La retribuzione del periodo di guardia notturna in regime di reperibilità
15 Febbraio 2024
Massima Il lavoratore che nel rendere servizio di guardia in regime di reperibilità notturna deve assicurare la propria presenza presso la sede di lavoro con conseguente compressione delle proprie esigenze personali deve essere remunerato in quanto tale reperibilità costituisce orario di lavoro. La remunerazione a mezzo di indennità di pernottamento e non a mezzo di maggiorazione a titolo di lavoro straordinario è conforme alla direttiva 2003/88/UE nonché alla legislazione nazionale. Il caso La remunerazione del turno di guardia fra lavoro straordinario e indennità di pernottamento Un gruppo di pompieri addetti a una base militare americana sita in Italia ricorre in giudizio chiedendo la condanna del datore di lavoro a modificare la turnazione, nonché rivendicando il diritto a compenso per lavoro straordinario per le otto ore di reperibilità notturna garantita per ogni turno di lavoro, con detrazione dell'indennità di pernottamento percepita, previa declaratoria di nullità delle condizioni di impiego, assimilabili al contratto collettivo, applicate al caso concreto. Sia il Tribunale sia la Corte d'Appello rigettano le istanze dei lavoratori. Il giudice di secondo grado, preso atto che dalle ore 22.00 alle ore 06.00 i pompieri sono tenuti a riposare all'interno della base militare in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di emergenza, ritiene infondate le richieste dei lavoratori, in quanto tale periodo di reperibilità notturna, remunerato a mezzo indennità di pernottamento, deve essere considerato come periodo di riposo intermedio. I dipendenti ricorrono per Cassazione sulla base del seguente unico motivo:
Lo Stato estero resiste con controricorso. La Corte di cassazione rigetta il ricorso. Le questioni Reperibilità: orario di lavoro o periodo di riposo? 1. Il periodo di reperibilità notturna deve essere qualificato come orario di lavoro o come periodo di riposo? 2. Se qualificato come tempo di lavoro, con che modalità deve essere retribuito? Le soluzioni giuridiche La remunerazione del servizio di guardia La Corte di cassazione, richiamando giurisprudenza europea e legislazione nazionale, rammenta innanzitutto che il tempo del lavoratore o è di lavoro o è di riposo; non esiste una categoria mediana. La direttiva europea n. 88/2003 definisce l'orario di lavoro come il periodo in cui il lavoratore è “al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali”; a contrariis, qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro è da considerarsi di riposo. La Corte di Giustizia già distingue fra il servizio di guardia in loco, cioè il servizio reso dal lavoratore che permane fisicamente presso la sede lavorativa, e il servizio di guardia reso con obbligo di mera reperibilità. Il primo caso viene considerato pacificamente come servizio reso in “orario di lavoro”, in quanto il lavoratore rimane disponibile in loco, a prestare le proprie mansioni. Nel secondo caso, invece, il criterio discretivo è costituito dalla possibilità, per il lavoratore, di potersi o meno liberamente dedicare ai propri interessi personali, sociali, familiari. Se il servizio di guardia in regime di reperibilità mera genera vincoli tali che incidono, in maniera significativa, sulla gestione del tempo “libero” del lavoratore, allora anche tale periodo viene qualificato come “tempo di lavoro” e non di riposo, a prescindere dalla prestazione di lavoro eventualmente resa in caso di chiamata. La permanenza fisica sul luogo di lavoro non è, dunque, un presupposto necessario ai fini della qualificazione del periodo di reperibilità come orario di lavoro. Dirimente è il vincolo comunque derivante dalla necessità di mantenersi in condizione di raggiungere il luogo di lavoro entro un termine di tempo tale da limitare in modo oggettivo la possibilità di dedicarsi ai propri interessi personali e sociali, con conseguente riconoscimento, anche in relazione a tale periodo di reperibilità mera, della natura di “orario di lavoro”. Dunque, ed a maggior ragione, le ore di pernottamento notturno che i ricorrenti sono costretti e trascorrere presso la sede di lavoro, sono a tutti gli effetti ore di lavoro, posto che i lavoratori in questione non possono, in quell'arco di tempo, perseguire i propri interessi personali e familiari in quanto fisicamente collocati presso il luogo di lavoro. Tali considerazioni, tuttavia, non comportano di per sé il diritto dei vigili del fuoco ricorrenti, in assenza di prestazione, alla remunerazione prevista per lavoro straordinario. La corresponsione di una indennità (di pernottamento) in luogo delle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario è considerata del tutto conforme alla normativa europea e nazionale. Difatti, precisa la Cassazione, le modalità di remunerazione del servizio di guardia in regime di reperibilità è demandata al Legislatore nazionale. L'invocata direttiva 2003/88/CE non osta, dunque, all'applicazione di una normativa nazionale, disciplina collettiva o decisione del datore di lavoro che distinguano, a livello retributivo, i periodi nei quali è concretamente resa la prestazione dai periodi, seppur considerati orario di lavoro, di reperibilità mera. Considerato che nel caso in decisione le disposizioni collettive stabiliscono il riconoscimento di indennità di pernottamento, i lavoratori debbono intendersi equamente remunerati e tale indennità legittima compensando, comunque, orario di lavoro in assenza di prestazione. Osservazioni Una diversa soluzione in diritto In relazione a fattispecie sovrapponibile a quella oggetto della decisione in commento (reperibilità “speciale” dei guardiani delle dighe) il Tribunale di Milano, con sentenza n. 131/2020, pur giungendo, in concreto, alle medesime conclusioni (la mera reperibilità, in assenza di prestazione, non dà diritto a retribuzione per lavoro straordinario ma va, comunque, equamente indennizzata) ha applicato un differente principio in diritto riconoscendo l'esistenza, tra orario di lavoro e orario di riposo propriamente detti, di una categoria mediana. In assenza di una disciplina specifica delle cd ipotesi intermedie tra riposo e orario di lavoro il Tribunale milanese afferma che per definire la natura del tempo in cui al lavoratore è imposto l'obbligo di rendersi reperibile in vista di una prestazione lavorativa solo eventuale, occorre valutare, caso per caso, per concludere che vi è coincidenza tra reperibilità e orario di lavoro solo ove sia sostanzialmente impedita - e non meramente limitata - la libera gestione degli interessi personali e sociali del prestatore: nella fattispecie il Tribunale ha escluso natura di orario di lavoro del periodo di reperibilità speciale con pernottamento sul luogo di lavoro accertato, da un lato, che l'attività di controllo delle dighe è completamente automatizzata e, dall'altro, che i guardiani sono comunque liberi di trascorrere il tempo come meglio ritengono, dormendo, guardando la televisione, leggendo, ascoltando musica, parlando al telefono con amici e familiari, utilizzando il pc etc. Ferme, dunque, le identiche conclusioni in merito al diritto ad un equo indennizzo (che sia stabilito dalla contrattazione collettiva o individuale ovvero, in difetto, dal giudice), il Tribunale di Milano esclude qualsivoglia aprioristica assimilazione tra disponibilità del lavoratore e orario di lavoro riconoscendo, a differenza della Cassazione nella sentenza in commento, l'esistenza di una categoria mediana che si frappone tra periodo di lavoro in senso stretto e periodo di riposo. |