Quale giurisdizione per le controversie insorte durante la pandemia da Covid-19 avverso gli atti di recupero di contributi notificati dall'Ade?
12 Marzo 2024
Durante il periodo pandemico il legislatore “emergenziale” ha emanato diverse misure (Decreti Rilancio, Sostegni, Sostegni-bis, etc.…) a sostegno degli esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo al fine di contenere gli effetti della crisi, in costanza di determinati requisiti. Per espressa previsione normativa, veniva specificamente previsto che le controversie eventualmente insorte avverso gli atti di recupero di detti contributi notificati dall'Agenzia delle Entrate appartenessero alla giurisdizione tributaria (art. 25, co. 12, d.l. 34/2020; art. 1, co. 9, d.l. 41/2021; art. 1, co. 3, d.l. 73/201). Sin dall'introduzione delle citate misure di sostegno ai contribuenti, si è dibattuto fra gli addetti ai lavori circa la tenuta costituzionale delle disposizioni emergenziali che hanno attribuito alla giurisdizione tributaria le controversie relative agli atti di recupero dei contributi “a fondo perduto” venendo a mancare ad origine il rapporto tributario ex art. 1, comma 2, del d.lgs. 546/1992 secondo cui “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati,… le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio”; ciò in quanto, nel caso dei contributi Covid, si tratta evidentemente di un contributo dovuto dallo Stato al cittadino, al ricorrere di determinati presupposti, e non il contrario. I dubbi sollevati sono stati correlati agli interventi della Corte Costituzionale (fra le tante, ordinanza n. 34 del 23 gennaio 2006) che hanno ritenuto la giurisdizione tributaria «imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto e non ancorata al solo dato formale e soggettivo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione». Al di là di eventuali profili di incostituzionalità, va rilevato che la giurisprudenza (di merito) non è stata univoca nell'attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla negazione o al recupero degli anzidetti contributi “a fondo perduto” tanto che, per chiarire i confini della questione, si è reso necessario un intervento delle Sezioni Unite che, con la sentenza n. 34851 del 13 dicembre 2023, hanno affermato che sussiste la giurisdizione tributaria solo per le controversie avverso gli atti di recupero del contributo e non, invece, per le liti aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego del contributo adottato dall'Agenzia delle Entrate (c.d. scarto telematico). I giudici di legittimità hanno adottato una decisione costituzionalmente orientata e rispettosa della chiara voluntas legis di limitare la giurisdizione tributaria al solo caso di impugnazione degli atti di recupero dei contributi agevolativi già erogati, ma successivamente recuperati per accertamento della mancanza dei relativi requisiti e presupposti a monte; laddove, invece, in caso di scarto telematico della domanda di accesso al contributo/agevolazione e successiva impugnazione, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. Pertanto, tenuto conto della recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nel caso prospettato, l'opposizione alla comunicazione di scarto del contributo perequativo previsto dal decreto Sostegni-bis andrà presentata dinanzi all'Autorità Giudiziaria Ordinaria. Con riferimento, poi, al merito della questione rappresentata si segnala una recente pronuncia della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia (n. 631 del 26 febbraio 2024) che, in una fattispecie sovrapponibile, ha ritenuto che non potesse essere oggetto di scarto, in costanza degli altri requisiti di legge, la richiesta avanzata dal contribuente la cui partita Iva risultasse attiva alla data di entrata in vigore del decreto di sostegno ma cessata successivamente al momento della trasmissione della richiesta tramite il canale telematico dedicato. |