Misure cautelari e potere-dovere del socio di sollecitare l’ammissione all’amministrazione straordinaria
12 Febbraio 2024
Il “nuovo” art. 2, comma 2, del d.l. n. 347/2003 prevede la possibilità, per il socio di società partecipate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche che detenga indirettamente più del 30% del capitale sociale – in caso di inerzia dell'organo gestorio della società – di depositare un'istanza volta a far valutare al Ministero delle Imprese e del Made in Italy i requisiti per l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese c.d. "strategiche" (si veda Nuove disposizioni sull’amministrazione straordinaria delle società di interesse strategico, 19 gennaio 2024, su questo Portale). Le novità più rilevanti risultano essere:
Nel caso di specie, una società, in persona del presidente del Consiglio di amministrazione, ha depositato un ricorso con cui chiede di inibire in via cautelare al socio di minoranza l'esercizio del potere-dovere sopra descritto (e alla Camera di Commercio di disporre l'archiviazione della domanda di nomina dell'esperto ex art. 12 CCII). Il Tribunale rigetta le domande della ricorrente. In primo luogo, il Tribunale evidenzia quanto segue: “L'inidoneità dell'istanza, ex art. 2, comma 2, D.L. n. 347/2003, a determinare un effetto impeditivo, oltreché lesivo della procedura di composizione negoziata della crisi, di per sé esclude l'esigenza cautelare su cui riposa l'inibitoria richiesta, dovendo essere poi mediata dall'esercizio della discrezionalità amministrativa ministeriale e dal controllo successivo del Tribunale”. Inoltre, la tutela richiesta appare, al Tribunale, inammissibile in quanto il suo petitum invaderebbe la sfera di discrezionalità amministrativa del Ministero e del socio nell'esercizio di un potere-dovere sollecitatorio. Nello stesso senso, nulla potrebbe essere ordinato in via inibitoria alla Camera di Commercio che, in presenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie normativa, non potrebbe far altro che archiviare la domanda ex art. 12 CCII. La ricorrente fornisce, a sostegno della propria richiesta inibitoria, anche altri argomenti. In particolare, viene sollevata la questione della inapplicabilità al caso in esame dell'art. 2, comma 2, d.l. n. 347/2003, come oggi modificato, in quanto l'istanza per la nomina dell'esperto ex art. 12 CCII sarebbe avvenuto prima dell'entrata in vigore della modifica legislativa per la quale, a detta della ricorrente, non sarebbe stata prevista alcuna forma di retroattività. Sul punto, il Tribunale ammette invece la retroattività delle modifiche, in virtù del principio secondo il quale una disposizione di legge processuale si applica non solo ai rapporti sorti dopo la sua entrata in vigore, ma altresì a quelli già in corso (ma non esauriti) al momento della modifica legislativa; “La norma, infatti, testualmente contempla in sé non una retroattività in senso stretto ma già una piena applicabilità ai rapporti processuali in corso”. Il Tribunale si pronuncia, poi, a favore della compatibilità con il diritto unionale della modifica introdotta con il d.l. n. 4/2024 e in particolare con l'art. 7 della Direttiva UE 2019/1023. Infine, viene ritenuta la non arbitrarietà e non manifesta irragionevolezza della scelta legislativa di non consentire l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e/o alla composizione negoziata, vista la specialità del campo applicativo di tale scelta, derivante dal carattere strategico delle società partecipate da amministrazioni pubbliche statali. |