Ferie annuali: nel calcolo della retribuzione vanno computati diarie, trasferte, indennità di presenza e ogni emolumento correlato alle mansioni

14 Marzo 2024

Con la sentenza n. 2179/2023 il Tribunale di Bari ha stabilito che «qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro, e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore (...) deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali». Del pari, vanno mantenuti, durante le ferie annuali retribuite, gli elementi della retribuzione "correlati allo status personale e professionale" del lavoratore.

Massime

1. Con la sentenza n. 2179/2023  il Tribunale di Bari afferma il seguente principio di diritto: « la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore » e che «un' indennità determinata ad un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell' Unione Europea» .

2. L'espressione "ferie annuali retribuite" di cui all'art. 7, n. 1, direttiva 2003/88/CE intende significare che, per la durata delle ferie annuali, "deve essere mantenuta" la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo. L'obbligo di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro.

Il caso

La fattispecie

Il Tribunale premetteva che al ricorrente, dipendente di una società operante nel settore Autoferrotranviere, durante i giorni in cui aveva usufruito delle ferie, non gli fossero state erogate una pluralità di indennità, viceversa corrisposte in relazione ai periodi di lavoro effettivo (quali diarie e trasferte, indennità di presenza, indennità di presenza bis, indennità incentivante, indennità turni avvicendati, indennità sabato lavorato ed indennità di spinta).

Il thema decidendum

Il ricorrente domandava, dunque, che, accertato il proprio diritto a percepire, durante i giorni di ferie, una retribuzione paragonabile a quella conseguita per i giorni di lavoro ordinario, la società convenuta fosse condannata al pagamento della maggiore somma dovuta “nei limiti della prescrizione” . La  società datrice deduceva che l' art. 7 della Direttiva 2003/88/CE si limitasse a stabilire il diritto alla retribuzione delle ferie, senza in alcun modo imporre agli Stati membri criteri prestabiliti per la relativa determinazione e, tantomeno, prevedendo il concetto di retribuzione omnicomprensiva o globale di fatto; che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell' Unione Europea mai avesse affermato un principio di onnicomprensività , piuttosto riferendosi sempre ripetutamente alla nozione della “ retribuzione normalmente percepita nel corso dell' anno”; ed, infine, che nell' ordinamento italiano, l'obiettivo perseguito dall' art. 7 della Direttiva 2003/88/CE fosse già garantito dal principio costituzionale di irrinunciabilità delle ferie, nonché dalle disposizioni contenute nell' art. 2109 c.c. e nell' art. 10 d.lgs. n. 66/2003.

La sentenza

La comparazione tra ferie e lavoro effettivo

Il Tribunale osserva che, nel caso in esame, sia rilevante la individuazione di un trattamento economico relativo al periodo di ferie, comparabile a quello di lavoro effettivo. Resta, altresì, l'esigenza di evitare che il dipendente sia scoraggiato dall' interrompere il lavoro e, quindi, rinunci a rigenerare le proprie energie psico - fisiche giacché dissuaso da un minore trattamento retributivo.

Conformità al diritto della unione europea

Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (e, di riflesso, dalla giurisprudenza nazionale), non rileva, infatti, la effettiva dissuasione già concretizzatasi, ma esclusivamente la sua potenzialità.

Il senso è che l'efficacia e la primazia del diritto dell'Unione Europea possono essere garantiti solo fissando, in linea generale ed astratta, un ammontare della retribuzione paragonabile a quello conseguito in costanza di lavoro effettivo. Il Tribunale tiene presente che l'oggetto della presente controversia e della tutela è il credito del lavoratore: quest'ultimo discende da un'interpretazione della legge nazionale che impone trattamenti retributivi privi di attitudine dissuasiva alla fruizione delle ferie, allo scopo di assicurare il rispetto delle norme di cui si compone il diritto dell'Unione Europea, e rileva che «la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore» e che «un'indennità determinata ad un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell'Unione».

La questione giuridica

La questione in esame è la seguente: se con riferimento alla retribuzione delle ferie annuali debbano essere considerate nel computo tutte le voci che, compongono la retribuzione ordinaria; quali, indennit à varie, di presenza; incentivanti, di spinta, ma anche diarie e trasferte che sono, comunque,  correlate alle caratteristiche delle prestazioni espletate dai lavoratori mobili, pur essendo finalizzate ad un rimborso spese, insomma, tutti gli emolumenti collegati alla esecuzione delle mansioni.

Le soluzioni giuridiche

La normativa e giurisprudenza nazionale

Nel quadro giuridico preesistente rispetto all' emersione nel dibattito pretorio delle pronunce della Corte di Giustizia dell' Unione Europea, era saldo il principio secondo cui al lavoratore spettasse, durante le ferie, la normale retribuzione, sebbene ci ò non implicasse il conseguimento di tutte le voci percepite nel corso dell' anno.

Tale affermazione comportava, pertanto, che il trattamento feriale fosse limitato alla retribuzione base ed alle voci più ricorrenti, secondo le scelte operate dalla contrattazione collettiva (in questa prospettiva, Cass., sez. lav., 23 ottobre 2020, n. 23366).

Sullo sfondo, v'era la previsione contenuta nell' art. 2109 c.c. che si limitava (e si limita) ad affermare che le ferie sono “retribuite”, senza precisare che cosa dovesse intendersi per retribuzione.  

Le fonti sovranazionali

Sulla scorta delle decisioni della Corte di Giustizia dell' Unione Europea, invece, l ' attenzione degli operatori del diritto (si vedano Cass., sez. lav., 17 maggio 2019, n. 13425 e Cass., sez. lav., 15 ottobre 2020, n. 22401) si è sempre più concentrata sulle fonti sovranazionali e, in particolare, sull'art. 7 della direttiva 2003/88/CE ( « gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali » ) e sull' art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea ( « ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite » ).

Più specificamente, secondo la direttiva n. 88/2003, il beneficio alle ferie annuali e quello all'ottenimento di un pagamento a tale titolo rappresentano due aspetti dell'unico diritto « a ferie annuali retribuite » . L'obbligo di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro.

La Corte di Giustizia con una pronuncia del 15 settembre 2011, causa C-155/10, Williams e altri (punto 21), afferma che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione. Dunque, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore, di per sé , ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (...) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all'esercizio del suo lavoro.

Pertanto «qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore (...) deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali» ; all'opposto, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare durante le ferie annuali « gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che, sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro» . Vanno mantenuti, altresì , durante le ferie annuali retribuite, gli elementi della retribuzione « correlati allo status personale e professionale » del lavoratore e tali possono essere quelli che si ricollegano alla qualità di superiore gerarchico, all'anzianità, alle qualifiche professionali.

Le pronunce del giudice di merito nel diritto interno

Compito del Giudice di merito è dunque quello di valutare, in primo luogo, il rapporto di funzionalità che intercorre tra i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e le mansioni affidate in ossequio al suo contratto di lavoro e, dall'altro, interpretate ed applicate le norme pertinenti del diritto interno conformemente al diritto dell'Unione, verificare se la retribuzione corrisposta al lavoratore, durante il periodo minimo di ferie annuali, sia corrispondente a quella fissata, con carattere imperativo ed incondizionato, dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE. L' efficacia e la primazia del diritto dell' Unione Europea possono essere garantiti solo fissando, in linea generale ed astratta, un ammontare della retribuzione paragonabile a quello conseguito in costanza di lavoro effettivo.

Osservazioni

Il Tribunale, in conclusione, rileva, primariamente che, vada tutelato il credito del lavoratore che, discende da un' interpretazione della legge nazionale che impone trattamenti retributivi privi di attitudine dissuasiva alla fruizione delle ferie, allo scopo di assicurare il rispetto delle norme di cui si compone il diritto dell' Unione Europea. Si tratta, dunque, di analizzare le singole voci che compongono la retribuzione, cos ì da stabilire se esse siano dirette a compensare un incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare o, comunque, siano correlate allo status personale e professionale del dipendente.

Si deve, tuttavia, tener conto della correlazione alle mansioni non quando l'istante è in ferie (e dunque le mansioni non le svolge) ma quando è in servizio. Vengono escluse le componenti economiche rivolte “esclusivamente” a coprire spese, ma vi rientrano tutti gli emolumenti diretti a compensare gli inconvenienti discendenti dall' espletamento delle mansioni.

Così , ad esempio, l' indennità incentivante nell' accordo sindacale del 23 novembre 1984, che pur collegandosi a recuperi di produttività , derivava dalla omissione di nuove assunzioni (“richieste e più volte sollecitate dalle Direzioni di Esercizio”) e dall' abbattimento del monte complessivo di ore di lavoro straordinario. Il lavoratore dovrà , necessariamente, provare la omessa corresponsione degli emolumenti richiesti nel computo della retribuzione delle ferie annuali, producendo tutte le buste paga, anche ai fini dei limiti prescrizionali.

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