Provvedimenti de potestate e ricorribilità in Cassazione: importanti precisazioni delle Sezioni Unite

04 Gennaio 2024

La questione in esame è la seguente: i provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione?

Massima

I provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 (cfr. art. 473-bis.24, commi 2 e 5, c.p.c.), non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi (in tal senso decisori) ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus, essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze.

Il caso

Un padre già imputato in procedimento penale per abusi sessuali e per questa ragione sospeso dall'esercizio della responsabilità genitoriale – ha introdotto, dinanzi al Tribunale Ordinario, un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio nei confronti della moglie, chiedendo la ripresa degli incontri con la figlia minore in ambiente protetto e di affidarla eventualmente a una struttura territoriale per il recupero psicologico del rapporto con le figure genitoriali, nonché di poter riprendere gli incontri periodici con lei in ambiente protetto. Nel corso del giudizio, essendo intervenuta sentenza penale di assoluzione del ricorrente, il tribunale lo ha autorizzato a riprendere gli incontri con la figlia, venendo poi reintegrato nel pieno esercizio della responsabilità genitoriale.

Con successiva ordinanza, sulla scorta delle risultanze della consulenza e delle istanze formulate dalla curatrice della minore, il tribunale ha ritenuto che le condotte della madre della minore fossero contrarie al principio di bigenitorialità, sospendendola dall'esercizio della responsabilità genitoriale.

Avverso la citata ordinanza la madre ha proposto ricorso straordinario per cassazione, che era assegnato alle sezioni unite al fine di accertare se i provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio siano impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione.

Le sezioni unite hanno dichiarato inammissibile il ricorso, non essendo impugnabili i provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 (cfr. art. 473-bis.24, commi 2 e 5, c.p.c.), non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione,  sul rilievo che si tratta di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi (in tal senso decisori) ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus, essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze.

La questione

La questione in esame è la seguente: i provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione?

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite con la pronuncia in commento hanno fornito risposta negativa al quesito sollevato dai giudici rimettenti con ordinanza interlocutoria n. 30457/2022, i quali chiedevano la possibilità di ascrivere alle ordinanze cd. de potestate ‒ adottate in via provvisoria dal tribunale ordinario nell'ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio ‒ i connotati della decisorietà e della definitività nella misura in cui risultano potenzialmente idonei non soltanto ad esplicare i loro effetti per un notevole arco temporale, ma anche ad incidere, con potenziale irreparabile pregiudizio, su diritti soggettivi di natura personalissima e di primario rango costituzionale del minore.

Operate alcune puntualizzazioni preliminari – circa la riferibilità della questione dell'esperibilità del ricorso straordinario per cassazione ai provvedimenti denominati de potestate, pronunciati nel corso di giudizi di separazione o scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, quando sussista la competenza del tribunale ordinario, ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nonché circa l'inapplicabilità, ratione temporis, della recente riforma del processo civile alla controversia in esame (neppure per trarre da essa spunti interpretativi che possano orientare in senso convergente l'interpretazione della normativa previgente) – i giudici di legittimità richiamano l'orientamento espresso dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 2953/1953, poi ripetutamente ribadito, secondo cui un provvedimento, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio quando pronuncia o, comunque, incide su diritti soggettivi con efficacia di giudicato, con la conseguenza che per essere impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento giudiziario deve avere i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti nonché della definitività, in quanto non altrimenti impugnabile o comunque revocabile e modificabile. Non può dubitarsi dunque che i provvedimenti emessi nel corso dei giudizi di separazione e divorzio siano temporanei e non definitivi, in quanto destinati ad essere assorbiti (espressamente o implicitamente) dalla sentenza, la quale è suscettibile di impugnazione nei modi ordinari, vale a dire tramite appello e poi ricorso ordinario per cassazione, ex art. 360 c.p.c. Il tribunale che li ha emessi, a prescindere dal rito adottato, non si spoglia della (e non vede esaurirsi la) potestas decidendi, ben potendo ritornare sulle decisioni precedentemente assunte (mai suscettibili di pregiudicare la decisione della causa, art. 279, comma 4, c.p.c.) sia nel corso del giudizio sia nella sentenza, rivalutando diversamente i fatti preesistenti o valutando fatti e motivi sopravvenuti.

In altri termini, per ricorrere, in via straordinaria, per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., occorre che i provvedimenti giurisdizionali abbiano i crismi della “decisorietà” e della “definitività”.

Osservazioni

Quando si volge lo sguardo alla tutela del minore – in termini di intervento da parte dell'autori­tà giudiziaria minorile – ci si riferisce ai procedimenti afferenti la responsabilità genitoriale e la necessità di porre fine a condotte pregiudizievoli e lesive dell'integrità psicofisica del minore coinvolto. Abuso, maltrattamento, trascuratezza, materiale e affettiva, abbandono, lesione del diritto del minore alla bigenitorialità, condotte per le quali non può indicarsi una rigida tipizzazione, ma che integrano gli estremi di una violazione e/o abuso dei doveri ricadenti sul genitore e che possono condurre, in presenza di un concreto e grave pregiudizio sul minore, ad una pronuncia di limitazione della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) e/o di decadenza (art. 330 c.c.) e, nei casi più gravi, ove la condotta sia ritenuta grave e irreversibile, alla dichiarazione dello stato di adottabilità. I provvedimenti disciplinati dagli artt. 330 e 333 c.c. presuppongono un controllo ex post da parte del giudice – intervenendo l'autorità competente solo in seguito all'accertamento di un esercizio scorretto della responsabilità genitoriale che abbia determinato un pregiudizio – e mirano a tutelare gli interessi fondamentali del minore.

Al riguardo si osserva che in precedenza le sezioni unite hanno affrontato il dibattuto problema concernente l'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento emesso in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c. nei confronti del decreto reso dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 336 c.c., espressamente richiamato dal novellato art. 317-bis c.c. (Cass. n. 32359/2018).

In quella occasione, il giudice della nomofilachia ha confermato l'orientamento più innovativo secondo il quale, considerato che il decreto con cui il Tribunale per i minorenni dispone la decadenza o la limitazione della responsabilità genitoriale incide su diritti di natura personalissima di primario rango costituzionale, deve ritenersi che tale provvedimento, emanato all'esito di un procedimento che si svolge alla presenza di parti processuali in conflitto tra loro, abbia attitudine di giudicato rebus sic stantibus, essendo tale soluzione maggiormente rispondente all'esigenza di certezza nei rapporti familiari e alla tutela dell'interesse prioritario dei minori.

Al fine di non sottrarre tali “delicati” provvedimenti al controllo garantistico della Suprema Corte, la possibilità di revoca o modifica deve essere limitata alla sola sopravvenienza di vizi di merito o legittimità sopravvenuti con esclusione di una nuova valutazione di fatti preesistenti.

In tal modo il decreto acquista, di fatto, una sua definitività ed è senz'altro impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. da ritenersi, pertanto, pienamente ammissibile.

Tale soluzione poggia sulla pretesa che il decreto pronunciato in sede di reclamo, affermato come impugnabile col rimedio costituzionale, sia in qualche modo dotato della “stabilità” e “decisorietà” ritenute indispensabili per l'ammissione del ricorso straordinario.

Sulla stessa scia, si è di recente precisato che in materia di provvedimenti de potestate ex artt. 330,333 e 336 c.c., il decreto pronunciato dalla Corte d'appello sul reclamo avverso quello del Tribunale per i minorenni è impugnabile con il ricorso per Cassazione (Cass. n. 14761/2023).

Tale rilievo si giustifica in virtù del fatto che il provvedimento possiede, al pari del decreto reclamato, carattere decisorio e definitivo, in quanto incidente su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale.

Inoltre, appare modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto e quindi risulta idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, anche quando non sia stato emesso a conclusione del procedimento per essere stato, anzi, espressamente pronunciato "in via non definitiva".

In conclusione, si tratta di un provvedimento che riveste comunque carattere decisorio, quando non sia stato adottato a titolo provvisorio ed urgente, idoneo ad incidere in modo tendenzialmente stabile sull'esercizio della responsabilità genitoriale.

Per il giudice della nomofilachia, invece, i provvedimenti sulla responsabilità genitoriale, adottati in via provvisoria dal tribunale ordinario nell'ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono espressione di giurisdizione volontaria non contenziosa, non sono impugnabili ai sensi dell'art. 111 Cost.

In altri termini, i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale non rivestono alcuna efficacia di giudicato, potendo in ogni momento essere revocati e modificati dal giudice che li ha pronunciati, e ciò non solo con efficacia ex nunc, ma anche con efficacia ex tunc, dunque sulla base di fatti sopravvenuti ma anche per la mera rivalutazione della situazione.

Si tratta di provvedimenti – quelli resi in via provvisoria dal tribunale ordinario nell'ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio – certamente incidenti su diritti o status, ma privi dell'attitudine a formare cosa giudicata ex art. 2909 c.c., trattandosi di accertamento giudiziale ed attributivi dei beni della vita che possono essere sempre rimessi in discussione.

Pertanto, i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale adottati in via provvisoria nel corso dei giudizi ex art. 337-bis c.c. non possono essere impugnati con il ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di provvedimenti privi dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto non emessi a conclusione del procedimento, e perciò suscettibili di essere revocati, modificati o riformati dallo stesso giudice che li ha emessi anche in assenza di sopravvenienze.

In conclusione, in relazione ai provvedimenti sull'affidamento dei figli minori nei giudizi di separazione e divorzio, deve escludersi la possibilità di proporre ricorso straordinario, atteso che nei giudizi di separazione giudiziale e di divorzio, la sentenza di appello è ordinariamente ricorribile ex art. 360 c.p.c.

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