposte alla disciplina dettata in tema di me­diazione quale che sia la parte che proponga la domanda e quale che sia la fase del giudizio nella quale la do­manda venga proposta (così Trib. Roma - Sez. dist. Di Ostia - 15 marzo 2012), dal che si è ricavato, per esempio, il principio per cui, nel caso di proposizione nel corso di un proce­dimento di sfratto di una domanda riconven­zionale in materia di locazione deve essere avviata la me­diazione per l'esperimento del procedimento di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 (in questo senso, v. l'ordinanza da ultimo ricordata del Trib. Roma - Sez. dist. di Ostia).

La partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione secondo la normativa previgente

L'ordinanza in esame dedica spazio anche all'esame di un'altra questione che si pone a proposito della mediazione riferita alle contro­versie condominiali: la questione della partecipazione del con­dominio alla procedura di mediazione come regolata dalle disposizioni dell'art. 71-qua­ter disp. att. c.c.

Al proposito, l'ordinanza ricorda che l'art. 71-quater disp. att. c.c. - dopo avere indicato quali siano le “contro­versie in materia di condominio” che, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sono sog­gette alla condizione di procedibilità dell'e­sperimento del procedimento di me­dia­zione - “aggiunge … che "al procedimento è le­gittimato a partecipare l'amministra­tore, previa de­li­bera assem­bleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del co­dice". Il comma 4 dell'art. 71-quater citato contempla, poi, l'ammissibi­lità di una proroga del termine di comparizione davanti al me­diatore per consentire di assumere la delibe­razione auto­rizzativa dell'assemblea, alla quale, infine, il comma 5 di tale disposizione rimette l'appro­vazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la parte­cipazione dell'amministratore alla procedura.

A questo riguardo, l'ordinanza in commento osserva che, “come è stato già affermato da questa Corte …, la lettera dell'art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c. porta a concludere che la condi­zione di procedibilità della ‘controversie in materia di condominio' non possa dirsi realiz­zata allorché all'in­contro davanti al mediatore l'amministratore partecipi sprovvisto della pre­via delibera assembleare da assu­mere con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., non es­sendo in tal caso “possi­bile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il comma 1 dell'art. 8, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28” (così Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2020, n. 10846).

Sviluppando il ragionamento, la Corte nota che “non rileva nel senso di escludere la necessità della delibera assembleare ex art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c., il fatto che si tratti … di controversia che altrimenti rientra nell'àmbito delle attribuzioni dell'ammi­nistratore, in forza dell'art. 1130 c.c., e con ri­guardo alla quale perciò sussi­ste la legittimazione processuale di quest'ul­timo ai sensi dell'art. 1131 c.c., senza ne­cessità di autorizzazione o rati­fica dell'assemblea”. Infatti - viene osservato - “pur in re­lazione alle cause inerenti all'àmbito della rap­presentanza istituzionale dell'am­mini­stratore, questi non può partecipare alle at­tività di mediazione privo della delibera dell'assemblea, in quanto l'am­ministratore, senza apposito mandato conferitogli con la mag­gioranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., è altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della contro­versia” (così Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8473).

Deve, infatti, osservarsi - nota ancora l'ordi­nanza - che tale evenienza non corrisponde, dunque, all'ipotesi con­templata dall'art. 5, comma 2 bis, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il quale dispone che, “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si con­sidera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, qui l'accordo amiche­vole di definizione della con­tro­versia è privo di giuridica possibilità.

Queste, dunque, le affermazioni formulate dall'ordinanza in esame con riguardo alla questione della partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione.

La partecipazione dell'amministratore alla mediazione secondo il nuovo art. 71-quater disp. att. c.c.

Va detto sùbito che quanto viene affermato dall'ordinanza si riferisce alla situazione normativa vi­gente prima dell'entrata in vigore della l. 10 ottobre 2022, n. 149, la quale ha profondamente modificato il testo dell'art. 71-quater disp. att. c.c. fissando nuove regole a proposito della parteci­pa­zione del condominio alla mediazione.

L'attuale disciplina - quale derivata dalla novella ora ricordata - non prevede più la necessità della delibera dell'assemblea perché l'amministra­tore del condominio possa partecipare alla procedura di mediazione in rappresentanza del condo­minio: il che significa che l'ammini­stratore può ora par­teci­pare alla mediazione in rappresentanza del condominio - ed anche promuo­vere la procedura di mediazione - senza avere previamente ot­tenuto alcuna delibera dell'assemblea che lo deleghi (anzi, egli può partecipare alla mediazione ad­dirittura senza nemmeno avere notiziato di ciò l'assemblea ed i con­domini).

L'inter­vento dell'assem­blea è previsto ora solamente in un momento ed in una fase assai più avan­zata e cioè soltanto nel momento in cui si tratti di approvare la proposta di con­ciliazione che fosse emersa a se­guito dello svolgimento dell'attività di mediazione (attività questa che - come detto - avrà avuto fino ad allora svolgi­mento con la presenza del solo amministra­tore del condominio che avrà parteci­pato alla mediazione in rappresentanza del con­dominio pur senza es­sere stato dele­gato dall'assem­blea). 

Vi è da dire che questa soluzione - della cui opportunità (abbiamo avuto modo di osservarlo già in altra occasione) potrebbe dubitarsi - si pone in contrasto con i principi che fino ad ora erano sempre stati affermati in materia, principi che vengono enunciati anche dall'or­dinanza che stiamo esami­nando.

Come si è visto, infatti, sulla base della norma vigente prima della riforma, si affermava (lo ha pre­ci­sato anche l'ordinanza in esame) che “l'am­ministratore, senza apposito mandato conferitogli con la mag­gio­ranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., è … comun­que sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla media­zione”. Doveva ritenersi dunque - secondo questa opi­nione - che egli, in assenza di una delibera dell'assemblea, fosse (per usare le parole dell'ordinanza che stiamo ricordando) “privo del potere occorrente per la so­lu­zione della controversia”.

Vi è da chiedersi come possa essere valutata la nuova disposizione in relazione ai principi così af­fermati. Pare che due siano le possibili opzioni interpretative cui la nuova norma potrebbe aprire la strada.

Si potrebbero prospettare, infatti, in via alternativa le ipotesi che seguono:

  • che si ritenga che la nuova norma abbia modificato la disciplina del condomi­nio, dando luogo all'at­tribuzione all'amministratore del potere di “disporre dei diritti sostanziali” di compe­tenza dei condòmini (questa è la prima opzione interpretativa cui la nuova disposizione po­trebbe dare spazio);
  • oppure che si ritenga che con la nuova disposizione la partecipazione all'attività di me­dia­zione - in base alla nuova norma - sia consentita anche a soggetti che siano privi del potere (per usare le parole dell'or­dinanza in commento) “occorrente per la soluzione della contro­versia” (è questa appunto l'altra soluzione interpretativa che po­trebbe prospettarsi alla luce della nuova norma).

Vi è da dire, però, che entrambe le ipotesi di soluzione prospettate sono tali da suscitare perplessità.

La prima soluzione, infatti, si porrebbe in pieno contrasto con i principi di fondo della disciplina del con­dominio: sulla base di questi, l'amministratore del condominio ha il ruolo di man­datario dei con­do­mini, ma non ha affatto la possibilità di disporre dei diritti di questi (a meno che tale potere non gli venga attribuito dai condòmini stessi). Si tratta - come detto - di un principio di fondo della ma­teria: e non sembra che con la nuova disposizione si sia inteso modificare tale principio e prevedere un mutamento tanto pro­fondo dell'intera materia con­dominiale (tanto più che lo stesso art. 1129 c.c. continua a prevedere il richiamo esplicito - introdotto dalla riforma del 2012 - alle disposizioni in tema di mandato con riguardo al ruolo ed ai poteri dell'amministratore del condominio). Del resto, l'ipotesi che all'ammi­nistratore sia conferito per legge il po­tere di disporre dei diritti dei con­dòmini è contraddetta dalla stessa parte finale del nuovo art. 71-quater disp. att., che ri­chiede in ogni caso la delibera dell'as­semblea del condomi­nio per la con­clusione dell'accordo a chiu­sura della me­diazione.

Anche la seconda soluzione interpretativa prospettata non appare soddisfacente sul piano della ra­gione­volezza e della coerenza con lo scopo e la funzione della media­zione.

Risulta arduo, invero, comprendere come possa essere utile (e coerente con lo stesso signifi­cato della me­diazione) il prevedere che all'attività di mediazione - e dunque alle trat­tative, alle discussioni, ai con­fronti, ad ogni ulteriore aspetto nel quale si esplica l'attività del mediatore - partecipi un soggetto che non soltanto sia privo del potere di disporre del diritto di cui si discute, ma al quale non sia stata nemmeno impartita alcuna istruzione o direttiva da parte dei soggetti portatori dell'interesse og­getto della tratta­tiva.

Rispetto allo svolgimento della procedura di mediazione così come disegnata dalla nuova norma appare, pertanto, davvero contraddittorio ed irragionevole che, da un lato, l'attività di media­zione venga svolta nei con­fronti ed in presenza di un soggetto diverso dai soggetti ti­tolari del diritto di cui si di­scute e privo di qualunque istruzione da parte di questi, e che, dall'altro lato, proprio i soggetti titolari del diritto possano fare ingresso nella vicenda propria della mediazione sol­tanto nel momento in cui l'at­tività di mediazione sia conclusa e solo allo scopo di accettare (o non accettare) il risul­tato finale di tale attività.

Si consideri, d'altronde, che quanto ora si è osservato trova conferma nella stessa ordinanza qui in esame la quale segnala con tutta chia­rezza l'irragio­nevolezza di una soluzione che corrisponda ad una situa­zione tale per cui “l'accordo amiche­vole di definizione della con­tro­versia” verrebbe ad essere nella sostanza “privo di giuridica possibilità”.

Si aggiunga poi - ad ulteriore conferma di quanto qui si è osservato - che, in via generale, un elemento di diffi­coltà e di debolezza della mediazione nel caso delle controversie condominiali deriva proprio dal fatto che all'atti­vità di mediazione deve necessariamente partecipare sempre e soltanto un sog­getto (l'amministratore) di­verso dai soggetti interessati (i condomini da lui rappresentati). Orbene, è evidente che il prevedere (come prevede la nuova norma) che la par­tecipazione di tale soggetto diverso dai diretti interessati debba avvenire (o comunque possa avvenire) senza che questi siano stati nemmeno interpellati e coinvolti renda ancora più contraddit­toria la disciplina della materia. 

Da notare che - oltre a tutto - la soluzione che è stata ora scelta dal legislatore presenta profili critici anche alla luce del fatto che la disciplina della mediazione prevede che, dal comportamento che sia tenuto dalle parti in sede di mediazione, derivino conseguenze che possano rilevare anche in sede di valutazione nel giudizio della posizione delle parti o comunque nella prospettiva dell'irrogazione di sanzioni nei con­fronti della parte che non partecipi alla mediazione. Il che significa che dal compor­tamento che l'am­ministratore del condominio assumesse - in via del tutto autonoma, senza pas­sare nemmeno per l'interpello dell'assemblea dei condòmini - potrebbero derivare conseguenze in pregiudizio dei condomini.

Si con­sideri a questo proposito una recente pronuncia di un giudice di merito (Trib. Palermo 22 marzo 2022) che ha preso in considerazione - ma alla stregua della disciplina previgente in materia - la condotta dell'amministratore, il quale, ricevuta la comunicazione del deposito da parte di un condomino di un'istanza di mediazione avente ad oggetto l'impugnazione di una delibera assem­bleare, aveva omesso non solo di partecipare al procedimento, ma anche di darne avviso ai condomini, il tutto nella prospettiva dell'irrogazione al condominio, nel suc­cessivo giudizio, della sanzione pecuniaria che l'art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 pone a carico della parte costi­tuita che abbia omesso senza giustificato mo­tivo di partecipare al procedimento di me­diazione ob­bligatoria.

Deve, dunque, concludersi che la disposizione introdotta dalla nuova norma con riguardo alla parte­ci­pazione dell'amministratore del condominio alla mediazione non può che essere valutata in ter­mini critici.

Le soluzioni concrete adottate nella prassi

Da segnalare, infine, per completare l’esame dell’argomento come proprio nell’intento di porre rime­dio alle contraddizioni presenti nella previsione della nuova norma, si stia cercando di trovare - sul piano della prassi - soluzioni appli­cative di portata diversa.

Tra queste, va segnalata la possibilità dell’inserimento nel regola­mento del con­dominio di una di­sposizione che faccia obbligo all’amministratore - in ogni caso in cui il condominio venga ad es­sere parte in un procedimento di me­diazione - di convocare l’assemblea per riferire della cosa ai con­domini e per rice­vere da questi istru­zioni e direttive.

Nello stesso ordine di idee, si è prospettata anche l’ipotesi che - ove non si realizzasse quanto sopra attraverso l’inserimento di una specifica clausola nel rego­lamento di condominio - al medesimo ri­sultato si possa giungere attraverso l’inse­rimento, da parte dello stesso amministratore del condo­minio, nel preventivo e mansionario che egli pre­senta ai condomini nel momento della sua candi­datura per l’assunzione dell’incarico di am­ministra­zione del condominio, della previsione di un suo obbligo di convocazione dell’assemblea in ogni ipo­tesi in cui il condominio sia interessato da una procedura di mediazione.

In questo modo, l’obbligo di convocazione dell’assemblea del condominio - pur nel silenzio della legge - verrebbe imposto attraverso strumenti propri della realtà del condominio.

Va, poi, ulteriormente segnalato che - sempre al fine di rendere possibile il coinvolgimento dei con­do­mini nello svolgi­mento dell’at­tività di mediazione - si sono prospettate anche altre possibili soluzioni.

In questo senso, è stata prospettata, per esempio, l’ipotesi che lo stesso mediatore intervenga all’as­semblea del condo­mi­nio e che lo stesso incontro di mediazione abbia svolgimento appunto in quella sede.

Sempre nella medesima prospettiva, si è ipotizzato anche che venisse disposto - con una specifica delibera dell’assemblea del condominio - che, in sede di incontro di media­zione, vi dovesse essere la presenza di un gruppo di con­domini che accompagnasse l’amministratore e prestasse a questi assistenza, così che l’attività di media­zione potesse svolgersi con maggiore coinvolgimento di coloro i quali - i condomini, appunto - sono i veri diretti interessati.

In conclusione

Possiamo trarre le conclusioni dalle considerazioni che abbiamo svolto fino ad ora.

Ancorché l'ordinanza n. 26185/2023 della Corte di Cassazione abbia affrontato una questione molto spe­cifica e particolare, essa consente di mettere in luce almeno due importanti questioni che concer­nono la materia della mediazione rispetto alle controversie in mate­ria condominiale: 

  • la prima questione concerne il rapporto tra la domanda riconvenzionale e la procedura di mediazione: deve ritenersi che, anche rispetto alla domanda riconvenzionale, si profili la necessità della me­diazione e che la parte che sia tenuta ad attivarsi in questo senso sia la parte convenuta la quale assume - con la proposizione della domanda riconvenzionale e ri­spetto a questa domanda - il ruolo di parte attrice;
  • la seconda questione è quella della partecipazione dell'amministratore del condominio alla me­diazione in rappresentanza del condominio, per la quale - a seguito della riforma dell'art. 71-quater disp. att. c.c. operata con il d.lgs. n. 149/2022 attuativo della ri­forma Cartabia - non è più necessaria l'assunzione di una previa delibera dell'assemblea condominiale che deleghi l'ammini­stratore a tale partecipazione. L'opportunità della scelta così operata dal legislatore appare - come si è visto - as­sai incerta.

Riferimenti

Nicola, La nuova mediazione dopo il c.d. decreto “del fare” e la mediazione condominiale, in Immob. & proprietà, 2013, 587;

Petta, La mediazione obbligatoria nel giudizio oggettivamente complesso, in Giur. merito, 2012, I, 336;

Ribaldone, Mediazione obbligatoria e ruolo e responsabilità dell’amministratore, in Immo­b. & proprietà, 2010, 627;

Russo, La reintroduzione della mediazione obbligatoria, in Giur. it., 2015, I, 485;

Salciarini, I difficili rapporti tra mediazione e condominio, in Guida al diritto, 2016, n. 41, 13;

Scalettaris, La partecipazione dell’amministratore del condominio alla me­diazione nelle controversie condominiali, in Immob. & proprietà, 2023, 341;

Scalettaris, Riforma del condominio e mediazione, in Arch. loc. e cond., 2015, 259.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario