Gennaio 2023: esenzione dall’azione revocatoria, autonomo accertamento dei crediti da lavoro nel concordato preventivo, operazioni infragruppo

La Redazione
10 Febbraio 2023

Questo mese si segnalano le pronunce della Corte di cassazione in tema di ammissione al passivo con riconoscimento del privilegio artigiano, esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, l. fall., legittimazione della curatela ad agire nei confronti delle banche negligenti per i danni cagionati alla società, accertamento autonomo dei crediti da lavoro nel concordato preventivo, applicazione della legge Pinto alle procedure concorsuali, azione revocatoria a tutela della pretesa creditoria dei dipendenti della società a titolo di TFR, operazioni infragruppo e insolvenza della società non in liquidazione.

Privilegio artigiano e mancata ammissione al passivo: la sola iscrizione dell'impresa nell'Albo speciale non è sufficiente

Cass. civ., sez. I, 31 gennaio 2023, n. 2892

La Corte di cassazione, pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la mancata ammissione al passivo con riconoscimento del privilegio artigiano, ha affermato un importante principio, mettendo in luce la natura necessaria e tuttavia non sufficiente dell'iscrizione all'Albo delle imprese artigiane, a cui deve seguire la verifica da parte del giudice circa la sussistenza dei requisiti sostanziali.

Ambito di operatività delle esenzioni dall'azione revocatoria previste dalla legge fallimentare

Cass. civ., sez. I, 19 gennaio 2023, n. 1697

In tema di fallimento, le esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, l. fall. trovano applicazione non soltanto all'azione revocatoria fallimentare, ma, alle condizioni per la stessa previste, anche all'azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento, nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore sia proseguito dal curatore.

Responsabilità delle banche negligenti e legittimazione della curatela ad agire

Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2023, n. 1387

La curatela è legittimata ad agire nei confronti delle banche per i danni cagionati alla società fallita allorquando venga dedotta la responsabilità del finanziatore verso il soggetto finanziato per il pregiudizio diretto causato al patrimonio di quest'ultimo dall'attività di finanziamento.

Concordato preventivo, accertamento dei crediti da lavoro e autonomo giudizio di cognizione

Cass. civ., sez. IV lav., 16 gennaio 2023, n. 1099

La Corte di cassazione, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto che la procedura di concordato preventivo non preclude al creditore l'accertamento del proprio credito nell'ambito di un autonomo giudizio di cognizione avente ad oggetto la quantificazione dell'importo originariamente dovuto, poiché il contenuto della sentenza costituisce la base su cui deve operarsi la c.d. falcidia concordataria . Nel caso di specie, come si legge nel provvedimento, la Corte territoriale ha esclusivamente esaminato il credito preteso dalla lavoratrice alla luce degli elementi di fatto e alle circostanze prodotti in giudizio, statuendo che comunque quanto accertato non permetteva alla lavoratrice di poter ridiscutere le regole di pagamento fissate nel concordato omologato, non avendo il giudizio di cognizione finalità modificative ma meramente dichiarative circa l'effettiva esistenza e l'ammontare del credito.

Quando si applica la legge Pinto alle procedure concorsuali?

Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2023, n. 734

La riduzione di cui al comma 1-bis dell'art. 2-bis, l. n. 89/2001, non si applica alle procedure concorsuali, salvo l'ipotesi che il richiedente l'indennizzo risulti essersi insinuato al passivo con istanza riguardante una pluralità di altri soggetti, nella misura prevista dalla norma, fermo restando che il numero complessivo dei creditori interessati alla procedura ben può costituire parametro di riduzione per la complessità della stessa, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della medesima legge”.

Esercizio dell'azione revocatoria ordinaria da parte del curatore a tutela del credito dei dipendenti della fallita a titolo di trattamento di fine rapporto

Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 2023, n. 524

In caso di fallimento della società, l'azione revocatoria ex art. 66 l. fall. può essere esercitata dal curatore, quale rappresentante contemporaneamente sia della massa dei creditori, sia del debitore fallito, anche a tutela della pretesa creditoria dei dipendenti della società a titolo di trattamento di fine rapporto determinato dal fallimento, assumendo rilievo, ai fini della sussistenza del carattere pregiudizievole dell'atto dispositivo del debitore, non il momento dell'esigibilità di tale credito (da individuarsi con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato), ma il fatto che quest'ultimo matura (ed è perciò certo nell'"an" e liquido nel "quantum") con il progressivo svolgimento del rapporto stesso; pertanto il curatore deve allegare e dimostrare: sia la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto all'atto dispositivo pregiudizievole; sia, in deroga ai principi generali, l'idoneità dello stesso a mutare, qualitativamente o quantitativamente, il patrimonio residuo del debitore e a rendere impossibile o più difficile, per natura e dimensioni, il soddisfacimento dei creditori e, quindi, provare che il credito azionato, ancorché inesigibile per essere il relativo rapporto di lavoro, in quel momento, ancora in corso di svolgimento, è rimasto pregiudicato nei termini suindicati.

Operazioni infragruppo: per escludere la bancarotta vanno provati i vantaggi compensativi

Cass. pen., sez. V, 9 gennaio 2023, n. 225 

In materia di bancarotta patrimoniale, la mera circostanza della collocazione della società fallita all'interno di un gruppo non esclude la penale rilevanza del fatto, essendo necessaria a tal fine la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti immediatamente negativi dell'operazione infragruppo per la stessa società, trasferendo su quest'ultima il risultato positivo riferibile al gruppo.

Stato di insolvenza della società non in liquidazione

Cass. civ., sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 64

Lo stato di insolvenza delle società che non siano in liquidazione va desunto non già dal rapporto tra attività e passività, bensì dall'impossibilità dell'impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, che si traduca in una situazione d'impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell'attività.

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