Si espongono i tratti fondamentali della disciplina generale del concordato preventivo, così come portata dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.
Introduzione all'istituto e inquadramento normativo
Il concordato preventivo – già esistente sotto il vigore della Legge fallimentare (art. 160 l. fall.) e la cui disciplina trova oggi spazio nel Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) – è quello strumento che consente all'imprenditore commerciale in stato di crisi o di insolvenza di evitare la liquidazione giudiziale attraverso la proposta di un piano che consenta la prosecuzione dell'attività aziendale, quindi il soddisfacimento dei creditori, oppure la liquidazione del patrimonio.
Già la riforma del 2005 (d.l. n. 35/2005), intervenendo sulla Legge fallimentare, aveva superato la tradizionale impostazione puramente liquidatoria del concordato, a favore di una connotazione atipica dell'istituto. L'art. 160 l. fall., infatti, consentiva all'imprenditore di proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che prevedesse la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei creditori “attraverso qualsiasi forma”, ivi comprese quelle che comportassero la conservazione dell'azienda (Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2008; Mandrioli, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, in La riforma organica delle procedure concorsuali a cura di S. Bonfatti e L. Panzani, Milano, 2008, pp. 663 ss.). La riforma del 2005 era poi intervenuta a risolvere positivamente, in conformità con l'orientamento prevalente, la questione più discussa intorno all'art. 160, ovvero se lo stato di crisi potesse ricomprendere anche lo stato di insolvenza (v. Calandra Buonaura, voce Concordato preventivo, in Enc. dir., Ann., 2008, II, pp. 252 ss.).
Il “nuovo” concordato risulta ora disciplinato tra gli strumenti di regolazione della crisi, nel Capo III del Titolo IV del, agli artt. 84-91 del CCII (v. Cagnasso, Giuliani, Miceli, l concordato preventivo delle società, in Nuovo dir. soc., 2023, 4, pp. 559 ss.; Corea, Farina, Procedure di regolazione della crisi di impresa e dell'insolvenza, in Rass. esec. forzata, 2020, 2, pp. 517 ss.).
Esso è definito come lo strumento attraverso il quale “il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio”. Viene, cioè, valorizzata la natura dell'istituto quale procedura concorsuale che consente al debitore di mantenere la proprietà e la gestione dell'azienda, pur sotto il controllo giudiziario, e di proporre ai creditori un accordo basato su un piano finalizzato a definire le posizioni debitorie in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale, mediante la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l'attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma (art. 87 CCII). Ne esce, invece, affievolita la connotazione originale del concordato, che presupponeva la realizzazione di un soddisfacimento maggiore rispetto a quello realizzabile all'esito della liquidazione giudiziale.
In altre parole, il Codice ha valorizzato il parametro del mantenimento della continuitàaziendale, che diviene finalità prevalente rispetto a quella tipicamente liquidatoria del concordato.
Il piano di concordato e le tipologie di concordato
Il principale criterio discretivo tra il concordato in continuità e quello liquidatorio, che sono due tra le tipologie di concordato previste, è la provenienza delle risorse utilizzate per il soddisfacimento dei creditori: il concordato è “in continuità” quando i mezzi destinati al soddisfacimento dei creditori derivano prevalentemente dai proventi dell'attività imprenditoriale, mentre è liquidatorio quando consente il soddisfacimento dei creditori attraverso il ricavato della liquidazione (v. Ungaretti Dell'Immagine, Concordato preventivo, in Giorgetti, Bonafine, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Ambrosini, Concordato preventivo fra vecchio e nuovo: continuità normativa, interessi protetti e soddisfacimento dei creditori, in Ristrutturazioniaziendali, 5 agosto 2021).
Qualunque sia la tipologia di concordato, comunque, all'interno del piano – da presentare insieme alla proposta di concordato e alla documentazione prevista dall'art. 39 – il debitore è tenuto a dichiarare le ragioni per cui la soluzione concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale (art. 87 CCII: in via esemplificativa, le cause dello stato di crisi o di insolvenza, le strategie d'intervento).
La veridicità della prospettazione dell'istante deve trovare riscontro nella relazione di un professionista indipendente, da presentare anche in caso di modifiche al concordato, che attesti la fattibilità del piano e, in caso di concordato in continuità aziendale, che il piano è atto a impedire o superare l'insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell'impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale.
Il concordato in continuità aziendale.
La diversa finalità – liquidatoria o di continuità – porta, dunque, alla distinzione tra concordato in continuità e concordato con liquidazione del patrimonio, che rappresentano due delle forme che può assumere il concordato, così come previste dall'art. 84 CCII.
Come anticipato, il concordato in continuità aziendale è l'opzione maggiormente valorizzata dal legislatore nell'ottica della conservazione del valore dell'azienda.
La “continuità” è da intendersi in modo oggettivo, diretto o indiretto: il piano deve dare atto dell'attitudine dello stesso ad assicurare il ripristino dell'equilibrio economico-finanziario la prosecuzione dell'impresa nell'interesse dei creditori, a prescindere dal fatto che ciò avvenga a cura dell'impresa stessa (continuità diretta) o di un soggetto diverso (continuità indiretta, es. in forza di un contratto di affitto o di usufrutto). In quest'ultimo caso, tuttavia, è necessario che il soggetto, diverso dal debitore, garantisca il mantenimento per almeno due anni di almeno il 30% dei lavoratori impiegati dal debitore al momento del deposito del ricorso.
Il mancato rispetto dei requisiti necessari per rientrare nell'ipotesi di concordato in continuità può essere rivisto in concreto dal giudice di merito che è abilitato a ritenerne invece la natura liquidatoria (Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2023, n. 20254).
È da notare come, rispetto alla versione originaria della norma, venga meno il criterio di prevalenza (art. 84, comma 3, CCII, modificato dal d.lgs. n. 83/2022), ossia diviene irrilevante la proporzione tra l'apporto delle risorse derivanti dalla continuazione dell'attività e quelle che si otterrebbero dalla liquidazione, essendo sufficiente che i creditori vengano soddisfatti anche in misura non prevalente, nel rispetto della par condicio creditorum, ferme restando le cause legittime di prelazione (art. 84, comma 6 ss.; art. 2751-bis, n. 1 c.c.).
Con riferimento al soddisfacimento dei creditori vale la pena osservare che, a differenza di quanto accade nelle altre tipologie di concordato, dove la suddivisione dei creditori in classi, soluzione ispirata all'esperienza statunitense della reorganization regolata dal chapter 11 del Bankruptcy Code del 1978 (v. v. Calandra Buonaura, voce Concordato preventivo, op. cit., loc. cit.; Ferro, Le classi dei creditori nel concordato proposto dal commissario della amministrazione straordinaria speciale, in Fallimento, 2004, 581 ss.), è facoltativa (v. anche il Considerando 44 della Direttiva UE 20 giugno 2019, n. 1023, c.d. Insolvency) – salvo che si tratti di creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento, o di garanzie prestate da terzi, creditori soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate (art. 85, comma 2, CCII) – nel caso del concordato in continuità essa è obbligatoria, al fine di assicurare un soddisfacimento dei creditori rispettoso del parametro della continuità aziendale e dei privilegi del ceto creditorio medesimo.
Il concordato liquidatorio.
Nel concordato liquidatorio, in modo non dissimile rispetto a quanto accadeva in precedenza, la proposta di piano deve prevedere un apporto di risorse esterne che incrementi almeno del 10% l'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20% del loro ammontare complessivo.
Le risorse esterne, intendendosi per tali “le risorse apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali”, possono essere distribuite in deroga agli artt. 2740 e 2741 del Codice civile purché sia rispettato il requisito del 20%.
Il rispetto di tali requisiti viene meno nel caso di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-secies CCII), accessibile solo all'esito della composizione negoziata della crisi quando non siano percorribili le alternative stragiudiziali: in questa tipologia di concordato vengono meno la fase di ammissione alla procedura, della votazione dei creditori, e la nomina del commissario giudiziale, ferma restando la possibilità per il Tribunale di nominare un ausiliario che lo assista nelle valutazioni.
Come si evince, ciò è dovuto al fatto che si tratta di una procedura semplificata rispetto a quella del concordato liquidatorio, possibile in quanto è assicurato al Tribunale un controllo più pervasivo in sede di omologa del concordato, dovendo egli valutare, oltre alla regolarità del procedimento, anche la fattibilità del piano, e assicurare che ciascun creditore non subisca pregiudizio rispetto all'alternativa fallimentare e che possa in qualche modo soddisfarsi (v. De Crescienzo, Il concordato semplificato: questioni varie, in Il Fallimento, 2023, 11, pp. 4042 ss.).
Procedimento e omologazione del concordato
Il procedimento destinato a culminare nella omologazione del concordato inizia con una fase diretta alla verifica dell'ammissibilità alla procedura da parte del tribunale competente in base al luogo in cui ha sede l'impresa. Durante questa fase, e precisamente dalla data di presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo e fino all'omologazione, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale (v. Fabiani, L'omologazione del nuovo concordato preventivo, in Fallimento, 2020, 10, pp. 1314 ss.; Nuzzo, Profili problematici del giudizio di omologazione del concordato preventivo nella disciplina del Codice della crisi, in Dir. fall., 2020, 1, pp. 84 ss.; Montanari, Il sempre problematico confine tra revoca dell'ammissione al concordato preventivo e giudizio di omologazione, in Fallimento, 2019, 4, pp. 259 ss.).
Una questione interpretativa riguarda la profondità del controllo che deve essere operato da parte de tribunale. Nel solco dell'interpretazione prevalente nel vigore della disciplina previgente, pare possa ritenersi che, pur non potendo esprimersi in merito alla convenienza del piano per i creditori, anche perché soccorre, a tal fine, il ruolo del commissario, sia comunque consentito e doveroso che il tribunale accerti la fattibilità del piano sulla base della prospettazione del debitore (v. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, XI, t. 1, Padova, 2008, p. 127).
Rispetto a quest'ultimo presupposto è stato invero chiarito che, mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto dal tribunale nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi, con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta. Al giudice, infatti, non può essere sottratto il controllo circa la fattibilità economica del concordato, così che il debitore non può essere ammesso alla procedura ove il piano si riveli implausibile e, cioè, già prima facie irrealizzabile (Cass., 16 giugno 2023, n. 17273).
Depone in tal senso anche quell'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale manca nel concordato preventivo una fase di verifica dei crediti: i provvedimenti hanno la sola funzione di stabilire se ed in quali limiti spetti il diritto di voto ai fini dell'approvazione del concordato stesso.
L'omologazione, di cui si dirà infra, determina un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato sull'esistenza, entità e rango degli stessi, presupponendone un accertamento di carattere delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell'approvazione della proposta. Ciò è vero al punto che, dopo l'omologazione del concordato nulla impedisce tanto al debitore quanto ai singoli creditori di chiedere l'accertamento dei crediti inseriti nella proposta concordataria, potendo la valutazione riguardare sia la sussistenza sia la natura dei singoli crediti (ex multis, Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2008, n. 16598; v. anche Trib. Roma, 14 settembre 2023).
L'emanazione del decreto di apertura del concordato, con contestuale nomina di un giudice delegato e di un commissario giudiziale, segue, infatti, lo scrutinio sulla completezza della domanda.
Il commissario giudiziale detiene un ruolo di fondamentale importanza, dovendo valutare la congruità della richiesta del creditore, vigilare sulla sua attività e fornire le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti.
In caso di positivo accertamento della domanda presentata dal debitore, i creditori sono chiamati ad esprimersi in merito all'approvazione della proposta di concordato tramite voto telematico (artt. 107 CCII). Sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, nel rispetto dell'ordine temporale di deposito, ferma restando per loro la possibilità di presentare osservazioni almeno 10 giorni prima della votazione, osservazioni che sarà il commissario a trasmettere al giudice delegato e al debitore.
Di regola (art. 109 CCII), il piano s'intende approvato con il voto positivo dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
L'omologazione del piano avviene con sentenza, ai sensi dell'art. 48 CCII, all'esito del positivo accertamento della regolarità della procedura; dell'esito della votazione; l'ammissibilità della proposta; la corretta formazione delle classi; la parità di trattamento dei creditori all'interno di ciascuna classe; in caso di concordato in continuità aziendale, che tutte le classi abbiano votato favorevolmente, che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l'insolvenza e che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l'attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori; in ogni altro caso, la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati (art. 112 CCII).
In caso contrario, è dichiarata con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale ex art. 49 CCII.
Merita di essere sottolineato, in punto di competenza, come una volta completata, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore, e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente (Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2016, n. 12265; Id., 18 giugno 2008, n. 16598).
L'autorizzazione al pagamento dei crediti pregressi
Merita un cenno la disciplina relativa al pagamento dei crediti anteriori.
Nel vigore della Legge fallimentare era previsto che, fermi restando i crediti posteriori all'apertura del concordato, rispetto ai quali il debitore conserva l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa, per quelli sorti anteriormente al decreto di apertura della procedura il debitore non avrebbe potuto ammetterli al concordato preventivo prima dell'omologazione (art. 168 l. fall.).
Ciò in quanto i pagamenti, se, da un lato, rappresentano una forma di adempimento alle obbligazioni comunque gravanti sul debitore, dall'altro, avrebbero potuto provocare un vulnus al rispetto del principio della par condicio creditorum.
Il CCII, all'art. 100, novellato dal d.lgs. n. 83/2022, ha recepito l'ipotesi di deroga al divieto posto originariamente dall'art. 168 l. fall., prevedendo che, previa autorizzazione del tribunale, pena l'inefficacia dell'operazione, il debitore, con la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo in continuità̀ aziendale, possa chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare i crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi.
La norma si pone in linea di continuità con quanto prevedeva la Legge fallimentare, valorizzando la deroga al principio della par condicio creditorum di cui già all'art. 182-quinquies l. fall.: il legislatore ha mantenuto il limite del concordato in continuità aziendale – perché́ solo in questo caso può sorgere la necessità di effettuare il pagamento di prestazioni “essenziali” per la continuazione dell'attività̀ – e il riferimento alla “essenzialità” dell'operazione, attestata da un professionista, come requisiti di applicazione dell'istituto, salvo che si tratti di pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione successivo al soddisfacimento dei creditori.
In queste ipotesi, infatti, è escluso che vi possa essere un pregiudizio per i creditori e quindi viene meno la necessaria attestazione del professionista.
C'è da chiedersi se la norma debba intendersi in senso tassativo o se possa essere utilizzata anche al di là del caso di concordato in continuità aziendale e se possa trattarsi di pagamento a favore di creditori diversi da quelli espressamente indicati dalla norma (propendono per un'interpretazione restrittiva Posca, D'Amico, Gazheli, Formicola, Polito, Le nuove procedure di gestione della crisi, Santarcangelo di Romagna, 2020).
Il tenore della norma induce tuttavia ad escludere tale possibilità, in quanto appare chiaro che il legislatore abbia subordinato il pagamento dei crediti pregressi alla presentazione della domanda di concordato preventivo solo in caso di continuità aziendale e in caso di prestazioni e servizi essenziali per l'impresa.
Il primo comma dell'art. 100 CCII, come novellato dal d.lgs. n. 83/2022, legittima il pagamento di tutte le retribuzioni mensili dovute prima di tale data, così ampliando la protezione riconosciuta alla categoria dei crediti da lavoro dipendente (Morselli, Nebuloni, Effetti della presentazione della domanda di concordato preventivo, in Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, a cura di Giorgetti, Bonafine, III ed., Pisa, 2022, p. 206.).
In ogni caso, sia tale fattispecie, sia quella disciplinata al comma secondo, in base al quale “quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, la disciplina di cui al comma 1 si applica, in deroga al disposto dell'articolo 154, comma 2, al rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il tribunale lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data”, sono subordinate alla autorizzazione da parte del Tribunale e all'intervento di un professionista qualificato, cui è demandato il compito di accertare l'essenzialità delle prestazioni e il carattere vantaggioso per la procedura.
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Sommario
Introduzione all'istituto e inquadramento normativo
L'autorizzazione al pagamento dei crediti pregressi