Mediazione obbligatoria e domanda riconvenzionale: la pronuncia delle Sezioni Unite
15 Febbraio 2024
Le Sezioni Unite (sentenza n. 3452 del 7 febbraio 2024) hanno fatto chiarezza su un tema importante nell'ambito della mediazione obbligatoria, precisando, dopo un'attenta analisi normativa e giurisprudenziale, che le domande riconvenzionali non sono soggette ad un autonomo procedimento di mediazione. Il caso Una società agiva in giudizio per l'accertamento della risoluzione del contratto di locazione per avveramento di una condizione risolutiva. Il conduttore resisteva alla domanda e, in via riconvenzionale, chiedeva la restituzione del deposito cauzionale. Considerato che la mediazione si era svolta regolarmene sulle domande principali, ma non sulla riconvenzionale, il Tribunale riteneva (ai sensi del nuovo art. 363-bis c.p.c.) di rimettere immediatamente la questione alla Cassazione; questione - poi affidata alle Sezioni Unite -, circa la proponibilità di una domanda riconvenzionale quando la mediazione obbligatoria si è già svolta ma solo in merito alle domande della parte attrice. Il rinvio pregiudiziale alla Cassazione Da notare che la decisione in esame è stata sollecitata dal giudice di merito in applicazione al nuovo art. 363-bis c.p.c., che prevede appunto la possibilità di un rinvio immediato alla Cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto, in presenza dei presupposti indicati dalla norma (cui si fa rinvio). Si osserva che la decisione (delle Sezioni Unite) è stata emessa in tempi ragionevolmente contenuti, considerato che la sentenza qui segnalata fa seguito all'ordinanza del Tribunale, di rinvio pregiudiziale, del giugno 2023. In altre parole, sembra trattarsi di un meccanismo efficace e utile, anche perché gli Ermellini fanno chiarezza in via definitiva su una questione da tempo dibattuta. I Giudici di legittimità ricordano che gli interpreti sogliono distinguere tra domanda riconvenzionale collegata all'oggetto della lite e domanda riconvenzionale ad essa “eccentrica”. Con riguardo alla riconvenzionale c.d. non eccentrica, la lettera e la ratio della disposizione inducono a ritenerla non sottoposta alla condizione della mediazione obbligatoria, in quanto si collega all'oggetto del processo già introdotto dall'attore. Infatti, la legge non prevede espressamente né che la riconvenzionale sia sottoposta a mediazione obbligatoria, né le modalità processuali di tale eventualità; ed il legislatore, pur intervenuto anche recentemente sul tema quando la questione in esame era ampiamente emersa, nulla ha ritenuto di disporre al riguardo. Più problematico, secondo le Sezioni Unite, il caso della proposizione della riconvenzionale c.d. eccentrica alla lite, che allarga l'oggetto del giudizio senza connessione con quello già introdotto dalla parte attrice. Tuttavia, anche per queste ipotesi la soluzione rimane la medesima: non è necessaria la proposizione di una autonoma ed ulteriore mediazione. A questa soluzione le Sezioni Unite giungono dopo una approfondita ricognizione della giurisprudenza e della normativa, tra l'altro osservando che la mediazione, più che accertamento di diritti, è “contemperamento di interessi”, con semplicità di forme e rapidità di trattazione, anche senza verifiche fattuali: è una sorta di “esperimento” finalizzato ad un accordo negoziale, che va certamente tentato, nella prospettiva assunta dal legislatore, ma prima di intraprendere la causa in funzione di scongiurare la originaria iscrizione a ruolo, e che non avrebbe senso diluire e prolungare oltre misura. Sempre secondo il Collegio, la soluzione che volesse sottoporre la domanda riconvenzionale a mediazione obbligatoria dovrebbe – per coerenza – essere estesa ad ogni altra domanda fatta valere in giudizio, diversa ed ulteriore rispetto a quella inizialmente introdotta dall'attore: non solo, quindi, la domanda riconvenzionale, ma anche la riconvenzionale a riconvenzionale (c.d. reconventio reconventionis), la domanda proposta da un convenuto verso l'altro, oppure da e contro terzi interventori, volontari o su chiamata. Del pari, potrebbero esperirsi tante successive mediazioni non simultanee, con una assai poco efficiente gestione separata dei conflitti, che difficilmente condurrebbe ad un proficuo ed unitario accordo fra tutte le parti; mentre il processo necessariamente vedrebbe una trattazione disordinata e disarticolata, in attesa dell'esperimento di tanti tentativi di conciliazione stragiudiziali. In definitiva, osservano le Sezioni Unite, la mediazione obbligatoria ha la sua ratio nelle dichiarate finalità di favorire la rapida soluzione delle liti e l'utilizzo delle risorse pubbliche giurisdizionali solo ove effettivamente necessario: posta questa finalità, l'istituto non può essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto alle predette finalità ed essere trasformato in una ragione di intralcio al buon funzionamento della giustizia, in un bilanciamento dal legislatore stesso operato, secondo una lettura costituzionale della disposizione in esame, affinché, da un lato, non venga obliterata l'applicazione dell'istituto, e dall'altro lo stesso non si determini una sorta di “effetto boomerang” sull'efficienza della risposta di giustizia. Per ogni altro profilo, sussiste il compito generale del giudice, a fini di risparmiare risorse giurisdizionali e non emettere la sentenza, di tentare e proporre egli stesso la conciliazione (artt. 185,185-bis c.p.c.), dove il tentativo di conciliazione potrà avere svolgimento con maggiore probabilità di esito positivo. Spetta al mediatore, nel diligente adempimento del suo incarico professionale, esortare le parti a mettere ogni profilo “sul tappeto”, ivi comprese altre richieste del convenuto. Ciò, ai sensi dell'art. 8, comma 3, d.lgs. n. 28 del 2010: «il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia», dunque l'intera lite tra di loro. La trattazione congiunta di più interessi di cui le varie parti siano portatrici sarà possibile all'interno dell'unico procedimento di mediazione: situazione che in diritto è ammessa ed in fatto è auspicabile, come è proprio delle funzioni di un bonario componimento degli interessi, affidato ad un terzo preparato ed estraneo alle parti. In conclusione, i Giudici di legittimità hanno espresso il seguente principio di diritto: «la condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l'intero corso del processo e laddove possibile». Gli atti sono stati restituiti al Tribunale competente. Tratto da dirittoegiustizia.it |