Il detenuto appellante non è tenuto ad eleggere domicilio
11 Marzo 2024
Massima In tema di impugnazioni, la nuova disciplina di cui all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non opera nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, anche se per altra causa. Il caso Nel caso in esame, deciso con sentenza della Seconda Sezione della Corte n. 51273/2023, la Corte di appello di merito, con ordinanza aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto nell'interesse dell'imputato avverso la sentenza di condanna, ritenendo che nell'atto di appello non fosse stato osservato il disposto di cui all'art. 581, comma 1-ter c.p.p., pur se l'atto presentato dal difensore, nell'interesse dell'imputato, detenuto per altra causa al momento della adozione della sentenza di primo grado, contemplava anche l'elezione di domicilio del ricorrente presso il suo studio. Tale condizione di detenzione era ancora perdurante alla data di deposito dell'atto di impugnazione. La difesa dell'imputato denunciava, tra gli altri motivi, il vizio di violazione di legge in riferimento all'art. 581, comma 1-ter c.p.p., deducendo che una interpretazione costituzionalmente orientata della norma impone di ritenere che non sia necessaria una ulteriore indicazione del domicilio eletto laddove questo rimanga inalterato. La questione Con la sentenza in commento – e con la successiva di analogo tenore (Cass. pen., sez. IV, n. 4342/2024, Shala) - la Suprema Corte affronta una delle questioni applicative delle nuove disposizioni in tema di impugnazioni introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. "riforma Cartabia"), e, in particolare, degli oneri imposti all'imputato appellante dalle disposizioni semplificative previste dai commi 1-ter e 1-quater dell'art. 581 c.p.p. Il comma 1-ter, di nuova introduzione, stabilisce che "con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio". L'omissione di tale adempimento, nel caso di specie relativo ad appello presentato nell'interesse di un imputato detenuto, sia pur per altra causa, alla data di deposito della sentenza di condanna, ha indotto la Corte di appello alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione. La previsione di nuovo conio, di carattere generale perché inserita nelle disposizioni generali sulle impugnazioni, è finalizzata a facilitare gli adempimenti introduttivi del giudizio a partire dalla notifica dell'atto di citazione, cui consegue, in caso di omissione, la sanzione della inammissibilità dell'impugnazione. Secondo la nuova previsione, è necessario, dunque, che l'impugnante provveda a dichiarare o eleggere domicilio per la nuova fase processuale, nella condivisibile finalità di agevolare l'attività di notificazione, spesso causa di differimento dell'udienza. L'art. 581, comma 1-quater, invece, prevede, in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, sempre a pena di inammissibilità del gravame, il rilascio di uno specifico mandato al difensore ad impugnare il provvedimento. Tale adempimento, che riguarda il solo caso in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, risponde all'intento di saldare la scelta di proporre la doglianza all'effettiva sussistenza della volontà dell'imputato che sia rimasto assente durante il processo di primo grado ed, al contempo, è ispirata a garantire che l'impugnazione sia espressione del personale interesse al gravame da parte dell'imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatico tuziorismo difensivo, ponendo un onere professionale aggiuntivo a carico del difensore che consolida il principio di lealtà processuale e leale collaborazione tra le parti, considerato che l'appello viene celebrato a richiesta dell'impugnante. La previsione si pone in coerente linea con l'esigenza di selezionare, in entrata, le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, dell'imputato. Le soluzioni giuridiche L'applicabilità degli oneri formali di indicazione o elezione del domicilio dell'imputato appellante alla luce delle nuove norme in tema di notifica dell'atto introduttivo del giudizio. La questione principale investe l'applicabilità dell'art. 581, comma 3-ter c.p.p. anche all'imputato appellante che si trovi in stato di detenzione, anche se per altra causa, al momento della pronuncia della sentenza oggetto di gravame. La soluzione è intimamente connessa all'impatto delle nuove disposizioni in tema di notificazione degli atti del giudizio, in quanto la previsione dell'onere è finalizzato a facilitare tale adempimento e la consapevole partecipazione al giudizio dell'imputato. Sulla questione, la Corte richiama il principio espresso dalle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., n. 12778/2020, S.), sotto la vigenza delle vecchie disposizioni, secondo cui le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, dovendo tale disciplina trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto "per altra causa". Tale principio è stato positivizzato dalla riforma Cartabia, che differenzia il regime delle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio nel caso di imputato libero e di imputato detenuto. Il quadro normativo scaturito all'esito della riforma, come ricostruito puntualmente nel recente arresto della Corte (cfr., Cass. pen., sez. II, n. 33355/2023, Quattrocchi) fa comprendere che il legislatore è intervenuto sulla architettura degli atti introduttivi del giudizio di impugnazione, modificando non soltanto sull'art. 581 c.p.p. ma, anche, ii commi primo e terzo dell'art. 156 c.p.p., nonché l'art. 157 c.p.p. La riforma ha inserito, inoltre, il nuovo art. 157-ter c.p.p. (rubricato: "Notifiche"), il cui terzo comma stabilisce che «in caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater»; da ultimo, anche sull'art. 164 c.p.p., previsione che non assume natura di lex specialis rispetto al disposto di cui all'art. 156 c.p.p. e, perciò, applicabile anche in caso di imputato detenuto, anche se per altra causa. L'applicazione della disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter c.p.p. deve aver riguardo al sistema generale delle notificazioni delineato dagli artt. 156 e ss. c.p.p., non ponendosi come norma derogatoria o speciale. Più precisamente, la Corte osserva che, se la disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. avesse, rispetto al sistema generale delle notificazioni delineato dagli artt. 156 e ss. c.p.p., natura di lex specialis universalmente applicabile, la disposizione di cui all'art. 157-ter, comma 3, c.p.p. sarebbe inutile, ovvero priva di portata precettiva, il che all'interprete non è consentito ritenere.” Del resto, le stesse modifiche introdotte in tema di notificazioni all'imputato assumono rilievo centrale nella nuova architettura del processo penale, improntato a canoni di maggiore efficienza e di riduzione dei tempi processuali, senza pregiudizio per la garanzia di effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato. In attuazione dell'art. 11, comma 6, della legge delega n. 134/2021, che esprime l'esigenza di « rendere il procedimento penale più celere ed efficiente » e dell'art. 1, comma 5, lett. a), della medesima legge delega, che prevede l'utilizzo diffuso dei mezzi offerti dalla innovazione tecnologica e l'estensione all'imputato dell'area operativa delle notificazioni con modalità telematiche, prima limitate agli adempimenti rivolti a persone diverse dall'imputato, la riforma ha introdotto la modalità telematica quale forma generalizzata e primaria di notifica, estendendo all'imputato libero il regime delle comunicazioni e notificazioni già previsto per il solo difensore dall'art. 148 comma 2-bis c.p.p.. Invece, nel caso in cui l'imputato si trovi in stato di detenzione si è data attuazione al diverso criterio di delega di cui alla lett. e) dell'art. 1, comma 6. Il nuovo testo dell'art. 156 c.p.p. è stato integrato dall'art. 10, comma 1, lett. h) d.lgs. n. 150/2022, mutuando il principio espresso dalla citata sentenza “Quattrocchi” e dalle Sezioni Unite (Sez. U, S., cit.), prescrivendo che le notificazioni all'imputato detenuto siano sempre eseguite mediante consegna di copia alla persona nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, precisando altresì che tale modalità debba trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, ed anche nel caso in cui l'imputato sia detenuto « per altra causa ». Così modifica la norma si presenta coerente con il principio espresso dalle Sezioni Unite e quanto previsto dall'art. 164 c.p.p., che individua, quali eccezioni alla regola della validità in ogni stato e grado del procedimento della determinazione del domicilio dichiarato o eletto, le ipotesi previste dagli artt. 156 e 613, comma 2, c.p.p. La scelta legislativa si allinea, inoltre, alle indicazioni della Corte costituzionale che, con ordinanza n. 315 del 1998 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, comma 2, c.p.p., in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui subordina l'obbligatorietà delle notificazioni a mano all'imputato detenuto per altra causa al fatto che lo stato di detenzione risulti dagli atti. Nell'impianto della riforma, dunque, il criterio della notifica mediante consegna dell'atto all'imputato detenuto è assoluto e, come tale, anche alla luce del criterio direttivo del legislatore delegante, deve ritenersi si applichi anche con riguardo alla detenzione in luoghi diversi da quelli penitenziari, come nel caso di ammissione a misura alternativa alla detenzione, restando in ogni caso esclusa, anche al di là delle regole sussidiarie previste dal nuovo art. 148 c.p.p., la possibilità del ricorso a modalità telematiche, per le criticità derivanti dal possibile variegato contenuto delle prescrizioni e divieti (ad esempio, di comunicazione con terze persone) imposte con le misure di esecuzione limitative della libertà diverse dalla restrizione intramuraria. il nuovo regime previsto per (le notifiche al)l'imputato che si trovi in stato di detenzione (o soggetto a limitazioni della libertà personale nelle forme sopra descritte), anche se per diverso titolo, non differenzia, come nel caso di imputato libero, tra « prima notifica» e « notifiche successive alla prima », proprio in funzione di una maggiore garanzia per l'interessato e dell'esito positivo della procedura notificatoria, così da escludere in radice la possibilità, per l'amministrazione, del ricorso alle procedure sussidiarie di cui all'art. 157 commi 2 e ss. c.p.p. ed elidere il pericolo di applicare modalità presuntive di certezza di conoscenza del processo. L'affermazione del principio di diritto risolutivo della questione. Alla luce delle disposizioni di riforma in tema di notificazioni, che hanno mutuato nelle modifiche apportate gli indirizzi giurisprudenziali medio tempore maturati in tema di notificazioni all'imputato detenuto degli atti introduttivi del giudizio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di inammissibilità impugnata, applicando i nuovi oneri formali previsti dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. in coerenza con le modifiche apportate all'art. 156, comma 1, c.p.p. che, in deroga al criterio generale della modalità telematica di notifica, ora stabilisce che "le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di una copia alla persona" (ed in cui risulta particolarmente emblematico e significato l'inserimento dell'avverbio "sempre" riferito a tutte le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima), In tal senso, la Corte evidenzia la portata generale ed inderogabile anche in relazione al disposto a quanto stabilisce «la nuova disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotta dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2023, ed in vigore per le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del citato d.lgs. - che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto d'impugnazione, della dichiarazione od elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio - non opera anche nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto». Non nasconde, tuttavia, la Corte che l'art. 157-ter, comma 3, c.p.p., riguardante le notificazioni degli atti introduttivi dei giudizi agli imputati non detenuti, potrebbe legittimare una diversa interpretazione non (ancora) espressa in giurisprudenza, laddove si preoccupa di stabilire espressamente che «In caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater». La Corte obietta, in proposito, che attribuire all' «art. 581-comma 1-ter, rispetto al sistema generale delle notificazioni delineato dagli artt. 156 e seguenti c.p.p., natura di lex specialis universalmente applicabile» comporterebbe che Pla disposizione di cui all'art. 157-ter, comma 3, sarebbe inutile, ovvero priva di portata precettiva, il che all'interprete non è consentito ritenere» (cfr. Cass. pen., sez. II, n. 33355/2023, Quattrocchi, cit.). Sempre sul piano della interpretazione letterale-sistematica delle norme della riforma, la Corte osserva che «la disposizione di cui all'art. 157-ter, comma 3, non è stata riproposta anche in riferimento alle notificazioni all'imputato detenuto (l'art. 156 c.p.p. non è stato, infatti, oggetto di analoga novellazione), e ciò già di per sé induce a ritenere che, in caso di impugnazione proposta dall'imputato detenuto o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti non va eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater» (Cass. pen., sez. II, n. 33355/2023, Quattrocchi, cit.). E' da segnalare, infine, che la sentenza in commento Sez. 2, Savoia, cit., cristallizza, ai fini della applicabilità delle nuove cause di inammissibilità dell'impugnazione, la condizione di detenuto dell'imputato appellante al momento della pronuncia della sentenza oggetto di gravame, in ragione della precisa scelta del legislatore nel dettare la disciplina transitoria, prevista dall'art. 89 d.lgs. n. 150/2022, per l'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, c.p.p. che individua come actus cui riferire la condizione di detenzione il momento della pronuncia della sentenza da impugnare - e non quello della presentazione della impugnazione - (la norma recita che le nuove disposizioni «si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva al 30 dicembre 2022»). In senso pedissequamente conforme il precedente arresto di Cass. pen., sez. II, n. 38442/2023, Toure, in cui si precisa che in caso di imputato impugnante detenuto al momento della pronuncia della sentenza, non si applicano le formalità introdotte, a pena di inammissibilità, dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. poiché «tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell'obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell'imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 CEDU». Osservazioni Con la sentenza in commento – e i conformi coevi arresti citati - la Corte svolge una operazione ermeneutica della nuova disciplina in tema di impugnazioni, proponendo una lettura delle nuove cause di inammissibilità del gravame che deve necessariamente tener conto del mutato regime delle notificazioni nei confronti dell'imputato che sia detenuto al momento della pronuncia da impugnare, in modo da garantire armonicità applicativa alle nuove disposizioni sul processo penale introdotte dalla riforma. La richiamata esigenza di selezionare, in entrata, le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata dell'imputato, in limine impugnationis, viene contemperata dall'intentio legis volta a rendere più agevoli le notificazioni dell'atto introduttivo, senza pregiudicare la garanzia della ragionevole presunzione che l'imputato rimasto assente abbia avuto conoscenza del processo, secondo quanto prescritto dagli artt. 420-bis e ss. c.p.p. In prospettiva potrebbe ipotizzarsi una estensione, nella prassi giurisprudenziale, dell'area di applicabilità della disciplina derogatoria in tema di notificazioni e impugnazioni, prevista per l'imputato detenuto, anche ai soggetti comunque ristretti, per titolo cautelare o esecutivo, e a quelli che abbiano in corso misure alternative alla detenzione, stante la equiparazione operata dalla legge delega dello stato detentivo con le misure limitative della libertà di spostamento o comunicazione della persona derivanti da tali misure. Riferimenti A. Maisano, Prime note critiche sull'appello inammissibile nella “riforma Cartabia”, in Giurispr. Pen., 2022, 10; P. Tonini, Manuale breve di diritto processuale penale, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2018, pag. 799 e ss. |