Non è necessaria la contestualità tra conferimento della procura speciale e il ricorso per Cassazione
25 Gennaio 2024
Massima In tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 83, comma 3, e 365 c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell'atto cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso. Il caso La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria emessa dalla Terza Sezione, rilevava preliminarmente d'ufficio che la procura conferita dal ricorrente risultava rilasciata in luogo e data diversi dalla data e luogo in cui veniva sottoscritto il ricorso per Cassazione. La Terza sezione rimetteva gli atti al Primo Presidente, il quale, in ragione della questione di particolare importanza peraltro già oggetto di contrasto giurisprudenziale relativa alla validità della procura speciale conferita dal ricorrente, rimetteva la decisone del ricorso alle Sezioni Unite. La questione La sentenza de qua, dichiarava dunque ammissibile il ricorso rimettendone l'esame per le ulteriori questi alla terza sezione Civile. La Corte risolve così un contrasto giurisprudenziale, modificando l'orientamento (ascritto a Cass. civ., sez. III, 6 aprile 2022, n. 11240; Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2022, n. 11244; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2022, n. 12707; Cass. civ., sez. III, 4 novembre 2022, n. 32569; Cass., civ., sez. III, 4 aprile 2023, n. 9271) che riteneva invalida la procura alle liti conferita per il ricorso per cassazione, in cui l'autografia della sottoscrizione della parte non sia autenticata dal difensore contestualmente alla redazione dell'atto di impugnazione. Tale orientamento, che di fatto impediva di conferire la procura alle liti, con modalità «a distanza» mediante apposizione della firma digitale da parte del cliente e autentica dell'avvocato con firma digitale al momento del deposito, è stato fortunatamente superato dalla sentenza in commento. Le soluzioni giuridiche La Corte di Cassazione sul punto richiama il principio espresso dalla sentenza n. 36827 del 15 dicembre 2022 in cui si sostiene che “il requisito della specialità della procura, di cui all'art. 83, comma 3, c.p.c., non postula la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell'atto cui accede, dal momento che, anche nel caso in cui la procura sia stata redatta, sottoscritta e autenticata in data anteriore a quella del ricorso, è possibile desumerne la specialità, da un lato, dalla sua congiunzione (materiale o telematica) al ricorso e, dall'altro, dalla sua susseguente notifica insieme a quest'ultimo”. La Corte, dunque, nel condividere il principio espresso dalla suddetta sentenza, lo ribadisce e, nel proporre tale soluzione, richiama la centralità del ‘diritto di difesa' che trova piena considerazione di una dimensione complessiva di garanzie (artt. 24 e 111 Cost.), che costituiscono patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale, anche nel rispetto dei anche nel rispetto dei principi più volte ribaditi nella giurisprudenza della CEDU e che impongono di evitare eccessi di formalismo. La Corte nel ricollegare le numerose pronunce intervenute in tema di procura alle liti sancisce che, per il giudizio di legittimità, non è necessario che il conferimento della procura sia contestuale o successivo alla redazione dell'atto, non essendo richiesta, a pena di nullità, la dimostrazione della volontà della parte di fare proprio il contenuto del medesimo atto nel momento stesso della sua formazione ovvero ex post. Infatti, secondo la Corte, il conferimento della procura a margine o in calce (anche nelle distinte modalità – della procura nativa digitale e della copia informatica di procura rilasciata su supporto cartaceo - contemplate dal terzo comma dell'art. 83 c.p.c.), provando l'esistenza del rapporto fiduciario tra la parte ed il patrono da essa scelto, soddisfa compiutamente il dettato dello stesso art. 83 c.p.c., la cui ratio risiede nella certezza e nella conoscibilità all'esterno del potere rappresentativo del difensore, che sostituisce in giudizio la parte, e non già nella corrispondenza dell'attività svolta dal difensore all'effettivo volere del rappresentato, che attiene esclusivamente al rapporto interno tra difensore e cliente. E' irrilevante dunque che la procura sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso, e sul punto la Corte richiama una copiosa giurisprudenza (cfr. Cass.. civ., sez. lav., 16 maggio 1997, n. 4389; Cass. civ., sez. III, 23 aprile 1999, n. 4038; Cass. civ., sez. I, 25 marzo 2003, n. 4368; Cass. civ., sez. lav., 13 settembre 2006, n. 19560; Cass. civ., sez. II, 17 marzo 2017, n. 7014; Cass. civ., sez. trib., 26 febbraio 2019, n. 5577; Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2019, n. 14437; Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2022, n. 1165). Pertanto, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per Cassazione è necessario che il conferimento della procura alle liti avvenga all'interno della finestra temporale segnata dal momento (iniziale) di pubblicazione del provvedimento da impugnare e da quello (finale) della notificazione del ricorso: dunque, rispettivamente, né prima, né dopo. La Corte poi analizza una pregressa giurisprudenza con cui si qualifica la reale portata della certificazione posta in essere dall'avvocato della sottoscrizione del conferente la procura alle liti che deve essere intesa non come autenticazione in senso proprio, quale quella effettuata secondo le previsioni dell'art. 2703 c.c. dal notaio o da un altro pubblico ufficiale all'uopo autorizzato, ma come “autenticazione minore” (o “vera di firma”). La Corte infatti, già in tempi risalenti (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 1985, 144) aveva affermato che, al fine della prova dell'autenticità della procura rilasciata in calce o a margine di uno degli atti indicati nel terzo comma dell'art. 83 c.p.c., è sufficiente che il difensore certifichi l'autografia della sottoscrizione della parte, non essendo necessaria l'attestazione dello stesso che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece richiesto dall'art. 2703 c.c. per l'autentica della scrittura privata da parte del pubblico ufficiale. Successivamente, si è precisato che quella certificazione – intesa, come detto, quale “autentica minore” - ha soltanto una funzione di attestare l'appartenenza della sottoscrizione a una determinata persona, senza che il difensore assuma su di sé, all'atto della autenticazione della firma, l'obbligo di identificazione del soggetto che rilascia il negozio unilaterale di procura (tra le altre: Cass. civ., sez. un., 21 febbraio 1994, n. 1667; Cass. civ., sez. un., 17 maggio 1995, n. 5398; Cass. civ., sez. un., 28 novembre 2005, n. 25032; Cass. civ., sez. un., 4 maggio 2006, n. 10219; Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14190; Cass.. civ., sez. un., 7 novembre 2013, n. 25036; Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2019, n. 10451; Cass. civ., sez. II, 8 aprile 2021, n. 9362; Cass. civ., sez. un., n. 15177/2021, citata). Rileva la Corte che il riferimento alla disciplina di cui all'art. 2703 c.c. imporrebbe, semmai, una contestualità spaziale e temporale tra sottoscrizione della procura e certificazione dell'avvocato (requisito però richiesto solo nella legge speciale, in caso di ricorsi in materia di protezione internazionale, di cui all'art. 35-bis¸comma 13, del d.lgs. n. 25/2008, la quale - come evidenziato da Cass., civ., sez. un., n. 15177/2021 – individua, nella certificazione della data di rilascio della procura, “un autonomo presupposto di ammissibilità del ricorso, introdotto specificamente dal legislatore, che attribuisce al difensore due distinti poteri e che, ordinariamente, richiederà la presenza fisica del ricorrente all'atto del rilascio della procura speciale”) e non già tra la procura e la redazione del ricorso cui la stessa si viene a collocare topograficamente. Né, del resto, giova per un diverso avviso il richiamo alla previsione recata dalla disposizione emergenziale di cui all'art. 83, comma 20-ter (ultimo periodo), del d.l. 17 marzo 2020, n. 17, introdotto in sede di conversione dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, la quale (nello stabilire che: “La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia”) esplicita ciò che era già desumibile dalla norma generale dell'art. 83 c.p.c. Osservazioni La decisione non può che essere condivisa e, alla luce di qualche precedente orientamento contrastante, si può sostenere che possa definirsi definitivamente sgombrato il campo da equivocabili interpretazioni che rischiavano di minare la validità di tutte le procure conferite a distanza mediante l'utilizzo di firma digitale. Infatti è evidente che, mentre nel caso di conferimento di procura con firma autografa, il mancato inserimento della data consentirebbe agevolmente di ricondurla temporalmente e geograficamente nella stessa data e luogo di sottoscrizione dell'atto, nel caso di conferimento con firma digitale tanto il luogo quanto la data difficilmente potrebbero combaciare con quelle indicate nell'atto. A ciò si aggiunga che, la firma digitale, pur contenendo un riferimento temporale dichiarato dal firmatario, o meglio riconducibile alla data e ora del PC utilizzato per la firma, viene in genere apposta in un momento antecedente alla redazione dell'atto. La sentenza ha dunque il pregio di rivoluzionare il modo di conferimento della procura che, in un mondo sempre più digitale, potrà prescindere da un incontro “fisico” tra cliente ed avvocato sdoganando il conferimento della procura alle liti a distanza mediante firma digitale da parte del cliente. Un altro interessante spunto di riflessione della sentenza in commento è poi il riferimento al ruolo sociale dell'avvocato nell'esplicazione del diritto difesa e alla imprescindibile necessità di una reciproca e costante collaborazione tra avvocatura e magistratura. Secondo la Suprema Corte detta collaborazione deve fondarsi sul principio di lealtà e, laddove il professionista tradisca questa fiducia, potrà certamente essere chiamato a risponderne in sede disciplinare. Secondo la Corte però, pur potendosi a volte verificare possibili abusi, non si deve trarre una regola di giudizio che abbia come presupposto una generale e immotivata sfiducia nell'operato della classe forense. Peraltro, gli stessi principi vengono richiamati da un'ulteriore sentenza pubblicata lo stesso giorno della sentenza in commento (n. 2077/2024) che però si occupa di sancire la validità della procura conferita su supporto cartaceo e successivamente digitalizzata. Nel caso di specie, le Sezioni Unite della Corte hanno affermato il seguente principio di diritto «In caso di ricorso nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l'allegazione mediante strumenti informatici — al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l'atto è notificato ovvero mediante inserimento nella «busta telematica» con la quale l'atto è depositato — di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l'ipotesi, ex art. 83, terzo comma, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l'intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione». Ebbene, anche quest'ultima sentenza, unitamente a quella in commento consente di superare il principio secondo il quale la procura deve essere sottoscritta in pari luogo e pari data rispetto al ricorso. Il principio richiama ancora una volta la centralità dell'art. 83 del codice di procedura civile che, a detta della Suprema Corte, anche in assenza della reintroduzione del quinto comma dell'art. 18 del D.M. 44/2011, consentirebbe di ritenere come apposta in calce la procura autenticata con firma digitale e allegata all'atto a cui si riferisce con gli strumenti informatici individuati dalle regole e specifiche tecniche del PCT, ovvero la PEC utilizzata tanto per il deposito quanto per la notifica. Pertanto, le Sezioni Unite tanto con la sentenza in commento, quanto con la sentenza n. 2077/2024 risolvono con due pronunce ampiamente condivisibili ogni dubbio interpretativo sulle modalità di conferimento della procura ai tempi del processo telematico, lasciando peraltro ogni spazio alla raccolta della procura mediante firma digitale da parte del cliente dell'avvocato che si trovi in un luogo diverso. Stante infatti la sempre più ampia diffusione delle firme digitali non solo tra gli addetti ai lavori ma anche tra i privati, che spesso possono far ricorso a strumenti di firma digitale monouso (c.d. OneShot), la firma digitale sulla procura potrà diventare sempre più regola e meno eccezione. |