Viene meno il divieto di applicazione dell’aggiornamento istat per le locazioni passive degli enti pubblici
Paolo Scalettaris
24 Gennaio 2024
Il d.l. 30 dicembre 2023 n. 215 (“Disposizioni urgenti in materia di termini normativi”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 ed entrato in vigore il 31 dicembre 2023, nel disporre la proroga di tutta una serie di norme relative a materie diversificate non ha, però, disposto la proroga della vigenza dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 95/2012, ossia della norma che inibiva l’applicabilità dell’aggiornamento Istat nelle locazioni passive degli Enti pubblici individuati dalla norma stessa. Nel testo che segue, si analizzano quindi gli effetti della mancata proroga della norma ora ricordata.
Il quadro normativo
Il comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 95/2012 ha previsto che, “in considerazione dell'eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l'aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istat ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l'utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali”.
È stato così disposto che nel caso di locazione che vedesse quale parte conduttrice una delle Amministrazioni e degli enti indicati nella norma stessa non si applicasse l'“aggiornamento relativo alla variazione degli indici Istat previsto dalla normativa vigente”.
La norma è entrata in vigore nell'anno 2012 ed è rimasta vigente per ben dodici anni in virtù di una serie di proroghe disposte senza soluzione di continuità dai decreti “milleproroghe” intervenuti ogni anno: da ultimo essa è stata mantenuta in vita dalla previsione del comma 4 dell'art. 3 (“Proroga di termini in materia economica e finanziaria”) del d.l. 29 dicembre 2022, n. 198 (“Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”) convertito in legge con modificazioni dalla l. 24 febbraio 2023, n. 14 che ha previsto che “all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole: ‘2021 e 2022' sono sostituite dalle seguenti: ‘2021, 2022 e 2023' ”.
Il d.l. 30 dicembre 2023, n. 215 (“Disposizioni urgenti in materia di termini normativi”), il nuovo decreto “milleproroghe” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 ed entrato in vigore il 31 dicembre 2023, nel disporre la proroga di tutta una serie di norme relative a materie diversificate non ha però più disposto la proroga dell'art. 3, comma 1, del d.l. n. 95/2012.
Ne deriva che con il 31 dicembre 2023 è venuta a cessare la vigenza della disposizione volta ad escludere l'applicazione dell'aggiornamento del canone relativamente alle locazioni anzidette.
Da notare - per inciso - che il nuovo decreto “milleproroghe” contiene una specifica norma (quella di cui al comma 1 dell'art. 3) che interessa le locazioni passive delle Amministrazioni statali: ma si tratta di norma che non ha nulla a che vedere con quella relativa all'aggiornamento dei canoni trattandosi della norma che proroga la disposizione che esclude l'applicabilità delle riduzioni del canone per alcune locazioni passive della Pubblica Amministrazione.
Qui di seguito prenderemo in considerazione la norma che ha escluso l'applicazione delle clausole di aggiornamento Istat del canone ed analizzeremo la portata e gli effetti del venire meno della vigenza di tale disposizione.
Il contenuto e l'ambito di applicazione del comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 95/2012
Prendiamo dunque in esame la disposizione del comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 95/2012 che era diretta ad escludere l'aggiornamento del canone.
Ancorché tale norma fosse formulata in modo poco felice (essa faceva riferimento all'aggiornamento previsto dalla “normativa vigente” sì che a prima vista avrebbe potuto dubitarsi che la norma riguardasse l'aggiornamento del canone di cui all'art. 32 della l. n. 392/1978, aggiornamento che non è propriamente “previsto” da quest'ultima norma ma è piuttosto “previsto” dalle parti del contratto di locazione e solamente “consentito” dalla norma ora indicata), deve ritenersi - atteso che altrimenti la previsione normativa non avrebbe avuto alcuna effettiva applicazione - che la disposizione contenuta nel decreto del 2012 si riferisse all'aggiornamento di cui alla norma anzidetta della l. n. 392/1978.
Da notare, poi, che la disposizione del decreto del 2012 (che era destinata a disciplinare sia i contratti con i conduttori della natura indicata già in corso alla data di entrata in vigore del decreto n. 95/2012 sia i contratti che fossero stipulati con tali conduttori successivamente a tale data) inibiva l'applicazione esclusivamente dell'aggiornamento del canone (la norma disponeva infatti che non si applicasse “l'aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT”) restando estranee al campo di applicazione della norma tutte le ipotesi di aumento o di incremento del canone che fossero diverse dall'ipotesi specifica dell'aggiornamento. Si ricordi a questo proposito che da tempo la giurisprudenza ( Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2021, n. 33884; Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2017, n. 15348) riconosce la legittimità sia delle pattuizioni che fissino - quanto alle locazioni non abitative - canoni differenziati e crescenti nel corso del contratto di locazione sia delle pattuizioni che stabiliscano aumenti del canone nel corso del contratto: fattispecie che restavano, dunque, estranee all'orbita di applicazione della norma che stiamo esaminando.
Va, poi, ricordato - con riguardo alle modalità di operatività della previsione del divieto di applicazione della clausola contrattuale di aggiornamento - che la disapplicazione nel caso era automatica e che, pertanto, perché la previsione di non applicabilità dell'aggiornamento operasse non era necessaria alcuna specifica attività né da parte del locatore né da parte del conduttore.
Da segnalare, infine, che la disposizione descritta era entrata in vigore nell'anno 2012 ed era stata successivamente mantenuta in vita senza soluzione di continuità - attraverso le previsioni di tutti i decreti “milleproroghe” che erano intervenuti negli anni successivi - fino all'anno 2023.
Gli effetti della mancata proroga
A far tempo dal 1° gennaio 2024, dunque, per le locazioni nelle quali sia conduttore lo Stato o uno degli enti individuati dalla norma indicata è nuovamente consentita l’applicazione della clausola di aggiornamento Istat del canone.
Quanto agli effetti della nuova operatività della clausola anzidetta, molti sono gli aspetti concreti che vanno sottolineati.
La clausola contrattuale di aggiornamento del canone
Il primo aspetto sul quale va richiamata l'attenzione concerne la stessa possibilità di operare l'aggiornamento del canone relativamente al singolo contratto di locazione.
Al proposito, va ricordato che, ai sensi dell'art. 32 della l. n. 392/1978, l'aggiornamento del canone, nel caso delle locazioni non abitative, può essere operato solo a condizione che il contratto di locazione preveda tale possibilità attraverso una specifica previsione contrattuale (che peraltro potrebbe essere oggetto anche di una pattuizione che intervenisse nel corso del contratto di locazione: secondo Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2000, n. 15958, infatti, “la clausola di aggiornamento annuale della misura del canone di locazione, su richiesta del locatore, per le eventuali variazioni del potere di acquisto della lira ... quale consentita dall'art. 32 della l. n. 392/1978, non deve necessariamente assumere forma coeva alla stipulazione dell'originario contratto di locazione, ma può consistere anche in un patto posteriore alla formazione del contratto medesimo”): l'art. 32 della legge anzidetta infatti non dispone che l'aggiornamento del canone faccia parte in via generalizzata del contenuto delle locazioni non abitative ma si limita a consentire l'aggiornamento (peraltro con i limiti previsti dalla norma stessa) nel caso in cui le parti inseriscano nel contratto di locazione una specifica clausola che lo contempli (v., a questo proposito, Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2527).
Da sottolineare, poi, che la norma ricordata fissa precisi limiti per la misura dell'aggiornamento consentito: questo può operarsi solo entro il limite della percentuale del 75% della variazione degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati (va ricordato peraltro che questo limite non opera nel caso in cui il contratto di locazione fissi una durata del rapporto locatizio che superi le misure minime fissate dall'art. 27 della stessa l. n. 392/1978).
Il criterio di calcolo dell'aggiornamento
Ciò chiarito, va poi prestata attenzione al criterio che deve essere seguito in sede di operazione di aggiornamento del canone.
Alla luce dell'orientamento da tempo consolidato in materia, deve ritenersi che il criterio da seguire ai fini della determinazione e del calcolo dell'aggiornamento del canone debba essere quello che fa utilizzo dei dati relativi alla variazione assoluta degli indici Istat: il locatore potrà dunque pretendere che il canone venga determinato considerando (peraltro nella misura ridotta del 75%) la percentuale corrispondente a tutta la variazione degli indici Istat che sia intervenuta dal momento dell'inizio della locazione fino al momento di applicazione dell'aggiornamento. Verrà così presa in considerazione anche la variazione degli indici Istat intervenuta nel periodo in cui è stata vigente la previsione di inapplicabilità della clausola di aggiornamento.
Alla conclusione ora segnalata deve pervenirsi - come detto - alla luce dell'orientamento che è sempre stato seguito dalla Cassazione in tema di aggiornamento del canone per le locazioni non abitative. In argomento la Corte anzidetta afferma, infatti, che “con riguardo alla locazione di immobili destinati ad uso non abitativo per l'aggiornamento del canone di locazione, dovuto solo se pattuito e dal mese successivo alla richiesta … l'art. 32 della l. n. 392/1978, come modificato dall'art. 1 della l. n. 118/1985, pone come dato sul quale operare annualmente l'aggiornamento il canone iniziale, con le conseguenze che a tale canone di partenza occorre fare riferimento in occasione degli aggiornamenti annuali, considerando unitariamente la variazione verificatasi per tutto il periodo considerato” (così Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15034; nello stesso senso, v. Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2006, n. 23836). Da segnalare che, dal principio così affermato, si è tratta l'ulteriore considerazione che, pertanto, “ai soli fini di questo calcolo, è ininfluente che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto in precedenza l'aggiornamento, in quanto detta mancata richiesta impedisce solo l'accoglimento della domanda degli aggiornamenti pregressi, c.d. arretrati” (così Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15034, cit.).
Da quanto precede deriva, appunto, che anche le variazioni degli indici Istat che si siano verificate mentre era vigente la disposizione che imponeva l'inapplicabilità dell'aggiornamento dovranno essere considerate ai fini della determinazione della misura del canone dovuto per il periodo futuro e successivo alla cessazione della vigenza della disposizione di inapplicabilità.
La data di decorrenza dell’aggiornamento
Una ulteriore considerazione deve essere formulata con riguardo alla data a partire dalla quale può essere nuovamente richiesto l’aggiornamento del canone.
A seguito della mancata protrazione della proroga della vigenza della norma che esclude la possibilità dell’aggiornamento del canone, questo può essere richiesto da parte dei locatori con effetto dal giorno 1° gennaio 2024.
È appena il caso di segnalare che la possibilità di richiesta dell’aggiornamento a far tempo da tale data riguarderà tutti i contratti di locazione considerati dalla norma per i quali fosse già trascorsa la data alla quale la clausola del contratto di locazione prevedesse che l’aggiornamento trovasse applicazione. Ciò significa che se - per esempio - la clausola presente nel contratto prevedesse che l’aggiornamento potesse essere richiesto ogni anno con decorrenza dal giorno e dal mese dell’anno corrispondenti a quelli di inizio della locazione, giorno e mese che fossero diversi dal giorno 1° gennaio, deve ritenersi che possa essere applicato a far tempo dal 1° gennaio dell’anno 2024 l’aggiornamento che avrebbe potuto, in base alla clausola contrattuale di aggiornamento, avere applicazione prima del 1° gennaio 2024 anche se tale aggiornamento non fosse stato richiesto in precedenza mentre era vigente la disposizione che imponeva l’inoperatività della clausola Istat.
In futuro poi - con decorrenza dal giorno e dal mese dell’anno 2024 corrispondenti a quelli previsti dal contratto - sarà applicato nuovamente l’aggiornamento Istat (e così via di anno in anno nel corso del rapporto).
La richiesta dell'aggiornamento
Da ultimo si segnala che anche in relazione alla situazione che stiamo considerando dovrà esservi comunque - affinché operi la clausola di aggiornamento del canone - la richiesta da parte del locatore.
Ciò deve affermarsi alla luce del principio affermato in giurisprudenza secondo cui con riguardo alle locazioni non abitative “la richiesta si pone come condizione per il sorgere del relativo diritto, con la conseguenza che il locatore può pretendere il canone aggiornato solo dal momento della stessa, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati” (così Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2005, n. 2417; Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2527). La richiesta di aggiornamento del canone, da effettuarsi anno per anno, si configura infatti come un onere del locatore al cui adempimento è legato il suo diritto a ottenere tale adeguamento (così Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24753; Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2012, n. 3014).
Da ricordare - per inciso - che la richiesta di aggiornamento del canone annuale può essere formulata anche con mezzi alternativi quali per esempio l'invio al conduttore della fattura relativa al canone inglobante l'aggiornamento; si è ritenuta, infatti, validamente proposta la richiesta in questione con l'invio di una fattura in cui fosse indicato un canone maggiore rispetto all'ultimo pagato - inglobante un aumento corrispondente al 75% delle variazioni Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai - rendendo desumibile, previa comparazione con il minor canone precedentemente pagato, la misura della percentuale di aggiornamento applicato (così Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2012, n. 16068).
Da notare che pertanto - alla luce di quanto si è detto supra - nel caso che stiamo considerando si renderà necessaria una prima richiesta del locatore perché possa operare l'aggiornamento del canone con decorrenza dal 1° gennaio 2024 e, quindi, dovranno essere formulate nuove e distinte richieste per tutti i successivi aggiornamenti del canone che matureranno nel periodo successivo di durata del contratto.
Va, infine, osservato - con riguardo ad aspetto di carattere concreto - che dal momento che la conoscenza della mancata proroga della vigenza della norma che inibiva l'aggiornamento del canone (norma che invece - come si è detto - era sempre stata prorogata dai precedenti decreti “milleproroghe”) si è avuta solamente negli ultimissimi giorni del mese di dicembre 2023, è assai difficile che le richieste di applicazione dell'aggiornamento possano essere state effettuate dai locatori prima dell'inizio del mese di gennaio 2024: ciò potrebbe fare dubitare - alla luce del principio affermato dalla giurisprudenza circa la irretroattività della richiesta in materia - che in questi casi possa essere preteso il pagamento della somma corrispondente alla maggiorazione del canone in relazione all'aggiornamento in questione per il mese di gennaio 2024 (o comunque per i mesi dell'anno 2024 antecedenti il momento in cui fosse formulata dal locatore la richiesta).
La disposizione in tema di locazioni passive degli enti pubblici che viene prorogata
Come già si è detto, il d.l. 30 dicembre 2023 n. 215 (c.d. “milleproroghe”) contiene una disposizione che concerne le locazioni passive delle Amministrazioni statali (disposizione diversa da quella che qui si è esaminata).
Si tratta della disposizione di cui al comma 1 dell'art. 3 (dalla rubrica “Proroga di termini in materia economica e finanziaria”) che recita: “All'articolo 16-sexies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, relativo alla disciplina dei contratti di locazione passiva stipulati dalle Amministrazioni statali, le parole: ‘31 dicembre 2023' sono sostituite dalle seguenti: ‘31 dicembre 2024' ”.
Perché possano essere intesi il significato e la portata della disposizione è necessario ricordare che la norma la cui vigenza viene ora prorogata fino al 31 dicembre 2014 prevede che in presenza di una delle condizioni indicate dalla stessa disposizione non trovino applicazione nei confronti dei contratti di locazione che vedano quali conduttori i soggetti pubblici individuati dalla norma stessa “le riduzioni del canone di mercato” previste dai commi 4, 6 e 10 dell'art. 3 del d.l. n. 95/2012.
Aspetto che, appunto, non ha nulla a che vedere con il tema dell'aggiornamento del canone.
In conclusione
Possiamo ora indicare le conclusioni alle quali conducono le osservazioni che fino ad ora abbiamo formulato.
Dopo che per dodici anni la disposizione che escludeva l’aggiornamento del canone per le locazioni che vedevano quale conduttore lo Stato o altro ente pubblico era rimasta vigente in conseguenza della proroga disposta anno dopo anno dai “decreti milleproroghe” che si sono succeduti fino al 2023, il decreto “milleproroghe” ora emanato non ha più prorogato la vigenza di tale disposizione e pertanto dal 1° gennaio 2024 anche per le locazioni anzidette è consentito, se previsto dal contratto, l’aggiornamento del canone.
Con riguardo alla concreta applicazione dell’aggiornamento si pongono i problemi che abbiamo esaminato e dunque emerge:
che è necessaria la presenza nel contratto di locazione della clausola che preveda l’aggiornamento;
che il criterio da seguire per il calcolo dell’aggiornamento sarà quello della variazione assoluta dei dati Istat;
che la data di decorrenza dell’aggiornamento sarà - per i contratti per cui fosse già maturato il diritto all’aggiornamento - il 1° gennaio 2024;
che sarà, comunque, necessaria la richiesta del locatore per l’applicazione dell’aggiornamento del canone.
Va sottolineato, infine, che il venire meno della disposizione che escludeva l’aggiornamento del canone per le locazioni che fossero stipulate dallo Stato o dagli altri enti pubblici quali conduttori costituisca una novità da valutarsi positivamente.
Si ricordi, infatti, che - come abbiamo già avuto occasione di osservare in altra occasione - da un lato la costituzionalità della proroga della disposizione ora non più vigente (proroga automatica ed integrale, senza la previsione di alcuna misura di adattamento o modifica in relazione al mutare delle condizioni del contesto economico e sociale e comunque tale da penalizzare solo i locatori degli immobili locati allo Stato o ad altri enti pubblici) era apparsa quantomeno incerta e che d’altro lato l’opportunità e la convenienza di tale proroga con riferimento allo stesso interesse del soggetto pubblico conduttore era risultata dubbia considerato che la persistenza della vigenza della norma indicata non poteva che avere l’effetto per un verso di indurre i locatori a dare disdetta appena possibile ai contratti di locazione interessati dalla norma ed inoltre e per altro verso di indurre i proprietari a non locare i propri immobili allo Stato o agli enti pubblici.
Riferimenti
Cuffaro, Le clausole di determinazione del canone nelle locazioni ad uso diverso dall’abitazione, in Corr. giur., 2017, 310;