Mediazione: ricorso al presidente del tribunale contro il rigetto di ammissione al gratuito patrocinio
Cesare Taraschi
21 Febbraio 2024
L'art. 15-sexies d.lgs. n. 28/2010, introdotto dal d.lgs. n. 149/2022, disciplina il ricorso avverso il provvedimento con cui il Consiglio dell'Ordine degli avvocati rigetta l'istanza di ammissione anticipata al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per la proposizione della domanda di mediazione o la partecipazione al relativo procedimento.
Inquadramento
Il d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto il patrocinio a spese dello Stato in favore della parte non abbiente nelle procedure di mediazione civile e commerciale di cui al d.lgs. n. 28/2010, dando così attuazione ai principi e criteri direttivi espressi nella legge delega (art. 1, comma 4, lett. a), l. n. 206/2021). La scelta di fondo operata dal legislatore è stata quella di limitare il beneficio alle sole ipotesi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale e solo nei casi in cui sia stato “raggiunto l'accordo di conciliazione” ex art. 15-bis d.lgs. n. 28/2010. Le ragioni che hanno indotto il legislatore ad inserire questa seconda condizione sono ravvisabili, da un lato, nell'implicita necessità di contenere la spesa pubblica, e, dall'altro, nell'esigenza di evitare possibili abusi, non facilmente rilevabili con gli ordinari controlli di tipo amministrativo.
L'innovazione normativa non è, tuttavia, avvenuta con un'integrazione del T.U. in materia di spese di giustizia (d.P.R. n. 115/2002), ove l'istituto del patrocinio erariale trova la sua compiuta disciplina generale (artt. 74-145), bensì con l'inserimento, all'interno del d.lgs. n. 28/2010, del nuovo Capo II-bis, contenente gli articoli dal 15-bis al 15-undecies, applicabili alle procedure instaurate dal 30 giugno 2023. Tale scelta legislativa, come si desume dalla Relazione illustrativa al d.lgs. n. 149/2022, è stata dettata dalla considerazione per cui l'intero sistema previsto dal citato T.U. – sviluppantesi in più complesse fasi, dall'ammissione al beneficio alla liquidazione degli onorari e all'eventuale recupero delle spese giudiziali nei confronti della parte soccombente non ammessa al beneficio – appariva inadeguato e difficilmente adattabile alle modalità con cui si svolgono le procedure di A.D.R. La previsione, inoltre, di un apposito procedimento che imponesse alla parte non abbiente e al suo difensore, a conclusione della procedura di mediazione, di adire l'autorità giurisdizionale al solo scopo di ottenere la liquidazione del compenso (come invece previsto dal T.U. per la liquidazione degli onorari giudiziali) si poneva in contrasto con i generali obiettivi di semplificazione e celerità che la legge delega n. 206/2021 si prefiggeva di raggiungere anche nel settore degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
La novità legislativa è stata anche determinata dall'esigenza di colmare il vuoto normativo rilevato dalla Corte costituzionale con la sentenza del 20 gennaio 2022, n. 10, con cui era stata dichiarata l'incostituzionalità degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del T.U. spese di giustizia “nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione” di cui all'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 “quando nel corso degli stessi è stato raggiunto l'accordo”, nonché dell'art. 83, comma 2, del medesimo T.U. “nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia”.
La presentazione dell'istanza di ammissione al patrocinio erariale
L'istanza per l'ammissione anticipata al patrocinio a spese dello Stato è disciplinata dall'art. 15-quater d.lgs. n. 28/2010, secondo il quale l'interessato che si trova nelle condizioni reddituali indicate nel precedente art. 15-terpuò chiedere di essere ammesso al beneficio del patrocinio al fine di proporre domanda di mediazione o di partecipare al relativo procedimento (evidentemente instaurato dalla controparte) nei casi di cui all'art. 5, comma 1 (mediazione obbligatoria).
Il successivo art. 15-quinquies individua, quale ente destinatario dell'istanza di ammissione, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove si trova l'organismo di mediazione competente ad esperire la procedura di mediazione ai sensi dell'art. 4, comma 1, del medesimo d.lgs., ossia l'organismo sito nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. L'istanza va presentata, personalmente o a mezzo raccomandata o a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, dall'interessato o dall'avvocato che ne ha autenticato la firma.
Il meccanismo per l'ammissione al beneficio è simile a quello previsto dal T.U. spese di giustizia e, come già detto, avviene in un primo momento in via anticipata e provvisoria da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati. L'ammissione definitiva, come si desume dall'art. 15-septies d.lgs. n. 28/2010, è condizionata alla dimostrazione del raggiungimento dell'accordo di conciliazione, unitamente alla richiesta del visto di congruità sulla parcella autoliquidata dall'avvocato.
Se l'accordo non viene raggiunto, la parte a suo tempo ammessa in via provvisoria, avendo soddisfatto la condizione di procedibilità, è legittimata a presentare domanda giudiziale e, in tal caso, la liquidazione del compenso al difensore della parte non abbiente avviene secondo le regole del predetto T.U. L'attività professionale espletata dall'avvocato nella fase preprocessuale della mediazione potrà essere ricondotta nell'ambito di quelle attività strettamente dipendenti dal mandato difensivo, da considerarsi “strumentali o complementari alle prestazioni giudiziali”, come già statuito dalla giurisprudenza di legittimità anteriormente alla riforma Cartabia (Cass. civ., sez. un., 19 aprile 2013, n. 9529).
In particolare, il comma 2 dell'art. 15-quinquies d.lgs. n. 28/2010 dispone che, entro venti giorni dalla presentazione dell'istanza per l'ammissione, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati, verificatane l'ammissibilità, ammette l'interessato al patrocinio, in via anticipata e provvisoria, e gliene dà immediata comunicazione. Allo stesso modo provvede il Consiglio dell'Ordine in caso di rigetto dell'istanza.
Il ricorso avverso il rigetto dell'istanza
L'art. 15-sexies d.lgs. n. 28/2010, per garantire la tutela effettiva del diritto al patrocinio, individua un rimedio giudiziale esperibile in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità dell'istanza di ammissione. In questi casi l'interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla comunicazione, davanti al Presidente del tribunale del luogo in cui ha sede il Consiglio dell'Ordine che ha adottato il provvedimento. Per espresso rinvio contenuto nella predetta norma, trova applicazione l'art. 99, comma 2, 3 e 4, T.U. spese di giustizia.
E' questo uno dei possibili momenti in cui si inserisce, nel procedimento amministrativo di ammissione al beneficio del patrocinio erariale, la fase eventuale del controllo giudiziale, venendo in evidenza profili di possibile compressione di un diritto e non di un interesse legittimo.
In particolare, il comma 2 dell'art. 99 cit. dispone che il ricorso è notificato all'ufficio finanziario che è parte nel relativo processo. Da tale previsione si evince l'instaurazione di un contenzioso ove “al soggetto che richiede di fare carico allo Stato delle spese del proprio processo si contrappone l'amministrazione finanziaria che tali spese dovrebbe sopportare”, ossia l'Agenzia delle Entrate (Cass. civ., 6 dicembre 2006, n. 26168; Cass. civ., 21 luglio 2005, n. 15323).
Il comma 3 prevede, invece, che il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato, e dunque quello disciplinato attualmente dall'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, e che l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.
Infine, ai sensi del co. 4, l'ordinanza che decide sul ricorso è notificata entro dieci giorni, a cura dell'ufficio del magistrato che procede, all'interessato e all'ufficio finanziario, i quali, nei venti giorni successivi, possono proporre ricorso per cassazione, che però non sospende l'esecuzione del provvedimento. L'unico motivo di ricorso ammesso è quello della violazione di legge exart. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e non anche il vizio di motivazione, a meno di assoluto difetto di essa (Cass. pen., sez. IV, n. 40481/2023; Cass. pen., sez. IV, n. 21313/2022; Cass. pen., sez. IV, n. 22637/2017; Cass. pen., sez. IV, n. 16908/2012).
Sebbene l'art. 15-sexies cit. faccia espresso riferimento al solo “rigetto” dell'istanza di ammissione anticipata, deve ritenersi che anche il provvedimento di inammissibilità possa formare oggetto di ricorso ex art. 99 d.P.R. n. 115/2002. Rilevano in tal senso, in primo luogo, il fatto che il provvedimento di inammissibilità, al pari di quello di rigetto e accoglimento, deve essere motivato e comunicato al soggetto istante e, soprattutto, un argomento di ordine sistematico collegato alla necessità di non creare un irragionevole vuoto di tutela nelle ipotesi in cui il provvedimento di inammissibilità adottato dal C.O.A. sia illegittimo. Se è vero, infatti, che l'istanza dichiarata inammissibile può sempre essere riproposta al C.O.A. competente (in quanto la dichiarazione di inammissibilità non risolve una questione relativa alla esistenza del diritto all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ma si limita ad indicare un adempimento necessario che non è stato osservato), è altrettanto vero che, in tal caso, l'ammissione al patrocinio decorrerebbe dalla data di presentazione della nuova istanza, con la conseguenza che l'eventuale attività difensiva già espletata nel procedimento di mediazione intrapreso dalla controparte non sarebbe liquidabile (cfr. Cass. civ., 9 febbraio 2021, n. 3050, secondo cui gli effetti dell'ammissione al patrocinio erariale decorrono dalla data dell'istanza); attraverso l'impugnazione del provvedimento di inammissibilità, nel caso di accoglimento, invece, gli effetti dell'ammissione decorrono dalla prima istanza, con la conseguenza che tutta l'attività difensiva posta in essere nel frattempo potrà essere oggetto di liquidazione (Cass. pen., sez. IV, n. 29384/2022).
La legittimazione ad impugnare il provvedimento di rigetto dell'istanza per l'ammissione anticipata spetta al solo “interessato”, ossia alla parte che intende avvalersi del patrocinio erariale, essendo l'unica titolare del diritto al suddetto patrocinio, e non al difensore, il quale può agire esclusivamente, ove il menzionato beneficio venga concesso, per ottenere la liquidazione del compenso eventualmente a lui spettante (Cass. civ., 9 novembre 2018, n. 21997), sicchè la legittimazione del difensore “in proprio” è limitata soltanto alla controversia vertente in tema di liquidazione dei compensi (Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2016, n. 26907; Cass. civ., 27 gennaio 2015, n. 1539; Cass. civ., 15 maggio 2014, n. 10705).
Sotto il profilo della legittimazione passiva, in caso di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il ricorso in opposizione, ex art. 99 T.U., deve essere notificato all'ufficio finanziario (Agenzia delle Entrate), in ragione del ruolo, rivestito per l'Erario, di legittimato passivo nel relativo processo, a differenza di ciò che avviene nel procedimento di opposizione, ex art. 170 del medesimo T.U., alle liquidazioni inerenti ad attività espletate nei giudizi civili e penali, del quale è parte necessaria il Ministero della Giustizia, in quanto titolare del rapporto di debito oggetto del medesimo procedimento (Cass. civ., 22 febbraio 2022, n. 5806; Cass. civ., sez. un., 29 maggio 2012, n. 8516, secondo cui, peraltro, l'errore nell'identificazione del soggetto passivamente legittimato, anche quando riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato – come nel caso dell'Agenzia delle Entrate e del Ministero della Giustizia – consente di ottenere una rimessione in termini del ricorrente ai sensi dell'art. 4 l. n. 260/1958, in forza dell'ineludibile principio dell'effettività del contraddittorio, dovendosi invece escludere ogni possibilità di “stabilizzazione” nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti dell'atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio: conformi, in ordine a tale ultimo principio, Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5314, e Cass. civ., 21 marzo 2019, n. 8049).
In esito al procedimento in esame, l'autorità giudiziaria, investita del riesame del provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio erariale, emana un'ordinanza con cui è accertato il diritto al “patrocinio a spese dello Stato”. Sul punto la Corte di cassazione, recependo una precedente pronuncia della Corte costituzionale, ha evidenziato che “nel decidere se spetti il patrocinio a spese dello Stato, il giudice esercita appieno una funzione giurisdizionale avente ad oggetto l'accertamento della sussistenza di un diritto, peraltro dotato di fondamento costituzionale, sicché i provvedimenti nei quali si esprime tale funzione hanno il regime proprio degli atti di giurisdizione” (Cass. pen. n. 19289/2004). Il provvedimento conclusivo del procedimento di cui all'art. 99, ricorribile per cassazione per violazione di legge, ha quindi contenuto decisorio.
Criticità applicative del rimedio giudiziale
Sono stati sollevati dubbi in ordine alla correttezza del richiamo operato dal legislatore all'art. 99 T.U. spese di giustizia, atteso che tale norma disciplina l'impugnazione del rigetto della domanda di ammissione da parte del giudice penale competente per il merito. Nel caso in esame, invece, non sussiste un provvedimento giudiziale da impugnare, in quanto il ricorso ha ad oggetto la delibera di rigetto adottata dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati del luogo ove ha sede l'organismo di mediazione competente. In relazione al processo civile, invero, l'art. 126 T.U., nel caso in cui il C.O.A. rigetti o dichiari inammissibile l'istanza di ammissione anticipata al beneficio del patrocinio erariale, finalizzata all'introduzione o alla partecipazione al giudizio, non prevede alcuna forma di impugnazione del provvedimento del C.O.A., bensì la facoltà dell'interessato di riproporre l'istanza “al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto” (comma 3).
Per quanto attiene al rito applicabile, il comma 3 dell'art. 99 T.U. richiama, come già detto, il processo speciale per gli onorari di avvocato, ossia il rito semplificato di cognizione, disciplinato dall'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 (come novellato dal d.lgs. n. 149/2022) e dall'art. 281-undecies c.p.c. Quest'ultimo, al comma 1, dispone che l'atto deve contenere le indicazioni di cui ai nn. 1), 2), 3), 3-bis), 4), 5) e 6) dell'art. 163 c.p.c., nonché l'avvertimento di cui al n. 7) della stessa disposizione (anche l'art. 163 c.p.c. è stato modificato dal d.lgs. n. 149/2022, che ne ha arricchito il contenuto). Il decreto con cui il presidente del tribunale fissa la comparizione delle parti va comunicato al ricorrente, che ha l'onere di notificare il ricorso ed il decreto alle altre parti del giudizio (Cass. civ., 6 dicembre 2006, n. 26168). Si è sostenuto che, anche dopo l'intervento dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, il richiamo di cui all'art. 99 cit., comma 3, deve intendersi riferito alle sole disposizioni compatibili, e cioè a quella parte che stabilisce i termini di comparizione e l'obbligo per il ricorrente di notificare il ricorso ed il decreto (Cass. pen., sez. IV, n. 29385/2022).
La precisazione secondo cui “l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica”, di cui al predetto comma 3, risulta superata dalla modifica apportata dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) al predetto art. 14, essendo stata ivi prevista la competenza (non più collegiale bensì) monocratica del tribunale.
Inoltre, il novellato art. 14 prevede che il provvedimento decisorio non è più costituito dall'ordinanza, bensì dalla sentenza, mentre il comma 4 dell'art. 99 continua ad indicare l'“ordinanza” come provvedimento conclusivo del giudizio.
Per quanto attiene alla necessaria assistenza dell'avvocato, è pur vero che il comma 3 dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 prevede che le parti possono stare in giudizio personalmente, ma occorre tener conto dell'interpretazione che dell'analoga disposizione di cui all'art. 29, comma 3, l. n. 794/1942 (“Non è obbligatorio il ministero di difensore”) ha dato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la non obbligatorietà del ministero del difensore riguarda tutte le attività successive all'introduzione del giudizio, mentre in relazione all'atto introduttivo del giudizio medesimo deve ritenersi operante la disciplina ordinaria del patrocinio di cui all'art. 82 c.p.c. (Cass. civ., 4 novembre 2010, n. 22463; Cass. civ., 26 gennaio 2000, n. 850).
Non è possibile procedere al mutamento del rito semplificato di cognizione nel rito ordinario di cognizione, atteso che l'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 150/2011 esclude che alle controversie di cui all'art. 14 del medesimo decreto legislativo trovi applicazione il comma 1 dell'art. 281-duodecies c.p.c., che disciplina, per l'appunto, il passaggio tra i due riti.
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Sommario
La presentazione dell'istanza di ammissione al patrocinio erariale