Il danno tanatologico è eccezionalmente risarcibile iure successionis
29 Dicembre 2023
In ipotesi di condotta colpevole del sanitario, cui sia conseguita la perdita anticipata della vita, perdita che si sarebbe comunque verificata in epoca successiva per pregressa patologia del paziente, non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un danno da "perdita anticipata della vita" trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico. È, invece, possibile riconoscere il "danno da perdita anticipata della vita", con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto dal congiunto. Il caso Gli eredi di Tizio chiedevano il risarcimento dei danni conseguenti alla morte, per insufficienza cardiaca, del congiunto, indicata come causata dalla colposa condotta del medico di turno della Guardia medica cui la vittima si era rivolta, appena due giorni prima, accusando forti dolori allo stomaco, ricevendone solo indicazioni diagnostiche di cattiva digestione. Tribunale e Corte di Appello avevano accolto la domanda, evidenziando che:
Si anticipa che la Suprema Corte cassa la decisione. La questione e la soluzione La questione principale sottoposta alla Cassazione è la seguente: la possibilità o meno di accordare il danno da perdita anticipata della vita iure successionis. Si tratta di chiarire il sistema dei danni risarcibili iure hereditatis e iure proprio per evitare sovrapposizioni concettuali e duplicazioni risarcitorie inammissibili. In generale, infatti, occorre distinguere la concorrente liquidazione dei danni patiti dai superstiti direttamente, iure proprio, dal credito dello stesso defunto, per la perdita della vita, verso il responsabile della lesione mortale. Tale credito si trasmette agli eredi iure hereditario. Secondo la giurisprudenza, tale credito si distingue nel “danno biologico terminale”, nel caso di sopravvivenza alla lesione “per un apprezzabile lasso di tempo”, ovvero, in caso di sopravvivenza cosciente, nel “danno catastrofale”, per l'angosciosa sofferenza del sentirsi morire. Solo in caso di c.d. “morte sul colpo”, non è riconosciuta alcuna somma di denaro agli eredi per la perdita della vita: il “danno tanatologico” non è configurabile! Come dimostra la vicenda in esame, tuttavia, l'impostazione non è così pacifica: i giudici di merito avevano riconosciuto questo danno, la Cassazione, però, no, anche se lo ammette eccezionalmente. Vediamo il percorso argomentativo. La Cassazione evidenzia come la stessa Corte si sia recentemente pronunziata sul tema (Cass., 19 settembre 2023, n. 26851):
Quando la vittima è già deceduta al momento dell'introduzione del giudizio da parte degli eredi «non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un “danno da perdita anticipata della vita” trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico. Esemplificando, causare la morte d'un ottantenne sano, che ha dinanzi a sé cinque anni di vita sperata, non diverge, ontologicamente, dal causare la morte d'un ventenne malato che, se correttamente curato, avrebbe avuto dinanzi a sé ancora cinque anni di vita. L'unica differenza tra le due ipotesi sta nel fatto che, nel primo caso, la vittima muore prima del tempo che gli assegnava la statistica demografica, mentre, nel secondo caso, muore prima del tempo che gli assegnava la statistica e la scienza clinica: ma tale differenza non consente di pervenire ad una distinzione “morfologica” tra le due vicende, così da affermare la risarcibilità soltanto della seconda ipotesi di danno. Allora, è possibile, invece, riconoscere e risarcire il “danno da perdita anticipata della vita”, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, solo definendolo il pregiudizio da minor tempo vissuto ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto. Il sistema risarcitorio Pertanto, nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto, sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili iure hereditario, se allegati e provati, i danni conseguenti:
La Cassazione chiarisce anche l'aspetto terminologico: a) vivere in modo peggiore, sul piano dinamico-relazionale, la propria malattia negli ultimi tempi della propria vita a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, rappresenta un danno biologico (differenziale); b) nel contempo, trascorrere quegli ultimi tempi della propria vita con l'acquisita consapevolezza delle conseguenze sulla (ridotta) durata della vita stessa a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, costituisce un danno morale, inteso come sofferenza interiore e come privazione della capacità di battersi ancora contro il male; c) perdere la possibilità, seria apprezzabile e concreta, ma incerta nell'an e nel quantum, di vivere più a lungo a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, è un danno da perdita di chance; d) la perdita anticipata della vita per un tempo determinato a causa di un errore medico in relazione al segmento di vita non vissuta, è un danno risarcibile non per la vittima, ma per i suoi congiunti, nei termini prima chiariti, quale che sia la durata del “segmento” di esistenza cui la vittima ha dovuto rinunciare. Dunque, non vi è spazio, in linea generale, per sovrapposizioni concettuali tra istituti speculari (chance e perdita anticipata della vita), salvo che si chiariscano e si accertino, motivando rispetto alla concreta fattispecie, le differenze come sinora ricostruite. Consegue, pertanto, che:
Fermo il generale principio della generale irrisarcibilità dell'ulteriore danno da perdita di chance in presenza di un danno da perdita anticipata della vita, in via eccezionale possono darsi ipotesi in cui il Giudice di merito ritenga, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che, oltre al tempo determinato di vita anticipatamente perduta, esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità (sulla base dell'eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico) che, oltre quel tempo, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo. In tal caso, sempre che e soltanto se tale possibilità non si risolva in una mera speranza, ovvero si collochi in una dimensione di assoluta incertezza eventistica, che non attinga la soglia di quella seria, concreta, apprezzabile possibilità (come lascerebbe intendere, in via di presunzione semplice, l'avvenuta morte, benché anticipata, del paziente), tale ulteriore e diversa voce di danno risulterà concretamente e limitatamente risarcibile, in via equitativa, al di là e a prescindere dai parametri (sia pur diminuiti percentualmente) relativi al danno biologico e al quello da premorienza». (Fonte: Diritto e Giustizia) |