Le ragioni della nullità del contratto di mutuo con garanzia MCC
La decisone di codesto Tribunale, come descritto in premessa, può segnare un importante spartiacque nell'ambito creditizio in quanto potrà scaturire in una possibile stretta sull'erogazione di mutui, o comunque relegando i mutui garantiti ad una posizione più precaria, considerando che la banca dovrà raccogliere informazioni tali da desumere che il garante non dovrà intervenire dal momento che si è diligentemente stimato che il debitore potrà adempiere alle proprie obbligazioni.
In questo senso i giudici di Asti sono stati oltremodo chiari, e precisi, nel definire il perimetro di obbligatorietà analitica cui è sottoposto l'istituto bancario anteriormente l'erogazione di mutui garantiti dallo Stato, onde evitare la concessione di fondi liquidi ad imprese già in condizioni di dissesto, il quale può essere provato anche per “presunzioni” sulla scorta dei complessivi elementi a disposizione.
Nel caso di specie, il creditore (banca) ha proposto opposizione avverso lo stato passivo esecutivo - in virtù della non ammissione del credito chirografario in forza del finanziamento assistito da garanzia del Fondo pubblico in quanto, tale fondo, non era ancora stato escusso - per la quale il fallimento si è costituito chiedendo il rigetto dell'opposizione per nullità del negozio e contrarietà dello stesso al buon costume.
I giudici di merito hanno, quindi, rigettato l'opposizione a stato passivo considerando il contratto nullo sia per illeceità della causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., sia per quanto dettato dall'art. 1418 c.c., cause di nullità del contratto, considerato che l'operazione si è rilevata funzionale all'indebito conseguimento di un contributo pubblico grazie all'omissione di informazioni sul reale stato della società finanziata.
La decisione è stata supportata da elementi probatori che hanno indotto i giudici astigiani a concludere che l'istituto bancario non ha attuato neppure una minima attività istruttoria prima di concedere il finanziamento.
Infatti, è emersa la mancata compilazione, da parte della società, dei moduli bancari necessari ad ottenere la garanzia statale fatta salva l'apposizione delle firme nonché il mancato serio riscontro alle pur minime richieste documentative della banca senza che le stesse circostanze producessero il rifiuto nell'erogazione del mutuo.
Tale mancanza è ulteriormente aggravata dal fatto che l'azienda cliente versava già in una condizione di crisi, percepibile da chiunque fosse entrato in rapporto con la stessa ed avesse effettuato un'analisi attenta dei dati pubblici reperibili.
La valutazione di tali documenti – bilanci e centrale rischi – avrebbe dovuto persuadere la banca a svolgere una “reale e approfondita istruttoria circa la sostenibilità del cliente” ma, codesta attività non è stata in alcun modo esperita dall'istituto bancario che, parimenti, si è compiaciuta di documentazione “evidentemente incompleta ed inutile a svolgere qualsiasi seria valutazione”.
L'erogazione di un mutuo ad un soggetto insolvente, non in grado di restituire la somma concessagli, facendo leva sulla garanzia assicurata dallo Stato costituisce un complesso di negozio giuridici funzionalmente collegati la cui causa non è quella del contratto tipico di mutuo ma, invero, è quella di ottenere la garanzia pubblica nella consapevolezza che il debitore principale non potrà mai adempiere alla propria obbligazione.
La causa reale di tale operazione è, quindi, secondo il Tribunale astigiano in contrasto con le disposizioni normative di natura primaria e secondaria che regolano le modalità di conduzione dell'attività bancaria nonché l'accesso alle garanzie prestate dal Fondo pubblico in particolare le condizioni in cui versano le PMI e la ragionevole certezza che queste possano restituire il finanziamento erogato.
Un ulteriore elemento addebitato dalla curatela, accolto anch'esso dal Tribunale, è relativo all'aggravamento del dissesto, dacché l'erogazione di tale somma ha permesso la prosecuzione dell'attività in assenza di redditività, ponendosi, quindi, in contrasto con le disposizioni di cui all'art. 217, comma 1, n. 4, l.fall., “attesa la sua idoneità a procrastinare la dichiarazione di fallimento dell'impresa”.