Concordato preventivo: controllo di fattibilità e relazione del professionista ex art.160 l. fall.
17 Gennaio 2024
Massima In tema di concordato preventivo, la relazione ex art. 160, comma 2, l. fall., deve contenere le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando le stesse necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e riguardando il profilo dell'adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria, con la conseguenza che l'indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l'inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, danno luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura. Il caso Nell’ordinanza in esame, la Suprema Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad un ricorso proposto contro una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, la quale aveva rigettato il reclamo proposto da una società avverso sia la sentenza dichiarativa di fallimento che il provvedimento di dichiarazione di inammissibilità del concordato emessi dal Tribunale di Verona. Le questioni giuridiche Nell'ordinanza in commento, la Corte di cassazione rigetta il ricorso presentato contro la sentenza della Corte d'Appello di Venezia, confermandone le argomentazioni svolte sulle due tematiche principali: il controllo di fattibilità sulla proposta di concordato di cui all'art.160, comma, 4 l. fall. ed il contenuto obbligatorio della relazione del professionista di cui all'art.160, comma 2, l. fall. La soluzione della Corte Con riferimento alla prima tematica, la S. Corte, ripercorrendo tutti gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, statuisce che il giudice deve necessariamente accertare, ai fini dell'ammissione del debitore alla procedura, l'esistenza di ragionevoli probabilità di realizzazione dell'obiettivo minimo indicato dall'art. 160, comma 4, l. fall.; tale giudizio di manifesta non irrealizzabilità del piano concordatario nella sua funzionalità non intacca la valutazione di convenienza della proposta concordataria, rimessa alle insindacabili valutazioni del ceto creditorio. Relativamente alla seconda tematica, la Cassazione afferma che la relazione del professionista deve analizzare anche gli ipotetici risultati derivanti dal positivo esperimento in sede fallimentare di azioni revocatorie, recuperatorie, di responsabilità , in quanto dette azioni rientrano nel patrimonio mobiliare della società. Osservazioni La decisione della Suprema Corte riprende il percorso argomentativo già tracciato dalla giurisprudenza di legittimità (si veda Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass. civ., sez. I, 15 giugno 2020, n. 11522; Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2021, n. 13224) che, in materia di controllo di fattibilità della proposta di concordato, ha statuito che l'art. 160, comma 4, l. fall. contribuisce a definire l'ambito del controllo di fattibilità demandato al giudice, arricchendo di contenuto la nozione di causa concreta del concordato, che il piano deve rivelarsi idoneo a realizzare. Tali considerazioni sono state poi ulteriormente sviluppate dalla stessa giurisprudenza, la quale ha ritenuto ammissibile il controllo del giudice nei limiti della verifica della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta inettitudine del piano presentato a raggiungere gli obiettivi prefissati. La giurisprudenza più recente ha addirittura messo in dubbio la distinzione tra il controllo di fattibilità giuridica (sempre consentito) ed il controllo di fattibilità economica (sempre vietato), affermando che tale distinzione ha portata meramente descrittiva. Il provvedimento in esame esamina anche un profilo specifico della più generale tematica relativa al contenuto obbligatorio della relazione del professionista di cui all'art. 160, comma 2, l. fall. Infatti, la Suprema Corte, confermando l'argomentazione del Tribunale di Verona fatta propria dalla Corte d'Appello di Venezia, ha ripreso la giurisprudenza di legittimità che, in un caso analogo a quello sub iudice (Cass. civ., sez. I, 13 marzo 2015, n. 5107), ha ritenuto manifestamente inadeguata la relazione ex art.160, comma 2, l. fall. nel caso di falcidia di crediti privilegiati, in quanto la stessa era priva di ogni valutazione in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando così totalmente priva di considerazione quella parte del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione; ciò a conferma del fatto che il giudice, in caso di ricorso per concordato preventivo, deve compiere anche una penetrante verifica dell'adeguatezza dell'informazione che viene fornita ai creditori, al fine di consentire a questi ultimi un'espressione libera e consapevole del voto. |