Lavoratori (r)impatriati e rimborso della maggiore IRPEF pagata
06 Marzo 2024
Il regime fiscale relativo ai cd “impatriati” è stato introdotto dal legislatore nazionale con l'art. 16, d.lgs. 147/2015 che ha di fatto sostituito la precedente disciplina definita “regime dei controesodati” di cui alla legge n. 238 del 30 dicembre 2010. La recente riforma fiscale (d.lgs. n. 209 del 27 dicembre 2023), peraltro, lo ha abrogato riscrivendone la disciplina e limitando il perimetro dell'agevolazione con l'esclusione dei redditi di lavoro autonomo diversi da quelli di natura professionale e dei redditi di impresa. Secondo la disciplina del tempo, i requisiti per usufruire del regime di favore erano i seguenti: essere in possesso di un titolo di laurea; aver svolto continuativamente un'attività di lavoro o studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più conseguendo, in questo secondo caso, un titolo di laurea o una specializzazione post lauream; essere cittadino dell'Unione europea o di uno Stato extraeuropeo, con il quale era in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni; svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia; non essere stato residente in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento; aver svolto l'attività lavorativa presso un'impresa residente nel territorio dello Stato; avere prestato l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano; aver rivestito in Italia ed all'estero ruoli direttivi ed essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Quindi, in costanza dei suddetti requisiti, il contribuente può (poteva) manifestare in dichiarazione la volontà di aderire al predetto regime di favore. Sul punto la prassi ministeriale (circ. n. 33/E del 28 dicembre 2020) ha chiarito che per beneficiare del regime agevolativo in parola il lavoratore doveva presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, il quale doveva applicare il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell'assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull'imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile. La prassi ha specificato, altresì, che l'accesso al regime doveva considerarsi precluso nell'ipotesi in cui l'impatriato ne avesse dato evidenza nella dichiarazione dei redditi i cui termini di presentazione fossero risultino scaduti. Sul punto, la giurisprudenza de iure condìto si è divisa con due orientamenti contrapposti:
Pertanto, in ossequio al prevalente orientamento giurisprudenziale in materia e in costanza dei requisiti previsti dal predetto regime ratione temporis, è possibile dare una risposta in senso affermativo al quesito proposto. |