Riporto delle posizioni soggettive legittime se realizzate a seguito di operazione di MLBO
Fabio Gallio
08 Febbraio 2024
Con la risposta ad interpello del 29 gennaio 2024, n. 22, l'Agenzia delle Entrate ha disapplicato le limitazioni previste dal comma 7 dell'art. 172 del TUIR, per il riporto delle predite, degli interessi passivi e dell'ACE, in quanto le posizioni soggettive di cui si è chiesto il riporto sono state originate da un'operazione di acquisizione con indebitamento.
Premessa
In particolare, il caso esaminato riguarda la società B che è stata acquistata e finanziata da un Fondo di investimento e da altri soggetti, la quale, attraverso le proprie risorse, ha acquistato la società A, una holding di partecipazioni, che deteneva quote in altre società operative.
Entrambe le società non superavano i limiti economici e patrimoniali previsti dalla normativa.
Questo, però, non ha impedito all'Agenzia delle Entrate di disapplicarla.
Per quanto riguarda B (il veicolo utilizzato per l'acquisizione di A con funzione di SPV), è stato dimostrato che le posizioni soggettive di cui si chiedeva il riporto erano riferibili all'operazione di acquisizione della società target (e alla successiva fusione inversa nella medesima società).
A tale fine, quindi, non sono stati considerati rilevanti sia la circostanza che il patrimonio netto di riferimento, composto da conferimenti effettuati dai soci, il cui importo, essendo stati realizzati nei 24 mesi precedenti l'operazione di fusione, fosse, per l'applicazione della normativa, azzerato, sia il fatto che i parametri economici (ricavi e costo del personale) non fossero rispettati.
In merito alla holding A, la disapplicazione è avvenuta, in quanto, in base alle risultanze dei bilanci relativi agli esercizi che hanno preceduto la data di efficacia della fusione, la relativa attività svolta non sembrava aver subito un depotenziamento.
In questo caso, non è stato considerato rilevante il rispetto dei parametri economici, e, in particolare, quello del costo del lavoro, dal momento che l'assenza di costi del personale doveva considerarsi fisiologica in capo ad A, in quanto coerente con la funzione di holding di partecipazioni esercitata dalla società stessa.
Prima di esaminare la risposta, si ritiene utile soffermarsi sulla normativa di riferimento ed analizzare i criteri di funzionamento di tale istituto.
La normativa di riferimento
Si ricorda che, in base all'art. 172, comma 7, del TUIR., le perdite fiscali (nonché gli interessi passivi indeducibili e le eccedenze ACE) delle società partecipanti all'operazione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società incorporante o risultante dalla fusione:
per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell'articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali;
allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori
Per quanto riguarda il riporto degli interessi passivi indeducibili e delle eccedenze ACE, le norme di riferimento sono, rispettivamente, quelle contenute nell'art. 96 del TUIR e quelle riportate dall'art. 1 del D.L. del 6 dicembre 2011, n. 201, e dal DM del 3 agosto 2017, il quale ha sostituito il DM del 14 marzo 2012.
Relativamente, invece, alle perdite fiscali, la norma generale che ne disciplina il riporto è quella prevista dall'art. 84 del TUIR, la quale distingue le perdite fiscali utilizzabili senza limiti di importo (quelle realizzate nei primi tre periodi d'imposta di attività) da quelle con il limite di utilizzo pari all'80% del reddito imponibile realizzato in ciascun periodo d'imposta (quelle realizzate negli anni successivi ai primi tre). Al contrario della precedente versione della norma, attualmente non sono previsti dei limiti temporali nel loro utilizzo. E', inoltre, richiesto il rispetto di alcune norme antielusive nel caso in cui la partecipazione nella società che riporta le perdite venga ceduta a terzi. Tale norma si applica anche agli interessi passivi indeducibili ed alle eccedenze Ace.
Nell'ambito delle operazioni di fusione, esiste una norma specifica che regolamenta l'utilizzo di tali componenti a disposizione delle società partecipanti e limita, ai soli casi in cui siano rispettati determinati parametri economico/patrimoniali e strutturali, la possibilità di riportarli in avanti in caso di fusione della società che li ha prodotti (art. 172, comma 7, del TUIR).
Inoltre, come è stato recentemente precisato dall'Agenzia delle Entrate, nel caso in cui le perdite facciano ingresso, a seguito della fusione, nella sfera di un soggetto che ha usufruito di un regime di esenzione dalla tassazione degli utili, come può avvenire per le cooperative a mutualità prevalente, occorre considerare che l'articolo 84, comma 1, secondo periodo del TUIR dispone, per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile, che «la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti», senza distinguere tra le perdite proprie e quelle acquisite in sede di fusione. Pertanto, in applicazione di tale disposizione, e salvo quanto previsto dall'art. 172, comma 7, le perdite acquisite dalla società dante causa per effetto della descritta operazione devono essere sterilizzate, fino a concorrenza dell'utile che non ha concorso alla formazione del reddito della società avente causa negli esercizi precedenti (Risposta ad interpello del 15 dicembre 2021, n. 813).
Dal punto di vista operativo, la norma in commento impone ai soggetti interessati alla fusione di fare preliminarmente un test sull'operatività, mediante il confronto dei ricavi dell'esercizio precedente la fusione con la media degli stessi nei due esercizi precedenti. Lo stesso tipo di confronto deve essere operato con riferimento ai costi del personale.
Solo nel caso in cui i ricavi e i costi del personale dell'esercizio precedente l'operazione di fusione siano superiori rispettivamente al 40% della media dei due esercizi precedenti, la società oggetto di analisi è da considerarsi operativa ai fini del riporto delle perdite fiscali.
Il test di vitalità risponde, quindi, alla chiara ratio di precludere il riporto delle perdite laddove la società abbia subito un depotenziamento rilevante nell'ultimo esercizio chiusosi anteriormente alla delibera di fusione.
Stante il disposto della norma, le perdite fiscali pregresse, gli interessi passivi indeducibili e le eccedenze Ace, conseguiti dalle società partecipanti alla fusione, sono riportabili nel limite del patrimonio netto delle stesse, senza considerare, tuttavia, i versamenti effettuati dai soci nei ventiquattro mesi precedenti la data della situazione patrimoniale di riferimento.
Tali norme anti-elusive possono essere non applicate, ad esempio, quando la società incorporante è stata acquisita da un terzo ad un prezzo di mercato di gran lunga superiore alle posizioni fiscali oggetto di riporto della società incorporata (risposta ad interpello del 4 febbraio 2022, n. 76).
La stessa Corte di Cassazione, con la sentenza del 24 dicembre 2020, n. 29501, si espressa in merito al riporto delle perdite in caso di un'operazione di incorporazione, secondo la quale, nel caso in cui i requisiti richiesti non siano rispettati, è possibile per il contribuente dimostrare che l'operazione si è basata su valide ragioni economiche, (quali, ad esempio, il possesso della controllata di particolari autorizzazioni o iscrizioni ad albi difficilmente conseguibili) e non solo per potere utilizzare le perdite.
Ciò sarebbe stato confermato anche da altra pronuncia della Suprema Corte secondo la quale la mancanza del requisito relativo alle spese per prestazioni di lavoro subordinato, dovuto all'assenza assoluta di dipendenti, impedirebbe alla società incorporante o risultante dalla fusione di avvalersi della specifica disposizione normativa e comporta l'inutilizzabilità delle perdite. Ma tale conclusione è stata fornita in quanto le relative circostanze non sono state dimostrate nell'ambito del giudizio di merito dalla contribuente (sentenza del 28 giugno 2022, n. 20616). Infatti, la stessa Agenzia delle Entrate ritiene che la mancanza del costo del personale nel bilancio non comprometta la possibilità di riportare, nel caso specifico, l'eccedenza ACE, purchè vengano giustificate i motivi dell'assenza di dipendenti (risposta ad interpello del 13 febbraio 2019, n. 52).
La posizione dell'Agenzia delle Entrate relativamente alle operazioni di MLBO
L'Agenzia delle Entrate si è occupata del trattamento fiscale delle "operazioni di acquisizione con indebitamento" ex articolo 2501-bis del codice civile, con la circolare del 30 marzo 2016, n. 6.
In particolare, in tale documento, è stato chiarito che le operazioni di MLBO vedono nella fusione (anche inversa) il logico epilogo dell'acquisizione mediante indebitamento, necessario anche a garantire il rientro, per i creditori, dell'esposizione debitoria. Di fatto, la struttura scelta, rispondendo a finalità extra-fiscali, riconosciute dal Codice Civile e, spesso, imposte dai finanziatori terzi, difficilmente potrebbe essere considerata finalizzata essenzialmente al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.
Pertanto, non dovrebbero essere mosse delle contestazioni in relazione al vantaggio fiscale conseguito attraverso la deduzione degli oneri finanziari, per effetto del debt push down, salvo che, nei singoli casi, non si riscontrino altri specifici profili di artificiosità dell'operazione, così come posta in essere nel caso concreto, come nel caso in cui all'effettuazione dell'operazione di LBO abbiano concorso i medesimi soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano la società target.
Con la risposta ad interpello del 21 marzo 2022, n. 127, l'Agenzia delle Entrate ha disapplicato il comma 7 dell'art. 172 del TUIR, in quanto l'operazione complessiva rispondeva a valide ragioni economiche, identificate nell'obiettivo di semplificare la catena partecipativa, identificando un'unica sub-holding del gruppo, di concentrare posizioni creditorie e debitorie in un unico soggetto giuridico, e di ridurre costi generali.
Invece, con la risposta n. 128 del 21 marzo 2022, è stato dato risalto al fatto che l'operazione è stata realizzata per consentire all'incorporante di beneficiare di un significativo risparmio dei costi derivante dall'unificazione e integrazione dei processi decisionali, garantendo flessibilità ed efficienza nell'utilizzo delle risorse e reattività e rapidità del processo decisionale.
L'Agenzia delle entrate ha ritenuto, inoltre, lecita un' operazione che si poneva l'obiettivo di razionalizzare la struttura societaria del gruppo dopo l'acquisto di una target ed evitare duplicazioni (così risposta ad interpello del 21 marzo 2022, n. 136).
Al contrario, con la risposta ad interpello del 19 gennaio 2023, n. 84, l'Agenzia delle Entrate non ha considerato meritevole di accoglimento un'istanza di disapplicazione della normativa di contrasto alla compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali, degli interessi passivi e dell'ACE ex art. 172 co. 7 del TUIR, con riferimento a una fusione inversa derivante da un'acquisizione con indebitamento (MLBO).
In particolare, tale conclusione si è fondata sul fatto che la società veicolo era partecipata dal medesimo socio unico che partecipava in misura totalitaria anche la società target. Pertanto, al termine dell'operazione, la situazione societaria è risultata esattamente identica a quella di partenza.
La posizione della giurisprudenza relativamente alle operazioni di MLBO
Anche la giurisprudenza si è occupata di operazioni MLBO.
La Suprema Corte, occupandosi di un'operazione di riorganizzazione che ha interessato un importante marchio di moda, produttore di piumini, ha sancito la sua legittimità, considerato che, per effetto della fusione e pur avendo mantenuto una partecipazione importante il socio originario, avevano fatto ingresso nella compagine sociale alcuni nuovi soggetti dotati, non solo di adeguate risorse finanziarie, ma soprattutto di competenze tecniche necessarie allo sviluppo commerciale della società target (cfr. sentenza del 16 gennaio 2019, n. 868).
Secondo altra giurisprudenza di legittimità (ordinanza del primo marzo 2022, n. 6623), un'operazione di MLBO non sarebbe illecita, qualora vi sia il mutamento degli assetti gestionali della società target. Pertanto, anche qualora non vi sia il cambio del controllo, l'operazione non può essere contestata se ha lo scopo di configurare un nuovo assetto proprietario-gestionale della società obiettivo.
Relativamente all'applicazione dell'art. 172, comma 7, del TUIR, la Suprema Corte (con ordinanza n. 19222 del 17 luglio 2019) ha sancito che è necessario esaminare i singoli casi, senza applicare automaticamente la norma antielusiva.
Per completezza di informazione, si ricorda che la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano, con sentenza del 5 dicembre 2022, n. 3361/7/22, ha sancito che spetta il diritto alla detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di servizi commissionati per la realizzazione dell'operazione straordinaria di MLBO.
Alcune considerazioni
La risposta 22/2024, per quanto riguarda i presupposti per la disapplicazione del comma 7 dell'art. 172 del TUIR, risulta essere condivisibile, in quanto ha ritenuto legittima, dal punto di vista tributario, un'operazione di leva finanziaria, confermando quanto già sostenuto in diverse occasioni.
Nel caso in esame, si è dato peso al fatto che le posizioni soggettive del veicolo B di cui si è chiesto il riporto fossero effettivamente riferibili all'operazione di acquisizione.
Mentre, con riferimento alla holding, si è dato peso al fatto che:
a) la società, negli esercizi precedenti e in quello internale alla fusione, avesse incassato dividendi;
b) avesse un patrimonio investito in partecipazioni e che questo non è stato depotenziato rispetto agli esercizi precedenti;
c) il suo valore economico e del gruppo economico da questa controllato risultava di ammontare notevolmente superiore rispetto a quello delle posizioni soggettive riportabili da parte della società stessa;
d) sebbene la società non avesse dipendenti (svolgendo l'attività di holding di partecipazioni), la stessa si era avvalsa di ''servizi amministrativi, contabili e assistenza in materia IT'' forniti dalla una società partecipata G (in base ad apposito contratto stipulato con quest'ultima società), nonché di servizi ''di tipo amministrativo'' prestati da ''professionisti esterni al gruppo'' [...], tale per cui, qualora il calcolo del test di vitalità fosse stato condotto considerando i predetti costi per servizi [...], lo stesso (test) sarebbe stato superato (cfr., risoluzione n. 337/E del 29 ottobre 2002 e risoluzione n. 143/E del 10 aprile 2008).
Del resto, la ratio delle limitazioni poste dall'articolo 172, comma 7, del TUIR è quella di contrastare il c.d. commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazione di operazioni di ristrutturazione aziendale con società prive di capacità produttiva, poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali, degli interessi passivi riportabili e delle eccedenze ACE di una delle suddette società, partecipante all'operazione, con i redditi di altra società coinvolta, introducendo un divieto al riporto delle predette posizioni soggettive qualora non sussistano le condizioni di vitalità economica richieste dalle disposizioni normative (Circolare del primo agosto 2022, n. 31).
Tali chiarimenti sono stati successivamente confermati anche da altre risposte che hanno precisato, ad esempio, che una società holding appena costituita e, quindi, priva degli specifici requisiti previsti dalla normativa, ha la possibilità di effettuare il riporto se e qualora non si verifica un depotenziamento gestionale dal quale evincere la natura di "bara fiscale" della società (Risposta ad interpello dell'Agenzia delle Entrate del 22 aprile 2022, n. 211.).
Relativamente, invece, alla rilevanza o meno, ai fini della verifica del test di operatività, dell'assenza di costi per il personale dipendente negli ultimi bilanci delle società di cui si vogliono riportare le perdite, l'Agenzia delle Entrate ha precisato che l'assenza di detti costi in bilancio può non costituire di per sé sintomo di scarsa vitalità aziendale, in particolar modo per le società holding di partecipazioni (Risoluzione dell' Agenzia delle Entrate del 29 ottobre 2002, n. 337).
Quindi, viene ribadita la possibilità di disapplicare il limite di riporto delle perdite ex art. 172 co. 7 del TUIR in un'operazione di fusione, pur in presenza del mancato superamento del test del patrimonio netto da parte della società incorporata, qualora venga provata, da un lato, l'assenza di una finalità elusiva, dall'altro, risulti integrato il possesso da parte della società della c.d. "redditività prospettica" per continuare a svolgere la propria attività anche in assenza della fusione (Risposta ad interpello dell' Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2022, n. 124).
Pertanto, è possibile il riporto delle perdite eccedenti il limite del patrimonio netto se le stesse effettivamente sono state prodotte per fattori contingenti e congiunturali, se è data dimostrazione di “riassorbire” stand alone le perdite fiscali pregresse, e se si continua a svolgere la propria attività economica, realizzando nuovi investimenti, possedendo ricavi in possedendo ricavi in crescita ed un elevato numero di lavoratori impiegati (Risposta ad interpello dell' Agenzia delle Entrate del 10 maggio 2022, n.253).
Tale principio sembra essere condiviso anche dall'Agenzia delle entrate, la quale ha stabilito che, nel caso in cui, nei 24 mesi precedenti, sono stati effettuati versamenti, determinati dagli obblighi civilistici di ripianare le perdite superiori al terzo del capitale sociale e dalla necessità di onorare i debiti pregressi, la norma antielusiva sul patrimonio netto non si applica (Risposta interpello Agenzia Entrate 17 dicembre 2018 n. 109).
Del resto, la ricapitalizzazione può non essere considerata per riduzione dell'importo del patrimonio netto, se non appare finalizzata a un elusivo tentativo di integrare il requisito del c.d. limite patrimoniale per consentire il riporto delle perdite fiscali. E ciò si verifica se viene dimostrata l'esistenza di una struttura organizzativa, dotata di un'autonoma capacità di produrre redditi imponibili, anche nel caso in cui si è proceduto a concedere in affitto il ramo d'azienda dell'incorata all'incorporante, non costituendo questo contratto un negozio tale da depotenziare l'incorporata stessa in vista dalla fusione poiché sarà la stessa affittuaria (incorporante) a succedere in tutti i rapporti attivi e passivi di quest'ultima (Risposta interpello Agenzia Entrate del 10 maggio 2022, n. 255.).
Inoltre, la limitazione prevista dalla norma ex art. 172 del TUIR, secondo la tesi erariale, può essere disapplicata in tutti i casi in cui i versamenti possono considerarsi fisiologici, come può avvenire nel contesto di un'operazione di MLBO, oppure quando la riduzione del patrimonio è stata causata dall'applicazione dei principi contabili internazionali (Risposta interpello Agenzia Entrate 24.12.2018 n. 127); o ancora quando le ragioni di tali ricapitalizzazioni evidenziano la volontà di ripianare le perdite di periodo delle società del gruppo al fine di rilanciare il gruppo in vista dell'integrazione del loro business (risposta ad interpello del 4 febbraio 2022, n. 73).
Tale principio è stato confermato anche con riferimento ad un'operazione effettuata tramite una SPAC Special Purpose Acquisition Company, ovvero veicoli di investimento contenenti esclusivamente cassa (c.d. blank check companies) e costituiti specificatamente per raccogliere capitale al fine di effettuare operazioni di fusione e/o acquisizione di aziende (c.d. business combination) (risposta del 4 febbraio 2022, n.75).
Tali principi sono stati fatti propri anche da altre risposte ad interpello diffuse recentemente (Risposte n. 234 e n. 235 del 28 aprile 2022).
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La posizione dell'Agenzia delle Entrate relativamente alle operazioni di MLBO