ESG, salute e sicurezza sul lavoro: prevenire infortuni e malattie permanenti nel rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile

07 Marzo 2024

È ormai indubbio che il futuro di qualsiasi settore produttivo sia fortemente influenzato dalla capacità di quest'ultimo di adeguarsi ai – o, ancora meglio, di fare propri i – valori ESG, e di implementarli nella propria quotidianità, talchè ogni aspetto della gestione aziendale sia ispirato a e guidato da questi ultimi. Nondimeno, anche il cruciale ambito della salute e sicurezza sul luogo di lavoro può (e deve) essere sviluppato nella medesima ottica.

L'Agenda ONU per il 2030

Come è ormai noto, l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, stilata dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 2015, prevede un vasto programma di interventi volti a migliorare e rendere più sostenibile, da un punto di vista globale, la società nella quale viviamo, entro un periodo di quindici anni dalla sua redazione.

Per raggiungere questo risultato, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile (“Sustainable Development Goals”) – 17, in totale – strettamente interconnessi tra loro seppur relativi a specifici ambiti di attività, tutti focalizzati sul rispetto dei valori ESG, declinati nelle tre macro-categorie di riferimento (i.e., ambiente, governance e dimensione sociale).

Al fine di raggiungere i goal così definiti dall'ONU, alle imprese globali – che svolgono un ruolo fondamentale in questo senso – è richiesta una serie di azioni ispirate a principi generali, tra le quali il rispetto e la promozione dei diritti umani universamente riconosciuti nell'ambito delle rispettive sfere di influenza, nonché la promozione dell'eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione.

Tutti gli obiettivi sono supportati, inoltre, da una ulteriore lista di 169 sotto-obiettivi, oggettivamente misurabili e utili a tenere traccia del percorso battutto giorno per giorno, sino al raggiungimento effettivo dei propositi fissati dall'agenda.  

Salute e sicurezza sul lavoro come obiettivo di sviluppo sostenibile

Tra i 17 obiettivi di sostenibilità, al numero 8, l'ONU pone il “lavoro dignitoso e la crescita economica”, in virtù del quale a tutti i lavoratori deve essere garantito un ambiente di lavoro sicuro e protetto.

Tale previsione si prefigge di proteggere i diritti dei lavoratori che fanno integralmente parte della catena produttiva nella quale sono chiamati a rendere la propria performance quotidiana, nel contesto della globalizzazione dei mercati e in considerazione della costante evoluzione del mondo del lavoro, che ha reso necessaria l'implementazione di nuovi modelli di business volti al mantenimento del ritmo produttivo e alla sostenibilità economica delle imprese, spesso a discapito della piena tutela dell'invidividuo posto dietro la macchina produttiva.

In stretta connessione con l'ambito della salute e della sicurezza sul lavoro e l'obiettivo numero 8 appena menzionato, va letto l'obiettivo numero 3, in tema di “Salute e benessere”.  

Infatti, quest'ultimo prevede, tra i propri sotto-obiettivi, la riduzione della mortalità prematura (da malattie non trasmissibili) attraverso la cura e la prevenzione, nonché la promozione di salute mentale e benessere, oltre alla riduzione sostanziale del numero di decessi e malattie da sostanze chimiche pericolose e da inquinamento e contaminazione di aria, acqua e suolo.

In questa generale previsione, può ravvedersi un più preciso riferimento ai luoghi di lavoro non rispettosi della disciplina relativa alla salute e alla sicurezza da assicurare ai prestatori di lavoro e, soprattutto, a coloro i quali siano esposti ai rischi tipici di attività pericolose, con riguardo ai quali l'attenzione ai sistemi di sicurezza deve essere ancora più elevata rispetto alla norma.

Infine, non si può non citare anche l'obiettivo numero 9 (“Imprese, innovazione e infrastrutture”), il quale è utile a stabilire l'entità delle attività necessarie ad assicura la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Infatti, questo obiettivo impone, attraverso i propri sotto-obiettivi, che entro il 2030 siano aggiornate le infrastrutture e ammodernate le imprese al fine di renderle sostenibili «con maggiore efficienza delle risorse da utilizzare e una maggiore adozione di tecnologie pulite e rispettose dell'ambiente e dei processi industriali, in modo che tutti i paesi intraprendano azioni in accordo con le loro rispettive capacità».

In generale, numerosi sotto-obiettivi relativi all'obiettivo in questione auspicano il potenziamento della ricerca scientifica, nonché la promozione delle capacità tecnologiche dei settori industriali in tutti i Paesi aderenti.

Si tratta, dunque, di una connessione molto chiara con la necessità che le imprese e gli stakeholder di tutti i Paesi coinvolti mettano a frutto le scoperte tecnologiche più rilevanti e le utilizzino come mezzi per raggiungere gli scopi di cui all'Agenda ONU.

Più in particolare, è indubbio come, soprattutto in realtà imprenditoriali nelle quali vi sia una catena produttiva particolarmente articolata – e, dunque, dove garantire la tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro possa risultare maggiormente complesso – l'utilizzo di tecnologie più avanzate che consentano un intervento umano sempre più tutelato potrebbe rappresentare una valida modalità di implementazione deglistandardrichiesti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Inoltre, sistemi e procedure all'avanguardia potrebbe rendere più semplice anche la realizzazione degli standard ESG in un ambito specifico come quello in argomento.

La disciplina italiana sul tema e i valori ESG

Alla luce di quanto sopra, non sarebbe errato sostenere che, indirettamente, il Testo Unico sulla Sicurezza (d.lgs. n. 81/2008), fonte di riferimento italiana per la materia di cui in argomento, tenda già, in nuce, a un obiettivo di sostenibilità, in quanto l'applicazione delle norme ivi contenute hanno tutte l'obiettivo di prevenire, nella misura possibile, il verificarsi di incidenti sul lavoro o il contrarre malattie professionali.

Inoltre, la promozione di un ambiente di lavoro sano anche con riferimento alla tutela della salute psicologica dei lavoratori e del loro benessere non solo fisico era già stato tenuto in considerazione dal legislatore italiano ai sensi della generale norma di responsabilità del datore di cui all'art. 2087 c.c., il quale prevede che quest'ultimo sia tenuto ad adottare «le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

Infine, è anche la nostra Costituzione a salvaguardare il benessere generale (anche) dei lavoratori, sulla base dell'art. 32 Cost. che, come noto, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.

Naturalmente, si tratta di norme che, all'epoca della loro redazione, non potevano tenere conto di concetti emersi più di recente e cristallizatisi in quelli che vengono identificati come valori ESG, i quali, tuttavia, data la loro flessbilità, potrebbero dirsi già ricompresi nei principi cardine che hanno ispirato tali previsioni.

La vera sfida, in concreto, sarà quella di superare il semplice dettato normativo e implementare dei sistemi produttivi che, sulla scorta degli obiettivi ONU citati, utilizzino al meglio la tecnologia e le risorse disponibili, mirando a tutelare non solo la salute dei lavoratori, ma anche l'ambiente, con conseguenti ricadute positive sulla collettività.