Appalti pubblici e costo della manodopera: legittima l’esclusione dalla gara del concorrente che applica un CCNL non coerente con l’oggetto dell’appalto

08 Febbraio 2024

Con la sentenza in commento, dopo aver sinteticamente richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale relativo al bilanciamento tra il potere di sindacato della stazione appaltante sull'offerta tecnica ed economica del concorrente e la libertà di auto-organizzazione dell'imprenditore, il T.A.R. Lombardia si pronuncia circa la legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia giustificato i costi della manodopera sulla base di un CCNL ritenuto dall'amministrazione non coerente con la lex specialis della gara.  Il giudice milanese procede con la verifica del rispetto dei minimi salariali retributivi e dei principi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione tutelati dall'art.36 della Costituzione.

Massima

Non è irragionevole la scelta della stazione appaltante di escludere da una gara pubblica un concorrente che abbia presentato un'offerta nella quale il costo del personale è stimato sulla base di un CCNL non coerente con l'oggetto dell'appalto e che non garantisce ai lavoratori un assetto retributivo conforme ai principi di proporzionalità e sufficienza garantiti dall'art. 36 della Costituzione.

Il caso

CCNL incoerente con l'oggetto dell'appalto, inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione, esclusione del concorrente dalla gara d'appalto

La sentenza in commento trae origine dal ricorso promosso da un consorzio avverso la propria esclusione dalla gara pubblica d'appalto relativa all'affidamento del servizio di accoglienza e reception presso le sedi del Comune di Milano assegnate alla Direzione Cultura.

L'esclusione è motivata sulla base dell'incongruità e inaffidabilità dell'offerta del concorrente, in quanto i costi della manodopera vengono giustificati impiegando un CCNL ritenuto non coerente con l'oggetto dell'appalto (nello specifico il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari). In particolare, l'amministrazione afferma nell'atto di esclusione che le attività oggetto dell'appalto non sono previste nel mansionario del CCNL proposto dalla ricorrente e che il trattamento complessivo e la retribuzione stimati sono inadeguati e troppo bassi con riferimento alla parte più qualificata del personale museale.

Il T.A.R. Lombardia, tramite un'attenta motivazione sulla quale ci si soffermerà in seguito, rigetta il ricorso confermando la correttezza della decisione dell'amministrazione e ribadendo l'inadeguatezza dei trattamenti proposti dalla ricorrente. Il giudice amministrativo ritiene ragionevole la scelta della stazione appaltante di escludere il concorrente che propone l'applicazione di un CCNL che fornisce un assetto retributivo, tenendo conto delle attività di alto profilo previste dal bando, tale da renderlo oggettivamente inconciliabile con la lex specialis di gara e potenzialmente lesivo dell'art. 36 della Costituzione.  

La questione

È lecita l'esclusione di un concorrente che presenta un'offerta economica con applicazione di un CCNL incoerente con l'oggetto dell'appalto?

La principale questione analizzata dalla sentenza può sintetizzarsi in due quesiti: fino a che punto può estendersi il sindacato della stazione appaltante sull'offerta tecnica ed economica del concorrente? È lecita l'esclusione dalla gara di un operatore che giustifica i costi della manodopera applicando un CCNL ritenuto incoerente con le attività previste dal bando e tale da determinare un assetto retributivo non conforme all'art.36 della Costituzione?

Le soluzioni giuridiche

Il sindacato della stazione appaltante sul CCNL proposto dal concorrente e la conformità delle retribuzioni all'art. 36 Cost.  

Nel dirimere il caso, il T.A.R. Lombardia prende le mosse dalla sentenza del T.A.R. Lazio 5 maggio 2022, n. 6688, la quale a sua volta sintetizza la consolidata giurisprudenza amministrativa, relativa alla complessa dialettica tra il potere riconosciuto alla stazione appaltante di sindacare l'offerta tecnica ed economica del concorrente e la libertà dell'imprenditore di organizzare liberamente la propria attività d'impresa (cfr. ex multis Cons. Stato 13 ottobre 2015 n. 4699; Cons. Stato 18 gennaio 2016 n. 143; Cons. Stato 10 giugno 2019 n. 3885; Trib. Roma 14 maggio 2021, n. 13055; Cons. Stato 29 novembre 2021, n. 7922; T.A.R. Lazio 25 agosto 2023, n. 13422).

Nello specifico, il giudice amministrativo ci rammenta che ogniqualvolta il potere di sindacato della stazione appaltante involga un profilo attinente all'organizzazione del fattore produttivo “lavoro”, il suo esercizio presuppone un'operazione di complesso bilanciamento tra principi costituzionali potenzialmente contrapposti: da un lato il buon andamento della pubblica amministrazione e la tutela del lavoro(artt. 97, 4, 35 e 36 della Costituzione), dall'altro la libertà di iniziativa economica privata dell'imprenditore (art.41 della Costituzione).  

Tale ultimo principio assume un ruolo centrale nel nostro ordinamento giuridico, soprattutto nella sua accezione di derivazione euro-unitaria di libertà di concorrenza, e comporta il divieto per la stazione appaltante di imporre ai concorrenti uno specifico modello di organizzazione del lavoro, indipendentemente dallo strumento tramite il quale tale obiettivo venga realizzato.

È evidente, dunque, che la stazione appaltante non possa prescrivere l'applicazione di uno specifico CCNL quale requisito di partecipazione alla gara né tantomeno possa sanzionare la scelta di applicare un determinato CCNL anziché un altro con l'esclusione del concorrente (cfr. Cons. Stato 15 marzo 2021, n. 2168; Cons. Stato 2 marzo 2017, n.975; Cons. Stato 9 dicembre 2015, n. 5597). Una simile imposizione lederebbe senz'altro il diritto di auto-organizzazione dell'imprenditore, a maggior ragione qualora uno o più tipologie di contratti collettivi possano, anche solo astrattamente, adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 luglio 2018, n.4443).  

A ben vedere, ciò non è avvenuto nel caso di specie dove, come emerge chiaramente dal primo motivo di ricorso, il disciplinare di gara non impone l'applicazione di uno specifico CCNL ma esprime una semplice preferenza per il CCNL Federculture, attribuendo cinque punti tecnici ai concorrenti che si impegnino ad utilizzarlo.

A questo punto, la sentenza prosegue ricordando che la libertà di iniziativa economica dell'impresa, come ogni diritto di rango costituzionale, incontra un limite invalicabile negli altri diritti costituzionalmente garantiti e, in questo caso, nella necessità “di evitare che esso sconfini abusivamente nella lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e nel pregiudizio dei diritti sociali costituzionalmente tutelati”.

È proprio sulla base di suddetti diritti che si deve legittimare un potere di sindacato della stazione appaltante sull'organizzazione del lavoro imposta dall'imprenditore “ogniqualvolta le concrete modalità di svolgimento del servizio oggetto di affidamento pubblico, così come analiticamente declinate nella lex specialis di gara, appaiono ictu oculi inconciliabili con la specifica matrice organizzativa impressa dal singolo concorrente alla propria forza lavoro”.

Fatta questa premessa, il T.A.R. ricorda i due motivi specifici che hanno condotto l'amministrazione ad escludere il consorzio dalla gara, e cioè l'incompatibilità dell'applicazione del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari al contratto in questione per il mansionario previsto e l'inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione per il livello contrattuale D, proposto dalla ricorrente come livello base per il contratto in questione, con riferimento alla parte più qualificata del personale museale.

In virtù del criterio della “ragione più liquida”, la decisione del giudice si fonda sul secondo motivo, ritenuto sufficientemente autonomo e avente carattere assorbente.

Innanzitutto, il giudice sottolinea come, in virtù del combinato disposto degli artt. 95, comma 10 e 97, comma 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016 (che si applica ratione temporis alla controversia in esame), prima di procedere all'aggiudicazione, le stazioni appaltanti devono sempre verificare che il costo della manodopera non sia inferiore ai minimi salariali retributivi. Tale verifica di congruità è sempre obbligatoria, a prescindere dalla valutazione di anomalia dell'offerta ed anzi, non dà luogo ad alcun sub-procedimento volto a verificare l'offerta nella sua interezza. Il T.A.R. è in sintonia con le pregresse soluzioni giudiziali (cfr. ex multis T.A.R. Campania 26 maggio 2023, n. 1252; T.A.R. Campania 7 novembre 2023, n.6128; T.A.R. Campania 21 dicembre 2020, n. 1994; T.A.R. Lombardia 1 giugno 2020, n. 978; T.A.R. Puglia16 marzo 2020, n. 329; T.A.R. Sicilia 26 marzo 2018, n. 608) laddove afferma che l'accertamento è volto esclusivamente a verificare il rispetto del salario minimo inderogabile così da evitare che venga compromesso il diritto dei lavoratori alla retribuzione proporzionata e sufficiente, tutelato dall'art. 36 della Costituzione.

Proprio alla luce di ciò, il giudice procede ad un raffronto tra l'offerta economica della ricorrente, effettuata ipotizzando l'impiego del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, e quella dell'impresa aggiudicataria, elaborata sulla base del CCNL Multiservizi. L'organo giudicante rileva che, mentre la prima risulta essere inferiore per circa il 30 % rispetto ai costi del personale stimati dalla stazione appaltante ipotizzando l'applicazione del CCNL Federculture, la seconda è inferiore per circa il 18% rispetto ai medesimi costi, manifestando un evidente maggior impegno economico nei confronti dei lavoratori.

A parere del T.A.R., la decisione di applicare il CCNL Vigilanza privata e Servizi Fiduciari all'appalto oggetto di gara, oltre a ridurre notevolmente le retribuzioni, sarebbe incoerente con la particolare qualificazione tecnica richiesta al personale. Il giudice sottolinea l'elevato livello di preparazione e formazione necessario per svolgere l'attività di assistenza alla clientela museale milanese e, proprio in ragione di ciò, rileva l'evidente incoerenza della retribuzione proposta dalla ricorrente che, al livello D del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, viene equiparata a quella prevista per lavoratori con mansioni più generiche.

La sentenza ripercorre l'iter argomentativo seguito dalla stazione appaltante nell'atto di esclusione e ne condivide le motivazioni. L'amministrazione, ad avviso del giudice, ha correttamente rilevato l'evidente discrasia tra l'elevato livello culturale richiesto al personale da impiegare nel servizio appaltato e il riconoscimento di un livello retributivo pari a quello del personale con mansioni non altrettanto qualificate.

In questa prospettiva, il giudice ritiene non irragionevole la decisione dell'amministrazione di escludere la ricorrente in virtù del fatto che il CCNL di lavoro proposto non solo risulta “obsoleto e disapplicato in sede giudiziale” (cfr. App. Milano 5 gennaio 2023, n. 961, sent.) ma soprattutto determina un assetto retributivo inadeguato all'alto livello di qualificazione tecnica del personale e tale da renderlo oggettivamente inconciliabile con la lex specialis della gara.

In definitiva, il giudice riconosce alla stazione appaltante il potere di sindacare in via diretta il CCNL di lavoro applicato da un concorrente, quando la finalità sia quella di accertare la conformità all'art. 36 della Costituzione del trattamento complessivo e della retribuzione proposti in base ad esso e, di conseguenza, il rispetto dei minimi salariali retributivi (cfr. Cons. Stato 13 ottobre 2015, n.4699; Cons. Stato 3 luglio 2015, n.3329).

Per queste ragioni, il ricorso viene respinto.

Osservazioni

La soluzione cui è pervenuto il T.A.R. Lombardia, a mio avviso condivisibile, può essere analizzata tramite una rilettura dell'iter argomentativo seguito dal giudice, svolta alla luce delle norme del d.lgs. n. 50/2016, che governa ratione temporis la controversia.

Ponendo in risalto la ratio che si cela dietro tali disposizioni, è possibile comprendere a pieno la conclusione raggiunta dall'organo giudicante.

Una delle prime questioni affrontate dal giudice riguarda l'accertata incoerenza con l'oggetto dell'appalto del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, impiegato dalla ricorrente per elaborare la stima del costo della manodopera. A questo proposito, viene in rilievo l'art. 30, comma 4, del d. lgs. n. 50/2016, il quale ha la finalità di garantire che il CCNL prescelto sia idoneo a tutelare il personale impiegato nell'appalto pubblico, tramite il riconoscimento di un trattamento complessivo adeguato e di una retribuzione proporzionata rispetto all'attività che viene concretamente svolta dai lavoratori. In questo modo, la norma assolve il duplice scopo di tutelare i lavoratori impiegati nella commessa e garantire l'esatta esecuzione delle prestazioni, instaurando una “connessione funzionale delle stesse con i profili professionali più appropriati”. Dal momento che il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari non prevede profili specifici riguardanti il patrimonio museale, è comprensibile, e condivisibile, la valutazione di incoerenza elaborata dal RUP.

Proseguendo nella lettura, si incontra lo snodo centrale della sentenza in commento. L'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 prevede che "Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d)" ossia hanno il dovere di appurare che il costo della manodopera non sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'art. 23, comma 16. In virtù del combinato disposto delle due norme del precedente Codice dei contratti pubblici (il cui contenuto è oggi recepito negli artt. 108, comma 9 e 110, comma 5, d.lgs. 36/2023), sulla stazione appaltante grava un obbligo generalizzato di verificare i costi del personale, prima di procedere all'aggiudicazione e a prescindere dalla necessità di attivare una verifica di congruità dell'offerta (Anac, parere di precontenzioso 5 giugno 2019, n.504).

Per comprendere la finalità di tale controllo, imposto alle amministrazioni pubbliche dalla legge, ritengo particolarmente utile l'interpretazione offerta dall'Autorità Nazionale Anticorruzione nella delibera n.189 del 9 maggio 2023. In tale parere, si evidenzia che lo scopo precipuo della verifica del costo della manodopera sia la tutela del diritto dei lavoratori alla giusta ed equa retribuzione sancito dall'art. 36 Cost. e la dimostrazione del rispetto dei minimi salariali e contributivi inderogabili; non tanto con l'obiettivo di garantire la regolarità della procedura, quanto piuttosto in una logica di protezione del personale coinvolto. È per questa ragione che la giurisprudenza è unanime nel ritenere che la stazione appaltante debba effettuare tale controllo anche in assenza dei requisiti per attivare il procedimento di verifica di anomalia dell'offerta.

Per completare il quadro normativo di riferimento, è bene tenere a mente anche il dispositivo dell'art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 (oggi art. 110, comma 4, d.lgs. n. 36/2023) dove si afferma che: "non sono ammesse giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge […] La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa".

A ben vedere, nel caso di specie, la stazione appaltante, a fronte di un appalto ad alta intensità di manodopera, ha ritenuto incongrua l'offerta del concorrente, non solo perché il costo del lavoro risultava particolarmente basso rispetto alla stima effettuata dall'amministrazione stessa, ma anche per l'inadeguatezza della retribuzione proposta dalla ricorrente come paga base, rispetto al livello culturale necessario per assolvere le mansioni oggetto della commessa. Il fulcro della decisione, dunque, è l'accertamento del rispetto del principio di proporzionalità della retribuzione sancito dall'art. 36 Cost.

Il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari non sembra fornire un assetto retributivo coerente con il principio costituzionale, dal momento che il servizio oggetto di appalto necessita di personale estremamente qualificato ma comporta il riconoscimento di una retribuzione equivalente a quella attribuita al personale con mansioni generiche.

In conclusione, se è vero che la stazione appaltante non può mai imporre l'applicazione di uno specifico modello di organizzazione del lavoro, è altrettanto vero che essa è titolare del potere di sindacare la scelta imprenditoriale di adottare uno specifico CCNL, al fine di verificare che l'assetto retributivo proposto sia conforme all'art. 36 Cost.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.