Nel concordato preventivo è ammissibile la contestazione del credito dopo l’omologazione

11 Gennaio 2024

Il tribunale capitolino chiarisce che anche dopo l’omologazione del concordato preventivo il debitore o i creditori possono richiedere l’accertamento dei crediti inseriti nella proposta concordataria.

Massima

Nel concordato preventivo non vi è una fase di verifica dei crediti e i provvedimenti adottati hanno la sola funzione di stabilire se ed in quali limiti spetti il diritto di voto ai fini dell’approvazione del concordato stesso.

Il decreto di omologazione determina un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato sull’esistenza, entità e rango degli stessi, presupponendone un accertamento di carattere semplicemente delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta.

Pertanto, dopo l’omologazione del concordato nulla impedisce tanto al debitore quanto ai singoli creditori di chiedere l’accertamento dei crediti inseriti nella proposta concordataria, potendo la valutazione riguardare sia la sussistenza sia la natura dei singoli crediti.

Il caso

La vicenda fattuale in commento trae origine dalla stipula di un contratto di Interest Rate Swap tra una società ed un istituto di credito, cui hanno fatto seguito anche plurimi rapporti di conto corrente bancario.

Un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie della società, verificatosi dopo alcuni anni, induceva la stessa a depositare, dinanzi al Tribunale di Brescia,  domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 161 l. fall.

Contestualmente la società debitrice allegava alla propria domanda l'elenco nominativo dei creditori, tra cui vi era anche la banca controparte del suddetto contratto, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

Il Tribunale dapprima ammetteva la società alla procedura concordataria e successivamente omologava il concordato proposto, e l'istituto di credito veniva  soddisfatto secondo quanto previsto nel piano concordatario.

Nel 2018 la società conveniva in giudizio la banca deducendo, in breve, l'inadempimento della banca stessa ai propri obblighi informativi e la contrarietà della sua condotta alle regole di correttezza e buona fede di cui all'art. 1175 c.c., richiedendo al Tribunale l'accertamento della invalidità del contratto di swap, ovvero l'annullamento o la risoluzione dello stesso, nonché l'accertamento della nullità, illiceità e invalidità delle clausole e dei tassi applicati. Seguiva la richiesta di rideterminazione del saldo dei conti correnti e la condanna della convenuta alla restituzione dell'indebito percepito.

Si costituiva l'istituto di credito chiedendo il rigetto delle domande ed eccependo, tra le altre cose, che le pretese della società dovevano intendersi rinunciate, perché non inserite tra le attività, anche solo stimate, della proposta concordataria e, in ogni caso, perché l'esposizione residua dei conti di cui era stato chiesto il ricalcolo era stata riconosciuta e pagata in moneta concordataria.

La questione

La società ha chiesto al Tribunale capitolino di accertare l'inesistenza di un debito già pagato in moneta concordataria.

All'eccezione formulata dall'istituto di credito convenuto, circa la sussistenza del predetto concordato, l'attrice evidenziava che nel concordato preventivo non vi è una fase di verifica dei crediti destinata all'accertamento giurisdizionale della loro natura e del loro importo (v. Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2016, n. 7972) e che il decreto di omologazione determina soltanto un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti (v. Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2020, n. 6197), non comportando la formazione di un giudicato sull'esistenza, entità e rango degli stessi (v. Cass. 33345/2018).

In ragione di tale indirizzo giurisprudenziale è sempre possibile accertare, in via ordinaria, il credito azionato.

La questione giuridica sottesa al caso in esame verte, pertanto, nello stabilire se dopo l'omologazione del concordato preventivo il debitore o i creditori possano richiedere l'accertamento dei crediti inseriti nella proposta concordataria.

Merita, prima di fornire soluzione alla questione giuridica, fare alcuni brevi cenni al tipo di contratto derivato di Interest Rate Swap (da ora in avanti IRS o swap).

Si tratta di quel contratto mediante il quale l'azienda e l'intermediario si impegnano a scambiarsi nel tempo flussi contrapposti di pagamento, di cui uno è a tasso fisso e l'altro a tasso variabile, ancorato ad un parametro precisato contrattualmente (in genere, Euribor a 3 o 6 mesi).

Non c'è scambio di capitali, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi (uno fisso ed uno variabile), riferiti ad un capitale nozionale definito contrattualmente.

Lo swap è uno strumento utilizzabile da aziende di un certo standing (in quanto presuppone specifici affidamenti bancari), con adeguata cultura finanziaria (per le specifiche tecnicalità di calcolo) e con certi volumi di indebitamento, che giustifichino il ricorso alle coperture pluriennali sul rischio tassi, divenendo lo strumento più immediato per la copertura del rischio tassi.

Infatti, quando l'impresa teme il rialzo dei tassi, anziché rimborsare i finanziamenti in essere a tasso variabile (per riaccenderli a tasso fisso), può affiancarli con gli swap.

In tal modo i finanziamenti rimangono a tasso variabile (evitando i costi d'estinzione), ma l'azienda, incassando o pagando un differenziale rispetto al parametro variabile, trasforma il costo variabile in un costo fisso. In tal modo si evitano rialzi di tali costi oltre certi livelli, ma si rinuncia ad eventuali ribassi connessi a possibili cali del parametro.

I tassi di swap possono essere considerati come tassi su depositi a medio/lungo termine. Pertanto, i movimenti dei tassi IRS sono condizionati dall'evoluzione dei rendimenti dei Titoli di Stato a tasso fisso, con uno spread che a sua volta può ampliarsi o contrarsi.

Parallelamente, per il meccanismo dei tassi impliciti, i tassi di swap incorporano le attese del mercato sull'evoluzione dell'Euribor in un arco temporale di medio-lungo termine.

Lo swap, per sua natura, non presuppone un costo esplicitamente citato nel contratto, bensì un costo implicito che può essere individuato solo conoscendo le relative metodologie di calcolo. Non esiste un fixing dei tassi IRS, ma gli scambi sul mercato non ufficiale generano tassi rilevabili sulle principali fonti di informazione. Detti tassi, però, sono espressi secondo la convenzione di calcolo degli interessi “annual bond basis” (riferita ad un anno di 360 giorni). Per un congruo confronto fra i tassi IRS ed il parametro Euribor (3 o 6 mesi), occorre quindi tradurre i tassi IRS in tassi equivalenti (trimestrali e/o semestrali) e depurali dell'effetto divisore.

Il differenziale incorporato nei tassi IRS effettivi (rispetto ai rispettivi equivalenti) rappresenta una delle componenti del profitto dell'intermediario, in aggiunta all'eventuale scarto rispetto al tasso IRS rilevato.

La soluzione giuridica

 Nel decidere la controversia, il Tribunale di Roma ha affermato, uniformandosi alla prevalente giurisprudenza (v. Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2016, n. 12265 e Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2008, n. 16598), che dopo l'omologazione del concordato nulla impedisce tanto al debitore, quanto ai singoli creditori di chiedere l'accertamento dei crediti inseriti nella proposta concordataria.

Secondo il decidente, dopo l'omologazione tutte le questioni riguardanti diritti pretesi dai singoli creditori o del debitore, e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono oggetto di un ordinario giudizio di cognizione da promuovere, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente.

Stante quanto detto ed in accoglimento dell'attorea domanda, il Tribunale di Roma ha rigettato le eccezioni della banca convenuta dichiarando la nullità del contratto di swap a suo tempo stipulato.

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