La mediazione e la domanda riconvenzionale in materia condominiale
Paolo Scalettaris
21 Dicembre 2023
Con l’ordinanza 8 settembre 2023, n. 26185, la Cassazione prende in considerazione, tra le altre, una questione specifica a proposito del rapporto tra la procedura di mediazione ex d.lgs. n. 28/2010 e le controversie in materia di condominio; con il provvedimento indicato, i giudici di legittimità esaminano - peraltro, in una prospettiva particolare - la questione specifica del rapporto tra la procedura di mediazione e la domanda riconvenzionale che sia proposta in un giudizio diretto ad affrontare una controversia in materia di condominio.
Il quadro normativo
Con l’ordinanza n. 26185 dell’8 settembre 2023 n. 26185, la Corte di Cassazione ha esaminato una questione specifica - avente profili particolari - in tema di mediazione relativa ad una controversia in materia condominiale.
Alla base della questione presa in esame dalla Corte, era accaduto che:
un condomino aveva dato corso, prima della promozione del giudizio diretto all’impugnazione di una delibera dell’assemblea condominiale, alla procedura di mediazione;
il condominio chiamato aveva disertato tale procedura di mediazione;
nel giudizio che era seguito, il condominio convenuto aveva proposto una domanda riconvenzionale nei confronti del condomino attore, domanda che era stata poi accolta dal Tribunale.
In sede di impugnazione della sentenza di merito davanti alla Corte di Cassazione, il condomino che aveva promosso il giudizio (e che era risultato soccombente rispetto alla domanda riconvenzionale del condominio) chiedeva che la domanda riconvenzionale del condominio fosse dichiarata improcedibile per il fatto che il condominio non aveva partecipato alla procedura di mediazione promossa dall’attore.
La Corte di Cassazione è stata chiamata così a dare soluzione alla questione.
La questione sottoposta all’esame della Suprema Corte
Si noti che, ai giudici di legittimità, è stato chiesto di definire la questione quale si presentava nei termini che si sono sopra delineati.
Alla Corte, dunque, non si chiedeva di pronunciarsi sulla questione circa l’obbligatorietà della promozione della procedura di mediazione nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale concernente una controversia in materia condominiale, né si chiedeva di dare risposta al quesito su quale sia la parte gravata dall’onere di promozione della procedura di mediazione nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale.
Ciò che si poneva era, invece, solamente e specificamente il quesito se la mancata partecipazione del convenuto al procedimento di mediazione che fosse stato promosso dall’attore con riguardo alla domanda principale avesse l’effetto di determinare l’improcedibilità della domanda riconvenzionale.
La soluzione offerta dai giudici di legittimità
Al quesito così proposto, la Corte risponde affermando che la procedura di mediazione relativa alla lite deve essere promossa dall’attore e che la mancata partecipazione alla stessa del convenuto non determina l’improcedibilità della domanda.
Al proposito - dopo avere precisato che le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 28/2010, in particolare l'art. 4, comma 2, nel regolare l'accesso alla mediazione, stabilisce come debba essere proposta la relativa domanda e specificamente dispone, al comma 2, che “l'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa” - la Corte sottolinea che “è una caratteristica tipica del nostro sistema processuale il fatto che sia l'attore, cioè colui il quale assume l'iniziativa processuale, a dover chiarire, tra le altre cose, l'oggetto e le ragioni della pretesa”. La Corte aggiunge la considerazione che l'art. 5, comma 1-bis, inoltre, dispone che chi “intende esercitare in giudizio un'azione” relativa a una controversia nelle materie ivi indicate “è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”.
Alla luce di queste disposizioni - precisa la Corte - “si deve confermare che l'obbligo di esperire il procedimento di mediazione è posto dalla legge a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione, e non c'è alcun dubbio che tale posizione sia quella dell'attore”.
“È possibile, dunque, trarre la conclusione di carattere testuale” - conclude la Corte - “che le due norme ora richiamate sono univoche nel senso che l'onere di attivarsi per promuovere la mediazione debba essere posto a carico dell'attore, ossia di colui che vuole fare valere un diritto in via di azione”.
Alla luce di queste considerazioni, i giudici di Piazza Cavour pervengono alla conclusione - in relazione al particolare quesito cui essa era chiamata a dare risposta - che ciò che conta ai fini della procedibilità della domanda è che l’attore si attivi per la promozione della procedura di mediazione e che la mancata partecipazione del convenuto alla mediazione collegata alla domanda proposta dall’attore non può avere effetti sulla domanda riconvenzionale non potendo determinare l’improcedibilità di tale domanda.
Vi è da dire, però, che le considerazioni conclusive ora ricordate concentrano l’attenzione sulla procedura di mediazione collegata alla domanda di parte attrice e sugli effetti di questa rispetto alla domanda riconvenzionale, mentre non considerano - o comunque pongono in secondo piano - il profilo relativo agli effetti della distinta procedura di mediazione collegata alla domanda riconvenzionale del convenuto.
Ciò osservato, va notato, peraltro, che l’ordinanza consente di formulare alcune osservazioni di portata più generale sulle questioni relative alla promozione ed alla partecipazione alla procedura di mediazione in relazione alle controversie in materia di condominio.
Il rapporto tra la procedura di mediazione e la domanda riconvenzionale
Una prima questione che emerge è quella relativa al rapporto tra la procedura di mediazione e la proposizione della domanda riconvenzionale.
Vi è da chiedersi se, nel caso di proposizione di domanda riconvenzionale in una materia per la quale (come per la materia condominiale) la mediazione sia obbligatoria, la domanda debba essere preceduta dalla promozione della procedura di mediazione e quale sia la parte a carico della quale sia posto il relativo onere.
Proprio sulla base delle ragioni che vengono esposte nella motivazione dell'ordinanza che abbiamo esaminato, emerge evidente che, anche rispetto alla domanda riconvenzionale, deve riconoscersi l'esistenza dell'obbligo del preventivo esperimento della procedura di mediazione.
Un tanto si collega al principio - di portata generale rispetto al rapporto tra mediazione e giudizio - per cui tra la domanda di mediazione e la domanda giudiziale deve esservi “simmetria” (e cioè piena coincidenza di contenuti) poiché diversamente la mediazione non potrebbe ritenersi validamente svolta (da segnalare che, in questo senso, da ultimo Trib. Roma 13 giugno 2023, ha affermato - riguardo all'ipotesi della domanda di impugnazione della delibera dell'assemblea condominiale - che “una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o della causa petendi non può considerarsi validamente espletata e comporta l'improcedibilità della domanda”).
E deve ritenersi - sempre sulla base delle ragioni richiamate dall'ordinanza anzidetta - che ad essere gravato dell'onere di promozione di tale procedura sarà certamente, nel caso della domanda riconvenzionale, il convenuto che proponga tale domanda. Ciò corrisponde al principio di carattere generale secondo cui il convenuto, nel proporre una domanda riconvenzionale, assume nella sostanza (con riguardo a tale domanda) il ruolo di attore.
Ciò che viene ad aversi - nel caso in cui in un giudizio venga proposta una domanda riconvenzionale - è che gli aspetti relativi alla mediazione quanto alle due domande (quella principale dell'attore e quella riconvenzionale del convenuto) dovranno essere considerati in modo distinto: e quanto a ciascuna delle due domande l'effetto dell'improcedibilità derivante dall'omissione della promozione e dello svolgimento della procedura di mediazione dovrà essere considerato dunque in via distinta ed autonoma.
Conclusione, questa, che emerge con ancor maggiore chiarezza nel caso in cui una domanda riconvenzionale in materia di condominio (domanda per la quale dunque vi sia l'obbligo della mediazione) venga proposta in una causa relativa ad una materia per la quale non vi sia l'obbligatorietà della mediazione. In questo caso, emerge appunto con ancora maggiore evidenza che ad essere onerato della promozione della mediazione sarà - e non potrà che essere - il solo convenuto (e cioè l'unica parte che proponga una domanda per la quale sia previsto l'obbligo della mediazione) e che la sola domanda che nel caso di omissione dello svolgimento della procedura di mediazione dovrà essere dichiarata improcedibile sarà la domanda riconvenzionale.
Da segnalare che, alla conclusione che si è qui indicata, la giurisprudenza è giunta oramai da tempo (anche se - per la verità - non è mancata qualche voce contraria: v., per esempio, Trib. Palermo - Sez. dist. di Bagheria - 11 luglio 2011): si è affermato, infatti, che tutte le domande riguardanti materie soggette a mediazione obbligatoria sono sottoposte alla disciplina dettata in tema di mediazionequale che sia la parte che proponga la domanda e quale che sia la fase del giudizio nella quale la domanda venga proposta (così Trib. Roma - Sez. dist. Di Ostia - 15 marzo 2012), dal che si è ricavato, per esempio, il principio per cui, nel caso di proposizione nel corso di un procedimento di sfratto di una domanda riconvenzionale in materia di locazione deve essere avviata la mediazione per l'esperimento del procedimento di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 (in questo senso, v. l'ordinanza da ultimo ricordata del Trib. Roma - Sez. dist. di Ostia).
La partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione secondo la normativa previgente
L'ordinanza in esame dedica spazio anche all'esame di un'altra questione che si pone a proposito della mediazione riferita alle controversie condominiali: la questione della partecipazione del condominio alla procedura di mediazione come regolata dalle disposizioni dell'art. 71-quater disp. att. c.c.
Al proposito, l'ordinanza ricorda che l'art. 71-quater disp. att. c.c. - dopo avere indicato quali siano le “controversie in materia di condominio” che, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sono soggette alla condizione di procedibilità dell'esperimento del procedimento di mediazione - “aggiunge … che "al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice". Il comma 4 dell'art. 71-quater citato contempla, poi, l'ammissibilità di una proroga del termine di comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la deliberazione autorizzativa dell'assemblea, alla quale, infine, il comma 5 di tale disposizione rimette l'approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la partecipazione dell'amministratore alla procedura.
A questo riguardo, l'ordinanza in commento osserva che, “come è stato già affermato da questa Corte …, la lettera dell'art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c. porta a concludere che la condizione di procedibilità della ‘controversie in materia di condominio' non possa dirsi realizzata allorché all'incontro davanti al mediatore l'amministratore partecipi sprovvisto della previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., non essendo in tal caso “possibile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il comma 1 dell'art. 8, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28” (così Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2020, n. 10846).
Sviluppando il ragionamento, la Corte nota che “non rileva nel senso di escludere la necessità della delibera assembleare ex art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c., il fatto che si tratti … di controversia che altrimenti rientra nell'àmbito delle attribuzioni dell'amministratore, in forza dell'art. 1130 c.c., e con riguardo alla quale perciò sussiste la legittimazione processuale di quest'ultimo ai sensi dell'art. 1131 c.c., senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea”. Infatti - viene osservato - “pur in relazione alle cause inerenti all'àmbito della rappresentanza istituzionale dell'amministratore, questi non può partecipare alle attività di mediazione privo della delibera dell'assemblea, in quanto l'amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., è altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia” (così Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8473).
Deve, infatti, osservarsi - nota ancora l'ordinanza - che tale evenienza non corrisponde, dunque, all'ipotesi contemplata dall'art. 5, comma 2 bis, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il quale dispone che, “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, qui l'accordo amichevole di definizione della controversia è privo di giuridica possibilità.
Queste, dunque, le affermazioni formulate dall'ordinanza in esame con riguardo alla questione della partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione.
La partecipazione dell'amministratore alla mediazione secondo il nuovo art. 71-quater disp. att. c.c.
Va detto sùbito che quanto viene affermato dall'ordinanza si riferisce alla situazione normativa vigente prima dell'entrata in vigore della l. 10 ottobre 2022, n. 149, la quale ha profondamente modificato il testo dell'art. 71-quater disp. att. c.c. fissando nuove regole a proposito della partecipazione del condominio alla mediazione.
L'attuale disciplina - quale derivata dalla novella ora ricordata - non prevede più la necessità della delibera dell'assemblea perché l'amministratore del condominio possa partecipare alla procedura di mediazione in rappresentanza del condominio: il che significa che l'amministratore può ora partecipare alla mediazione in rappresentanza del condominio - ed anche promuovere la procedura di mediazione - senza avere previamente ottenuto alcuna delibera dell'assemblea che lo deleghi (anzi, egli può partecipare alla mediazione addirittura senza nemmeno avere notiziato di ciò l'assemblea ed i condomini).
L'intervento dell'assemblea è previsto ora solamente in un momento ed in una fase assai più avanzata e cioè soltanto nel momento in cui si tratti di approvare la proposta di conciliazione che fosse emersa a seguito dello svolgimento dell'attività di mediazione (attività questa che - come detto - avrà avuto fino ad allora svolgimento con la presenza del solo amministratore del condominio che avrà partecipato alla mediazione in rappresentanza del condominio pur senza essere stato delegato dall'assemblea).
Vi è da dire che questa soluzione - della cui opportunità (abbiamo avuto modo di osservarlo già in altra occasione) potrebbe dubitarsi - si pone in contrasto con i principi che fino ad ora erano sempre stati affermati in materia, principi che vengono enunciati anche dall'ordinanza che stiamo esaminando.
Come si è visto, infatti, sulla base della norma vigente prima della riforma, si affermava (lo ha precisato anche l'ordinanza in esame) che “l'amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., è … comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione”. Doveva ritenersi dunque - secondo questa opinione - che egli, in assenza di una delibera dell'assemblea, fosse (per usare le parole dell'ordinanza che stiamo ricordando) “privo del potere occorrente per la soluzione della controversia”.
Vi è da chiedersi come possa essere valutata la nuova disposizione in relazione ai principi così affermati. Pare che due siano le possibili opzioni interpretative cui la nuova norma potrebbe aprire la strada.
Si potrebbero prospettare, infatti, in via alternativa le ipotesi che seguono:
che si ritenga che la nuova norma abbia modificato la disciplina del condominio, dando luogo all'attribuzione all'amministratore del potere di “disporre dei diritti sostanziali” di competenza dei condòmini (questa è la prima opzione interpretativa cui la nuova disposizione potrebbe dare spazio);
oppure che si ritenga che con la nuova disposizione la partecipazione all'attività di mediazione - in base alla nuova norma - sia consentita anche a soggetti che siano privi del potere (per usare le parole dell'ordinanza in commento) “occorrente per la soluzione della controversia” (è questa appunto l'altra soluzione interpretativa che potrebbe prospettarsi alla luce della nuova norma).
Vi è da dire, però, che entrambe le ipotesi di soluzione prospettate sono tali da suscitare perplessità.
La prima soluzione, infatti, si porrebbe in pieno contrasto con i principi di fondo della disciplina del condominio: sulla base di questi, l'amministratore del condominio ha il ruolo di mandatario dei condomini, ma non ha affatto la possibilità di disporre dei diritti di questi (a meno che tale potere non gli venga attribuito dai condòmini stessi). Si tratta - come detto - di un principio di fondo della materia: e non sembra che con la nuova disposizione si sia inteso modificare tale principio e prevedere un mutamento tanto profondo dell'intera materia condominiale (tanto più che lo stesso art. 1129 c.c. continua a prevedere il richiamo esplicito - introdotto dalla riforma del 2012 - alle disposizioni in tema di mandato con riguardo al ruolo ed ai poteri dell'amministratore del condominio). Del resto, l'ipotesi che all'amministratore sia conferito per legge il potere di disporre dei diritti dei condòmini è contraddetta dalla stessa parte finale del nuovo art. 71-quater disp. att., che richiede in ogni caso la delibera dell'assemblea del condominio per la conclusione dell'accordo a chiusura della mediazione.
Anche la seconda soluzione interpretativa prospettata non appare soddisfacente sul piano della ragionevolezza e della coerenza con lo scopo e la funzione della mediazione.
Risulta arduo, invero, comprendere come possa essere utile (e coerente con lo stesso significato della mediazione) il prevedere che all'attività di mediazione - e dunque alle trattative, alle discussioni, ai confronti, ad ogni ulteriore aspetto nel quale si esplica l'attività del mediatore - partecipi un soggetto che non soltanto sia privo del potere di disporre del diritto di cui si discute, ma al quale non sia stata nemmeno impartita alcuna istruzione o direttiva da parte dei soggetti portatori dell'interesse oggetto della trattativa.
Rispetto allo svolgimento della procedura di mediazione così come disegnata dalla nuova norma appare, pertanto, davvero contraddittorio ed irragionevole che, da un lato, l'attività di mediazione venga svolta nei confronti ed in presenza di un soggetto diverso dai soggetti titolari del diritto di cui si discute e privo di qualunque istruzione da parte di questi, e che, dall'altro lato, proprio i soggetti titolari del diritto possano fare ingresso nella vicenda propria della mediazione soltanto nel momento in cui l'attività di mediazione sia conclusa e solo allo scopo di accettare (o non accettare) il risultato finale di tale attività.
Si consideri, d'altronde, che quanto ora si è osservato trova conferma nella stessa ordinanza qui in esame la quale segnala con tutta chiarezza l'irragionevolezza di una soluzione che corrisponda ad una situazione tale per cui “l'accordo amichevole di definizione della controversia” verrebbe ad essere nella sostanza “privo di giuridica possibilità”.
Si aggiunga poi - ad ulteriore conferma di quanto qui si è osservato - che, in via generale, un elemento di difficoltà e di debolezza della mediazione nel caso delle controversie condominiali deriva proprio dal fatto che all'attività di mediazione deve necessariamente partecipare sempre e soltanto un soggetto (l'amministratore) diverso dai soggetti interessati (i condomini da lui rappresentati). Orbene, è evidente che il prevedere (come prevede la nuova norma) che la partecipazione di tale soggetto diverso dai diretti interessati debba avvenire (o comunque possa avvenire) senza che questi siano stati nemmeno interpellati e coinvolti renda ancora più contraddittoria la disciplina della materia.
Da notare che - oltre a tutto - la soluzione che è stata ora scelta dal legislatore presenta profili critici anche alla luce del fatto che la disciplina della mediazione prevede che, dal comportamento che sia tenuto dalle parti in sede di mediazione, derivino conseguenze che possano rilevare anche in sede di valutazione nel giudizio della posizione delle parti o comunque nella prospettiva dell'irrogazione di sanzioni nei confronti della parte che non partecipi alla mediazione. Il che significa che dal comportamento che l'amministratore del condominio assumesse - in via del tutto autonoma, senza passare nemmeno per l'interpello dell'assemblea dei condòmini - potrebbero derivare conseguenze in pregiudizio dei condomini.
Si consideri a questo proposito una recente pronuncia di un giudice di merito (Trib. Palermo 22 marzo 2022) che ha preso in considerazione - ma alla stregua della disciplina previgente in materia - la condotta dell'amministratore, il quale, ricevuta la comunicazione del deposito da parte di un condomino di un'istanza di mediazione avente ad oggetto l'impugnazione di una delibera assembleare, aveva omesso non solo di partecipare al procedimento, ma anche di darne avviso ai condomini, il tutto nella prospettiva dell'irrogazione al condominio, nel successivo giudizio, della sanzione pecuniaria che l'art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 pone a carico della parte costituita che abbia omesso senza giustificato motivo di partecipare al procedimento di mediazione obbligatoria.
Deve, dunque, concludersi che la disposizione introdotta dalla nuova norma con riguardo alla partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione non può che essere valutata in termini critici.
Le soluzioni concrete adottate nella prassi
Da segnalare, infine, per completare l’esame dell’argomento come proprio nell’intento di porre rimedio alle contraddizioni presenti nella previsione della nuova norma, si stia cercando di trovare - sul piano della prassi - soluzioni applicative di portata diversa.
Tra queste, va segnalata la possibilità dell’inserimento nel regolamento del condominio di una disposizione che faccia obbligo all’amministratore - in ogni caso in cui il condominio venga ad essere parte in un procedimento di mediazione - di convocare l’assemblea per riferire della cosa ai condomini e per ricevere da questi istruzioni e direttive.
Nello stesso ordine di idee, si è prospettata anche l’ipotesi che - ove non si realizzasse quanto sopra attraverso l’inserimento di una specifica clausola nel regolamento di condominio - al medesimo risultato si possa giungere attraverso l’inserimento, da parte dello stesso amministratore del condominio, nel preventivo e mansionario che egli presenta ai condomini nel momento della sua candidatura per l’assunzione dell’incarico di amministrazione del condominio, della previsione di un suo obbligo di convocazione dell’assemblea in ogni ipotesi in cui il condominio sia interessato da una procedura di mediazione.
In questo modo, l’obbligo di convocazione dell’assemblea del condominio - pur nel silenzio della legge - verrebbe imposto attraverso strumenti propri della realtà del condominio.
Va, poi, ulteriormente segnalato che - sempre al fine di rendere possibile il coinvolgimento dei condomini nello svolgimento dell’attività di mediazione - si sono prospettate anche altre possibili soluzioni.
In questo senso, è stata prospettata, per esempio, l’ipotesi che lo stesso mediatore intervenga all’assemblea del condominio e che lo stesso incontro di mediazione abbia svolgimento appunto in quella sede.
Sempre nella medesima prospettiva, si è ipotizzato anche che venisse disposto - con una specifica delibera dell’assemblea del condominio - che, in sede di incontro di mediazione, vi dovesse essere la presenza di un gruppo di condomini che accompagnasse l’amministratore e prestasse a questi assistenza, così che l’attività di mediazione potesse svolgersi con maggiore coinvolgimento di coloro i quali - i condomini, appunto - sono i veri diretti interessati.
In conclusione
Possiamo trarre le conclusioni dalle considerazioni che abbiamo svolto fino ad ora.
Ancorché l'ordinanza n. 26185/2023 della Corte di Cassazione abbia affrontato una questione molto specifica e particolare, essa consente di mettere in luce almeno due importanti questioni che concernono la materia della mediazione rispetto alle controversie in materia condominiale:
la prima questione concerne il rapporto tra la domanda riconvenzionale e la procedura di mediazione: deve ritenersi che, anche rispetto alla domanda riconvenzionale, si profili la necessità della mediazione e che la parte che sia tenuta ad attivarsi in questo senso sia la parte convenuta la quale assume - con la proposizione della domanda riconvenzionale e rispetto a questa domanda - il ruolo di parte attrice;
la seconda questione è quella della partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione in rappresentanza del condominio, per la quale - a seguito della riforma dell'art. 71-quater disp. att. c.c. operata con il d.lgs. n. 149/2022 attuativo della riforma Cartabia - non è più necessaria l'assunzione di una previa delibera dell'assemblea condominiale che deleghi l'amministratore a tale partecipazione. L'opportunità della scelta così operata dal legislatore appare - come si è visto - assai incerta.
Riferimenti
Nicola, La nuova mediazione dopo il c.d. decreto “del fare” e la mediazione condominiale, in Immob. & proprietà, 2013, 587;
Petta, La mediazione obbligatoria nel giudizio oggettivamente complesso, in Giur. merito, 2012, I, 336;
Ribaldone, Mediazione obbligatoria e ruolo e responsabilità dell’amministratore, in Immob. & proprietà, 2010, 627;
Russo, La reintroduzione della mediazione obbligatoria, in Giur. it., 2015, I, 485;
Salciarini, I difficili rapporti tra mediazione e condominio, in Guida al diritto, 2016, n. 41, 13;
Scalettaris, La partecipazione dell’amministratore del condominio alla mediazione nelle controversie condominiali, in Immob. & proprietà, 2023, 341;
Scalettaris, Riforma del condominio e mediazione, in Arch. loc. e cond., 2015, 259.
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Sommario
La questione sottoposta all’esame della Suprema Corte
La soluzione offerta dai giudici di legittimità
La partecipazione dell'amministratore del condominio alla mediazione secondo la normativa previgente
La partecipazione dell'amministratore alla mediazione secondo il nuovo art. 71-quater disp. att. c.c.