"Aspettando le Sezioni Unite su interessi moratori e interessi nei debiti della PA": la complessità dell'art. 1284 c.c.

05 Marzo 2024

Pubblichiamo il secondo focus dedicato ai temi trattati al convegno di Roma “Aspettando le Sezioni Unite su interessi moratori e interessi nei debiti della PA”. La Dottoressa Marta Mariolina Mollicone, che lo ha seguito per il portale IUS/Contratti e obbligazioni, ha sintetizzato di seguito le questioni relative alla struttura dell’art. 1284 c.c. e, precipuamente, al rapporto tra comma 2 e 4 della predetta disposizione.

Il primo focus, pubblicato sul portale il 29 febbraio 2024, è consultabile qui.

L'art. 1284 c.c.

L'art. 1284 c.c. dispone del saggio degli interessi legali e, al II comma, precisa che al medesimo saggio deve essere ricondotto il tasso degli interessi convenzionali ove le parti non ne abbiano determinato diversamente la misura. Peculiare, poi, il successivo comma 4 che si occupa della situazione in cui viene intrapreso un procedimento giurisdizionale. In questo caso, se le parti non hanno determinato la misura degli interessi, per il calcolo degli stessi dovrà farsi riferimento alla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (v. D.Lgs. 231/2002).

Se prima facie la lettura dell'articolo può apparire piana, diversamente deve dirsi se si esamina strutturalmente la disposizione e si indaga la natura giuridica delle principali norme ivi contemplate. Pertanto, occorre soffermarsi sulla natura del comma 2 e 4.

Il comma 2 dell'art.1284 c.cc. è, pacificamente, considerata una norma generale. Per norma generale si intende quella prescrizione precettiva capace di essere applicata alla generalità dei casi indistintamente.

Più discussa è la natura del comma 4 dell'art. 1284 c.c. Si distinguono, tendenzialmente, due orientamenti. Secondo alcuni il comma 4, così come redatto, avrebbe natura di norma eccezionale. Secondo altri, di contro, anche questo avrebbe natura di norma generale.

Per comprendere le conseguenze derivanti dall'adesione all'una o all'altra tesi, occorre, innanzitutto, ricordare cosa s'intenda per norma «eccezionale». Con tale aggettivo si qualifica una regola che «non sia in via immediata riconducibile ad un principio e che costituisca una deviazione, giustificata in quella particolare fattispecie dalla priorità di altre valutazioni» (P. Perlingieri, Istituzioni di diritto civile, Napoli, 2010, p. 7). La norma eccezionale, ai sensi dell'art. 14 disp. prel., non è, poi, suscettibile di applicazione al di fuori dei casi e i tempi in essa considerati.

Ebbene, chi ritiene che il IV comma sia effettivamente una norma eccezionale fa leva, soprattutto, sui seguenti fatti:

  • nella disposizione si innesta una norma espressamente qualificata come speciale ovvero la normativa in tema di ritardato pagamento nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. del 2002 n. 231;
  • la disposizione si apre con una clausola di esclusione riferita al caso in cui le parti abbiano esercitato la loro autonomia negoziale nella determinazione degli interessi. Ci si riferisce alla locuzione «se le parti non ne hanno determinato la misura».

Ebbene, il combinato di tali assunzioni porterebbe a ritenere possibile l'applicazione del IV comma unicamente in contesti in cui può essere esercitata l'autonomia negoziale. Da una parte, infatti, il calcolo degli interessi commerciali, in base alla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, non si applica in caso di illecito aquiliano. Dall'altra, l'accordo sugli interessi contrattuali sembra assumere i caratteri di un nesso di derivazione.

In altri termini, il comma 4 avrebbe natura di norma eccezionale in quanto applicabile unicamente di fronte ad obbligazioni di fonte negoziale (cfr. Cass. 9 maggio 2022 n. 14512, Cass. 29 dicembre 2020 n. 29708, Cass. 25 marzo 2019 n. 8289, Cass. 21 marzo 2019 n. 8050, Cass. 7 novembre 2018 n. 28409,). Invero, rinvenendo, così, la ratio della norma nella promozione gli adempimenti spontanei, la stessa sembrerebbe costituire una chiara eccezione rispetto alle norme generali dedicate all'adempimento delle obbligazioni contrattuali.

Diversamente ritengono altri, i quali ad oggi sembrano rappresentare l'orientamento dominante. Il comma 4° dell'art. 1284 c.c., lungi da essere norma eccezionale, rappresenterebbe, anch'esso una norma di portata generale. A ragione:

  • affinché una norma sia eccezionale non è sufficiente una mera deviazione dalla regola di maggiore applicazione ma serve un quid pluris. È necessaria la deviazione da un principio, inteso quale massima realizzazione di un valore. Quindi, il mero innesto di una norma speciale nella disposizione non rende quella una norma eccezionale. Le norme speciali, infatti, sono quelle dettate per materie particolari all'interno di un tipo più grande. Queste non sono necessariamente eccezionali ma possono esserlo quando vi è un contrasto con un principio. Ne consegue, nel caso specifico, il dirottamento da un principio non si percepisce;
  • il comma 4 non ha funzione di restringere l'applicazione alle obbligazioni negoziali. Laddove la norma richiama il «patto contrario» delle parti, non si richiederebbe, necessariamente, un contratto a monte che costituisca la fonte delle obbligazioni pecuniarie. D'altronde, il patto potrebbe benissimo riguardare solo gli interessi dal momento che non esiste nel nostro ordinamento nessun principio che vieti alle parti, prima di un processo su fatto illecito, di accordarsi sul punto. Piuttosto, la norma deve leggersi come riguardante tutti i soggetti dotati del potere di autonomia e, perciò, i titolari di obbligazioni di qualsivoglia fonte. Tale argomentare riprenderebbe la teoria della determinatezza o indeterminatezza dei soggetti quali criteri necessari e sufficienti per individuare la disciplina applicabile alla fattispecie (si v. tra molti Cass. 10 agosto 2012 n. 14392 su condizioni di obbligo delle società quotate di promuovere l'offerta pubblica di acquisto totalitaria rispetto ad una cerchia ben definita di potenziali acquirenti che suscita l'applicazione della disciplina sulla responsabilità contrattuale; Cass. 11 giugno 2010 n. 14056 in tema di responsabilità da prospetto informativo dove l'informazione è rivolta al mercato e, dunque, ad un insieme ancora indeterminato di soggetti con il seguente venire in rilievo della disciplina della responsabilità extracontrattuale).

Conseguentemente, non sembra riscontrarsi motivo per sostenere il carattere eccezionale delcomma 4° dell'art. 1284 c.c. Piuttosto che in rapporto regola-eccezione, il comma 4 appare avere valenza generale come il II comma, ciascuno nella sua valenza temporale. Perciò, lo stesso deve dirsi applicabile ad ogni obbligazione pecuniaria, con ogni svincolo dalla sua vicenda costitutiva.

Tale ultima affermazione sembra richiamare quel fenomeno di dissociazione dell'effetto dalla fonte (il fenomeno è stato intuito da P. Rescigno sul finire degli anni '70, nella importante voce Obbligazioni di diritto privato, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1979, interrogando quelle norme eccezionali che prevedono obbligazioni riconnesse ai contratti nulli in tema di contratto di lavoro e di atto costitutivo di società, allargando lo sguardo ai rapporti contrattuali di fatto. Lo stesso è stato poi ricondotto da N. Irti, nella teoria della «crisi della fattispecie» di cui se ne parla anche come teoria della «crisi dell'effetto».)  ai fini della disciplina applicabile e dei diversi regimi di responsabilità. In altri termini, secondo tale ultima prospettiva, non sarebbe più la fonte a fare la natura dell'obbligazione (contrattuale, extracontrattuale, legale), ma la determinerebbe la stessa natura del rapporto. Vi sarebbe una oggettivazione dell'effetto che condurrebbe a ritenere l'esistenza di tante discipline quanti sono i rapporti. Di talché, solo le caratteristiche intrinseche alla natura del rapporto potrebbero in sé giustificare la non applicazione del IV comma dell'art. 1284 c.c. Si pensi, ad esempio, alla natura indennitaria del risarcimento per irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 89/2001.

Una lettura costituzionalmente orientata del comma 4 dell'art. 1284 c.c.

Al di là della querelle sulla natura della norma, per circoscrivere l'ambito di applicazione del comma 4, sembra preferibile insistere sulla ratio della norma.

Perciò, probabilmente, sarebbe consono leggere il IV comma dell'art. 1284 c.c. nell'ottica del divieto di abuso del processo, stante il carattere pacificamente «punitivo» degli interessi ivi menzionati. In sostanza, la norma vorrebbe punire l'opportunismo, la «resistenza capricciosa» dei debitori. Di talché, la stessa dovrebbe applicarsi solo di fronte ai casi di resistenza capricciosa valorizzando l'eterogenesi dei fini di un comportamento.

Evidente sarebbe, quindi, l'intersezione col principio del diritto alla difesa (art. 24 Cost) e, di qui, l'ulteriore connessione con un'altra norma: l'art. 96 c. 3 c.p.c. (c.d. lite temeraria), in base alla quale il giudice può condannare anche d'ufficio la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

Ci si chiede, quindi, se l'operatività del III comma dell'art. 96 c.p.c. possa sommarsi all'art. 1284 c. 4 c.c. A fronte di chi afferma che le due norme non possano concorrere sol si consideri che l'art. 96 c. 3 c.p.c. emula la sanzione del comma 4 dell'art. 1284 in caso di colpa grave (la prima norma servirebbe per orientare l'equità), molti ritengono applicabili le norme cumulativamente.

Ad ogni modo, ciò che qui preme sottolineare è che «[l]'art. 1284 c.c., comma 4, è stato introdotto al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite: si tratta evidentemente di una disposizione (lato sensu “deflattiva” del contenzioso giudiziario), che ha lo scopo di scoraggiare l'inadempimento e rendere svantaggioso il ricorso ad inutile litigiosità, scopo che prescinde dalla natura dell'obbligazione dedotta in giudizio e che si pone in identici termini per le obbligazioni derivanti da rapporti contrattuali come per tutte le altre» (Cfr. Cass. 3 gennaio 2023 n. 61).

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