Marzo 2023: diritti di garanzia su beni del fallito per debiti altrui, ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione e fallibilità della società in house

La Redazione
10 Aprile 2023

Questo mese si segnalano le pronunce della Corte di cassazione in tema di creditori titolari di pegno o ipoteca costituiti su beni compresi nel fallimento a garanzia di debiti altrui, finanziamenti a società collegate e scissione societaria quali fenomeni distrattivi, fallibilità della società in house, decorso del termine ex art. 10 l. fall., fallimento in estensione e responsabilità del fallito per i tempi del processo.

Sezioni Unite: pegno o ipoteca su beni del fallimento a garanzia di crediti verso debitori diversi dal fallito

Cass. civ. , sez. un., 27 marzo 2023 n. 8557

I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento. I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell'attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati. Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell'art. 110, comma 3, l. fall. Il reclamo può avere ad oggetto l'esistenza, la validità e l'opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l'an e il quantum del debito garantito. Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa.

Finanziamenti infragruppo e distrazione

Cass. pen., sez. V, 24 marzo 2023 n. 12496

In caso di finanziamenti a società collegate, non si è in presenza di fenomeni dissipatori o distrattivi se tali finanziamenti prevedono adeguata contropartita o valide garanzie. Integra infatti distrazione rilevante quale ipotesi di bancarotta fraudolenta il finanziamento erogato in favore di una società dello stesso gruppo che presenti una situazione economica tale da non potere corrispondere gli interessi, pur pattuiti, o garantire la conservazione della garanzia del credito e, dunque, in assenza di qualsiasi vantaggio compensativo per la società finanziatrice. Pertanto, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una società ad un'altra non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo "gruppo", dovendo, invece, l'interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata.

Quando scissione societaria integra distrazione?

Cass. pen., sez. V, 16 marzo 2023 n. 11220

Affinché un'operazione di scissione societaria rilevi ai fini del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione è necessario che l'attenzione del giudice si concentri su due aspetti di particolare importanza: la situazione debitoria della società che subisce la scissione; l'eventuale presenza di un danno patrimoniale per la suddetta società, che può anche consistere nella mancanza di un concreto vantaggio economico derivante dalla scissione.

Per l'estensione del fallimento al socio deceduto occorre notificare il ricorso agli eredi

Cass. civ., sez. I, 16 marzo 2023 n. 7604

Nel caso in cui il procedimento di fallimento riguardi un soggetto deceduto, l'erede di questo, ancorché non sia imprenditore e non sia subentrato nell'impresa del de cuius, deve essere convocato avanti al tribunale competente alla dichiarazione di fallimento, nel rispetto del principio del contraddittorio enunciato, in termini generali, dall'art. 15, comma 2, l. fall., come sostituito dall'art. 13 d.lgs. n. 5/2006 e dall'art. 2, comma 4, d.lgs. n. 169/2007; tale norma, infatti, rende il detto erede il naturale contraddittore della parte istante con riferimento a una domanda che, per essere diretta alla pronuncia di fallimento dell'imprenditore defunto, è idonea a spiegare effetto nei confronti del successore di questo

La fallibilità delle società in house

Cass. civ., sez. I, 16 marzo 2023 n. 7646

L'art. 14 del d.lgs. n. 175/2016, esplicita da un lato la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico, e dall'altro che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate, e che comprende l'assoggettabilità al fallimento: tutte le società pubbliche che svolgano attività commerciale, quali che siano la composizione del loro capitale sociale, le attività in concreto esercitate, oppure le forme di controllo cui risultano effettivamente sottoposte, restano assoggettate al fallimento, al pari di ogni altro sodalizio nei cui confronti debbano trovare applicazione le norme codicistiche.

Necessaria l'iscrizione nel registro delle imprese al fine del decorso del termine ex art. 10 l. fall.

Cass. civ., sez. I, 14 marzo 2023 n. 7350

Il termine di un anno dalla cessazione dell'attività, previsto dalla legge fallimentare, art. 10 ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese e non può trovare, quindi, applicazione per quegli imprenditori che neppure siano stati iscritti nel menzionato registro, in quanto, da un lato, si tratta di beneficio riservato soltanto a coloro che abbiano assolto all'adempimento formale dell'iscrizione, e, dall'altro, i creditori ed il Pubblico Ministero, ai sensi della legge fallimentare, art. 10, comma 2, possono dare la prova della data di effettiva cessazione dell'attività d'impresa soltanto nei confronti di soggetti cancellati dal registro delle imprese, d'ufficio o su richiesta, e, quindi, comunque in precedenza necessariamente iscritti.

Fallimento in estensione e litisconsorzio necessario dei ricorrenti

Cass. civ., sez. I, 10 marzo 2023 n. 7266

A seguito delle modifiche alla legge fallimentare introdotte con il d.lgs. n. 169/2007, i creditori che hanno proposto il ricorso di fallimento nei confronti di una società di persone o di un imprenditore apparentemente individuale non sono litisconsorti necessari nel procedimento di fallimento in estensione previsto dalla l. fall., artt. 15 e 147, promosso ad istanza del curatore, neppure ai fini della condanna alle spese processuali, che il presunto socio potrebbe reclamare nei confronti dello stesso curatore. I predetti creditori sono, invece, litisconsorti necessari nel giudizio di reclamo alla sentenza dichiarativa di fallimento proposto dal socio illimitatamente responsabile, cui il fallimento sia stato successivamente esteso, in ragione dei pregiudizi che la revoca del fallimento potrebbe arrecare alle loro pretese, che, a norma della l. fall., art. 148, si intendono dichiarate anche nel fallimento dei singoli soci. Analogo principio trova applicazione ove si faccia questione del fallimento di una società di capitali la cui attività è riferibile a una società composta dalla stessa e da altri imprenditori, individuali o collettivi.

Esclusa la responsabilità del fallito per i tempi del processo in caso di comportamento anteriore alla dichiarazione di fallimento

Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2023 n. 6576

Quanto alla titolarità del diritto all'equo indennizzo in capo al fallito, secondo i principi affermati da questa Corte in tema di equa riparazione ai sensi della l. n. 89/2001, il comportamento della parte rileva nella misura in cui abbia determinato un ingiustificato allungamento dei tempi del processo in cui si assume essersi verificata una violazione dell'art. 6, paragrafo 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dovendosi escludere che abbia influenza il comportamento anteriore al processo, ancorché al processo medesimo esso abbia dato causa. Pertanto, il fatto che il fallito abbia, con il suo comportamento anteriore alla dichiarazione di fallimento, posto (sia pure con piena consapevolezza) le premesse delle azioni revocatorie successivamente esercitate dalla curatela fallimentare a tutela delle ragioni della massa, non vale a giustificare la durata delle azioni revocatorie medesime, e di riflesso del procedimento fallimentare.

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