Anti-delocalizzazioni: in caso di omissione della preventiva procedura al licenziamento collettivo, si profila la condotta antisindacale
24 Gennaio 2024
Massima L'avvio della procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della l. 223/1991 senza aver, preventivamente, esperito la procedura “anti-delocalizzazioni” di cui all'art 1, commi da 224 a 227, l. 234/2021 nonché in violazione degli obblighi informativi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale (art. 9, sez. I, del CCNL Industria Metalmeccanica) e aziendale costituisce una condotta antisindacale i cui effetti vanno rimossi previa revoca della comunicazione di apertura della procedura ex l. 223/1991 ed avvio della procedura “anti-delocalizzazioni”. Il caso La seconda “puntata” del caso G. La decisione assunta dal Tribunale di Firenze trae origine dal ricorso ex art. 28 Stat. Lav. proposto dall'organizzazione sindacale FIOM CGIL delle Province di Firenze, Prato e Pistoia contro la società F.F. S.p.A. Pare opportuno premettere, innanzitutto, che tale contenzioso costituisce la seconda “puntata” del caso, di rilevanza mediatica nazionale, G. relativo alla procedura di licenziamento collettivo dei 422 dipendenti addetti allo stabilimento di Campi Bisenzio avviata nell'estate del 2021 e, anche in quel caso, oggetto di un'azione di repressione della condotta antisindacale promossa dalla FIOM CGIL. Allora il Tribunale di Firenze, con decreto emesso il 21 settembre 2021, ha accertato il comportamento antisindacale, alla luce degli obblighi informativi gravanti sull'impresa sulla base dell'art. 9 CCNL Industria Metalmeccanica e del contratto collettivo di livello aziendale concluso con la RSU il 9 luglio 2020, obbligando la società a revocare la procedura di licenziamento collettivo già avviata. Ebbene, dopo tale pronuncia, l'attività di produzione nello stabilimento di Campi Bisenzio è stata fermata sin dal luglio 2021. Successivamente, il 23 dicembre 2021 il 100% delle partecipazioni azionarie di GKN è stato acquistato da P. S.r.l. e la nuova proprietà, dopo aver revocato la stato di liquidazione e aver cambiato il nome in quello attuale F.F. S.p.A. ha annunciato la propria volontà di reindustrializzare il sito e, in data 19 gennaio 2022, ha siglato con FIOM CGIL e altre associazioni sindacali un accordo quadro di reindustrializzazione dello stabilimento di Campi Bisenzio che prevedeva una prima fase di riqualificazione, con accesso agli ammortizzatori sociali, e una seconda fase di reindustrializzazione con l'intervento di terzi. Dopo aver fruito della CIGS per diversi mesi la società, in data 9 febbraio 2023, veniva posta in liquidazione volontaria. Il 18 ottobre 2023 la società avviava la procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della L. 223/1991 di 185 dipendenti e la FIOM CGIL, il 17 novembre 2023, depositava ricorso ex art. 28 della L. 300/1970 ritenendo che l'avvio della procedura costituisse una condotta antisindacale per: (i) omissione della procedura “anti-delocalizzazioni” di cui all'art 1, commi da 224 a 227, L. 234/2021; (ii) omissione delle procedure di consultazione e confronto previste dagli artt. 1, 3 e 4 del d.lgs. n. 25/2007 recepite nell'art 9 CCNL Industria Metalmeccanica; (iii) violazione degli impegni assunti nell'accordo quadro del 19 gennaio 2022. Al fine di rimuovere gli effetti della condotta asseritamente antisindacale la FIOM CGIL chiedeva al Giudice di condannare la Società a revocare la comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo e a dare attuazione agli impegni assunti con l'accordo quadro del 19 gennaio 2022, ordinando alla resistente di completare la fase di ristrutturazione previa fruizione degli ammortizzatori sociali ed, eventualmente, solo alla fine di tale fase, procedere con le informative previste dall'art. 9 del CCNL e avviare la procedura “anti-delocalizzazioni”. Il sindacato chiedeva, inoltre, il risarcimento del danno e la pubblicazione del decreto in quotidiani di rilievo nazionale. Le questioni I presupposti applicativi della procedura “anti-delocalizzazioni” e le conseguenze della sua omissione Le questioni giuridiche poste al vaglio del Tribunale toscano sono molteplici. Posto che la società stessa ha confermato di non aver avviato la procedura anti-delocalizzazioni, ritenendo di non esserne tenuta sia a causa del mancato raggiungimento del relativo requisito dimensionale sia a causa della pretesa operatività della causa di esclusione di cui all'art. 1, comma 226, l. 234/2021, la prima questione giuridica posta al vaglio del Giudice riguarda la corretta interpretazione del requisito dimensionale previsto dall'art 1, comma 225, della l. 234/2021. Come noto, la disposizione prevede che la procedura “anti-delocalizzazioni” si applica ai datori di lavoro che, nell'anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti. Il Giudice chiarisce che la media occupazionale cui si riferisce la disposizione riguarda un arco temporale di 12 mesi antecedenti la data dell'avvio della procedura di licenziamento, e dunque, nel caso di specie, comprende i 365 giorni che vanno dal 19 ottobre 2022 al 18 ottobre 2023. Ulteriore precisazione attiene al calcolo della media occupazionale che, secondo il Giudice, deve avvenire sommando il numero di giorni in cui ogni singolo dipendente risulta presente nell'organico dell'azienda e dividendo il risultato per 365. Applicando tale metodo di calcolo il Giudice giunge alla conclusione che, nel periodo di riferimento, la società ha occupato mediamente n. 251,81 dipendente, rientrando dunque nel campo di applicazione della procedura “anti-delocalizzazioni”. La seconda questione giuridica attiene alla corretta interpretazione del comma 226 della disposizione, invocato dalla resistente, in base al quale “Sono esclusi dall'ambito di applicazione dei commi da 224 a 238 i datori di lavoro che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e che possono accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa di cui al decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147”. Secondo il Giudice tale esclusione opera solo nei confronti di soggetti che non solo si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario, ma abbiano anche le caratteristiche per accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, il ché implica un'altra condizione indefettibile: l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, intesa come ragionevole, ovvero basata su dati attendibili e ipotesi realistiche, implicante quindi una possibilità di superamento degli squilibri finanziari, patrimoniali ed economici dell'impresa. Secondo il Giudice incombe sulla parte che intende invocare l'esclusione dal campo di applicazione della procedura l'onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti dal comma 226 incluse, dunque, le prospettive di risanamento, onus probandi disatteso – secondo il Giudice – nel caso di specie. Al Giudice è, poi, richiesto di verificare se l'avvenuto avvio della procedura di licenziamento collettivo omettendo di porre in essere la procedura “anti-delocalizzazioni” e le procedure di informazione e consultazione sindacale previste dal CCNL e dall'accordo quadro aziendale costituisca una condotta antisindacale attuale. Ebbene, il Tribunale di Firenze osserva che l'atteggiamento omissivo di parte datoriale ha di fatto impedito al sindacato di avere piena contezza delle attività compiute per l'attuazione del piano, di talché non può dubitarsi della permanenza degli effetti lesivi della condotta. Quanto alla rimozione degli effetti, il Giudice accoglie solo parzialmente la richiesta di parte ricorrente, stabilendo che l'accertata violazione dell'art 1, comma 224, l. 234/2021 impone all'azienda di effettuare la comunicazione omessa e, quale ulteriore e necessitata conseguenza, di revocare il procedimento ex l. n. 223/1991 che – per espressa previsione di legge- è invalido se non preceduto dalla comunicazione di cui trattasi (cfr. art 1. comma 227, l. 234/2001, che sanziona con la nullità i licenziamenti collettivi intimati in mancanza della comunicazione). Il Tribunale non ritiene, invece, di dover ordinare alla società di dare seguito all'accordo quadro di reindustrializzazione, ritenendo che la comunicazione di avvio della procedura “anti-delocalizzazioni”, dovendo indicare “le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura” (cfr. art 1, comma 227, l. 234/2021) e quindi, nel caso di specie, dovendo necessariamente ripercorrere le attività poste in essere dal datore di lavoro per la realizzazione del piano di reindustrializzazione al fine di spiegare i motivi della mancata attuazione dello stesso, consentirà al sindacato di interloquire, esprimendo il suo parere non vincolante, anche in relazione alla concreta possibilità per il datore di lavoro di elaborare il piano per limitare le ricadute occupazionali previsto dal comma 228 dell'art 1 della L. 234/2021. Le soluzioni giuridiche La procedura “anti-delocalizzazioni” come prius indefettibile della procedura di licenziamento collettivo La decisione assunta dal Tribunale di Firenze appare di indubbio interesse poiché analizza la portata applicativa della procedura “anti-delocalizzazioni” ex art. 1, comma 224 ss., L. 234/2021). Appare, senz'altro, condivisibile la soluzione giuridica fornita dal Giudice sul corretto calcolo del requisito dimensionale di cui al comma 225 della disposizione così come appare corretta l'interpretazione della condizione di esclusione prevista dal comma 226, anche in punto di riparto dell'onere probatorio. Appare, invece, discutibile ipotizzare che possa configurarsi una violazione cumulativa della procedura “anti-delocalizzazioni” e degli obblighi informativi previsti dall'art. 9 del CCNL Industria Metalmeccanica. Si evidenzia, infatti, che l'art. 9 del CCNL prevede espressamente che “le procedure previste dalla Legge 23 luglio 1991, n. 223, dalla Legge 29 dicembre 1990, n. 428 nonché dal d.P.R. n. 218/2000, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia”. Ora, una lettura della norma non meramente formalistica non può che condurre a ritenere che l'effetto di assorbimento non opera solo nei casi specifici menzionati dalla disposizione contrattuale bensì in tutti i casi in cui la legge ha previsto uno specifico procedimento di informazione e consultazione sindacale che conferisce al sindacato un ruolo nel governo di rilevanti processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, ivi inclusa la procedura di cui alla L. 234/2021 (anche se, come noto, ci sono precedenti di segno contrario, cfr. Trib. Trieste, decr., 22 settembre 2022, con nota di R. Maraga, Obblighi informativi previsti dal contratto collettivo, procedura anti-delocalizzazioni e condotta antisindacale: appunti sul caso Wartsila, in Arg. dir. lav., 2023, 1, p. 187-199). Ebbene, il Giudice, forse perché il rilievo non è stato evidenziato dalle parti, non si pone questo problema e ipotizza la contestuale violazione delle due procedure, l'una di fonte legale e l'altra di fonte contrattuale-collettiva. Quanto all'ordine di rimozione degli effetti, nel caso di specie, il Giudice ricollega la revoca della procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della L. 223/1991 a una specifica previsione normativa: il comma 227 dell'art. 1 della L. 234/2021 in base al quale la comunicazione di cui al comma 224 deve essere effettuata almeno centottanta giorni prima dell'avvio della procedura di licenziamento collettivo pena la nullità dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e dei licenziamenti collettivi intimati in mancanza della comunicazione o prima dello scadere del termine di centottanta giorni ovvero del minor termine entro il quale è sottoscritto il piano di cui al comma 233. Secondo il Giudice il “procedimento ex L. n. 223/91 (…) per espressa previsione di legge- è invalido se non preceduto dalla comunicazione di cui trattasi (cfr. art 1. comma 227, l. 234/2001, che sanziona con la nullità i licenziamenti collettivi intimati in mancanza della comunicazione”. L'aggancio logico-argomentativo appare discutibile: la norma, infatti, sancisce la nullità del licenziamento (con la conseguente applicabilità del regime di tutela previsto dall'ordinamento per i licenziamenti nulli) ma non l'invalidità della procedura di licenziamento collettivo. L'ordine di revoca della procedura deriva, semmai, dalla (opinabile) considerazione che l'omissione della procedura “anti-delocalizzazioni” ha impedito al sindacato di essere informato e consultato e di dare il suo contributo per evitare di arrivare all'apertura del licenziamento collettivo. Su questo, tuttavia, non possono che nutrirsi delle riserve. La norma, infatti, prevede la nullità dei licenziamenti collettivi intimati ma non dell'intera procedura. Si evidenzia, peraltro, che non vi è alcun nesso causale (né potrebbe fornirsene la prova) tra apertura del licenziamento collettivo e omissione della procedura anti-delocalizzazioni, di tal che la prima possa considerarsi effetto della seconda, poiché non vi è modo di affermare la probabilità che il corretto svolgimento della procedura anti-delocalizzazioni avrebbe permesso di evitare l'avvio della procedura di licenziamento collettivo. Sul punto è opportuno richiamare la giurisprudenza di merito secondo la quale la violazione degli obblighi informativi in merito ai livelli occupazionali non inficia la validità della procedura di licenziamento collettivo avviata successivamente ai sensi della l. n. 223/1991, ma costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della l. n. 300/1970, dalla quale deriva il diritto dell'organizzazione sindacale al risarcimento del danno provocato dalla lesione del ruolo e dell'immagine del sindacato, a meno che la norma che istituisce gli obblighi informativi non preveda espressamente che il mancato rispetto di questi ultimi incida direttamente sulla validità della procedura (cfr. Trib. Ancona 22 febbraio 2022 con nota di R. Maraga, I diritti di informazione e consultazione sindacale sui livelli occupazionali: brevi note sul caso Caterpillar, in Arg. dir. lav., 2022, 5, p. 1039-1057). Seguendo tale linea interpretativa, il caso di specie si sarebbe dovuto chiudere con un risarcimento del danno a favore del Sindacato, cui sono stati illegittimamente negati i diritti informativi previsti dalla procedura “anti-delocalizzazioni”, lasciando, tuttavia, le questioni inerenti alla procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991 nella sfera dei rapporti individuali di lavoro in quanto i singoli lavoratori licenziati ben avrebbero potuto invocare l'art. 1, comma 227 della L. 234/2021 per chiedere l'accertamento della nullità del recesso datoriale con la conseguente condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro e alle indennità previste dalla legge. Riferimenti bibliografici M. Biasi, Il nodo della partecipazione dei lavoratori in Italia. Evoluzioni e prospettive nel confronto con il modello tedesco ed europeo, Milano, 2013. M. Corti, Partecipazione dei lavoratori e licenziamenti collettivi, in Jus-online, 2019, pp. 14-15. M. Biasi, La partecipazione dei lavoratori nel CCNL Metalmeccanici 5 febbraio 2021: la retta via e il lungo cammino, in G. Zilio Grandi (a cura di), Commentario al CCNL metalmeccanici 5 febbraio 2021, Torino, 2021, p. 93 ss. M. Corti, Il coinvolgimento dei lavoratori preso sul serio: il caso GKN, in Dir. rel. ind., 2022, 1, p. 265 ss. G. Frosecchi, Diritti collettivi di informazione. Lezioni dal caso GKN, in Labour & Law Issues, 2021, 2, p. 7. R. Maraga, I diritti di informazione e consultazione sindacale sui livelli occupazionali: brevi note sul caso Caterpillar, in Arg. dir. lav., 2022, 5, pp. 1039-1057. R. Maraga, Obblighi informativi previsti dal contratto collettivo, procedura anti-delocalizzazioni e condotta antisindacale: appunti sul caso Wartsila, in Arg. dir. lav., 2023, 1, pp. 187-199. |