La norma del “decreto anticipi” dedicata alle locazioni turistiche ed alle locazioni brevi
Paolo Scalettaris
05 Febbraio 2024
L’art. 13-ter del d.l. n. 145/2023 - il c.d. “decreto anticipi” - è diretto a regolare (oltre ad altre fattispecie anche) le locazioni turistiche e le locazioni brevi: esso fissa, infatti, alcune nuove regole a proposito del “codice identificativo nazionale” (CIN) relativo agli immobili oggetto di locazione turistica o di locazione breve. Vengono introdotte nuove disposizioni - peraltro, destinate a trovare applicazione anche nel caso di strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere - a proposito del codice anzidetto ed anche a proposito degli immobili oggetto delle locazioni indicate (per i quali viene disposta anche la dotazione di estintori e di dispositivi di rilevazione finalizzati alla sicurezza dei locali). Esamineremo in dettaglio qui di seguito le nuove disposizioni considerando i problemi di carattere interpretativo ed applicativo che esse pongono.
Il quadro normativo
L'art. 13-ter del c,d. “decreto anticipi” - il d.l. 18 ottobre 2023 n. 145 (“Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”) convertito, con modifiche, dalla l. 15 dicembre 2023 n. 191 (in Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 2023) - contiene alcune disposizioni dedicate alle locazioni turistiche ed alle locazioni brevi.
Prima di esaminare il contenuto delle nuove norme - al fine di comprenderne il significato e la portata - va tracciato in via di premessa il quadro normativo della materia. Devono essere a questo fine considerati in particolare i seguenti aspetti specifici:
la figura della locazione turistica,
la figura della locazione breve,
il “codice identificativo” degli immobili destinati alle locazioni brevi.
La locazione turistica
La locazione turistica è stata introdotta quale specifica ipotesi di locazione dall'art. 1 della l. n. 431/1998, che ha previsto che “le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano: …. c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche”. La locazione turistica è regolata anche dall'art. 53 del Codice del turismo (il d.lgs. 29 maggio 2011, n. 79) che - sotto la rubrica “locazioni ad uso abitativo per finalità turistiche” - prevede che “gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione”.
Aspetto peculiare di questa specie di locazione è dunque che il contratto sia stipulato esclusivamente per soddisfare esigenze del conduttore di natura "turistica” (da ricordare che la nozione di turismo è assai ampia e comprende ogni ipotesi di spostamento di una persona dalla sua residenza abituale per diporto, con l'esclusione dei casi in cui il soggiorno sia connotato dalla contemporanea presenza di esigenze professionali o lavorative).
Da notare che, ai fini della definizione della fattispecie, non rilevano né l'ubicazione dell'immobile né la durata del rapporto: la locazione turistica può avere ad oggetto immobili siti in qualsiasi luogo e può avere qualsiasi durata (si può andare da una durata brevissima corrispondente anche solo ad un giorno o al semplice fine settimana fino ad una durata annuale o anche pluriennale).
Quanto alla disciplina applicabile, è esclusa - come detto - l'applicazione degli artt. 2,3,4,4-bis, 7,8 e 13 della l. n. 431/1998: si applica invece in via integrale la disciplina dettata dal codice civile.
La locazione breve
Viene definita locazione “breve” dall'art. 4 del d.l. n. 50/2017 (ai fini dell'applicazione del particolare regime fiscale della cedolare secca da questa norma previsto) la locazione di un alloggio di durata non eccedente i 30 giorni.
Per la norma ricordata locazioni brevi, dunque, sono quei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo “di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, ai quali sono equiparati i contratti di sublocazione e i contratti di concessione in godimento dell'immobile stipulati dal comodatario, aventi medesima durata”.
La disciplina prevista per questa ipotesi di locazione “si applica sia nel caso in cui i contratti siano stipulati direttamente tra locatore (proprietario o titolare di altro diritto reale, sublocatore, comodatario) e conduttore, sia nel caso in cui in tali contratti intervengano soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online, che mettono in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.
Elementi che individuano i contratti in questione sono:
quanto ai soggetti, il fatto che il contratto sia stipulato “da persone fisiche che pongono in essere la locazione al di fuori della attività d'impresa”; da sottolineare che “la condizione che il contratto non sia concluso nell'esercizio di un'attività commerciale riguarda entrambe le parti del contratto”: pertanto “sono … esclusi dall'àmbito applicativo della norma anche i contratti di locazione breve che il conduttore stipuli nell'esercizio di tale attività quali, ad esempio, quelli ad uso foresteria dei dipendenti”;
quanto all'oggetto del contratto, il fatto che l'immobile locato sia sito in Italia ed abbia destinazione abitativa: “la locazione deve riguardare unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa A10 - uffici o studi privati) e le relative pertinenze (box, posti auto, cantine, soffitte, ecc.) nonché … singole stanze dell'abitazione”; da ricordare poi che “il contratto di locazione breve può avere ad oggetto, unitamente alla messa a disposizione dell'immobile abitativo, la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali”;
quanto alla durata del contratto, questa non superi i 30 giorni.
Come si vede, dunque, la “locazione breve” di cui al d.l. n. 50/2017 è la locazione abitativa stipulata da e con soggetti che non siano imprenditori che abbia una durata non superiore ai 30 giorni: essa non individua dunque una specifica tipologia di contratto autonoma ed alternativa ma indica piuttosto un particolare modo di essere che possono presentare i contratti di locazione abitativa transitoria o turistica (che sono i contratti per i quali sulla base della disciplina della materia locatizia è consentita la fissazione di una durata di soli trenta giorni o anche più breve).
Quanto alla disciplina fiscale, per la locazione breve il d.l. n. 50/2017 stabilisce che sia consentito il ricorso al regime fiscale della cedolare secca, fissata nella misura del 21%.
Per completare il quadro si ricordano due norme intervenute di recente:
nel caso di locazione breve di più di quattro unità il proprietario diviene imprenditore (la norma prevede infatti che “il regime fiscale delle locazioni brevi di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 … con effetto dal periodo d'imposta relativo all'anno 2021, è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d'imposta. Negli altri casi … l'attività di locazione … da chiunque esercitata si presume svolta in forma imprenditoriale” ai sensi dell'art. 2082 c.c.);
l'art. 37-bis del d.l. n. 50/2022 che ha introdotto la possibilità - per il Comune di Venezia - di limitare il diritto di stipulazione dei contratti di locazione breve.
Il “codice identificativo”
Il “codice identificativo” è stato introdotto dall'art. 13-quaterdel “decreto crescita” (il d.l. n. 34/2019) con una disposizione che istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo una banca dati delle “strutture ricettive” e degli “immobili destinati alle locazioni brevi”, da identificarsi appunto - prevede la norma - “secondo un codice alfanumerico … denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente l'offerta e la promozione dei servizi dell'utenza”.
Dalla norma sono derivate incertezze sul piano applicativo soprattutto con riguardo ai rapporti tra il codice previsto dal d.l. n. 34/2019 ed il codice identificativo che in molte realtà in base alla disciplina regionale era già stato introdotto per le locazioni turistiche.
Le nuove disposizioni
È dunque nel contesto costituito dalla situazione che si è ora sinteticamente illustrata che è intervenuto l'art. 13-ter del d.l. 18 ottobre 2023, n. 145 (c.d. “decreto anticipi”) che - come si è detto - detta alcune nuove disposizioni volte a disciplinare anche le locazioni turistiche e le locazioni brevi.
Limitandoci a considerare le disposizioni che riguardano i contratti di locazione e gli immobili destinati alle locazioni turistiche e brevi, segnaliamo che il contenuto dell'articolo è il seguente:
il comma 1 dell'articolo dispone che il Ministero del turismo - al fine di cogliere gli obiettivi che sono indicati dalla norma stessa - deve attribuire alle singole unità immobiliari ad uso abitativo destinate alla locazione “per finalità turistiche” o alle “locazioni brevi” (oltre che alle strutture alberghiere ed extralberghiere) un “Codice identificativo nazionale” (CIN);
il comma 2 prevede che nel caso in cui le Regioni (o i Comuni) avessero già attribuito un Codice identificativo agli immobili anzidetti, questo debba essere automaticamente “ricodificato” quale Codice identificativo nazionale;
viene poi disciplinata - dal comma 3 dell'articolo - la procedura da seguirsi per l'attribuzione del CIN: tale procedura prende le mosse da una specifica istanza proposta dal locatore, che deve attestare “i dati catastali dell'unità immobiliare” e “la sussistenza dei requisiti di cui al comma 7” dell'articolo in esame;
il 4° comma dispone poi che le operazioni volte all'eventuale attività di “ricodificazione” dei precedenti codici siano compiute anche dai singoli Comuni, nei casi in cui l'attribuzione del precedente codice fosse stata disposta dal Comune;
precisa poi il comma 5 dell'articolo che solo in presenza dell'attestazione del locatore circa i dati catastali dell'immobile e circa la presenza dei requisiti di cui al comma 7 potrà procedersi alla ricodificazione dei precedenti codici di matrice regionale, provinciale o comunale;
il CIN - dispone il comma 6 - deve essere esposto da “chiunque propone o concede in locazione” una unità immobiliare (o porzione di unità immobiliare) ad uso abitativo per finalità turistiche o per la locazione breve “all'esterno dello stabile in cui è collocato l'appartamento” e deve essere inoltre indicato “in ogni annuncio ovunque pubblicato o comunicato”; da segnalare che l'indicazione del CIN deve essere operata anche dai “soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare” e dai “soggetti che gestiscono portali telematici”;
il comma 7 dell'articolo dispone che “le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche” o di locazione breve “gestite nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8” devono essere munite dei requisiti di sicurezza degli impianti prescritti dalla legge e che comunque “in ogni caso, tutte le unità immobiliari sono dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili” aventi le caratteristiche e posti nei luoghi indicati dalla norma;
il comma 8 dispone che chiunque svolga l'attività di locazione per finalità turistica o di locazione breve “in forma imprenditoriale” è soggetto all'obbligo di presentazione della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività);
il comma 9 indica le sanzioni che sono previste per i casi di violazione delle disposizioni contenute nel testo in esame: sono considerati tra gli altri i casi della locazione turistica o della locazione breve di immobile privo di CIN, della mancata esposizione del CIN all'esterno dello stabile o della mancata indicazione dello stesso negli annunci relativi all'immobile, dello svolgimento dell'attività di locazione turistica o breve in forma imprenditoriale in assenza dei requisiti di cui al comma 7, della omissione della presentazione della SCIA che fosse dovuta;
i commi da 11 a 14 dettano, poi, disposizioni di carattere attuativo ed organizzativo;
da ultimo, viene precisato - con la previsione del comma 15 - che “le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'avviso attestante l'entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del Ministero del turismo per l'assegnazione del CIN”.
Le questioni che pongono le nuove disposizioni. Le finalità delle disposizioni
Quello ora ricordato è - in sintesi - il contenuto della nuova norma. Considereremo qui di seguito alcune delle questioni di carattere interpretativo ed applicativo che la norma pone.
Una prima osservazione che deve farsi concerne le finalità delle disposizioni.
Nel comma 1 dell’articolo viene precisato che le disposizioni contenute nell’articolo circa il CIN sono finalizzate ad “assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale e la sicurezza del territorio” ed inoltre a “contrastare forme irregolari di ospitalità”.
Sulla base di quest’ultima affermazione pare, dunque, che il legislatore ritenga che la presenza del codice identificativo nazionale escluda che siano consentite modalità non corrette di ospitalità.
La considerazione è difficilmente comprensibile perché non è chiaro che cosa debba intendersi per “forme irregolari di ospitalità”. Potrebbe ipotizzarsi che con l’indicazione di tale obiettivo si sia inteso fare riferimento alle locazioni non in regola rispetto alle norme fiscali o forse anche alle locazioni che non rispettino le norme di carattere civilistico in materia: ma anche se così fosse la previsione resterebbe oscura dal momento che non si comprende quale rapporto possa esservi tra il codice identificativo e le norme anzidette.
Da notare poi - sempre con riguardo al profilo delle finalità della nuova norma - che non viene menzionata la finalità del contrasto del fenomeno dell’abbandono da parte dei residenti dei centri storici delle città, finalità che era stata richiamata in altre occasioni per giustificare leggi o progetti di legge in materia. L’omissione di tale menzione deve essere valutata positivamente considerato che è tutto da verificare il rapporto (sul piano delle cause e degli effetti) che deve vedersi tra la stipulazione delle locazioni brevi ed il mutamento della fisionomia - in chiave economica e sociale - dei centri storici delle città.
La definizione della locazione turistica
Nella nuova norma è detto - come si è visto - che la disciplina prevista è diretta a regolare “i contratti di locazione per finalità turistiche”.
Si noti che nel richiamo così formulato non viene utilizzata la definizione delle locazioni turistiche fornita dalla lett. c) del comma 2 dell'art. 1 della l. n. 431/1998 che fa uso dell'avverbio “esclusivamente” (la norma fa riferimento, infatti, agli “agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche”: e l'avverbio “esclusivamente” presenta, rispetto a tale definizione, un significato preciso ed importante).
Il fatto che non sia richiamato l'avverbio anzidetto fa pensare che le disposizioni qui fissate siano destinate a riguardare tutte le locazioni stipulate per finalità turistiche e non solo le locazioni stipulate “esclusivamente” per finalità turistiche: il che induce a ritenere che la legge che qui si considera possa trovare applicazione in un ambito più ampio di quello fissato dalla norma anzidetta della l. n. 431/1998 (condizione questa che però parrebbe porsi in contrasto con il sistema complessivo delle locazioni abitative quale si ricava dalla citata l. n. 431, per cui le locazioni abitative che non siano finalizzate esclusivamente al turismo dovrebbero rientrare nell'orbita di applicazione della stessa l. n. 431).
Si noti, poi, che la norma che stiamo considerando menziona le finalità turistiche ma non fornisce la definizione di queste: si perde così un'occasione per mettere chiarezza in materia, considerato che il concetto di turismo è concetto ampio e che al riguardo molte sono le opinioni, non tutte coincidenti, sì che al proposito si segnalano incertezze.
I rapporti tra locazioni turistiche e locazioni brevi
La norma - così come formulata - precisa che essa è destinata a trovare applicazione sia nei confronti delle locazioni stipulate per finalità turistiche sia nei confronti delle locazioni brevi di cui al d.l. n. 50/2017.
La previsione della norma pare dunque considerare le due ipotesi come se esse individuassero due tipologie distinte di locazione: il che appare frutto di un errore di lettura della normativa in materia di locazione.
Come si è già detto, infatti, la “locazione breve” - secondo quanto prevede il d.l. n. 50/2017 - non è propriamente una specie di locazione: il citato d.l. n. 50 non è diretto a disegnare una specie autonoma e distinta di locazione ma è invece volto ad indicare le condizioni in presenza delle quali nei confronti di locazioni di specie diversa (locazioni turistiche, locazioni transitorie) può applicarsi una serie di norme di portata fiscale dettate dallo stesso decreto-legge. Considerare - come pare considerare la norma in esame - la locazione breve quale specie autonoma di locazione è errato.
Va poi notato che - come abbiamo già precisato - l'art. 13-quaterdel “decreto crescita” (il d.l. n. 34/2019) aveva previsto l'introduzione del codice identificativo solo per gli “immobili destinati alle locazioni brevi”: nulla era previsto da tale norma per le locazioni turistiche. Con le disposizioni ora emanate viene estesa la previsione del codice identificativo alle locazioni turistiche.
Deve aggiungersi, peraltro, che la previsione della considerazione delle due ipotesi menzionate appare irragionevole anche sotto altro profilo.
Come si è visto, per la locazione turistica la determinazione della durata è irrilevante essendo consentita per tale specie di locazione la fissazione di una durata di qualsiasi lunghezza. Non è affatto escluso che possa essere stipulato un contratto di locazione turistica che abbia durata di diversi anni (come avviene nei casi in cui - per esempio - un conduttore stipuli un contratto di locazione per un alloggio sito in una località diversa da quella in cui egli abita stabilmente e lavora, al fine di potere disporre in quella località di un pied-a-terre nel quale recarsi ad intervalli di tempo secondo il suo interesse ed il suo desiderio).
Orbene, vi è da chiedersi che senso abbia - con riguardo ad immobili oggetto di locazione turistica della durata di più anni - l'imposizione dell'obbligo di fissazione del codice identificativo e, addirittura, dell'obbligo di esposizione di tale codice all'esterno dello stabile in cui l'appartamento locato sia ubicato. Pare evidente che la previsione della norma - che sembrerebbe concepita (come già il precedente art. 13-quater d.l n. 34/2019) per considerare solo l'ipotesi della locazione di breve durata - in questi casi sia irragionevole ed inappropriata.
Il concetto di “destinazione” dell’immobile alla locazione breve o turistica
Si noti poi che la norma fa riferimento all’ipotesi degli immobili “destinati” all’una o all’altra tipologia di locazione citata: si veda il comma 1 dell’articolo in esame.
Questa impostazione era già propria della disposizione che aveva introdotto il “Codice identificativo”: l’art. 13-quater del “decreto crescita” nel prevedere l’istituzione di “un codice alfanumerico di seguito denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente l’offerta e la promozione dei servizi dell’utenza” parlava espressamente di immobili “destinati” alla locazione breve.
Proprio il fatto che la norma del 2019 facesse richiamo agli immobili “destinati” alla locazione breve aveva dato luogo a critiche. Si era notato come tale definizione apparisse incongrua e non aderente alla realtà. Ciò alla luce della considerazione che di norma non si prospetta mai - sul piano concreto - la destinazione a priori di un immobile alla (sola) locazione breve: tutt’al più - si era osservato - potrebbe parlarsi di immobili destinati alla locazione (ma anche questa condizione in molti casi non sarebbe nemmeno certa a priori: essa non si presenterebbe in tutti i casi in cui un immobile che fosse utilizzato solitamente in via diretta dal proprietario venisse in qualche momento e per un periodo di tempo - alla luce di fatti ed esigenze nuove e non prevedibili in anticipo - utilizzato quale immobile da locarsi a terzi: è chiaro che in questi casi non sarebbe appropriato considerare quell’immobile come “destinato” a priori alla locazione), ma la decisione circa la natura - breve o non breve - della locazione in molti casi non è assunta - né può essere assunta - in anticipo dal proprietario.
Alla luce di queste considerazioni, si era notato come fosse ragionevole che la comunicazione ai fini del codice identificativo fosse fornita dal proprietario solo nel momento della stipulazione del contratto di locazione, che è il primo momento in cui può constatarsi obiettivamente e con certezza che l’immobile venga ad essere utilizzato nel senso previsto dalla norma.
Vi è da dire che, riguardo a questi aspetti, la nuova norma appare poco chiara. Da un lato, infatti, essa sembra avere recepito i rilievi che si sono ricordati prevedendo che l’obbligo riguardi solo gli immobili che siano “oggetto” di locazione turistica, espressione che sembrerebbe presupporre che il contratto di locazione sia già stipulato. D’altro lato però tale conclusione è posta in dubbio dalla previsione che l’obbligo dell’esposizione del CIN gravi - lo prevede il comma 6 dell’art. 13-ter - non solo su chiunque conceda in locazione un immobile per finalità turistiche ma anche su chiunque proponga l’immobile per la locazione a cui vieta “in ogni caso, di pubblicare annunci privi di CIN”.
La questione, dunque, sembra essere ancora irrisolta.
L'unificazione dei codici identificativi
Un aspetto della nuova norma che deve essere valutato positivamente è costituito dalla previsione di unificazione del codice identificativo.
Come si è già detto, in molte Regioni è stata da tempo introdotta la previsione dell'attribuzione di un codice identificativo degli immobili destinati alla locazione turistica.
Aspetto critico delle previsioni dell'art. 13-quater del “decreto crescita” (il d.l. n. 34/2019) in materia di codice identificativo degli immobili è derivato proprio dal fatto che non era chiaro quale rapporto dovesse vedersi tra il codice nazionale ed i codici regionali (o provinciali o comunali): dal momento che in molti casi poteva non esservi coincidenza tra l'ambito di applicazione delle disposizioni dettate dalle diverse disposizioni (e dal momento che gli stessi requisiti prescritti dalle diverse disposizioni potevano non coincidere) pareva dovesse considerarsi che - quantomeno nei casi in cui non vi fosse la coincidenza degli elementi ora ricordati - le disposizioni relative ai diversi codici identificativi coesistessero con la conseguenza che pertanto gli interessati dovessero munirsi per il medesimo immobile di più distinti codici identificativi. Tanto più che - come si è detto - il codice identificativo introdotto dal “decreto crescita” concerneva gli immobili destinati alle locazioni brevi, mentre molti codici regionali concernevano le locazioni turistiche.
La norma ora emanata pone rimedio a tale irragionevole condizione: i codici regionali (così come quelli provinciali o comunali) devono venire “ricodificati” con la conseguenza che per ciascun immobile vi sarà un unico codice identificativo nazionale.
L’imposizione dei requisiti di sicurezza e della presenza di impianti di cui al comma 7
Come si è visto, la norma prevede che “le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche” o di locazione breve “gestite nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8” devono essere munite dei requisiti di sicurezza degli impianti prescritti dalla legge e che comunque “in ogni caso, tutte le unità immobiliari sono dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili” aventi le caratteristiche e posti nei luoghi indicati dalla norma (si veda la disposizione del comma 7).
Vi è da chiedersi che senso abbia la previsione dell’imposizione della presenza dei dispositivi da ultimo citati nel caso di locazione di un appartamento (o anche soltanto di una stanza) che sia oggetto di godimento per una locazione breve.
Le disposizioni in esame sembrano volte a considerare queste ipotesi alla stessa stregua dei locali facenti parte delle strutture ricettive alberghiere: il che però appare contrario alla realtà ed alla ragionevolezza. E’ chiaro che anche gli immobili che siano oggetto di locazione turistica o di locazione transitoria dovranno essere dotati di quanto sia ad assicurare la loro efficienza e la sicurezza di chi li utilizza (al pari di tutti gli altri alloggi che siano concessi in locazione): ciò che però non si comprende è perché mai tali immobili debbano essere considerati in modo differente dagli altri alloggi oggetto di rapporti locativi.
La locazione di porzione di immobile
Da notare che la norma fa richiamo anche all'ipotesi della locazione di porzione di unità immobiliare.
Quella considerata è ipotesi che nel caso delle locazioni turistiche si presenta con una certa frequenza: si tratta - nella sostanza - del caso della locazione di una o più stanze di un appartamento che venisse abitato anche dal locatore o da altri soggetti.
Da ricordare che l'ipotesi della locazione della porzione di unità immobiliare è stata presa in considerazione anche dal d.m. 16 gennaio 2017 in tema di locazioni abitative agevolate, transitorie e per studenti.
Si tratta, dunque, di ipotesi oramai ampiamente recepita dalla prassi e dalle norme, alla quale dovranno applicarsi tutte le regole che concernono la locazione dell'intera unità immobiliare dalla quale sul piano dei principi la locazione della porzione non si differenzia in alcun modo.
È chiaro, poi, che anche per questa ipotesi dovrà valere la disposizione che impone l'obbligo di esposizione all'esterno dello stabile del CIN, che nel caso sarà costituito da più codici relativi alle diverse stanze che fossero oggetto della locazione.
Con riferimento all'ipotesi che stiamo considerando, si pone però il quesito circa le modalità corrette che debbano essere seguite nel caso in cui un proprietario intendesse locare l'alloggio con modalità alternative e differenti: condizione che si può presentare nel caso in cui il proprietario, a seconda delle richieste che ricevesse, decidesse di locare l'intero appartamento o invece una o più porzioni di questo. Vi è da chiedersi se in questo caso debbano essere acquisiti più distinti CIN per l'appartamento e per le singole stanze e se tutti tali CIN debbano essere esposti secondo le modalità prescritte dalla norma.
Aspetti di carattere condominiale legati all'esposizione del Cin all'esterno dello stabile
Vi è poi da chiedersi se l'obbligo di esposizione del CIN all'esterno dello stabile nel quale è ubicato l'immobile destinato alla locazione turistica o breve possa dare luogo a problemi sul piano dei rapporti condominiali.
Si noti che nel fissare la regola anzidetta la norma richiede che sia assicurato “il rispetto di eventuali vincoli urbanistici e paesaggistici” mentre nulla viene detto circa gli aspetti - e gli eventuali divieti o vincoli - di carattere condominiale.
Premesso che per affrontare la questione con riguardo ai profili dei rapporti condominiali deve aversi riguardo alle singole fattispecie concrete (ogni situazione infatti può essere diversa e può chiedere considerazioni differenti), deve notarsi che comunque nella maggior parte dei casi potrà farsi ricorso al principio (avente carattere di principio generale in tema di comunione e condominio) per cui ogni condomino ha il diritto di fare l'uso più intenso del bene comune (art. 1102 c.c.). In applicazione di tale principio si affermai che “l'apposizione di targhe e tende nel prospetto dell'edificio condominiale costituisce espressione del diritto di comproprietà dei condòmini su detta parte comune, corrispondendo alla normale destinazione di essa, e pertanto non può essere assoggettata a divieto o subordinata al consenso dell'amministratore condominiale” (così Cass. civ., sez. II, 21 agosto 2003, n. 12298).
Ciò fa ritenere - appunto in via generale - che la possibilità di apposizione sul muro esterno dell'edificio condominiale della targa o del cartello che indichi il codice identificativo dell'appartamento o della porzione di appartamento avente la destinazione che stiamo considerando di norma debba essere riconosciuta in favore di ogni condomino.
Qualche problema potrebbe porsi, però, nel caso in cui il regolamento contrattuale del condominio contenesse una disposizione che vietasse un tale uso del muro comune. Premesso che non sembra che possa dubitarsi della validità di una tale clausola ove questa fosse inserita in un regolamento contrattuale di condominio (regolamento che - come noto - costituisce lo strumento che consente il sacrificio sul piano negoziale dei diritti dei singoli sulle parti di proprietà esclusiva e sulle parti comuni: Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2013, n. 1748), deve ritenersi che in presenza di una tale previsione non sarebbe consentita l'esposizione richiesta dalla norma. Il che - nei casi in cui non fosse possibile l'esposizione del CIN su parte dell'edificio di natura privata di proprietà dell'interessato (per esempio su un balcone) - potrebbe effettivamente dare luogo a problemi dalla soluzione non agevole anche perché il divieto fissato dal regolamento contrattuale non consentirebbe nemmeno l'adozione da parte dell'assemblea di delibere a maggioranza che autorizzassero l'esposizione.
Vi è da chiedersi, tuttavia, se in questi casi possa essere invocato dal condomino che avesse omesso di operare l'esposizione del CIN - ai fini dell'eventuale esclusione dell'applicazione della sanzione prevista dal 9° comma dell'articolo per tale omissione - l'impossibilità derivante dal divieto stabilito dal regolamento di condominio.
L’indicazione del CIN in ogni annuncio “ovunque comunicato o pubblicato”
Da segnalare, infine, che la norma in esame dispone che il CIN debba essere indicato in via generale ed amplissima “ovunque comunicato o pubblicato”.
Ciò fa ritenere che il CIN debba essere esposto e indicato in ogni sede in cui venga in rilievo l’immobile quale alloggio o porzione di alloggio destinato alla locazione turistica o alla locazione breve: si tratterà dunque di segnalare il CIN non solo in tutti gli annunci diretti a dare notizia dell’offerta e della disponibilità dell’immobile nella prospettiva della sua locazione con le modalità indicate ma anche in ogni altra comunicazione che concernesse i rapporti da instaurarsi in relazione a tale immobile.
In conclusione
Possiamo a questo punto sintetizzare quanto abbiamo fino ad ora osservato.
Con l'art. 13-ter del c.d. “decreto anticipi”, è stata disposta l'introduzione del “codice identificativo nazionale” per gli immobili destinati alle locazioni turistiche ed alle locazioni brevi.
Chiarito che l'introduzione di un codice unico deve valutarsi positivamente (atteso che la coesistenza di più codici - il codice nazionale ed i codici regionali - prevista o comunque consentita dall'art. 13-quater del d.l. n. 34/2019 poteva creare confusione ed incertezze), va notato che le nuove disposizioni presentano aspetti critici con riguardo ai molti profili che abbiamo qui segnalato.
Devono considerarsi assai rilevanti - tra gli altri - i profili critici che sono legati:
al diverso ambito di applicazione delle nuove norme (che concernono gli immobili destinati alla locazione turistica e alla locazione breve) rispetto alle norme in materia di codice identificativo del decreto n. 34/2019 (che riguardavano solo gli immobili destinati alla locazione breve);
alla errata considerazione delle locazioni turistiche e delle locazioni brevi quali ipotesi omogenee costituenti distinte tipologie di locazione;
alla errata considerazione della “destinazione” a priori di un immobile alla locazione turistica o alla locazione breve;
ai possibili problemi sul piano dei rapporti condominiali dell'obbligo di esposizione del CIN all'esterno dell'edificio in cui è sito l'appartamento.