Accesso alla composizione negoziata in pendenza di domanda per l’apertura della liquidazione giudiziale: quale chiave di lettura per l’art. 25-quinquies CCII?

Francesco Voci
Giulia Zapponi
11 Marzo 2024

Si espongono i termini del dibattito sorto in tema di accesso alla composizione negoziata della crisi d’impresa in pendenza di domanda per l’apertura della liquidazione giudiziale, questione quanto mai aperta sulla quale si fronteggiano da mesi due correnti giurisprudenziali di Tribunali italiani.

Premessa

Il tema in oggetto risulta di particolare importanza poiché riguarda la possibilità per l'imprenditore di accedere al percorso di risanamento che precede “il mondo” degli strumenti di regolazione della crisi e che mira ad evitare la liquidazione giudiziale. La composizione negoziata è un istituto su cui tanto il legislatore italiano ha investito, alla luce delle indicazioni contenute nella Direttiva Insolvency. Dall'altra parte, però, occorre considerare la situazione del creditore che si sia già attivato per chiedere la liquidazione giudiziale del proprio debitore.

La questione implica la lettura combinata di numerose norme. L'elenco è lungo. Occorre riflettere, in particolare, sul contenuto degli articoli:

  • art. 12, comma 1, CCII quale norma introduttiva dell'istituto della composizione negoziata;
  • art. 17, comma 3, lett. d), CCII sulle dichiarazioni che l'imprenditore deve rilasciare per accedere alla composizione negoziata;
  • art. 18, commi 2 e 4, CCII in tema di accesso alla composizione negoziata e di istanza di applicazione delle misure protettive;
  • art. 25-quinquies, CCII sui limiti di accesso alla composizione negoziata;
  • artt. 40 e 44, comma 1, lett. a), CCII in tema di procedimento unitario per l'accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche in forma “prenotativa”.

Volendo però restringere al massimo i termini della questione, a parere di scrive i due grandi protagonisti sono l'art. 17, comma 3, lett. d) CCII (“Accesso alla composizione negoziale e suo funzionamento”) e l'art. 25-quinquies CCII (“Limiti di accesso alla composizione negoziata”), la cui diversa interpretazione – più o meno restrittiva – amplia o restringe la porta di accesso alla composizione negoziata.

Peraltro, le riflessioni su tali norme non possono prescindere – come di consueto, quando si affrontano temi controversi che riguardano il Codice della Crisi – dal contenuto della Direttiva Insolvency.

Vengono nel prosieguo illustrati i due opposti orientamenti giurisprudenziali, che si sono formati a seguito di provvedimenti emessi in occasione di richieste di conferma di misure protettive, che offrono lo spunto per alcune considerazioni di carattere sistematico.

La tesi contraria: inibito l'accesso alla composizione negoziata della crisi in pendenza di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale

Fanno parte di questo filone di pensiero pronunce del Tribunale di Bergamo, del Tribunale di Busto Arsizio e del Tribunale di Palermo.

Svolgiamo la nostra analisi prendendo spunto in particolare dalla recente pronuncia bergamasca (Tribunale di Bergamo, 23 gennaio 2024).

Il caso in esame verte su un reclamo contro un'ordinanza di rigetto di ricorso per la conferma delle misure protettive ex artt. 18 e 19 CCII, richieste da una società unitamente all'istanza di nomina dell'esperto ex art. 17 CCII; ricorso dichiarato inammissibile per essere intervenuta dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale del medesimo soggetto.

L'istanza per la nomina dell'esperto e dunque per l'accesso alla composizione negoziata era stata depositata il 14 novembre 2023, dopo che era stato incardinato un procedimento per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, per cui era stata fissata udienza per il 16 novembre 2023. Il debitore ha chiesto di rinviare l'udienza o di sospendere il procedimento in attesa del completamento del procedimento di composizione negoziata.

Il 23 novembre 2023 il Tribunale ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale, mentre il 27 novembre 2023 sono state pubblicate a Registro Imprese la nomina e l'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto. Il 28 novembre 2023 la società ha dunque depositato ricorso per la conferma delle misure protettive, respinto dal Tribunale proprio a fronte dell'intervenuta apertura della liquidazione giudiziale. Da qui il reclamo e il rigetto dello stesso.

Rilevante è il percorso logico seguito dal Tribunale di Bergamo, che inquadra la propria visione della questione.

A base del ragionamento viene posto l'art. 25-quinquies del CCII, secondo il cui “tenore letterale” sarebbe precluso “in via definitiva” all'imprenditore l'accesso alla composizione negoziata in caso di deposito di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale, tenuto conto del rinvio al procedimento introdotto ex art. 40 CCII, che comprenderebbe “tutti i ricorsi, da chiunque depositati”.

La linea assunta dal Tribunale di Bergamo si basa non solo su un dato testuale della norma, ma anche su una lettura sistematica di carattere generale.

In particolare, il richiamo all'art. 44 CCII sarebbe specificamente mirato ad estendere la limitazione di accesso alla composizione negoziata della crisi alle ipotesi di domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e alla liquidazione giudiziale da parte del debitore, “perché nessun dubbio sorge in ordine all'effetto preclusivo delle domande presentate da terzi legittimati”.

A scoraggiare un utilizzo distorsivo e dilatorio della composizione negoziata sarebbe teso anche il secondo comma dell'art. 25-quinquies, che prevede come ulteriore fattispecie preclusiva il caso in cui l'imprenditore, nei quattro mesi precedenti l'istanza di nomina dell'esperto ex art. 17 CCII abbia rinunciato alle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e alla liquidazione giudiziale.

Il Tribunale di Bergamo afferma dunque il principio secondo cui l'accesso alla composizione negoziata è precluso dopo la presentazione di una delle domande di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o per l'apertura della liquidazione giudiziale, “sia che tali domande siano state presentate dal debitore, sia che siano state presentate da terzi.

D'altra parte, prosegue il Tribunale, la composizione negoziata rappresenta un (nuovo) istituto ritagliato su situazioni di pre-crisi, che non si conciliano con situazioni di crisi conclamata, confermate dalla presenza di istanze per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Pertanto “il procedimento di composizione negoziata non può essere attivato ogni qual volta lo stato di crisi/insolvenza dell'imprenditore si sia già manifestato al punto da determinare l'accesso ad una delle procedure disciplinate dal CCII. In queste ipotesi, la soluzione stragiudiziale prospettata dallo strumento in esame appare superata dalla già intervenuta proposizione di procedura giudiziale. Tanto più se tale procedura è quella di liquidazione giudiziale”.

Infine, il Tribunale di Bergamo tocca un argomento che sarà trattato più approfonditamente infra (e che, anticipiamo, sarà invece uno dei pilastri alla base della tesi contraria a quella che stiamo ora esaminando), ovvero il contenuto dell'art. 17, comma 3, lett. d), CCII: non sarebbe determinante l'espressa richiesta rivolta al debitore in sede di istanza della nomina dell'esperto, di dichiarare la pendenza nei suoi confronti di ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza. Secondo il Tribunale di Bergamo tale previsione rappresenterebbe soltanto una richiesta di attestazione, a titolo informativo e senza che ciò possa avere effetto sulle conseguenze sopra esposte.

La strada tracciata dal Tribunale di Bergamo era invero già stata percorsa dal Tribunale di Busto Arsizio con ordinanza del 4 luglio 2023, emessa in occasione della richiesta ex artt. 18 e 19 CCII presentata da un debitore per conferma e concessione di misure protettive e cautelari, sebbene fosse già pendente ricorso ex art. 40 per apertura della liquidazione giudiziale del medesimo soggetto.

Anche in questo caso, la decisione del Tribunale ha respinto la richiesta del debitore ed ha revocato le misure protettive. Ancora una volta, la ragione risiede in un'interpretazione letterale dell'art. 25-quinquies, secondo cui “l'accesso alla composizione negoziata [risulta] inibito in pendenza del procedimento incardinato – non solo dallo stesso debitore, ma anche da un creditore – per l'apertura della liquidazione giudiziale.”

Di notevole interesse, peraltro, risulta il riferimento che il Tribunale di Busto Arsizio rivolge alla normativa europea e all'art. 2086 c.c. in tema di adeguati assetti. Il Tribunale evidenzia infatti che la ragionevole perseguibilità del risanamento è condizione necessaria, ma non di per sé sufficiente, a legittimare l'accesso alla composizione negoziata della crisi. Da una parte, infatti, la Direttiva prevede che i quadri di ristrutturazione consistono in procedure che non necessariamente devono essere di natura stragiudiziale. Peraltro consentire tout court l'accesso ad un quadro di ristrutturazione ad un imprenditore insolvente non rappresenterebbe una modalità di attuazione della Direttiva, bensì “la frustrazione dell'effetto utile”. Ciò che importa è dunque l'emersione tempestiva della crisi, che richiama inevitabilmente il contenuto dell'art. 2086 c.c., in base al quale l'imprenditore deve “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.  Dunque ad avviso del Tribunale risulta coerente con la logica del sistema che i benefici della composizione negoziata vengano meno nel caso di una impresa in stato di insolvenza – si badi, “ancorché reversibile” – che ha omesso di attivarsi per l'emersione e la soluzione tempestiva della propria crisi.

Il Tribunale di Busto Arsizio, dunque, conclude che “in presenza di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale e di una situazione di incontestata insolvenza, l'ammissione del debitore alla composizione negoziata non può essere giustificata con l'esigenza di prevenire l'insolvenza né di favorire trattative tra le parti interessate, ma solo con l'intento di eludere il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 44 CCII”.

Aderisce a tale filone giurisprudenziale anche il Tribunale di Palermo, che con ordinanza del 22 maggio 2023 sostiene che “la tecnica legislativa del rinvio formale all'art. 40 CCII privo di eccezioni espresse” porta a ritenere sia inibito l'accesso alla composizione negoziata della crisi in tutti i casi in cui sia già stato depositato un ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Anche secondo il Tribunale di Palermo una lettura restrittiva dell'art. 25-quinquies è contraria alla ratio della riforma in quanto si presterebbe a condotte dilatorie da parte del debitore. Non solo, a ben vedere il Tribunale di Palermo va oltre e con riferimento all'art. 17, comma 3, lett. d) afferma che l'obbligo del debitore di indicare se siano aperti nei propri confronti procedimenti ex art. 40 “trova la sua giustificazione nell'esigenza di consentire un vaglio sulla procedibilità dell'istanza di cui all'art. 17 CCII” per la nomina dell'esperto.

Occorre comunque rilevare come in ogni caso sia Busto Arsizio che Palermo evidenzino che il dibattito sull'art. 25-quinquies CCII è quanto mai aperto.

La tesi favorevole: consentito l'accesso alla composizione negoziata della crisi in pendenza di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale

Fanno parte di questo opposto filone giurisprudenziale pronunce del Tribunale di Bologna, del Tribunale di Milano e del Tribunale di Tempio Pausania.

Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 23 giugno 2023, in sede di udienza per la conferma delle misure protettive richieste dalla società contestualmente all'istanza di nomina dell'esperto ex art. 17 CCII, è entrato nel merito dell'accesso alla composizione negoziata in pendenza di domanda per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Ad avviso del giudice bolognese l'art. 25-quinquies CCII, ai sensi del quale l'istanza di accesso alla composizione negoziata “non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell'art. 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74, deve essere interpretato in senso restrittivo ovvero nel senso che solo la decisione dell'imprenditore di utilizzare uno strumento diverso dalla composizione negoziata può impedirne l'accesso.

Tale lettura restrittiva dell'art. 25-quinquies CCII – e dunque di converso estensiva della possibilità di accedere alla composizione negoziata – sarebbe sostenuta dal secondo periodo di tale norma, secondo cui è precluso l'accesso alla composizione negoziata all'imprenditore che nei quattro mesi precedenti abbia rinunciato alle domande di accesso a strumenti di regolazione della crisi o di apertura della liquidazione giudiziale. L'attenzione sarebbe dunque posta sul debitore e non anche su altri soggetti.

La soluzione restrittiva sarebbe da preferire perché già di per sé idonea a “inibire comportamenti ondivaghi, contraddittori o opportunistici dell'imprenditore, orientandolo verso una selezione ponderata dello strumento, stragiudiziale o giudiziale, di risoluzione della propria crisi”. La lettura ampia della norma sanzionerebbe invece il comportamento inerte da parte del debitore, che non si è attivato autonomamente prima dei propri creditori.

Pur senza dimenticare che “la composizione negoziata è istituto fisiologicamente rivolto alla precoce emersione e risoluzione degli squilibri patrimoniali, economici e finanziari dell'imprenditore” il Tribunale di Bologna passa in rassegna le norme del Codice che depongono in favore della compatibilità tra accesso alla composizione negoziata e pendenza di un ricorso per apertura di liquidazione giudiziale presentata da un creditore. Stiamo parlando del già citato art. 17, comma 3, lett. d), CCII sulla dichiarazione da parte dell'imprenditore che chieda la nomina dell'esperto in merito alla sussistenza nei suoi confronti di ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale, nonché dell'art. 18 CCII, che sia al comma 2, sia al comma 4, presenta importanti spunti di riflessione.

Il Tribunale di Bologna prosegue con ulteriori argomentazioni basate in particolare sull'art. 17, comma 3, lett. d), CCII, oltre che su una convincente lettura sistematica della questione.

È stato già detto in precedenza che l'art. 17, comma 3, lett. d), CCII prevede che: “L'imprenditore, al momento della presentazione dell'istanza, inserisce nella piattaforma telematica: […] d) una dichiarazione […] sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi dell'articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3;”.

Ne discendono almeno due argomentazioni che risultano particolarmente significative.

La prima è di ordine più strettamente lessicale. L'imprenditore deve:

  • dichiarare se siano pendenti nei propri confronti ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale;
  • attestare di non aver depositato ricorsi per l'accesso ad uno strumento di regolazione della crisi.

In effetti la differenza terminologica utilizzata dal legislatore “non può non avere una sua rilevanza” e “conduce a ritenere che il procedimento unitario incardinato da terzi non sia preclusivo, perché solo il ricorso depositato dal debitore è incompatibile con l'accesso alla composizione negoziata”.

L'”attestazione” è necessaria al fine di evitare che la composizione negoziata si incardini in presenza di una situazione impeditiva, rappresentata dall'accesso, da parte del medesimo debitore, ad uno strumento di regolazione della crisi. La “dichiarazione”, invece, sarebbe richiesta per fornire alla commissione indicazioni utili in vista della nomina dell'esperto.

Occorre poi considerare che il comma 2 dell'art. 18 CCII chiede all'imprenditore di fornire aggiornamenti sui ricorsi indicati nel citato art. 17, comma 3, lett. d), CCII.

Aderendo alla lettura estensiva dell'art. 25-quinquies, si arriverebbe ad una sorta di “corto circuito” portato dal fatto che:

  1. il segretario della camera di commercio o la commissione, che sono organi amministrativi, hanno (soltanto) il potere di vagliare la completezza della documentazione e delle informazioni a supporto dell'istanza ex art. 17 CCII, nominando (in caso positivo di tale vaglio) l'esperto, anche quando vi siano richieste di apertura della liquidazione giudiziale da parte di un terzo;
  2. all'esperto non rimarrebbe che constatare l'impossibilità sotto il profilo giuridico di proseguire nell'incarico, con immediata archiviazione della pratica, anche in caso di ragionevoli prospettive di risanamento;
  3. la chiusura immediata della composizione negoziata dovrebbe avvenire anche nel caso in cui la domanda di apertura della liquidazione giudiziale venga rinunciata da parte del creditore istante, oppure rigettata.

La tesi secondo cui l'unico ricorso preclusivo sia quello presentato dall'imprenditore sarebbe ulteriormente sostenuta dal fatto che proprio l'imprenditore è l'unico a poter presentare domande ex artt. 44,54 e 74 CCII citati nell'art. 25-quinquies (a seguito della cui rinuncia deve peraltro attendere quattro mesi prima di accedere alla composizione negoziata).

Infine, tornando all'art. 18 CCII, il suo comma 4 prevede espressamente che “Dal giorno della pubblicazione dell'istanza [di nomina dell'esperto] e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”.

Sulla base dei presupposti sopra illustrati, il Tribunale di Bologna ha confermato le misure protettive ritenendole funzionali ai fini della prosecuzione delle trattive nella composizione negoziata.

Anche il Tribunale di Milano ha affrontato la questione con provvedimento del 15 giugno 2022), applicando proprio il già citato art. 18, comma 4, sempre nell'ambito della conferma di misure protettive, in una composizione negoziata istaurata pur in pendenza di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale a carico dell'imprenditore, presentata da un creditore: “Il Giudice […] conferma la misure protettive richieste […] avverte […] che dal giorno della pubblicazione dell'istanza e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata.”.

Si cita infine una pronuncia del Tribunale di Tempio Pausania del 12 ottobre 2023 che è intervenuto accogliendo un reclamo proposto contro il rigetto di conferma di misure protettive chieste da un debitore, per il quale pendeva domanda di apertura della liquidazione giudiziale: “il Collegio ritiene di aderire alla tesi che ammette l'imprenditore alla composizione negoziata della crisi anche nell'ipotesi in cui sia stata presentata antecedentemente nei confronti dello stesso domanda di liquidazione giudiziale (secondo la motivazione di Tribunale di Bologna 23.6.2023 agli atti, che si intente integralmente riportata) in ragione di una interpretazione sistematica e teleologica dell'art. 25-quinquies CCII, in ragione del favor del legislatore per la soluzione negoziata della crisi e dei principi espressi dalla Direttiva Insolvency”.

Riflessioni conclusive

Ad avviso di chi scrive, al momento la bilancia pende dalla parte della lettura restrittiva dell'art. 25-quinquies e quindi di chi ritiene che il debitore possa accedere alla composizione negoziata anche in presenza di domande di apertura della liquidazione giudiziale a suo carico.

Sebbene l'art. 25-quinquies ponga più di un dubbio per il suo tenore letterale, la visione restrittiva pare in effetti preferibile tenuto conto sia di quanto riportato dagli articoli 17, comma 3, lett. d) e 18, comma 4, CCII sia per una lettura sistematica orientata dalla Direttiva Insolvency.

Un approccio esteso all'art. 25-quinquies svuoterebbe di fatto di significato l'art. 17, comma 3, lett. d) (secondo cui il debitore deve “attestare” di non aver depositato ricorsi ex artt. 40,44 e 54 CCII, ma soltanto “dichiarare” se pendano nei suoi confronti ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale). L'art. 18, comma 4, sembra poi in effetti aprire un ombrello protettivo proprio contro l'apertura della liquidazione giudiziale dal giorno della pubblicazione dell'istanza per la nomina dell'esperto.

Una riflessione poi sulla Direttiva Insolvency. Se è vero che la Direttiva incoraggia l'adozione di quadri di ristrutturazione per il risanamento delle imprese, è altrettanto vero come non vengano in alcun modo sostenute iniziative dilatorie di situazioni non recuperabili. Ciò detto, pare di poter dire che la Direttiva contempli in maniera “trasversale” un favor per l'accesso a quadri di ristrutturazione preventiva, cui il debitore possa accedere in sede stragiudiziale. Si consideri ad esempio il Considerando n. 4 che prevede: “Esistono differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la gamma di procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziarie per ristrutturare la loro attività. Alcuni Stati membri prevedono una gamma limitata di procedure che consentono di ristrutturare le imprese solo in una fase relativamente tardiva, nell'ambito delle procedure d'insolvenza. Altri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure disponibili sono meno efficaci di quanto potrebbero essere oppure sono molto formali; in particolare poiché limitato l'uso di metodi stragiudiziali. Le soluzioni preventive costituiscono una tendenza in crescita nelle legislazioni in materia di insolvenza.”. Ancora, riprendendo l'art. 4 della Direttiva: “Disponibilità di quadri di ristrutturazione preventiva. 1.Gli Stati membri provvedono affinché, qualora sussista una probabilità di insolvenza, il debitore abbia accesso a un quadro di ristrutturazione preventiva che gli consenta la ristrutturazione, al fine di impedire l'insolvenza e di assicurare la loro sostenibilità economica, fatte salve altre soluzioni volte a evitare l'insolvenza, così da tutelare i posti di lavoro e preservare l'attività imprenditoriale. […] 5.Il quadro di ristrutturazione preventiva previsto dalla presente direttiva può consistere in una o più procedure, misure o disposizioni, alcune delle quali possono realizzarsi in sede extragiudiziale, fatti salvi altri eventuali quadri di ristrutturazione previsti dal diritto nazionale. […] 6.Gli Stati membri possono prevedere disposizioni che limitino la partecipazione dell'autorità giudiziaria o amministrativa a un quadro di ristrutturazione preventiva ai casi in cui è necessaria e proporzionata, garantendo nel contempo la salvaguardia dei diritti delle parti interessate e dei pertinenti portatori di interessi.”.

D'altra parte, e in conclusione, accedere all'interpretazione più ampia dell'art. 25-quinquies significherebbe consegnare ai creditori un potere immenso. Si darebbe infatti la possibilità ad un singolo creditore, semplicemente depositando un ricorso per apertura della liquidazione giudiziale, di precludere a un imprenditore - che versi anche soltanto in fase di pre-crisi e comunque con un piano di risanamento credibile - l'accesso alla composizione negoziata. Al contrario, sarebbero in astratto aperte (almeno inizialmente, ma è proprio la fase iniziale della composizione che stiamo trattando) le porte della composizione negoziata a imprenditori insolventi, ma i cui creditori (magari ormai “rassegnati”) non si sono attivati per chiedere l'apertura della liquidazione giudiziale.

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