Sull’ambito del controllo di “ritualità” nel concordato semplificato

05 Febbraio 2024

La nota esamina la decisione con cui la Corte d’appello di Milano è venuta a delineare il contenuto della valutazione di “ritualità della proposta” di concordato semplificato di cui all'art. 25-sexies, comma 3, CCII, evidenziando sinteticamente le ragioni per le quali i principi individuati dalla Corte ambrosiana meritano piena adesione.

Massima

La verifica di ritualità della proposta di concordato semplificato non si sostanzia in un controllo meramente formale, ma si traduce in un controllo di legittimità focalizzato sia sul rispetto delle condizioni di accessibilità, sia – in considerazione delle esigenze di conservazione del patrimonio dell'impresa nell'interesse dei creditori, oltre che per ragioni di economia processuale – sulla verifica della legittimità sostanziale della proposta, intesa come conformità al modello legale, rientrando in tale controllo di legittimità sostanziale anche la verifica della completezza della relazione finale dell'esperto e della ragionevolezza delle sue conclusioni, che non possono essere né ambigue né apodittiche, ma devono saldarsi in modo chiaro, logico e conseguenziale ai dati contabili accertati, al contenuto delle specifiche soluzioni prospettate dall'impresa ai creditori, alle concrete modalità di svolgimento delle trattative, alla legittimità delle soluzioni della crisi ipotizzate.

Ai fini della presentazione di un'attestazione credibile, l'esperto deve verificare non solo che l'imprenditore si sia effettivamente attivato per il perseguimento di una delle soluzioni previste dall'art. 25-sexies, comma 1, CCII, formulando specifiche proposte ai creditori, ma anche che almeno una tra tali soluzioni fosse quantomeno astrattamente praticabile al momento in cui è stata avviata la composizione negoziata e non sia risultata percorribile per cause non imputabili al debitore, in quanto, in caso di originaria impraticabilità, deve ritenersi che ricorra un'ipotesi di insolvenza irreversibile che deve condurre l'esperto a chiedere l'archiviazione della procedura di composizione negoziata ai sensi dell'art. 17, comma 5, e non a rendere l'attestazione di cui al comma 1 dell'art. 25-sexies.

Il caso

Viene depositato, innanzi il Tribunale di Monza, ricorso per l'omologazione di un concordato semplificato ai sensi dell'art. 25-sexies CCII.

In sede di valutazione di “ritualità” della proposta, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 25-sexies CCII, il Tribunale brianzolo perviene ad una declaratoria di irritualità della proposta medesima.

A tale approdo, il Tribunale perviene – per quanto qui rileva - sulla base di una duplice premessa.

La prima è che il controllo di ritualità deve ritenersi esteso non solo alla verifica della formale sussistenza delle attestazioni richieste dal medesimo art. 25-sexies CCII, ma deve estendersi anche all'attendibilità e ragionevolezza delle attestazioni medesime, con la conseguenza che, ove tali attestazioni risultino o del tutto prive di motivazioni o accompagnate da motivazioni prive di riscontro nella documentazione, la proposta deve considerarsi irrituale, risultando quindi superflua la nomina dell'esperto.

La seconda, consequenziale rispetto alla prima, è che l'esperto, ai fini di un'attestazione credibile, deve verificare non solo che l'imprenditore si sia effettivamente attivato per il perseguimento di una delle soluzioni previste dall'art. 25-sexies, comma 1, CCII, formulando specifiche proposte ai creditori, ma anche che almeno una tra tali soluzioni fosse quantomeno astrattamente praticabile al momento in cui è stata avviata la composizione negoziata e non sia risultata percorribile per cause non imputabili al debitore, in quanto, in caso di originaria impraticabilità, deve ritenersi che ricorra un'ipotesi di insolvenza irreversibile che deve condurre l'esperto a chiedere l'archiviazione della procedura di composizione negoziata ai sensi dell'art. 17, comma 5, CCII, e non a rendere l'attestazione di cui al comma 1 dell'art. 25-sexies CCII.

Sulla scorta di queste premesse, il Tribunale di Monza perviene ad un giudizio negativo in ordine alla ritualità della proposta, evidenziando significative carenze nella motivazione dell'attestazione anche in ordine alla concreta praticabilità di una delle soluzioni di cui all'art. 25-sexies, comma 1, CCII.

La soluzione giuridica

La Corte d'appello di Milano, decidendo sul reclamo proposto dalla ricorrente, ha, in primo luogo, affermato l'ammissibilità del gravame, in quanto, pur prevedendo l'art. 25-sexies CCII il reclamo unicamente avverso il decreto che provvede sulla domanda di omologazione, ha ritenuto comunque possibile una lettura estensiva, in analogia con quanto previsto dall'art. 47, comma 5, CCII per l'ipotesi di inammissibilità della proposta di concordato preventivo, anche in considerazione della natura di procedura concorsuale ormai riconosciuta anche al concordato semplificato, ed alla conseguente possibilità di colmare la sua disciplina tramite le previsioni in tema di concordato preventivo.

Esaminando il merito del reclamo, la Corte d'appello ha, in primo luogo, delineato l'ambito del controllo di “ritualità” da operare sul concordato semplificato, negando che detto controllo venga a sostanziarsi in un controllo meramente formale ed affermando in contrario che lo stesso assume i caratteri di un controllo di legittimità che investe non solo il rispetto delle condizioni di accessibilità – regolarità della documentazione, legittimazione alla proposta, sua tempestività, sussistenza delle condizioni di ammissibilità indicate dal comma 1 dell'art. 25-sexies CCII –, ma, anche “in considerazione delle esigenze di conservazione del patrimonio dell'impresa nell'interesse dei creditori, oltre che per ragioni di economia processuale”, nonché – qualora tale verifica “non richieda particolari approfondimenti istruttori o la disamina di questioni giuridiche dibattute” – anche la legittimità sostanziale della proposta, intesa come conformità al modello legale “dovendo la proposta essere formulata nel rispetto di alcuni principi imprescindibili, quale, ad esempio, il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione o la previsione di un'utilità per i creditori, con la conseguenza che ove detta proposta appaia ictu oculi in contrasto con tali principi, il giudice deve astenersi dall'adottare il decreto di cui al comma 3, dell'art. 25-sexies CCII”.

La Corte d'appello ha, quindi, affermato che nell'ambito del suddetto controllo di legittimità sostanziale viene a collocarsi anche la verifica della completezza della relazione finale dell'esperto e della ragionevolezza delle sue conclusioni, affermando che queste ultime “devono saldarsi in modo chiaro, logico e conseguenziale ai dati contabili accertati, al contenuto delle specifiche soluzioni prospettate dall'impresa ai creditori, alle concrete modalità di svolgimento delle trattative, alla legittimità delle soluzioni della crisi ipotizzate”.

A tal fine, anzi, la Corte ha affermato la possibilità – ma non obbligo - per il Tribunale di sollecitare una interlocuzione con l'esperto, allo scopo di consentire integrazioni o chiarimenti, “anche per non far “pagare” all'impresa le conseguenze dell'eventuale inadeguatezza di chi avrebbe dovuto assisterla nella ricerca di una soluzione della crisi”.

Individuati, in tal modo, i contenuti del controllo di ritualità, e concentrando la propria attenzione proprio sul profilo della completezza della relazione dell'esperto, la Corte d'appello ha chiarito che la “credibilità” della relazione viene a dipendere non solo dall'effettiva attivazione dell'imprenditore per il perseguimento di una delle soluzioni previste dall'art. 25-sexies, comma 1, CCII, ma anche dalla quantomeno “astratta praticabilità” di una di tali soluzioni al momento dell'avvio della composizione negoziata, in quanto, in caso di originaria impraticabilità, deve ritenersi che ricorra un'ipotesi di insolvenza irreversibile che deve condurre l'esperto a chiedere l'archiviazione della procedura di composizione negoziata ai sensi dell'art. 17, comma 5 e non a rendere l'attestazione di cui al comma 1 dell'art. 25-sexies.

Nella specie, la Corte ha confermato il giudizio negativo del Tribunale brianzolo, rilevando che, alla luce del pesante indebitamento nei confronti del Fisco e degli Enti previdenziali, strada obbligata per la società proponente, nel momento in cui intendeva proporre la falcidia del debito fiscale, era quella del ricorso all'accordo di ristrutturazione dei debiti, laddove non solo tale strada non era stata percorsa, ma anche era stata formulata ai creditori una proposta che prevedeva una falcidia persino superiore a quella dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, senza che l'esperto fosse in grado di offrire sul punto spiegazioni concrete.

Osservazioni

La decisione della Corte ambrosiana affronta e risolve – in modo assolutamente condivisibile – la tematica della valutazione di “ritualità” della proposta di concordato semplificato.

L'impiego, da parte de legislatore, all'art. 25-sexies, comma 2, della locuzione “ritualità” costituisce una ripresa della formulazione dell'art. 47, comma 1, lett. b), in tema di concordato preventivo in continuità, previsione che ha indotto alcuni interpreti ad affermare che, in sede di ammissione del concordato preventivo in continuità, il controllo debba presentare caratteri di minor rigore , di fatto posticipando la verifica completa della proposta concordataria al momento dell'omologa.

Ciò vale a spiegare perché anche in relazione al concordato semplificato alcuni interpreti (S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell'esperto , in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2023, 6) siano giunti ad affermare che – non essendo neppure contemplata nel concordato semplificato una fase di ammissione (G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 2021, 21) – lo scrutinio preliminare dovrebbe avere carattere più delimitato e non corrispondente ad un pieno vaglio di legittimità.

Echi incerti di questo orientamento teorico possono essere percepiti in alcune prime pronunce di merito (Trib. Monza, 17 aprile 2023 – decisione che ha poi dato origine al provvedimento in commento – Trib. Parma, 12 luglio 2023), le quali, almeno a livello di principio, si sforzano di individuare profili differenziali tra il vaglio da operare sulla proposta concordataria all'atto della sua presentazione e la successiva verifica in sede di omologa.

La lettura attenta di questi precedenti, tuttavia, permette di verificare che alla declamazione del principio della minor estensione del controllo di ritualità rispetto a quello di ammissibilità faccia poi seguito in concreto un (condivisibile) rifiuto della funzione notarile del Tribunale ed anzi un recupero del ruolo di quest'ultimo nel procedere ab initio ad una valutazione della proposta che non si arresti al dato meramente formale, ma proceda in uno scrutinio ben più approfondito di legittimità sostanziale .

Più lucido sul punto appare proprio il provvedimento in commento, nel momento in cui pare rifiutare a priori alla “ritualità” qualunque riflesso interpretativo restrittivo sui caratteri del controllo, procedendo anzi alla individuazione del contenuto concreto di quest'ultimo con caratteri che eludono qualsiasi impostazione formalistica o notarile, pervenendo invece alla diretta affermazione del carattere di controllo di legittimità sostanziale della verifica di ritualità.

Appare, tuttavia, inevitabile, a questo punto pervenire ad una conclusione radicale che la Corte d'appello di Milano non ha ritenuto di affermare, ma che sembra costituire logica conseguenza delle sue affermazioni, e cioè che, pur non essendo contemplato nel concordato semplificato un provvedimento di ammissione, la verifica del Tribunale al momento della presentazione della domanda di concordato si traduca in un vaglio di ammissibilità , non essendo ravvisabile alcuna effettiva differenza tra ritualità ed ammissibilità .

A supporto di questa conclusione possono portarsi diversi argomenti.

Il primo: per quanto – come detto - nel concordato semplificato non sia prevista una formale “apertura” della procedura, il provvedimento di cui all'art. 25-sexies presenta comunque i caratteri di un provvedimento di ammissione (S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni , in dirittodellacrisi.it, 2023, 16), ben potendo il Tribunale procedere sin da quel momento all'arresto immediato della procedura qualora ritenga che la stessa presenti lacune o criticità che la pongono al di fuori del modello legale (M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d'impresa, Roma, 2023Sistema, 271). Arresto che non può che assumere la veste di un provvedimento che dichiara l'inammissibilità della domanda di omologa del concordato semplificato.

Il secondo: la giurisprudenza sia di merito sia di legittimità (Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2023, n. 9730; Trib. Milano, 16 settembre 2022; Trib. Parma, 12 luglio 2023) risulta ormai avviata a classificare il concordato semplificato tra gli strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza (S. Leuzzi, Il concordato semplificato, 7).

Questa classificazione, tuttavia, attrae inevitabilmente il concordato semplificato tra i principi di carattere processuale , ed in particolare nell'orbita dell'art. 7 CCII, il quale subordina la trattazione prioritaria della domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi o insolvenza rispetto alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale all'ammissibilità della prima domanda.

Ma se così è, appare giocoforza concludere che in ogni caso il vaglio di “ritualità” dei cui all'art. 25-sexies deve avvenire attraverso lo spettro dell'art. 7, comma 2, lett. a), CCII, il quale, appunto, subordina la preminenza della domanda di accesso allo strumento alternativo alla liquidazione giudiziale alla non manifesta inammissibilità della domanda medesima.

Il terzo: anche nel caso del concordato in continuità - per quanto il profilo sia in parte esorbitante dal tema in esame – è da ritenersi che il riferimento lessicale alla “ritualità” in sede di ammissione non si traduca in caratteri diversi dal vaglio di ammissibilità, eccezion fatta per gli ulteriori elementi di valutazione di cui il Tribunale si trova a disporre in sede di omologa.

A tale approdo si può agevolmente pervenire in considerazione del fatto che non solo l'ammissibilità della proposta compare quale presupposto imprescindibile dell'omologa di qualsiasi concordato all'art. 112, comma 1, lett. c), CCII (“Il tribunale omologa il concordato verificati: … c) l'ammissibilità della proposta”), ma anche dal fatto che anche il concordato preventivo – quale che sia la sua tipologia – è soggetto alla già citata regola di cui all'art. 7, comma 2, lett. a), CCII, da ciò derivando che la domanda di concordato inammissibile deve essere dichiarata immediatamente soccombente rispetto alla domanda di apertura della liquidazione giudiziale.

Non va dimenticato, del resto, l' orientamento della Cassazione , che, nel vigore della legge fallimentare, ha affermato costantemente il principio per cui il controllo di legittimità sul concordato si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo. Alla luce di tale orientamento, che non sembra aver perso validità, risulta evidente che se l'ammissibilità costituisce oggetto della verifica in sede di omologazione, identico oggetto dovrà avere il controllo in sede di ammissione della procedura, risultando logicamente insostenibile – oltre che in netto contrasto con il principio di durata ragionevole di ogni procedimento – procedere all'apertura di un procedimento che risulti ab origine (e irrimediabilmente ), privo dei requisiti di ammissibilità, e quindi destinato a naufragare nella successiva fase di omologa.

Ne consegue che anche il richiamo all'art. 47 CCII operato da alcuni dei precedenti di merito può essere rovesciato nei suoi esiti concreti: come nel concordato in continuità, anche nel concordato semplificato la valutazione iniziale deve essere una valutazione di ammissibilità secondo un criterio di legalità sostanziale.

Il quarto: nel caso del concordato semplificato si assiste al depotenziamento in misura massima del ruolo dell'adesione dei creditori, dal momento che nel caso della procedura in esame non è prevista alcuna forma di adesione dei creditori – parlandosi di “procedura imposta” (S. Leuzzi, Il concordato semplificato, 8) o di “concordato coattivo” (S. Ambrosini, Concordato semplificato, 5) – potendo i creditori medesimi esprimere il proprio dissenso solo tramite l'opposizione all'omologa.

I contenuti di tale opposizione, tuttavia, si restringono alla deduzione della violazione della regola del no creditor worse off, oltre, evidentemente, alle deduzioni concernenti ammissibilità della proposta nonché regolarità della procedura.

I creditori, quindi, vengono privati di quella facoltà che era invece insita nel voto: rifiutare l'adesione alla proposta perché non convinti della fattibilità del piano (di cui, a questo punto, possono dedurre unicamente la manifesta inidoneità) o anche perché persuasi di quella “non meritevolezza” che il Tribunale, a seguito della riforma della legge fallimentare, non poteva più sindacare, ma il cui giudizio restava in ogni caso rimesso ai creditori tramite, appunto, l'espressione del voto.

A fronte di questo marcato indebolimento della posizione dei creditori , appare evidente la necessità di operare un riequilibrio delle posizioni riconoscendo un maggiore – o comunque non minore - potere di scrutinio al Tribunale, come peraltro sembra potersi indirettamente evincere dalla disciplina dell'omologa dettata dallo stesso art. 25-sexies (Fichera, Il giudizio di omologazione nei concordati liquidatori e in continuità aziendale, in dirittodellacrisi.it, 2022, 8).

Non vi è, tuttavia, ragione di individuare in linea di principio asimmetrie tra il controllo in sede di “ammissione” ed il controllo in sede di omologa, se non quelle differenze – ed il provvedimento in commento lo lascia intendere – che scaturiscono dalla necessità di valutare in sede di omologa gli ulteriori passaggi della procedura successivamente alla fase iniziale nonché dalla disponibilità di un più ampio bagaglio informativo.

Questa differenza, tuttavia, ha carattere meramente quantitativo – ampliando l'ambito fattuale della cognizione del Tribunale in sede di omologa –, ma non qualitativo, non essendo ravvisabile una concreta diversità qualitativa tra la verifica di ritualità ed una verifica di ammissibilità.

In conclusione: non sembrano sussistere concreti argomenti giuridici per affermare che la verifica di ritualità di cui all'art. 25-sexies CCII presenti caratteri differenziali rispetto ad un vero e proprio vaglio di ammissibilità, seppure entro i limiti del materiale cognitivo di cui il Tribunale si trovi a disporre.

La verifica di ritualità si sostanzia quindi – come condivisibilmente affermato dalla Corte ambrosiana – in un controllo di legalità formale , entro il quale viene pienamente a rientrare il vaglio di completezza e coerenza della relazione finale dell'esperto, quale elemento che non solo fonda la stessa possibilità di accesso al concordato semplificato, ma viene a costituire anche la base per effettuare quella valutazione di non manifesta inidoneità del piano a conseguire gli obiettivi prefissati che costituisce la sostanza del (in parte decettivo) requisito della fattibilità.

Guida all'approfondimento

Aliprandi, Turchi, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio alla luce delle prime pronunce di merito, in questo Portale, 29 Novembre 2022; Ambrosini – Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell'esperto, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2023; Baratta, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Brevi considerazioni introduttive, in questo Portale, 13 Agosto 2021; Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 2021; Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d'impresa, Roma, 2023; Fichera, Il giudizio di omologazione nei concordati liquidatori e in continuità aziendale, in dirittodellacrisi.it, 2022; Lamanna, Il codice della Crisi e dell'insolvenza dopo il secondo Correttivo, Milano, 2022; Lamanna, Il concordato semplificato: incentivo per la composizione negoziata o arma “sleale” e “letale”?, in questo Portale, 27 aprile 2022; Leuzzi, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo: oggetto, regole, controlli, in dirittodellacrisi.it, 2023;  Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in dirittodellacrisi.it, 2023; Pacchi, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2023; Pagni – Fabiani, I giudizi di omologazione nel Codice della Crisi, in dirittodellacrisi.it, 2022; Paluchowski, Giudizio di fattibilità e “ragionevole probabilità di impedire l'insolvenza”. Ruolo del giudice e poteri dei creditori, in dirittodellacrisi.it, 2022; Platania, Il giudizio di ritualità della proposta di concordato semplificato, in questo Portale, 5 Settembre 2023; Rolfi, Il procedimento unitario per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, Milano, 2023; Vitiello, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, in questo Portale, 26 aprile 2022.

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