Responsabilità colposa e oggettiva del proprietario di immobili
09 Febbraio 2024
Una pensione, proprietaria di un immobile adibito ad attività alberghiera, appalta a un'impresa edile i lavori di scavo per la realizzazione di un'autorimessa interrata. I lavori vengono iniziati sulla base di un progetto che prevedeva la realizzazione di un muro di contenimento per evitare i movimenti del terreno dalle zone limitrofe all'area di scavo. Il 27 gennaio 2008, mentre erano ancora in corso i lavori di scavo, il muro di contenimento sotterraneo cede sulla spinta del terreno sovrastante; ciò determina la scopertura delle fondazioni degli edifici confinanti che subiscono gravissimi danni strutturali, tanto che i dimoranti sono costretti allo sgombero. I danneggiati convengono in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia la pensione, i suoi soci illimitatamente responsabili, l'impresa appaltatrice, il progettista dello scavo e il direttore dei lavori, chiedendone la condanna solidale (i) al risarcimento dei danni patrimoniali in forma specifica o, in subordine, per equivalente e (ii) al ristoro dei pregiudizi non patrimoniali. Il Tribunale, accertata in via incidentale la responsabilità dell'impresa appaltatrice, accoglie la domanda risarcitoria nei soli confronti del progettista per carenze riscontrate nel progetto strutturale dello scavo, rigettandola invece nei confronti del direttore dei lavori e della pensione proprietaria dell'immobile: il primo non aveva svolto alcun ruolo in relazione all'attività di scavo, mentre la seconda non poteva essere ritenuta responsabile per assenza di colpa, stante l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 840 c.c. (e non dell'art. 2053 c.c.). La decisione viene impugnata dal progettista e, in via incidentale, dai danneggiati che, fra l'altro, ribadiscono la sussistenza della presunta responsabilità della pensione proprietaria non solo ai sensi dell'art. 840 c.c., ma anche ai sensi dell'art. 2053 c.c. La Corte d'Appello di Venezia accoglie l'appello principale e rigetta quello incidentale, escludendo così la responsabilità di tutti i convenuti, ad eccezione di quella dell'impresa esecutrice dei lavori. I danneggiati però non si arrendono e propongono ricorso per cassazione, censurando fra l'altro la sentenza nella misura in cui aveva invocato soltanto l'art. 840 c.c. e non anche l'art. 2053 c.c. In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, sarebbe stata altresì applicabile al caso concreto quest'ultima disposizione, posto che, nell'esecuzione dei lavori di scavo nel sottosuolo, l'impresa appaltatrice aveva costruito un muro di contenimento che, subito dopo essere stato realizzato, era crollato sotto la spinta del terreno, integrando così la fattispecie di “edificio in rovina”. La Corte di Cassazione però rigetta l'impugnazione e conferma la pronuncia impugnata, sulla base delle seguenti argomentazioni:
Sono così purtroppo le speranze dei danneggiati-ricorrenti a crollare sin dalle fondamenta, un po' come i loro edifici. (Fonte: dirittoegiustizia.it) |