Le Sezioni Unite intervengono sul rapporto tra domanda riconvenzionale e mediazione

La Redazione
08 Febbraio 2024

La condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l’intero corso del processo, laddove possibile.

La questione posta con ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. è se, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, sussiste l'obbligo di provvedere alla mediazione nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, ove la mediazione sia stata già ritualmente effettuata, anteriormente alla prima udienza, in relazione alla sola domanda principale.

Le Sezioni Unite risolvono tale questione escludendo che il tentativo obbligatorio di conciliazione sia condizione di procedibilità della proposizione della domanda riconvenzionale.

Si muove dalla ratio dell'istituto, osservando che la mediazione mira a transigere le liti, evitando, in tal modo, che il soggetto debba ottenere soddisfazione attraverso gli organi di giustizia, con elevati costi e tempi, che nocciono alla parte, come al sistema giudiziario nel suo complesso. Il fine, dunque, è l'auspicata non introduzione della causa, risolta preventivamente innanzi all'organo apposito, in via stragiudiziale.

Si considera poi il caso della riconvenzionale c.d. non eccentrica, ossia collegata all'oggetto della lite. Rispetto ad essa si evidenzia che la lettera e la ratio della disposizione inducono a ritenerla non sottoposta alla condizione della mediazione obbligatoria. La mediazione obbligatoria si collega non alla domanda sic et sempliciter, ma al processo, che è ormai pendente, onde, essendo la causa insorta, la funzione dell'istituto viene meno, non avendo avuto l'effetto di prevenzione per l'instaurazione del processo. Pertanto, una volta che la domanda principale sia stata regolarmente proposta dopo che la mediazione abbia già fallito l'obiettivo, una nuova mediazione obbligatoria relativa alla domanda riconvenzionale, non realizzerebbe, in ogni caso, il fine di operare un «filtro» al processo innanzi ad un organo della giurisdizione.

Quanto alla riconvenzionale c.d. eccentrica alla lite, che allarga l'oggetto del giudizio senza connessione con quello già introdotto dalla parte attrice, ad escludere la condizione di procedibilità concorrono – accanto alla ratio normativa di deflazione dei processi richiamata – ulteriori criteri di interpretazione quali il principio di certezza del diritto e quello della ragionevole durata del processo.

Sotto il primo profilo i giudici rilevano l'inadeguatezza di soluzioni intermedie, al fine di preservare il bene della certezza del diritto. Sotto il secondo profilo, sussistono limiti, individuati dallo stesso legislatore positivo e dal giudice delle leggi, contro l'allungamento dei tempi dovuti alla mediazione obbligatoria ed altri simili istituti, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo. L'esigenza di non cadere in soluzioni controproducenti emerge con chiarezza dalle regole positive dettate dal legislatore, nel testo normativo in esame e altri similari, sul piano della interpretazione teleologica e avuto riguardo allo scopo perseguito dal legislatore medesimo.

Così l'art. 23, comma 2, d.lgs. n. 28/2010; l'art. 3, comma 1, d.l. n. 132/2014, conv. nella l. n. 162/2014, tutte norme che tendono a scoraggiare l'eccesso di mediazione. Invero, esse dettano una disciplina che risolve il concorso tra la mediazione obbligatoria e le altre condizioni di procedibilità della domanda giudiziale, escludendo un doppio e contemporaneo filtro alla giurisdizione ma optando, invece, per l'alternatività di procedure. Nella stessa direzione milita la generale previsione di una durata massima del procedimento di mediazione – fissata in tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti – ai sensi dell'art. 6 d.lgs. n. 28/2010, termine, neppure soggetto a sospensione feriale: a confermare che per il legislatore il tentativo è utile e necessario, ma solo se esperito in tempi definiti e non foriero, invece, di ulteriori ritardi.

Del resto, la Corte costituzionale ha chiarito che la mediazione obbligatoria non viola il diritto di azione, sancito dalla Costituzione, soltanto laddove risulti idoneo a produrre il risultato vantaggioso del c.d. effetto deflattivo, senza mai divenire tale da provocare un inutile prolungamento dei tempi del giudizio. E la Corte di giustizia Ue ha escluso che il tentativo obbligatorio di conciliazione confligga col diritto comunitario, «rimarcando come la conseguente restrizione ai diritti fondamentali degli utenti sia legittima, in quanto tesa al perseguimento di obiettivi di interesse generale e non sproporzionata rispetto a questi ultimi».

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