Arricchimento senza causa: quando è proponibile la domanda?

Giacinto Parisi
11 Dicembre 2023

La Suprema Corte, ribadendo il principio secondo cui resta precluso l'esercizio dell'azione di arricchimento in caso di azione disattesa per prescrizione o decadenza, ha individuato i casi in cui la domanda di arricchimento può essere proposta.

Questione controversa

La terza sezione civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente al fine di valutare l'opportunità di rimessione alle Sezioni Unite in merito alla questione della sussidiarietà dell'azione di arricchimento senza causa, valutazione compiuta con esito positivo, con successiva fissazione della pubblica udienza ai fini della decisione della causa.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Secondo l'impostazione tradizionale, l'astratta sussistenza di un'altra azione (indipendentemente, dunque, dal fatto che essa sia stata infruttuosamente esercitata ovvero non sia più esercitabile per prescrizione o decadenza) preclude il ricorso all'azione di arricchimento senza causa. Nondimeno, i Giudici di legittimità hanno pure evidenziato che il riferimento alla superfluità circa l'accertamento della fondatezza nel merito della domanda è stato temperato nella concreta applicazione giurisprudenziale, in forza della quale si è ritenuta esperibile l'azione in questione nel caso in cui la diversa azione, c.d. principale, sia stata disattesa perché ritenuta a priori insussistente. Ad esempio, è stato ritenuto che la proponibilità dell'azione generale di arricchimento non è esclusa dall'esperimento di altra azione tipica con esito negativo, nel caso in cui la relativa domanda sia stata respinta per carenza del titolo posto a suo fondamento (1).

In forza di altra impostazione, sorta al fine di mitigare il rigore della cd. sussidiarietà in astratto, si è sostenuto che il presupposto per proporre l'azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza - accertabile anche d'ufficio - di un'azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata. La tutela residuale viene quindi ammessa anche quando l'azione teoricamente spettante all'impoverito sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c. (2).

(1Cass. n. 12242/2016, Cass. n. 20528/2017, Cass. n. 8694/2018, Cass. n. 29988/2018, Cass. n. 4909/2023.

         

(2Cass. n. 4620/2012, Cass. n. 4765/2014, Cass. n. 27827/2017, Cass. n. 843/2020.

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. civ., sez. III, ord., 20 febbraio 2023, n. 5222
  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare alcuni motivi di ricorso per cassazione, che sostanzialmente adducevano una violazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. La tesi della ricorrente era che la domanda di arricchimento ben poteva essere proposta in via subordinata a quella di responsabilità precontrattuale, in quanto di quest'ultima difettava il titolo, e che la residualità dell'azione di arricchimento va vista in concreto e non in astratto. L'esame di questi motivi presupponeva, dunque, di considerare se sia da seguire la tesi secondo cui l'azione di arricchimento non è ammessa solo ove quella svolta in via principale abbia titolo in un contratto o nella legge, oppure se la residualità valga sempre, quale che sia l'azione che si fa valere.

Principio di diritto
  • Le Sezioni Unite, con sentenza n. 33954 del 5 dicembre 2023, hanno affermato il seguente principio di diritto: «Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l'esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall'illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico». 

Le motivazioni delle Sezioni Unite

Cass. civ., sez. un., 5 dicembre 2023, n. 33954

  • Le Sezioni Unite, in primo luogo, hanno precisato come non possa accedersi alla soluzione che reputa sempre ammissibile l'azione di arricchimento allorché la diversa azione proponibile sia fondata su clausole di carattere generale, e tanto al fine di evitare, ad esempio in caso di potenziale concorso tra azione principale (risarcitoria aquiliana ovvero ex art. 1337 c.c.) ed azione di arricchimento, fenomeni di concorso integrativo o addirittura alternativo, nonché elusioni della norma, soprattutto qualora si ammetta che si possa agire con l'azione di arricchimento anche in ipotesi in cui la domanda principale non sia stata coltivata o sia andata perduta per il comportamento colpevole del titolare. Pertanto, la Corte ha ribadito che resta precluso l'esercizio dell'azione di arricchimento ove quella suscettibile di proposizione in via principale sia andata persa per un comportamento imputabile all'impoverito, come in ipotesi (di più frequente applicazione) di prescrizione o di decadenza.
  • Tuttavia, i Giudici di legittimità hanno fatto proprio il temperamento al cd. principio della sussidiarietà in astratto operato da numerose pronunce, soprattutto nel caso in cui l'azione principale sia fondata su fonte contrattuale e il titolo azionato sia oggetto di dichiarazione di nullità. Le Sezioni Unite, ribadendo l'impossibilità di agire ex art. 2041 c.c. nel caso in cui la nullità derivi dall'illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico, hanno dato delle direttive ben precise al fine di consentire ai giudici di merito una ponderata valutazione della ricorrenza o meno della residualità per le molteplici ipotesi che potrebbero prospettarsi.
  • Ed infatti, nel caso di azione fondata su titolo contrattuale, ancorché il riscontro della nullità del titolo porti ad una pronuncia di rigetto nel merito della domanda fondata sullo stesso, occorre distinguere tra le ipotesi in cui il rigetto derivi dal riconoscimento della carenza ab origine dei presupposti fondanti la domanda cd. principale, da quelli in cui questo derivi dall'inerzia dell'impoverito ovvero dal mancato assolvimento di oneri cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse.
  • Nella prima ipotesi il rigetto per accertamento della carenza ab origine del titolo fondante la domanda cd. principale comporta che quello che appariva un concorso da risolvere ex art. 2042 c.c. in favore della domanda principale si rivela essere in realtà un concorso solo apparente, in quanto deve escludersi la stessa ricorrenza di un diritto suscettibile di essere dedotto in giudizio, con la conseguente proponibilità della domanda ex art. 2041 c.c.
  • Ancora, il rigetto della domanda correlato al mancato assolvimento dell'onere della prova in relazione alla sussistenza del pregiudizio, non esclude che il diverso titolo sussista e che quindi sia preclusa la domanda fondata sulla clausola residuale.
  • Se la domanda principale è correlata ad una pretesa scaturente da un contratto di cui si lamenta l'esecuzione in maniera difforme da quanto pattuito, chiedendosi il ristoro del pregiudizio subito e si accerta che il contratto era affetto da nullità, lo spostamento contrattuale si palesa privo di una giusta causa e legittima quindi la proposizione, anche in via subordinata nel medesimo giudizio, dell'azione di arricchimento.
  • Qualora, invece, incontestata o dimostrata l'esistenza del contratto, il rigetto sia derivato dalla mancata prova, da parte del contraente, del danno derivante dall'altrui condotta inadempiente, la domanda di arricchimento resta preclusa in ragione della clausola contenuta nell'art. 2042 c.c.
  • Quanto poi ai rapporti tra azione di arricchimento ed azioni risarcitorie, la Corte ha ritenuto ammissibile la proposizione della prima in caso di rigetto delle seconde per ragioni che consentano di affermare la carenza del titolo posto a fondamento (nel caso di carenza degli elementi costitutivi della fattispecie legale ovvero in presenza di elementi impeditivi).
  • Inoltre, in tutti casi di accertata esclusione della fondatezza della domanda ex art. 2043 c.c., per la mancanza, nella condotta dell'arricchito, dell'elemento soggettivo richiesto dalla norma, così come, in caso di azione ex art. 1337 c.c., di mancato riscontro della violazione della regola della buona fede nella condotta del convenuto, resta esclusa la stessa sussistenza ab origine di un titolo fondante una domanda suscettibile di essere avanzata in via principale, con conseguente proponibilità dell'azione residuale.
  • Dunque, ad avviso delle Sezioni Unite, la soluzione che impone di discernere le ragioni del rigetto della domanda consente di salvaguardare il fondamento della residualità e dunque il rispetto sia del principio della certezza del diritto, sia della regola di equità sottesa alla previsione dell'art. 2041 c.c., riconoscendosi all'impoverito il ristoro per quelle situazioni che siano già ab origine prive di un rimedio riconosciuto dalla legge.
  • Il giudice dovrà quindi dare compiutamente atto dei motivi che non consentono di accogliere la domanda cd. principale.

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